Il futuro non esiste
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Info su questo ebook
semplice, brillante, discorsivo, alla portata di tutti pur spaziando attraverso la Fisica, la Matematica, la Filosofia, la Religione e la Psicologia. Senza mai smettere di coinvolgere il lettore. Un libro imperdibile per tutti coloro che, almeno una volta, si sono chiesti cosa veramente sia vivere il “proprio” tempo.
Autore dagli interessi complessi e sfaccettati, Raffaele Ventriglia si laurea dapprima a pieni voti in Lingue e Culture dell’Eurasia e del Mediterraneo presso l’Università degli Studi “Ca’ Foscari” di Venezia, spinto dal richiamo verso la storia del Vicino Oriente; l’Analisi Geopolitica è però la sua principale area di interesse accademico, consegue così la laurea a pieni voti con lode in Scienze Internazionali e Diplomatiche (magistrale) presso l’Università degli Studi di Trieste. Successivamente frequenta corsi di alti studi di specializzazione in Sicurezza Geopolitica con Psicologia presso l’Interdisciplinary Center (IDC) Herzliya (Israele).
Fin da giovanissimo sempre attento studioso e cultore del rapporto fra Filosofia, Psicologia e Scienza. Durante la stesura degli approfondimenti di questo libro gli impegni di studio dell’autore erano volti al conseguimento di una laurea specialistica in Psicologia Clinica (Università Marconi di Roma) a completamento dei suoi interessi scientifici. Fin da bambino coltiva l’arte della musica (pianoforte e violino).
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Anteprima del libro
Il futuro non esiste - Raffaele Ventriglia
Introduzione
"Il Futuro Non Esiste" è un libro che ha a fare con l’idea di tempo unidimensionale, un libro che si muove in un Tempo ipotizzato avente una sola dimensione, una e una soltanto: il Passato.
Si dimostra che il futuro non esiste e non è mai esistito quale dimensione temporale, che il tempo è costituito dalla sola dimensione del passato e che, di conseguenza, risulta essere falso intendere il tempo come tridimensionale come comunemente si crede. Si dimostra che ciò che chiamiamo tempo presente è in realtà uno spazio: uno spazio di azione e non una dimensione temporale e, pertanto, ciò che comunemente chiamiamo presente ha a che fare con lo spazio e non con il tempo.
Consapevole di quanto affermo in questo scritto, dichiaro sotto la mia responsabilità che la tesi esposta ne Il Futuro Non Esiste
è completamente frutto del mio pensiero, ed è stata concepita e scritta senza che mi sia ispirato
ad alcuna altra idea esterna se non appunto, il mio proprio pensiero. Questo uno dei motivi per cui mi sono servito solo di pochissime e fondamentali fonti edite, i cui estremi bibliografici sono riportati alla fine del libro affinché possano essere liberamente consultati da chiunque abbia voglia di fare ulteriori approfondimenti della bibliografia citata a supporto della mia tesi. La sola particolarità e libertà che mi sono concesso come autore nell’uso delle fonti bibliografiche, è stata quella di pensare agli autori citati come se avessi voluto fare un tratto di strada assieme, lasciandoli parlare
e conversare
con il lettore in un cammino a tre, come quando si percorre un sentiero tranquillo e solitario passeggiando tra amici.
Nel corso delle pagine a più riprese è stata richiamata la tesi in evidenza per osservarla da nuove prospettive prima di aggiungere nuovi pilastri alle fondamenta della dimostrazione che così si può riassumere:
il futuro non esiste quale dimensione temporale, il presente ha a che fare con lo spazio e non con il tempo: è uno spazio di azione. Il passato è la sola dimensione del tempo umano: unica dimensione, una e una soltanto, di conseguenza si conclude che noi uomini siamo stati solo dei costruttori di passato. Un passato molto probabilmente anche già passato. Lo spazio di azione di ciò che comunemente è definito presente è in comunicazione con la sola dimensione del tempo passato come lo sono due vasi comunicanti, per cui da una precisa prospettiva si possono definire come un’unità spazio-tempo.
