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Ho ritrovato me
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E-book118 pagine1 ora

Ho ritrovato me

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Info su questo ebook

Quattro stagioni per quattro storie di donne alla ricerca di qualcosa di inafferrabile. La prima è ancora una ragazzina, innamorata cotta del suo migliore amico, Lorenzo. È l’ultimo giorno di scuola e un evento improvviso mette in subbuglio la mente della giovane, che si catapulta con tutta sé stessa per vivere intensamente quel momento. Nella seconda storia, Ornella è una giovane donna che decide di aprirsi alla vita e chiudere il rapporto con un fidanzato impeccabile sotto tanti punti di vista, ma che non le fa più battere il cuore come vorrebbe. Riuscirà a cogliere la tanto
auspicata Serendipity? Infine, nella terza e nella quarta storia, le dinamiche psicologiche delle relazioni sono al centro, con i protagonisti maschili incapaci di vivere sentimenti veri e propri o di
avere coraggio, e le protagoniste femminili in balia di un’idea di sentimento troppo forte e per certi aspetti romantica.
Ho ritrovato me racconta di donne in cerca di emozioni autentiche, costrette a misurarsi con l’altro sesso, spesso inadeguato e soffocato in prigioni mentali, senza possibilità di fuga...

Graziella E. Lavanga è una giornalista che, tra un concerto di Vasco e l’altro, si occupa di comunicazione per alcune associazioni attive nel sociale e nella cittadinanza attiva a Torino, città in cui è nata. Nella vita ha viaggiato parecchio, toccando tutti e cinque i Continenti, ma poi torna sempre a casa dai suoi animali. Proprio la natura e gli animali sono le sue passioni principali, che approfondisce guardando una serie smisurata di documentari e visitando santuari o centri di recupero per la fauna selvatica. La tartaruga che ha tatuata sulla spalla è il ricordo della sua esperienza da volontaria in uno di essi. Negli ultimi anni è stata conquistata dallo spazio-tempo, cercando di capire qualcosa di fisica quantistica. Le piace scrivere e raccontare storie con un registro delicato ed empatico. Questo è il suo primo libro.
LinguaItaliano
Data di uscita31 dic 2022
ISBN9788830676572
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    Anteprima del libro

    Ho ritrovato me - Graziella E. Lavanga

    cover01.png

    Graziella e. Lavanga

    Ho ritrovato me

    © 2022 Gruppo Albatros Il Filo S.r.l., Roma

    www.gruppoalbatros.com - info@gruppoalbatros.com

    ISBN 978-88-306-6917-8

    I edizione gennaio 2023

    Finito di stampare nel mese di gennaio 2023

    presso Rotomail Italia S.p.A. - Vignate (MI)

    Distribuzione per le librerie Messaggerie Libri Spa

    Ho ritrovato me

    A Lolle.

    Ciao, pulcino.

    Io non so fino a dove

    ci porteranno i nostri sogni,

    ma so che fino a quando

    ci parleranno d’amore

    continueranno a fiorire stagioni.

    Paola Turci

    Nuove Voci

    Prefazione di Barbara Alberti

    Il prof. Robin Ian Dunbar, antropologo inglese, si è scomodato a fare una ricerca su quanti amici possa davvero contare un essere umano. Il numero è risultato molto molto limitato. Ma il professore ha dimenticato i libri, limitati solo dalla durata della vita umana.

    È lui l’unico amante, il libro. L’unico confidente che non tradisce, né abbandona. Mi disse un amico, lettore instancabile: Avrò tutte le vite che riuscirò a leggere. Sarò tutti i personaggi che vorrò essere.

    Il libro offre due beni contrastanti, che in esso si fondono: ci trovi te stesso e insieme una tregua dall’identità. Meglio di tutti l’ha detto Emily Dickinson nei suoi versi più famosi

    Non esiste un vascello come un libro

    per portarci in terre lontane

    né corsieri come una pagina

    di poesia che s’impenna.

