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Evoluzione della conoscenza dell'universo e della Terra con riferimento all'attualità
Evoluzione della conoscenza dell'universo e della Terra con riferimento all'attualità
Evoluzione della conoscenza dell'universo e della Terra con riferimento all'attualità
E-book388 pagine5 ore

Evoluzione della conoscenza dell'universo e della Terra con riferimento all'attualità

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Info su questo ebook

Quest’opera affronta la tematica della evoluzione della conoscenza della nostra realtà più grande: l’Universo e la Terra,  con riferimenti all’attualità, con il fine  di spezzare una lancia a favore della nostra Biosfera e della Nazione Terra  che sempre più prepotentemente sta diventando una necessità sia per una miglior vita che per la sopravvivenza stessa dell’Umanità.
Il saggio è consigliato sia per la persona colta che trovandosi in full immersion ha poco tempo per aggiornarsi e desidera trovare   in un solo libro ciò che potrebbe reperire solo in diversi testi magistrali, sia per il giovane o per chi desideri aggiornarsi in maniera completa sul tema più attuale e pregnante attualmente per l’Umanità: l’inquinamento ambientale che riguarda sempre più urgentemente ed indistintamente tutti noi e soprattutto  i nostri figli e nipoti.
Vincenzo Iannuzzi, da Camerota (SA), vive a Trento.  Già primario ospedaliero e docente universitario , attualmente Grande Ufficiale al Merito della Repubblica, Presidente Onorario della Società della Medicina Genomica ONLUS di Trento e  da alcuni anni  autore di saggi pluripremiati in prestigiosi concorsi letterari, si caratterizza per trattare  in maniera profonda temi  come l’Etica, la coscienza e la tematica ambientalista a tutto tondo con un linguaggio scorrevole, con  rigore scientifico ,in maniera molto documentata  ed  aggiornata, con  sempre calzanti riferimenti all’attualità e con finalità divulgative, che rendono i suoi libri  dei vademecum sempre interessanti ed  avvincenti. 
LinguaItaliano
Data di uscita30 gen 2018
ISBN9788869631603
Evoluzione della conoscenza dell'universo e della Terra con riferimento all'attualità

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    Anteprima del libro

    Evoluzione della conoscenza dell'universo e della Terra con riferimento all'attualità - Vincenzo Iannuzzi

    Vincenzo Iannuzzi

    EVOLUZIONE DELLA CONOSCENZA

    DELL’UNIVERSO E DELLA TERRA CON

    RIFERIMENTI ALL’ATTUALITÀ

    Saggio

    Elison Publishing

    Indice

    AVVERTENZE

    PREFAZIONE

    CAPITOLO I

    CAPITOLO II

    CAPITOLO III

    GLOSSARIO

    BIBLIOGRAFIA

    Proprietà letteraria riservata

    © 2018

    Elison Publishing

    www.elisonpublishing.com

    elisonpublishing@hotmail.com

    Tutti i diritti sono riservati. È vietata la riproduzione, anche parziale, con qualsiasi mezzo effettuata, compresa la fotocopia, anche a uso interno o didattico.

    Le richieste per l’utilizzo della presente opera o di parte di essa in un contesto che non sia la lettura privata devono essere inviate a:

    Elison Publishing

    ISBN 9788869631603

    AVVERTENZE

    1) Alcuni termini sono seguiti da un numero in neretto tra parentesi che rimanda al glossario per chi volesse approfondirne il significato.

    2) Certi argomenti sono segnalati accanto al titolo con un numero preceduto dalla lettera B che rimanda alla bibliografia chi volesse verificare e/o approfondire ulteriormente.

    3) Il libro si avvale di osservazioni derivanti sia dal mio retaggio culturale che da un paziente lavoro di collage di dati storico scientifici e di idee rigorosamente controllate attraverso la consultazione critica e selettiva di testi magistrali aggiornati che permettono al lettore di attingere informazioni che richiederebbero la consultazione di decine di volumi e riviste specie recenti con un notevole risparmio di tempo. Per questo motivo il libro potrebbe essere utile sia a chi, pur dotato di notevole cultura, è in full immersion in altre incombenze, per cui ha poco tempo disponibile per aggiornarsi, sia per chi giovanissimo e/o desideroso di acculturarsi, vuole capire il contesto senza ricorrere alla consultazione di testi scientifici di più difficile comprensione, che oltretutto richiederebbero più tempo.

