Il figurante
Di Alex Manna
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Anteprima del libro
Il figurante - Alex Manna
Indice
1
MERCOLEDÌ 15 LUGLIO 2020
2
3
GIOVEDÌ 16 LUGLIO 2020
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VENERDÌ 17 LUGLIO 2020
6
7
8
9
10
SABATO 18 LUGLIO 2020
11
12
LUNEDÌ 20 LUGLIO 2020
13
14
15
16
17
MARTEDÌ 21 LUGLIO 2020
18
19
20
21
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MERCOLEDÌ 22 LUGLIO 2020
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GIOVEDÌ 23 LUGLIO 2020
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VENERDÌ 24 LUGLIO 2020
36
37
SABATO 25 LUGLIO 2020
38
39
40
41
42
DOMENICA 26 LUGLIO 2020
43
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LUNEDÌ 27 LUGLIO 2020
46
47
48
49
50
MARTEDÌ 28 LUGLIO 2020
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MERCOLEDÌ 29 LUGLIO 2020
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GIOVEDÌ 30 LUGLIO 2020
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VENERDÌ 31 LUGLIO 2020
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SABATO 1 AGOSTO 2020
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70
71
72
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75
EPILOGO
DOMENICA 2 AGOSTO 2020
NOTE DELL’AUTORE
Per Silvana,
l’unica che ha sempre creduto nel sottoscritto.
Grazie infinite, mamma.
ALEX MANNA
IL FIGURANTE
Youcanprint
Titolo | Il figurante
Autore | Alex Manna
ISBN | 979-12-21491-96-8
© 2023 - Tutti i diritti riservati all'Autore
Questa opera è pubblicata direttamente dall'Autore tramite la piattaforma di selfpublishing Youcanprint e l'Autore detiene ogni diritto della stessa in maniera esclusiva. Nessuna parte di questo libro può essere pertanto riprodotta senza il preventivo assenso dell'Autore.
Questo libro è un’opera della fantasia. Nomi, personaggi, luoghi e avvenimenti sono il prodotto dell’immaginazione dell’Autore o, se reali, sono utilizzati in modo fittizio.
Ogni riferimento a fatti o persone viventi o scomparse è del tutto casuale.
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Made by Human
1
Il volto dell’uomo divenne tutt’a un tratto carminio.
Aveva immaginato quel momento innumerevoli volte ma solo ora si rendeva conto di non esserne pronto. Dopo una vita di successi, giungere al capolinea gli faceva uno strano effetto. Aveva condotto un’esistenza degna di essere vissuta, era stato felice, aveva conosciuto l’amore, aveva regalato benessere a molte persone.
La canna della pistola era gelata, e quando gli sfiorò la fronte madida di sudore gli procurò un brivido.
Tra non molto sarebbe morto.
Era inevitabile.
Faceva parte del ciclo naturale delle cose.
In quel momento avrebbe tanto voluto stringere tra le mani un bicchiere di Zacapa, il suo rum preferito. Si sarebbe accontentato anche di berlo liscio, senza gli immancabili due cubetti di ghiaccio che ne esaltavano l’inconfondibile aroma. Purtroppo era un sogno, destinato a rimanere tale. Da quel momento in avanti avrebbe avuto tutto il tempo del mondo per continuare a sognare.
Il Paradiso lo aspettava, ma prima di arrivarci rivolse l’ultimo sguardo al suo assassino.
Come ho potuto essere così sciocco
pensò, prima di venire inghiottito dalle tenebre.
MERCOLEDÌ 15 LUGLIO 2020
2 giorni prima
2
La signora Knight, al secolo Chiara Giraldi, era appena uscita dalla doccia. L’orologio a muro, ora quasi completamente appannato, mostrava comunque che mancavano venti minuti alle otto, ergo, quella mattina sarebbe arrivata in colossale ritardo sul luogo di lavoro.
L’ispettore capo di Polizia Chiara Giraldi era sempre stata una persona precisa e puntuale.
La si sarebbe potuta perfino definire metodica, ma dal matrimonio, avvenuto quattro mesi prima, appariva più calma, meno irruenta, senza la solita vena polemica. Non che la cosa dispiacesse ai sottoposti, loro pure più rilassati, meno nervosi, o terrorizzati, dipende dai punti di vista, che adesso durante i briefing potevano finalmente esprimere le loro opinioni senza paura di venire azzannati alla giugulare.
Per il resto era sempre la stessa: circa uno e settanta, in forma, nonostante odiasse l’attività fisica, elegante come una diva del cinema, ma senza snobismi, dolce e amara, a seconda dei giorni, sincera, leale, tenace.
