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Aspetta a morire che finisco la partita
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E-book111 pagine1 ora

Aspetta a morire che finisco la partita

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Info su questo ebook

Una raccolta di racconti brevi in cui scene di vita quotidiana sono filtrate dalla lente della fantasia che crea atmosfere surreali, paradossali, oniriche, tra l’incubo e l’allucinazione visionaria per parlarci di perdita, morte, passione e del senso di alienazione nel vivere una vita che sentiamo non appartenerci più. Questi racconti sono impalcature di bugie, deformazioni della realtà che racchiudono residui di verità.
LinguaItaliano
Data di uscita27 giu 2023
ISBN9788861559738
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    Anteprima del libro

    Aspetta a morire che finisco la partita - Davide Pongetti

    Davide Pongetti

    ASPETTA A MORIRE

    CHE FINISCO LA PARTITA

    RACCONTI

    I diritti di traduzione, di memorizzazione elettronica, di riproduzione e di adattamento totale o parziale, con qualsiasi mezzo (compresi i microfilm e le copie fotostatiche), sono riservati.

    commerciale@giraldieditore.it

    info@giraldieditore.it

    www.giraldieditore.it

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    ISBN 978-88-6155-973-8

    Proprietà letteraria riservata

    © Giraldi Editore, 2023

    Immagine di copertina: Gianluca Spagnuoli

    @laphotographieargentique

    Edizione digitale realizzata da Fotoincisa BiCo

    Alla frontiera selvaggia che vive in fondo ad ognuno di noi.

    Alla mia famiglia che è un far west.

    Il gobbo: Guarda, guarda chi si vede, il fumatore… ti ricordi di me amigo? Ma sì, El Paso!

    Colonnello Mortimer: Il mondo è piccolo.

    Il gobbo: Sì, e anche molto cattivo, prova ad accendere un altro fiammifero 

    Colonnello Mortimer: Abitualmente fumo dopo mangiato. Perché non torni tra dieci minuti?

    Il gobbo: Fra dieci minuti fumerai all’inferno!

    (Sergio Leone, Luciano Vincenzoni, Per qualche dollaro in più, 1965)

    IL MARTINI

    La domenica mattina ti vesti di tessuti morbidi, un pantalone di velluto, se proprio vuoi esagerare una tuta, ma nuova, non di quelle sformate alle ginocchia.

    Un vecchio maglione di cotone dal collo un po’ deformato che lascia intravvedere la t-shirt abbinata. Colori rigorosamente caldi.

    Il primo compito da eseguire con dovizia è il caffè mentre lei è ancora a letto. Svuotare la lavastoviglie. La tempistica è importante perché devi essere libero di uscire per le 11.30 senza incombenze che potrebbero rovinare tutto.

    Sai benissimo che il cane va pisciato subito. Solo dopo ti puoi concedere un’appassionata conversazione sul programma del pomeriggio con lei.

    È importante trovare una pellicola interessante sulla quale dissertare, parlare degli attori o della critica. A te piacciono i film di fuga, di ribellione come Into the wild o Captain fantastic.

    Dovete soppesare gli amici da invitare: alcuni proprio no, parlano ad alta voce, altri guardano troppo spesso lo schermo del cellulare e disturbano la concentrazione. Preferisci forse andare a prendere un caffè in collina a casa dai Mengoli?

    La menzogna si insinua nell’enfasi della proposta. Si nasconde nel desiderio taciuto di quel momento atteso per una settimana e mai esplicitato. Quell’ora e mezza della domenica mattina mentre lei fa la doccia e prepara il pranzo dove si annida il tradimento.

    Va bene cara, scendo a prendere il pane, la frutta, i biscotti integrali, se ti viene in mente qualcos’altro mandami un WhatsApp.

    I tuoi figli, curvi sulla tazza di caffelatte, ti guardano e alzano un sopracciglio. Sospettano qualcosa e nel loro linguaggio silenzioso ti avvertono: Guarda che stai esagerando con questo tono mellifluo.

    Ciò che temi maggiormente è l’imprevisto: qualcuno da accompagnare a ripetizione, un parente che viene a fare visita.

    Non devi uscire di casa troppo presto perché un tempo eccessivo passato fuori desterebbe sospetti. Farebbe nascere domande che ti costringerebbero a mentire in modo esplicito. L’ultima risorsa da tenere per le occasioni più sfortunate.

    Il tempismo è importante.

    Anche il menù del pranzo potrebbe avere bisogno di ingredienti da cucinare e quindi da portare a casa con un cospicuo anticipo. E questo rovinerebbe tutto.

    Non prendi l’ascensore, ti piace l’esercizio ginnico della discesa delle scale.