    Tutte le illustrazioni del libro o sono mie personali o sono di dominio e diritto pubblico.

    4) Il libro è intitolato: Evoluzione della conoscenza dell’Universo e della Terra con riferimenti all’attualità perché accenna all’intero percorso conoscitivo (empirico, ideologico, filosofico e scientifico) dell’Uomo fino ad oggi sulla realtà più grande (Universo e la Terra) senza limitarsi a una parte dei suoi aspetti.

    L’Universo e la Terra sono la parte più grande della nostra realtà, ma alla fine la consapevolezza che abbiamo di essa è sempre il risultato delle nostre interazioni con essi, una nostra rappresentazione molto parziale di un quid in continua evoluzione non solo per sé stesso, per cui non è mai lo stesso, ma anche e soprattutto perché cambia, evolve il nostro modo di interpretarlo, anche e soprattutto scientifico, sia singolarmente che collegialmente man a mano che si ampia la nostra conoscenza finendo con l’essere rappresentabile sempre secondo il cliché della nostra mente (sia individuale che di gruppo) nel preciso momento che si prende in considerazione che, è sempre diverso da quello precedente se ce n’era stato uno e sempre da verificare se trattasi di uno nuovo. Quindi noi conosciamo della realtà universale e terrestre, solo ed unicamente la nostra rappresentazione di essa, la realtà come noi la elaboriamo di volta in volta e la mettiamo a fuoco. Ciononostante dobbiamo, ob torto collo, relazionarci con essa attraverso questa nostra interpretazione che sarà sempre più positiva, cioè favorevole alla nostra miglior vita ed alla nostra sopravvivenza quanto meglio e di più riusciamo a tradurre i suoi segnali oggettivi, cioè a conoscere le leggi che la regolano e ad utilizzarle in maniera etica.

    Nel libro si intende analizzare proprio questo nostro modo continuo di reinterpretare la realtà attraverso la conoscenza, cioè la sua evoluzione.

    Una realtà unica per tutti non esiste. Per ciascuno di noi esiste la sua realtà. In parole semplici la realtà a grandi linee, illusoriamente, ci è sempre apparsa fissa ed inalterabile come le stelle, sebbene oggi sappiamo che sono delle fornaci ardenti a milioni di gradi e degli immani e potenziali fuochi d’artificio in continua traslazione ad alta velocità nel Cosmo. A grandissime (universali) ed infime (atomiche) misure non riusciamo minimamente non solo a distinguerla ma nemmeno a vederla. A linee intermedie (entro i massimi limiti della nostra capacità conoscitiva attraverso i nostri sensi e strumenti) ci appare continuamente cangiante. Esiste pertanto solo la conoscenza della nostra realtà, quella che si forma nella mente di ciascuno di noi gradualmente e continuamente muta nel tempo, che è solo la nostra conoscenza, consapevolezza delle cose e degli argomenti ma occorre considerare e tener conto che esiste fuori da ogni dubbio una realtà a noi ignota immensamente più grande di quella che conosciamo che è il più e nell’imprevisto fisico al di fuori di noi, nel sentire qualcosa senza capire cosa sia, nelle nostre ideazioni anche le più strane, nel nostro inconscio e persino nei nostri sogni che non cessa di essere realtà poiché influenza direttamente o indirettamente e più o meno la nostra vita ed il nostro comportamento.

    Con la nostra scomparsa individuale sia temporanea (incoscienza nel coma) sia definitiva (morte) la conoscenza della realtà continua con il resto dell’Umanità vivente e vigile attraverso la cultura e tutto ciò che contribuisce a farla. Ma è evidente che nel caso della estinzione totale della nostra specie la nostra realtà morirebbe con noi. Resterebbe pur sempre la realtà al di fuori di noi la cui rappresentazione dipenderebbe dalla presenza o meno di altre coscienze nel Cosmo, ma quella cosa che gli esseri coscienti identificano come realtà e la descrivono a loro modo è e basta senza definizione poiché senza coscienza non può averne.