Una donna da sposare.
Segni particolari: bellissima.
Questo pensava l’uomo che la vide entrare ancora bagnata in cucina, dove in quel momento era impegnato a preparare la colazione, suo marito, l’investigatore privato Jack Knight.
Buongiorno.
Buongiorno
ribadì lei, con il suo sorriso da incantatrice.
Un caffè?
Sì, grazie.
Jack glielo versò venendo inondato dalla sua magnificenza.
Erano passate esattamente diciotto settimane dal matrimonio, avvenuto in una ventosa giornata di marzo, esattamente il giorno undici.
Si erano sposati nella chiesa di San Giuseppe a Stresa. Buona parte degli oltre duecento invitati fu costretta a seguire la cerimonia dall’esterno, dove Jack aveva fatto piazzare un maxischermo, manco all’interno si stesse svolgendo un evento sportivo di grande richiamo.
A officiare la funzione era stato l’ex parroco di Stresa, nonché grande amico di famiglia, Don Celestino.
Quest’ultimo andava preso a giornate. Quella mattina, per esempio, era completamente sbronzo. Era già arrivato apparentemente alticcio, ma era durante il rito dell’Eucarestia che era andato completamente in tilt, rabboccando più volte il calice e sgolandosi una quantità abnorme di vino. Il sermone che ne seguì fu infervorato, ricco di frasi sconnesse, doppisensi e battute sconce. Alcuni dei presenti, in primis l’ex segretaria Rosa, avevano riso a crepapelle, quasi che stessero assistendo ad una sceneggiata napoletana, mentre gli altri, quelli più raffinati, erano rimasti un po’ interdetti.
Alla fine della farsa, ops… , del matrimonio, la comitiva si era spostata alla Rocca di Angera per il rinfresco e la successiva festa.
Era stato un matrimonio da favola, così come il successivo viaggio di nozze. Quindici giorni in un resort extralusso alle Hawaii e altri quindici a bighellonare in barca a vela in giro per i Caraibi.
Quei giorni rilasciavano ancora sentori d’infinito, un indelebile meraviglia impressa nelle loro anime.
Temo che arriverai in ritardo anche oggi
disse Jack, osservando le sue labbra delicate impegnate a soffiare sul caffè bollente.
Chiara fece spallucce.
È un periodo tranquillo
si limitò a dire.
La provincia del V.C.O. o Verbano Cusio Ossola è una delle più sicure d’Europa, ma non per questo esente da reati, alcuni molto gravi.
Solo otto mesi prima un serial killer aveva fatto due vittime, poco più di un anno prima Sofia Bardi, una cliente di Jack, era stata assassinata dal suo fidanzato.
In ogni caso, fortunatamente, durante la stagione turistica i reati calavano drasticamente, come se pure i delinquenti della zona si prendessero una sorta di periodo sabbatico dalle loro condotte disonorevoli. Tra avvenenti turiste, serate cool e pomeriggi in spiaggia, il crimine diveniva un concetto astratto.
In quel periodo Jack era felice.
Dopo anni tumultuosi sembrava che finalmente ogni cosa fosse andata al suo posto. Era tutto perfetto, sincronizzato come un orologio svizzero.
Io scappo, ho pur sempre un’agenzia da mandare avanti
proferì con espressione giuliva.
Se avesse potuto avrebbe fermato le lancette dell’orologio in quel preciso istante.
Peccato che il futuro avesse in serbo altri piani per lui.
3
Stresa pulsava di vita.
Quel sabato sarebbe iniziata la settimana musicale e la città si preparava ad indossare il suo mantello preferito.
Alle dieci e trenta il parcheggio dell’imbarcadero era già gremito, esattamente come tutti gli altri.
A Jack non rimase che un opzione: infilare il suo ciclopico Suv dentro l’unico garage che sapeva poterlo contenere. Appena lo vide varcare l’ingresso il proprietario non diede l’impressione di prenderla bene.
Cazzo, Jack, non proprio oggi, porca puttana!
sbraitò Roberto, il meccanico.
L’uomo che sussurrava ai cilindri
, questo il suo soprannome, era il responsabile della manutenzione del parco macchine aziendale, oltre che delle numerose auto personali di Jack. Sui quaranta, di bell’aspetto, sciupafemmine conclamato, era un tipo eccentrico, dalla bestemmia facile. Una vera istituzione, come la sua officina, la migliore della zona.
Aspetto altre tre macchine prima di mezzogiorno, secondo te dove le dovrei mettere?