1
Le persone come noi, che credono nella fisica, sanno
che la distinzione fra passato, presente e futuro non è
altro che una persistente cocciuta illusione.
Albert Einstein, lettera alla sorella di Michele Besso
Un po’ estremo l’inizio, ma che tu decida o meno di arrivare all’ultima pagina, questo è ciò che è stato dimostrato più avanti nelle pagine che hai in mano. Non ci sono mai state tre dimensioni temporali come invece ti fu insegnato e come le grammatiche di tante lingue, definendo i verbi al passato presente e futuro, stanno lì a tracciare solchi nelle menti con l’uso dei tempi verbali, nonostante, voce fuori dal coro, ci sia un piccolo indizio proprio in una grammatica, anche se ovviamente da solo non basta. È stato per noi solo un punto di partenza.
Nella grammatica della lingua ebraica c’è una lettera, la waw ו
che, oltre ad essere usata come congiunzione, posta davanti a un verbo trasforma la sua temporalità in quella diametralmente opposta. Per capirci, questa lettera dell’alfabeto ebraico, che ha anche funzione di semivocale, posta davanti ad un verbo coniugato al tempo passato lo trasforma in un tempo futuro e viceversa: posta davanti a un tempo futuro lo trasforma in passato (per farti un esempio, il verso di Bereshit (Genesi) può essere tradotto in italiano "[…] sia luce e luce fu ma anche
[…] sia luce e luce sarà)¹. Questa lettera
ו " sta lì a suggerirci una dimensione unica nella quale passato e futuro scambiano le loro polarità. Questo ci dice la grammatica ebraica attraverso la funzione di questa lettera che a ragione si può definire come waw inversiva. Ma qui non stiamo parlando di grammatica. Quando parliamo dell’esistenza di più dimensioni faremmo bene ad escludere quelle temporali (al plurale).
In queste pagine è stato dimostrato che di tempo ce n’è solo uno. Il futuro non esiste. E neanche ne esisterebbero temporalmente due, presente e passato. No. Esiste solo il passato con la caratteristica di essere costruito, con risultati imprevedibili e paradossalmente indecidibili, perché generato da un insieme di volontà, di autorità e potenze gerarchiche indefinibili. Il passato di noi uomini è costruito durante le ore di luce e di oscurità che si alternano sulla Terra a ritmi diversi. A seconda delle latitudini, con periodi più o meno lunghi a seconda della zona geografica, luce e oscurità si alternano. Durante l’alternarsi dei periodi di luce e di oscurità noi uomini, e tutto ciò che ci circonda a vari livelli sia che risponda a leggi scientificamente conosciute o ancora non conosciute, facciamo qualcosa. Anche se dormiamo facciamo qualcosa, che scegliamo di viaggiare o stare seduti a casa. Noi facciamo sempre qualcosa, tutto ciò che è intorno a noi fa qualcosa. Anche chi non fa niente fa qualcosa, pur se decidesse di restare fermo seduto sul pavimento in un angolo per l’alternarsi di più cicli di luce e oscurità. Il sonno e la veglia. Sonno e veglia.