    5) Lo scopo del libro non è scrivere un trattatello su un argomento così enorme, per il quale ci sono le enciclopedie e tanti saggi e specifici trattati, assai più esaurienti ed autorevoli, ma solo per evidenziare come la conoscenza influenzi e condizioni la nostra vita ed il nostro comportamento, per avvalorare ed accertare, da una parte le radici causali di questi nostri processi comportamentali e dall’altra suggerire conseguentemente, laddove possibile e necessario, i correttivi per trasformare, il più possibile, le nostre energie, vuoi naturali che culturali negative (come lo spreco scriteriato del cibo e delle risorse naturali e l’inquinamento ambientale antropico) in comportamenti positivi, sia per correggere i nostri errori e porvi rimedio sia soprattutto al fine di un nostro sempre miglior vivere come individui e sempre maggiore capacità di sopravvivere come specie nel tempo.

    6) La narrazione procede cronologicamente con cenni e citazioni, il più possibile aggiornati, della conquista da parte dell’Uomo di una sempre maggiore conoscenza della realtà sia globale dell’Universo che parziale della nostra madre Terra attraverso le scoperte invenzioni e il progresso del pensiero, fondata su dati scientifici e sull’esattezza storica controllati, su cui di volta in volta vengono inserite le deduzioni e considerazioni vuoi culturali, vuoi personali, ritenute valide sia per l’attualità che per il futuro.

    7) Il titolo del libro, riassume l’intero argomento che tratta. Per questo, dopo una premessa generale per esplicitare il significato dei termini: Realtà (poiché l’Universo e la Terra ne sono la maggior parte), Conoscenza ed Evoluzione, la narrazione inizia con il Cosmo e termina con la Terra.

    Per evitare che le divagazioni, dal filo conduttore generale del libro (i riferimenti e le deduzioni inerenti l’attualità) possano distrarre il lettore alla fine della parentesi in neretto c’è la sigla "T.a.b = tornando a bomba" che serve a indicare la ripresa del filo cronologico interrotto.

    PREFAZIONE

    SIGNIFICATO DEI TERMINI: REALTÀ (di cui l’Universo e la Terra sono la più grande parte), CONOSCENZA ED EVOLUZIONE.

    1) Percezione e concetto di realtà (B5).

    Gli esseri viventi monocellulari e le piante non distinguono loro stessi dalla realtà che li circonda benché interagiscano con essa attraverso ben precisi processi chimico-fisici che evolvono fino al movimento rapidissimo nel loro ambiente per certe piante carnivore, alcuni procarioti ciliati e certi protisti come le amebe attraverso il riflesso condizionato ed il movimento ameboide.

    Gli animali pluricellulari hanno più o meno sviluppata la percezione della realtà (nel senso di rendersi più o meno conto della sua presenza e della differenza da sé stessi) con cui devono interagire per sopravvivere. Percezione che elaborano ed a cui possono reagire sempre di più e meglio attraverso il loro sistema nervoso con il progredire della filogenesi. Quindi la percezione della realtà e la reazione ad essa in crescendo per tutti i metazoi è una dote evolutiva filogenetica, derivante dalla selezione naturale, indispensabile per la sopravvivenza.

    Ma, per quel che ci è dato di sapere fino ad oggi, tutti i viventi tra cui gli stessi animali superiori più evoluti e vicini a noi geneticamente, sebbene abbiamo una spiccata capacità di percezione della realtà anche assai fine ed elaborata (vedi felini, rapaci e primati) non hanno il concetto di realtà, cioè non solo non si pongono la domanda su cosa sia la realtà che li circonda e con cui interagiscono istintivamente, attraverso i riflessi condizionati e l’associazionismo ma non immaginano nemmeno lontanamente una realtà, diversa, nascosta, dietro l’apparenza e conseguentemente tantomeno hanno il desiderio di scoprirla e quindi di cercare a riguardo. In parole semplici non hanno il concetto di realtà quale frutto di una loro elaborazione ideale, mentale. Resteranno fermi sia al loro hardware mentale che al loro software esperitale finché una nuova mutazione genetica arricchente il loro sistema nervoso non sarà di capacità tale da avvicinarli alle nostre capacità mentali, che al momento attuale dal punto di vista evolutivo appare lontana ed assolutamente improbabile rispetto al tempo che resta alla vita sulla Terra.