Jack si guardò intorno e non trovò una risposta soddisfacente a soddisfare la domanda. Con la sua entrata in scena non c’era letteralmente più un buco nemmeno per parcheggiare un Apecar. A quel punto fece la cosa che gli riusciva meglio: sganciare.
Negli anni aveva capito come quello fosse l’emolliente in grado di disinfiammare ogni discussione.
Una banconota da cinquanta e una serie di bestemmie dopo, lasciò Roberto con la promessa che sarebbe ritornato prima dell’ora di pranzo.
Era una fottuta menzogna, visto che aveva una serie di appuntamenti programmati che lo avrebbero tenuto impegnato fino al tardo pomeriggio, ma preferì non esacerbare oltre il suo carattere fumantino. Dopo una breve traversata in barca giunse alla sua agenzia, la Special Investigation.
L’Isola dei Pescatori era, pure lei, già satura di turisti. Si accodò dietro una comitiva tedesca finché entrò all’interno, dove stranamente regnava una strana calma, un ordine artefatto. Salutò Serena, la segretaria, chiedendo lumi.
Sono tutti in riunione.
In riunione?
Da quando una riunione iniziava senza la sua presenza?
Chi l’ha organizzata?
domandò temendo di conoscere già la risposta.
Rosa.
Come ti sbagliavi…
Sai di cosa dovevano discutere?
Da quanto ho capito voleva insegnare a Danny e Davide nuovi metodi d’indagine.
Se non ci fosse stato da farsi venire un attacco di bile avrebbe riso. In quel momento l’organigramma dell’agenzia contava di otto elementi. Oltre a lui, c’era Rebecca, la sua seconda, quel giorno in ferie, i due investigatori più anziani, la strana coppia formata da Billy e Gianni, ai quali si erano aggiunti proprio gli ex freelance Danny e Davide, ora assunti a tempo pieno e Serena, una splendida ventottenne, raffinata e gentile.
E poi c’era lei…
Rosa.
Un essere a sé stante, l’emblema dell’imprevedibilità, che da quando aveva deciso, a suo insindacabile giudizio, di lavorare sul campo, aveva instaurato un clima di terrore che neanche Robespierre al suo apice poté tanto. Per rasserenare il clima all’interno della squadra aveva deciso di assecondare, almeno in parte, alcune sue richieste, affidandole compiti che avrebbero comunque scartato vista l’abnorme mole di lavoro.
Roba semplice, banale, storie di corna, chi fotte chi, la solita solfa.
Lei usciva, si presentava come Mrs. Wolf, ovvero la versione femminile del risolvi problemi di Pulp Fiction e, come prevedibile, creava casini.
Il suo più recente exploit risaliva alla settimana prima. Contravvenendo alla prima regola di ogni buon investigatore privato che consiste nel non strafare, lei, anziché concludere il pedinamento accontentandosi del comunque discreto materiale raccolto, aveva proseguito e si era fatta sgamare.
Peggio del peggio aveva poi confessato il suo ruolo e rivelato l’identità del mandante. Al rientro dalla missione si era giustificata adducendo che il tipo le aveva fatto paura, Aveva una faccia da pazzo
, e che aveva seriamente temuto per la sua incolumità.
Alla fine il cliente aveva preteso la risoluzione del contratto e la restituzione di quanto anticipato in precedenza. Non aveva preteso i danni solo perché, evidentemente, in quel momento pensava ad altro, tipo essere stato sputtanato alla grande, ma, Jack ne era certo, appena fosse rinsavito avrebbe rivalutato la cosa.
Raggiunse la sala riunioni, la sua sala riunioni, con il cervello che iniziava a fumare. Varcò l’ingresso a passo di carica, e dopo aver ascoltato un millesimo di secondo di quella lectio magistralis dell’assurdo, decise di prendere in mano la situazione.
Ragazzi, la seduta è tol…
Non completò la frase perché nel frattempo ebbe la sfiga di osservare la mise dell’altra: stivali da texano dagli occhi di ghiaccio, jeans super aderenti che mettevano in ampio risalto la sua strabordante ciccia, e camicetta slacciata a catturare l’attenzione verso le sue poppe in silicone.
Era una visione da lasciare senza fiato, letteralmente.
Jack, aspettami nel mio ufficio.
Nel suo ufficio?
Ma da quando in qua gliene era stato assegnato uno?
Ma, soprattutto, da quando si permetteva di dare ordini?