    Con la busta di plastica piena prendi posizione. Tre mariti, con le loro piccole bugie domestiche, sono seduti accanto a te attorno all’unico tavolino che si affaccia sulla piazza. Un cenno di saluto con il mento.

    I turisti sfilano con larghi cappelli di paglia, hanno macchine fotografiche che ondeggiano sul loro petto. Il sole fa stringere loro le palpebre.

    Ecco, la ragazza con i capelli raccolti appoggia il vassoio. Il liquido trasparente ondeggia all’interno di quattro piccoli bicchieri a calice dallo stelo allungato. Sul fondo c’è, immobile come una salamandra, un’oliva dal verde sgargiante.

    È il momento di deglutire, nessuno alza lo sguardo.

    Il sapore di ginepro, pungente e resinoso, del Gin di qualità ti spinge a un sorriso di condivisione con gli amici. Con il cardamomo, i profumi acidi di zenzero e agrumi, voi tutti planate con l’immaginazione, sopra i mercati del Bosforo.

    Non sai dire quanto tempo sia passato da quella mattina in cui, saltando di nascosto la scuola, ti rifugiasti proprio in quel bar, con Giorgio, nella saletta interna più nascosta. Con lo zaino per terra, pianificaste il primo viaggio in moto a Istanbul, passando per Salonicco e Igoumenitsa. Di sicuro non avevate i capelli grigi come adesso.

    Allora amavi bere liquore all’anice.

    Il cellulare vibra, il messaggio recita sibillino: mi servono anche le uova e il latte me li riesci a portare subito?

    L’ultimo sorso è sempre il più buono, i soldi del conto sotto il portatovagliolo, il saluto con la busta della spesa in mano.

    Giorgio ti allunga un bastoncino di liquirizia pura, ottima per camuffare l’alito.

    A casa non deve arrivare nessun indizio del sapore della libertà.

    IL MONDO AL CONTRARIO

    Disegnasti una linea sull’asfalto grigio di fronte alla saracinesca del garage con un pastello a cera arancione.

    Disponesti con cura i soldatini di plastica vintage dell’Airfix sui due lati.

    A sinistra i Marines americani con la loro divisa verde scuro, a destra i tedeschi dell’Africa corps nella loro livrea kaki. Si affrontavano su linee continue come due eserciti del Settecento.

    Poi arrivasti con una cassa di legno piena di pezzetti minuti di Lego, fattorie di plastica, animali selvatici e d’allevamento, dinosauri, modellini di automobili. Le tue dita depositavano i pezzi sulla tua scacchiera immaginaria. Mentre le fila delle due schiere crescevano di nuovi membri dalle forme fantasiose tu deglutivi dall’emozione.

    Prendeva corpo uno scontro non solo tra civiltà ma anche fra prodotti diversi dell’immaginario collettivo: i Barbapapà affrontavano i pochi Playmobil, i dinosauri del triassico guardavano torvi Darth Veder e Luke Skywalker. Un piccolo Buddha in legno troneggiava sopra il camion dei pompieri circondato da uno sparuto drappello di omini del subbuteo della Fiorentina.

    Come facevo a dirti che da lì a poco sarebbe tornata tua madre e ti avrebbe ordinato di rimettere tutto a posto? D’altronde doveva parcheggiare la macchina nuova in garage, mica poteva rimanere in strada. Del caos in cortile avrebbe incolpato sicuramente me e ne sarebbe nata una discussione.

    Decisi di prendere in mano la situazione e accelerare le operazioni: Vuoi una mano?, ti va se giochiamo insieme?

    No papà, tu non sai giocare, mi tappò la bocca.

    Quando inizia la battaglia? incalzai ostinato.

    Alzasti il naso verso di me, scostasti il ciuffo dalla fronte e mi guardasti da dietro gli occhiali.In realtà è quasi finita.

    Mi chinai appoggiando un ginocchio sull’asfalto caldo: In che senso?

    È una battaglia nel mondo al contrario. I due Re… indicasti il piccolo Buddha e un temperamatite a forma di robot, …invece di uccidere gli avversari, si donano a vicenda gli amici più preziosi.

    Vince chi ha più amici da regalare.

    Guardai perplesso il piccolo Gandhi che avevo di fronte: Quindi nessuno spara a nessuno; i soldati non si ammazzano a vicenda a fucilate?

    Concentrato sul suo lavoro mugugnò un no verso Barbabella che proprio non ce la faceva a reggersi in piedi accanto alla fattoria dalle grandi finestre verdi.

    Magari si regalano pure ponti, scuole e centrali elettriche dissi sarcastico.

    Non ti raccontai, per pura vergogna, di come giocavo quando ero ragazzino. Amavo avvicinare un accendino al getto

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