    Il concetto di realtà, invece, è alla base della coscienza umana e lo si riscontra sempre più evidente nell’Uomo, sin dagli albori della preistoria, contemporaneamente e proporzionalmente all’accrescimento dell’autocoscienza che essendo la sempre sua maggiore capacità di riconoscere sé stesso e di differenziarlo dal non sé, deve per forza conoscere sempre meglio e di più anche il non sé realtà con cui si relaziona ed interagisce per la propria sopravvivenza. Quindi la concettualizzazione umana della realtà è una dote filogenetica apicale esclusiva derivata dalla selezione naturale, indispensabile per la nostra sopravvivenza dominante su tutti i viventi.

    Per noi tutti, istintivamente oltreché razionalmente, da tempi immemorabili la realtà è sempre stata non solo ciò che ci circonda e che rappresentiamo e vediamo a modo nostro nella nostra mente, più o meno sotto il controllo della nostra coscienza, ma anche la sua elaborazione interiore e di tutte le nostre funzioni psichiche, sentendoci e collocandoci al suo centro come parte privilegiata e fondamentale, ma anche, ritenendola nel suo complesso, un mistero che si cela sotto la sua mutevole parvenza.

    Dalla percezione profonda della nostra centralità nella realtà che ci circonda e dal nostro innato egocentrismo derivano le nostre massime aspirazioni vitali, che più o meno manifeste o camuffate, sempre covano nella nostra psiche più profonda e che altrettanto condizionano inconsciamente più o meno il nostro comportamento: l’immortalità per la quale, davanti all’evidenza di quello che riteniamo la nostra ineluttabile morte, per superare il nostro horror vacui ci siamo attribuiti un’anima immortale e la garanzia di Dio per darci la speranza di una vita eterna e felice; l’onnipotenza che ci fa sentire al centro dell’Universo, per la quale vorremmo fare ed avere tutto ciò che vogliamo senza ostacoli e limiti e per quanto possiamo avere o potere non siamo mai sazi e dalla quale, davanti alla nostra pochezza ed inanità, deriva per transfert l’ammirazione-invidia per gli uomini illustri o famosi o potenti con l’aspirazione alla fama o alla ricchezza o alla celebrità o al potere e la passione per i miti, le fiabe e le leggende che suppliscono alla nostra limitatezza e surrogano i nostri desideri; la felicità attraverso il piacere o l’ascetismo (che ne costituiscono i poli estremi). Per il primo che è il più diffuso specie in Occidente saremmo disposti a passare su chiunque e su ogni cosa, ritenendo che tutto ci sia dovuto (Caligola), per cui davanti alla dura realtà, la stragrande maggioranza degli uomini aspira al Paradiso, alla felicità eterna come rivalsa e coloro che non ci credono ne accusano, per altri versi, la mancanza. Per il secondo che è assai raro in Occidente ma ancora abbastanza diffuso in Oriente siamo disposti a fare l’esatto contrario: abbandonare persino ogni sobria agiatezza e finanche il necessario e le cose più essenziali con la più assoluta mortificazione dei desideri (Budda) per il raggiungimento della pace eterna (nirvana).

    Con il termine di realtà che ci circonda, oggi, generalmente, da parte dell’uomo comune, come senso pratico, si intende ciò che riteniamo esista effettivamente e che possiamo conoscere e verificare, di cui siamo o possiamo essere consapevoli, in contrasto con ciò che è fittizio o illusorio o immaginario o ignoto. Cioè comunemente si tende ad identificare la realtà con la conoscenza e con ciò che è conoscibile e conseguentemente valutabile dalla nostra mente. Invece è realtà anche tutto ciò che non si conosce o che immaginiamo soltanto, che è incommensurabilmente di più sia all’esterno di noi che all’interno del nostro organismo e della nostra psiche più profonda (inconscio, sentimenti, visioni e persino i nostri sogni e deliri) soprattutto per l’influenza che ha sul nostro comportamento. Quindi occorre differenziare la conoscenza dalla realtà. La prima è ciò di cui siamo consapevoli, sia della realtà esperitata che concettuale. La seconda è assieme alla prima tutto ciò che sottintende la nostra rappresentazione sia della realtà che dei nostri concetti intellettuali e tutto ciò che ignoriamo, che continuiamo sempre di più a dipanare che è il più e che si amplia continuamente in parallelo con l’aumento della nostra conoscenza. Prova è che la nostra conoscenza tende ad aumentare sempre di più, stando a significare che ieri non sapevamo ciò che sappiamo oggi e quindi pur essendo la conoscenza costituente fondamentale della nostra realtà, conoscenza e realtà sono due cose diverse nel senso che la nostra conoscenza è solo il meno della realtà. La conoscenza è la realtà dentro di noi di cui siamo o possiamo essere coscienti attraverso la memoria. La realtà è anche tutto ciò che è fuori di noi sia oggettivabile che non a noi ignota e tutto ciò che è dentro di noi come inconscio che ci condiziona. Sia la realtà di cui siamo consapevoli che è fuori di ogni dubbio il meno, sia quella di cui non siamo consapevoli, sono per noi nostre realtà poiché possono condizionare la nostra vita ed il nostro comportamento, oltreché essere realtà per loro stesse. Così siamo consapevoli che il Sole non solo influenzi e condizioni la nostra vita, ma che la vita sia impossibile senza. Un po’ meno che anche la Via lattea nel suo assieme ci condiziona poiché senza di essa non ci sarebbe né traslerebbe nello spazio il Sole. Pochi ammettono che tutte le altre galassie, anche le più lontane hanno influenza su di noi eppure senza di esse non ci sarebbe l’Universo e quindi la Via lattea e quindi il sistema solare e quindi la Terra e quindi noi senza voler considerare le particelle cosmiche e le onde elettromagnetiche che ci arrivano da esse addosso ogni momento che sicuramente ci influenzano anche se il più spesso non ce ne accorgiamo.