Non era suo costume uccidere prima dell’ora di pranzo, e nonostante la tentazione fosse forte, pensò che al momento nel codice penale italiano non esistessero premi per chi decideva di sopprimere un essere così inetto. Forse qualche attenuante, ma doveva controllare…
Decise di fare marcia indietro prima che la tentazione diventasse insopportabile e si avviò verso il suo ufficio, dove ad attenderlo sulla scrivania c’era la consueta pila di carte. Resoconti d’indagine, valutazione su futuri lavori, e come sempre tanta posta. Ne arrivava in quantità industriale ogni giorno. Da quando il suo volto era diventato di dominio pubblico, in parte per i suoi talenti in ambito investigativo, in maggioranza per la sua capacità di bucare lo schermo, giungevano incessanti le richieste di una sua presenza praticamente dappertutto.
Trasmissioni televisive, radiofoniche, podcast, tutti lo volevano. Tutte le richieste, però, venivano rimandate al mittente.
Era un investigatore privato mica un fantoccio da salotto. Quelle che non demordevano erano le sue fan.
Su internet erano nati gruppi come: Jack Knight salvaci tu
, Jack, scopri il nostro segreto…
,
Jack Knight forever
. Alcune si erano addirittura spinte fino a Jack Knight for President.
Riceveva da loro decine, a volte centinaia, di email ogni giorno, oltre alle immancabili lettere, che sapevano tanto di romanticismo anni ottanta. A priori scartava quelle che percepiva contenessero foto, che nella stragrande maggioranza dei casi immortalavano parti intime, e ogni tanto buttava un occhio alle altre.
Alle meno infoiate rispondeva pure.
Dato che non era dell’umore adatto a leggere atti d’amore scremò quella corrispondenza dall’altra, fatta di bollette, offerte promozionali, una cartolina di Rebecca dall’Australia, fino a giungere ad una lettera d’altri tempi, chiusa con un sigillo in ceralacca. Si trattava di una raccomandata proveniente dalla vicina Svizzera, nello specifico da Ginevra.
Ad inviarla un certo Martin Keller.
Aveva già sentito quel nome, ma in quel momento non riuscì a fare il collegamento tra il ricordo ed un immagine visiva, perciò, curioso, l’aprì.
Tra le mani si ritrovò un assegno dell’importo di diecimila euro a lui intestato. Accanto a quello un foglio scritto a mano con una calligrafia elegante, da persona dotta.
Lo lesse.
"Buongiorno, Sig. Knight, mi chiamo Martin Keller, sì, proprio quel Martin Keller, il fondatore della Keller Pharmaceutics."
A quel punto gli tornò in mente chi era quel tipo, l’uomo più ricco della Svizzera, a capo di un impero.
"Il mio tempo sta per scadere e prima della mia dipartita gradirei incontrarla. Di seguito sono elencati tutti i miei contatti. L’assegno in allegato servirà a coprire le spese nel caso in cui decidesse d'incontrarmi, in caso contrario lo utilizzi per qualche opera di bene, a sua discrezione.
Se accetta, la prego, si sbrighi.
Domani potrebbe essere già troppo tardi.
Un caro saluto.
Martin Keller"
Jack espirò.
Si rese conto di aver trattenuto il fiato per tutto il tempo della lettera, e ora sentiva di avere i nervi scossi.
Era una richiesta insolita. Non sapeva bene come interpretare quelle parole, vi leggeva dentro solo una pressante urgenza.
Si domandò perché l’uomo più ricco della Svizzera si fosse rivolto proprio a lui, e non trovando risposta telefonò a Roberto, chiedendogli di dare una controllata generale all’auto.
L’indomani sarebbe andato a Ginevra.
E forse a fine giornata Roberto non gli avrebbe bestemmiato contro.
GIOVEDÌ 16 LUGLIO 2020
4
Jack arrivò a Ginevra sotto una pioggia scrosciante. Era una giornata infausta dal punto di vista climatico che più si addiceva ad un inizio d’autunno.
Era partito da Stresa sotto un sole cocente già alle sei del mattino, e trecento chilometri dopo rimpiangeva di non essersi portato dietro una giacca a vento.
Giunto in centro città virò sulla riva sinistra del lago Lemano, diretto a Quai Gustave-Ador. Imboccò il viale alberato, costituito da imponenti platani, superò il parco La Grange, il più grande della città, e finalmente giunse davanti al numero 77. Il cancello, enorme, era in ferro battuto e recava in bella mostra uno stemma che non riconobbe. Suonò il citofono e senza che nessuno gli chiedesse chi fosse gli venne aperto. La strada sterrata aveva un che di cottage inglese, un po’ come la magione che sorgeva al centro della proprietà. Jack aveva una villa che superava i mille metri quadrati, ma che, se rapportata a