    Questa traversata la può fare anche un povero,

    tanto è frugale il carro dell’anima

    (Trad. Ginevra Bompiani).

    A volte, in preda a sentimenti non condivisi ti chiedi se sei pazzo, trovi futili e colpevoli le tue visioni che non assurgono alla dignità di fatto, e non osi confessarle a nessuno, tanto ti sembrano assurde.

    Ma un giorno puoi ritrovarle in un romanzo. Qualcun altro si è confessato per te, magari in un tempo lontano. Solo, a tu per tu con la pagina, hai il diritto di essere totale. Il libro è il più soave grimaldello per entrare nella realtà. È la traduzione di un sogno.

    Ai miei tempi, da adolescenti eravamo costretti a leggere di nascosto, per la maggior parte i libri di casa erano severamente vietati ai ragazzi. Shakespeare per primo, perfino Fogazzaro era sospetto, Ovidio poi da punizione corporale. Erano permessi solo Collodi, Lo Struwwelpeter, il London canino e le vite dei santi.

    Una vigilia di Natale mio cugino fu beccato in soffitta, rintanato a leggere in segreto il più proibito fra i proibiti, L’amante di lady Chatterley. Con ignominia fu escluso dai regali e dal cenone. Lo incontrai in corridoio per nulla mortificato, anzi tutto spavaldo, e un po’ più grosso del solito. Aprì la giacca, dentro aveva nascosto i 4 volumi di Guerra e pace, e mi disse: Che me ne frega, a me del cenone. Io, quest’anno, faccio il Natale dai Rostov.

    Sono amici pazienti, i libri, ci aspettano in piedi, di schiena negli scaffali tutta la vita, sono capaci di aspettare all’infinito che tu li prenda in mano. Ognuno di noi ama i suoi scrittori come parenti, ma anche alcuni traduttori, o autori di prefazioni che ci iniziano al mistero di un’altra lingua, di un altro mondo.

    Certe voci ci definiscono quanto quelle con cui parliamo ogni giorno, se non di più. E non ci bastano mai. Quando se ne aggiungono altre è un dono inatteso da non lasciarsi sfuggire.

    Questo è l’animo col quale Albatros ci offre la sua collana Nuove voci, una selezione di nuovi autori italiani, punto di riferimento per il lettore navigante, un braccio legato all’albero maestro per via delle sirene, l’altro sopra gli occhi a godersi la vastità dell’orizzonte. L’editore, che è l’artefice del viaggio, vi propone la collana di scrittori emergenti più premiata dell’editoria italiana. E se non credete ai premi potete credere ai lettori, grazie ai quali la collana è fra le più vendute. Nel mare delle parole scritte per esser lette, ci incontreremo di nuovo con altri ricordi, altre rotte. Altre voci, altre stanze.

    Prefazione

    di Franco Quesito

    Freud non può essere sicuramente considerato un teorico femminista perché, come è noto, per sua stessa ammissione, delle donne comprese ben poco. Il padre della psicoanalisi ebbe infatti a dire: La grande domanda, alla quale nemmeno io ho saputo rispondere malgrado trent’anni di lunghe ricerche, è questa: che cosa vuole la donna?.

    Per lui la questione femminile rimase sempre un continente oscuro.

    Quando l’autrice di questo bel libro mi ha chiesto di scriverne qualcosa ho accettato senza troppo riflettere, ero già gratificato dalla sua richiesta. Ora che mi accingo a farlo emergono gli elementi di complessità che si intrufolano implicitamente nella mia lettura, una lettura che è, come mi è proprio, rivolta a risvoltare le pieghe dei discorsi ed ecco che, allora, desidero dire prima di tutto alcune cose che mettano in risalto il piacere che ho avuto nel leggere queste pagine.

    Innanzitutto va detto che è scritto molto bene, ovvero che la lettura corre facile attraverso i racconti anche se gli stessi sono tutt’altro che facili, come potrebbe apparire al primo approccio.