    Il termine realtà deriva dal latino res = cosa, oggetto e da realis = vero per distinguere ciò che è vero, palpabile, verificabile da quello che è aleatorio, inverificabile, intangibile come i sogni ed i castelli in aria e da realitas = verità usata nel tardo Medioevo per indicare la realtà ultima, l’essenza finale delle cose.

    Sebbene da sempre, de facto, per sopravvivere, abbiamo potuto interagire fisicamente solo con la realtà tangibile, la nostra visione a riguardo è sempre stata dicotomica: da una parte una realtà quotidiana palpabile, verificabile con cui dobbiamo convivere, sebbene sempre evidentemente mutevole e in continua evoluzione e dall’altra la credenza e ricerca di una realtà essenziale inafferrabile che si cela dietro l’apparenza, eterna ed immutabile.

    Nel Paleolitico (B4) la realtà tangibile con cui l’Homo sapiens interferiva per cercare, cacciare, mangiare e quindi vivere era pervasa, secondo lui, da un’altra realtà più profonda e vera, misteriosa e onnipotente: gli spiriti, entità deifiche o demoniache a seconda del loro comportamento, dominanti la fenomenologia naturale, ovunque diffusi, soprattutto in loro stessi (malattia e febbre), che occorreva imbonire se benevoli o esorcizzare o placare se malevoli con i riti propiziatori o gli esorcismi dello sciamano che ne era il tramite. Poi con l’affermarsi del Neolitico e con l’arrivo della Protostoria lo sciamano che nel Paleolitico bastava da solo all’intero clan non era più sufficiente per gestire i riti e catechizzare e influenzare la tribù e/o la città assai più popolose del clan per cui si formò una casta sciamanico-sacerdotale dal potere piramidale e la realtà ai vertici venne mitizzata e comminata al popolo come creazione nella sua globalità da parte di specifici dei creatori supremi (quelli indicati dall’apice della piramide sociale dominante fideistica che si autoproclamava rappresentante o discendente delle deità), pur essendo pervasa da tanti altri spiriti (quelli delle caste fideistiche gerarchicamente subalterne che si erano costituite), sebbene minori.

    Tutte le grandi religioni della storia (B1), che sono le eredi dei grandi miti della protostoria, che tuttora vigono nel Mondo, ritengono e predicano che la realtà con tutte le sue sfaccettature è creazione di Dio su cui può anche intervenire, a sua discrezione direttamente per sua iniziativa o per nostra preghiera o intercessione dei santi, con i miracoli. Vedi il concetto di Allah misericordioso e grande nei confronti dei fedeli musulmani o di Dio giustiziere contro gli empi (le dieci piaghe d’Egitto) o salvifico nei confronti dei suoi figli prediletti (caduta della manna dal cielo) per gli Ebrei, le nozze di Cana con la crescita miracolosa del vino e l’episodio della moltiplicazione dei pani e dei pesci da parte di Cristo per i cristiani o quello della Divina Provvidenza e dei miracoli dei santi per i Cattolici. A ben considerare anche solo superficialmente queste concezioni non si discostano sostanzialmente da quelle dell’uomo preistorico e della protostoria.