Che non esistano due giorni uguali o due primavere uguali, non è solo un luogo comune. Anche chi è fermo in un letto di ospedale fa qualcosa, essendo un paziente a cui si somministrano medicine mentre sta occupando apparentemente in modo passivo un posto in un letto di ospedale. Anche chi è in coma fa qualcosa. Anche le spoglie dei morti fanno qualcosa continuando a decomporsi e trasformarsi nei cimiteri, nel terreno o nei mari, ovunque siano morti. Tutti e tutto ciò che ci circonda fa qualcosa, che sia visibile o invisibile. Noi uomini, in mezzo a tutto ciò che c’è sopra di noi e intorno a noi su questo pianeta, facciamo qualcosa. E lo facciamo all’interno di leggi scientificamente conosciute o sconosciute, alcune con caratteristiche di lungo periodo, altre con periodicità come la rotazione della Terra intorno al sole, la forza di gravità e altre leggi ancora non conosciute, ma che stanno lì a fare quello che fanno, incuranti di noi che riflettiamo o meno sul fatto che fanno quello che fanno. Costruiamo il passato quale sola dimensione comprensibile. Ora, l’intreccio delle volontà o delle non volontà (che costruiscono non facendo) non è prevedibile, per cui non può esserci una previsione. E questa è subito la prima grande implicazione di quanto si è affermato con esiste una sola dimensione temporale
, cioè quella del passato. L’intreccio è ancora più complesso se a definire il quadro ci mettiamo, per chi crede, l’esistenza di Dio e la Sua Volontà. E, sempre per chi crede, va aggiunta anche la volontà di esseri celesti creati da Dio a cui Dio stesso avrebbe anche potuto dare un certo accesso di interazione con il nostro mondo. Una misurata e non conoscibile quantità di libero arbitrio e un perimetro a noi ignoto, definito sempre da Dio per questa loro interazione. Anche se qualcuno avesse l’ardire di dire che un intreccio di tutte le volontà è finito (ma non lo è), i risultati generati non sono prevedibili. E anche se fosse finito (ma non lo è), basterebbe riflettere sul libero arbitrio per comprendere che diventa impossibile prevedere il risultato delle azioni di miliardi di volontà. Il motivo deve però essere chiaro fin da queste prime battute: il risultato dell’intreccio di volontà generanti che produce ciò che è generato non è prevedibile. L’impossibilità della previsione è un secondo assunto che conferma che il futuro non esiste. E non sto dicendo che in futuro
esisterà il futuro. No. Esiste solo il passato e la sua produzione non ci è dato conoscerla se non a passato prodotto.
Anche se in questo scritto sono stati usati i tempi verbali al passato, al presente e al futuro, questo non scalfisce nemmeno con un piccolo graffio la solidità rigorosa dell’assunto base: sono e restano convenzioni per comunicare. L’unica dimensione temporale che esiste per noi uomini è il passato. Per spiegare bene quanto qui si va affermando, possiamo dire che nulla è definito. Esiste solo un tempo, il passato che è generato in modo imprevedibile. Il passato che generiamo possiamo solo in minima parte conoscerlo (in modo imperfetto) attraverso i nostri imperfetti strumenti, ma essendo solo uno tra i tanti passati possibili, non è definibile e, per essere più precisi, direi che il nostro è uno degli infiniti passati possibili. So che questo crea un certo smarrimento. Ma la buona notizia è che nel nostro piccolo spazio operativo possiamo, con la nostra limitata ma libera volontà, scegliere - in alcune precise circostanze (poche ma non pochissime) - che tipo di passato noi stessi vorremmo produrre nella nostra breve vita. Ricordandoci che la scelta prende uno spazio molto piccolo. Non ho detto un tempo molto piccolo, ho detto uno spazio molto piccolo. E questo spazio che è nei fatti consapevolezza di costruzione è ciò che erroneamente è definito tempo presente. Come ho già affermato stiamo parlando di una costruzione fatta nell’attività o nella passività, è ininfluente perché è e resta una costruzione. Questo spazio è dunque un paradosso indefinibile. È scritto il perché nelle pagine che hai in mano.
Ora una storia reale. Mettiamo che io sia vivo e con possibilità motoria, con la mia libera volontà posso in questo momento andare ad aprire la porta chiusa. Mettiamo che io sia da solo in casa seduto in una stanza della casa in cui vivo, mi alzo mi avvicino alla porta e la apro. Ho compiuto un’azione. Ho aperto una porta. Ora la porta è aperta e io ho compiuto questa azione. Mettiamo da parte le motivazioni. Diciamo solo che la