    Quando un autore riesce a coinvolgerti con il suo lavoro dobbiamo proprio dire che è d’obbligo apprezzarne lo stile.

    E poi, perché non dire che le storie raccontate con questa semplicità narrativa elegante sono anche elementi profondi di una ricerca di senso, ma intendiamoci, non del senso di chi scrive, perché quello è distillato benissimo dall’autrice sino a farne un liquore ad alta gradazione; no, il senso di cui parlo è il senso di chi legge perché ogni lettore è spinto – per come la penso io – a cercare di mettere in gioco il proprio senso.

    Intendo dire, che se il lettore in questione è una donna, allora, – forse – ella saprà, o potrebbe, sapere lasciarsi andare a ritrovare una o più parti di sé, delle parti più o meno chiare, più o meno pensate, più o meno decifrate e accettate, quelle parti che sono nella parte femminile di una donna: un sapere implicito, profondo, difficilmente trasmissibile perché riesce a emergere libero assai raramente, quel sapere che una mia collega francese si lasciò scappare parlando in un gruppo di lavoro sul femminile.

    Marie Laure disse: "… noi donne, quando parliamo tra noi non parliamo con lo stesso linguaggio (NB: gli psicoanalisti lacaniani adoperano il significante linguaggio in termini ben più ampi e complessi che nel senso comune, infatti si tratta in ultima analisi dell’elemento complesso che riguarda la struttura del discorso) di quando ci sono tra noi degli uomini...!".

    Allora esiste – ne sono certo – una cifra propria al senso del pensiero al femminile, un registro al quale gli uomini non riescono ad accedere proprio perché a loro manca… si tratta di un’app non caricata nel loro sistema!?

    Non lontano da ciò, quindi, parafrasando il Freud appena sopra citato, possiamo dire che la nostra preziosa autrice ci introduce in qualcosa di profondamente radicale, e radicato, nel sentire al femminile e con una certa veemente nonchalance ritengo di poter dire si tratti di una domanda femminile originaria rivolta all’uomo, un perché non mi parli? alla quale assai spesso, o forse sempre, lui non sa rispondere.

    Quindi pare che con questo libro e con la nostra attenzione potremmo cominciare a dare una prima piccola risposta a che cosa vuole una donna. Nella mia lettura di questi racconti trovo appunto un filo in comune, ovvero che una donna vuole che le si parli. Una donna vuole la parola. Intendiamoci però, si tratta di quella parola che Lacan descrive come parola piena, ovviamente – ma non è sempre chiaro per tutti – una parola assai differente dalla parola vuota, perché si tratta di una parola contenente un senso e non solo espressione di un segno linguistico decifrabile. La donna è domanda di senso, domanda di una presenza presente, domanda di una parola. È quello che è più innaturale possibile per un uomo, perché l’uomo viepiù cerca il suo desiderio nel concreto dei corpi, se non addirittura nel corpo a pezzi. Una finezza che pochi sanno cogliere in quella stupenda poesia cantata da Faber Se ti tagliassero a pezzetti e capisco bene che sia anche troppo cogliere in quel testo l’elemento di differenza che corre tra il leggiadro della donna e il greve del maschile potenzialmente assassino del corpo della donna:

    T’ho incrociata alla stazione

    che inseguivi il tuo profumo

    presa in trappola da un tailleur grigio fumo

    i giornali in una mano e nell’altra il tuo destino

    camminavi fianco a fianco al tuo assassino.

    In ultimo e per chiudere questa breve riflessione con la quale intendo ringraziare l’autrice per il dono sincero di questa sua ricerca intorno a che cosa vuole una donna? oltre che di avermi onorato con la sua richiesta di scrivere questi pensieri, intendo estendere il mio grazie a tutte quelle donne che mi hanno regalato, nel corso del nostro lavoro insieme, una parte così preziosa di loro con il loro raccontarsi – davanti al mio ascolto – di sé. Cosa vuole una donna quindi? Vuole l’amore, ma si tratta di una straordinaria cifra dell’amore, qualcosa che la poesia

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