    Dalla metà del I° millennio della storia oltreché dissertazione delle religioni e dei detentori del potere assoluto com’era stato per i monarchi-giudici supremi Hammurabi (1810-1750 a. C e Salomone (che regnò dal 970 al 930 a. C. e morì nel 931 a. C.), accorpanti sia il potere temporale esecutivo che quello religioso per volere divino, il concetto di realtà in generale e dei suoi rapporti con essa iniziò ad essere analizzato in tutto il Mondo anche dai filosofi, cioè da pensatori laici, non aderenti ad una precisa religione, che più che il sentimento della fede e la necessità di gestire la vita quotidiana secondo il carpe diem dei desiderata e/o necessità ed emergenze della comunità, seguivano la logica della ragione e dei fatti (o almeno di ciò che a loro ragionevolmente appariva tale) e ricercavano le cause prime degli eventi, a iniziare dall’antico Oriente ove però non c’è mai stata una netta demarcazione tra religione e filosofia come in Mahavira (599 a. C. – 527 a. C.), Lao-Tse (604 a. C. – 531 a. C.) e Confucio (541 a. C. – 479 a. C.) per proseguire nell’antico Occidente, dopo la teogonia di Esiodo, con i filosofi presocratici ove iniziò a farsi sempre più netta la demarcazione tra il metafisico e la ragione per divenire quasi definitiva a favore della ragione con Aristotele (384 a. C. – 322 a. C.).

    Tra i primi filosofi greci (B1) che fino ad Aristotele saranno anche sempre di più scienziati, a trattare della concezione del reale furono i Milesi (Talete, nascita 640-625 a. C., morte 547 a. C), Anassimandro (610-546 a. C.) e Anassimene (585-528 a. C.) con l’ilozoismo che considerava reale tutto ciò che è constatabile dall’Uomo sia pure nei due aspetti della realtà: quella originaria dell'archè e quella derivata cangiante.

    Poi il concetto della realtà venne analizzato dall’eleatismo, capintesta Parmenide (nascita 515-510 a. C. morte 445-441 a. C.) che riteneva la realtà che si cela dentro l’apparenza e l’opinabile, l’Essere, che appunto perché è non può non essere e quindi essere soggetto al cambiamento della realtà apparente. L’eleata Melisso (470-430 a. C.) identificò l’Essere, la realtà vera come una entità primaria ed eterna fissa sempre identica a sé stessa. Da notare, in questi casi, come il concetto della realtà fosse simile a quello del Taoismo e del Giainismo, cioè i vertici del pensiero dell’Oriente. Esempio mirabile ulteriore dell’unicità della nostra specie e quindi del pensiero umano nella sua essenzialità pur con le sue tante sfaccettature e variazioni.

    Questa identificazione del reale con l’eterno restò poi fondamentale per tutta la metafisica greca pre-aristotelica, anche perché il reale veniva identificato con la verità, per cui non c’era verità che non fosse oggettiva. Così il criterio di eternità verrà riaffermato tanto nei sistemi filosofici scientifici di Empedocle, Anassagora e Democrito (con il suo atomismo per cui la materia era costituita da atomi piccolissimi e diversi tra di loro per forma, ma assolutamente indivisibili, come termine ultimo ed essenza della materia stessa), che nella filosofia di Platone con le idee innate ultrauraniche e con esso la differenziazione tra realtà apparente o empirica, da quella vera, appunto come l’essere che permane dal divenire che si trasforma.

    Il primo filosofo che, secondo Platone (428 a. C. – 348 a. C.), aveva esplicitato la realtà come una entità in continuo divenire (che oggi, seppure in maniera assai più sofisticata e profonda va per la maggiore) è stato Eraclito (535 a. C. – 476 a. C.) di cui si ricorda il celebre aforisma: πάντα ῥεῖ =  tutto scorre, per cui non ci si può bagnare due volte nello stesso fiume né venire a contatto con lo stesso oggetto due volte: constatazione scientifica empirica sempre valida e oggi, constatazione altamente scientifica più valida che mai.

    Solo Aristotele, dando la prevalenza allo scienziato rispetto al filosofo, concretizzerà l’universale nell’individuo, restituendo realtà a ciò che diviene e muta. Per questo possiamo considerare Aristotele il primo autentico positivista della storia del pensiero.

    Mentre la grande massa popolare degli antichi Greci pur disponendo, come avanguardie, delle più grandi menti che siano apparse fino ad ora sulla Terra sia nel campo del pensiero, che della scienza, che dell’arte, continueranno a credere nei loro dei, causa di tutti gli eventi, come simil umani in tutto tranne che per l’immortalità e l’onnipotenza, sebbene identificando sempre nell’arte gli uomini agli dei in un insuperato ideale di bellezza (vedi il discobolo di Mirone (attivo tra il 480 ed il 440 a. C. e la Venere di Milo scolpita nel 130 a. C.) estraniandosi dalla realtà palpabile in cui pure i loro grandi filosofi e scienziati si erano calati come nessuno altro al Mondo prima di loro, senza essere superati nemmeno oggi con tutta la nostra tecnologia, i Romani pur prendendo a piene mani dalla superiore civiltà greca manterranno i piedi saldi sulla Terra, seguendo un realismo pragmatico al punto da inventare il più evoluto diritto civile di ogni tempo per la gestione del quotidiano e del terreno che resterà nei secoli come base per tutti i diritti della Terra. Conieranno le loro monete effigiando i loro imperatori, pur deificati, rigorosamente con i loro lineamenti realistici umani, trucidandone all’occorrenza circa la metà durante l’intero impero. Si lanceranno in full immersion nell’ingegneria delle strade, dei ponti, degli acquedotti, delle terme e degli anfiteatri senza dare la prevalenza alla mera bellezza degli artefatti come i Greci ma alla loro robustezza e resistenza alle intemperie, buttando alle ortiche le loro credenze religiose pagane a prova della scarsa loro convinzione nel ritenerli reali, con l’accettazione ufficiale del Cristianesimo.

    In antitesi gli Ebrei, che avendo come realtà di fede unica ed assoluta, l’unico vero Dio (secondo loro), più che come un aspetto culturale quasi come un carattere etnico vero e proprio, non volteranno mai le spalle alla loro monolitica fede cristallizzata nella loro religione, senza venire a compromessi con alcuna altra credenza o potere, per nulla in cambio, fino al punto di subire nei secoli e nei millenni le più crudeli persecuzioni e privazioni, i peggiori soprusi, le più tremende deportazioni, le più dure diaspore, le più odiose apartheid ed i più feroci genocidi in nome e per la loro fede.

    La parola di Cristo (7-2 a. C. – 26-36 d. C.) in Palestina e poi in Europa quella che deriverà da parte della predicazione degli apostoli Pietro (I secolo d. C. 67-69 d. C.) e Paolo (5-10. – 67-69 d. C.) e poi dalla diffusione dei Vangeli riterrà la realtà un mero dono della bontà di Dio (vedi il cantico delle creature di Francesco d’Assisi (1181-1226), influenzando e condizionando tutto il Medioevo.

    Il Musulmanesimo, dopo circa 6 secoli di gestazione turbolenta dalla predicazione di Maometto (570-632) conquistando la civiltà araba a decorrere dal XII secolo, che nel Mondo allora era la più evoluta, proseguirà a ritenere la realtà come esclusivo frutto deifico, da trattare seguendo esclusivamente i precetti del Corano, ritenendo qualsiasi cultura diversa dei non aderenti ad esso, cioè quella degli infedeli, sempre superflua e corrotta rispetto al Corano e non raramente persino blasfema, per cui la civiltà araba subirà un tracollo, azzerandosi, da cui non si riprenderà più. Da sempre il musulmanesimo, che però su questa tendenza come religione pur detenendo il primato non sarà da sola, basti citare le crociate e la santa inquisizione per il Cristiani, fino ai tempi nostri, ingenererà alla guisa di un vulcano esplosivo, nei suoi fanatici idealisti e massimalisti, di tanto in tanto vere e proprie deflagrazioni di estremo furore omicida ed iconoclasta, distruttive e conflittuali fino all’immolazione contro tutti coloro che non essendo musulmani ortodossi (come i Wahabiti dei Sunniti della penisola arabica che hanno alimentato la nascita di Alcaida, dei telebani e dell’ISIS) sono a fortiore infedeli e quindi nemici dell’Islam o peggio ancora perché pur professandosi tali si discostano, secondo loro, da eretici o da apostati (Sunniti moderati, Sciiti, Yazidi, Ibaditi e Sufiti), dalle regole coraniche così come le interpretano rigidamente loro e quindi tradendo. È notizia del 24-11-2017 che nel Sinai egiziano in una moschea sufita sono stati trucidati da un drappello di circa 25 terroristi dell’ISIS ben 305 fedeli tra cui circa trenta bambini. I Sufiti per la loro politica islamica moderata nei confronti dei non islamici erano stati precedentemente sia minacciati che colpiti dall’ISIS.

    Nel Rinascimento, punto di arrivo del fiorente Alto Medioevo Occidentale dopo la diffusione dell’Umanesimo, verrà focalizzata la centralità dell’Uomo nella realtà come genialità e ideale di bellezza armonica sulla scia degli antichi Greci (vedi l’uomo di Vitruvio di Leonardo e il quadro La città ideale a Urbino). Ma l’impennata oscurantista del Savonarola (1452-1498) oltre a lanciare anatemi contro la corruzione imperante a Firenze capintesta i Medici ed a Roma, capintesta la Chiesa con i Borgia, farà bruciare a Firenze opere d’arte considerate blasfeme e la santa inquisizione continuerà a bruciare sul rogo gli eretici e le streghe a tutto il Seicento, tra cui una delle più grandi menti filosofiche, di libero pensiero e soprattutto di coerenza di ogni tempo: Giordano Bruno (1548-1600).

    Nella filosofia moderna il tema della realtà si connetterà strettamente con quello dell’esistenza del mondo esterno a noi a partire da Cartesio (1596-1650) che porrà l’esistenza della realtà come oggetto di dimostrazione. Cogito ergo sum. Se penso sono una realtà oggettiva e se mi riconosco come tale vuol dire che mi differenzio dalla realtà esterna che riconosco altrettanto oggettiva.

    Alla nozione cartesiana di realtà oggettiva si collegheranno anche i filosofi razionalisti, in particolare Spinoza (1632-1677), che considererà la Sostanza Assoluta come unica realtà e Leibniz (1646-1716) la vedrà nell’attività rappresentativa delle monadi.

    Nel Barocco la realtà fondamentale, dal potere e dagli artisti per conto del potere stesso, si manifesterà nella capacità dell’autocrate nello specifico e dell’aristocratico in generale per volere di Dio, come unica fonte definitiva di sapienza e di guida di per sé stesso, apogeo di verità assoluta, di meravigliare, di stupire per affermare il suo ego con fastose e faraoniche dimore piene di meraviglie con feste pirotecniche fantasmagoriche e carnevalesche in un vortice di onnipotenza delirante attorno al quale tutto doveva girare (vedi il Re Sole (1638-1715) con la meravigliosa Versailles e le sue sfarzose feste, Carlo di Borbone (1716-1788) con la mirabile reggia-parco di Caserta, Pietro il Grande di Russia (1672-1725) con la stupefacente San Pietroburgo e così via) senza minimamente prendere nemmeno in considerazione la sofferenza e miseria popolare, il cui sacrificio e plus valore avevano permesso tutto ciò, da cui la rivoluzione francese, le rivolte popolari ricorrenti ed il brigantaggio sempre più diffuso del Meridione d’Italia e la rivoluzione bolscevica dell’ottobre del 1917.

    Nell’empirismo di Locke (1632-1704) prevarrà il concetto di realtà come esistenza oggettiva, indipendentemente dal soggetto che ad essa si riferirà nel processo conoscitivo.

    Questa nozione verrà negata da Berkeley (1685-1753) e Hume (1711-1776) in forza della radicalizzazione del principio empirico.

    Verrà riaffermata con forza da Reid (1710-1796) e dalla Scuola Scozzese in base al principio del senso comune.

    Kant (1724-1804) riprenderà a trattare della realtà del mondo esterno nella sua opera Confutazioni dell’idealismo scritta per differenziare la sua posizione da quella dal fenomenalismo di Berkeley a cui era stata assimilata dai primi recensori della sua opera: La critica della ragion pura. In questa opera asserirà: La coscienza della mia propria esistenza è insieme coscienza immediata di altra cosa fuori di me. Kant riconoscerà una realtà fenomenica apparente e riconoscibile ed una realtà noumenica pensabile ma non

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