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Il Geomante
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E-book323 pagine3 ore

Il Geomante

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Info su questo ebook

Quando il cadavere di una giovane donna viene ritrovato orribilmente deturpato sulle montagne della Val d'Ossola l'indagine viene affidata all'ispettrice Chiara Giraldi.

Sul corpo della vittima vengono riscontrate numerose ferite di arma da taglio, oltre alla presenza di dodici cerchi tracciati a mano che rimandano ad un'antica arte divinatoria: la geomanzia.

Sono passati sei mesi da quando l'investigatore privato Jack Knight è riuscito a risolvere l'enigma dello "Sciacallo", il caso di cronaca più eclatante degli ultimi anni.

Ora, dopo essere ritornati insieme, Jack si offre di aiutare la polizia impegnata nella ricerca del responsabile.

Con l'avanzare dell'indagine scoprono che il caso è legato ad un'altra serie di omicidi sparsi per l'Europa, tutti con lo stesso identico modus operandi.

In questo ginepraio Jack cerca un possibile movente, la chiave che possa dargli la password per entrare nella mente del killer, ma non lo trova.

Perché l'assassino se la prende con le prostitute?

Le vittime sono state scelte a caso oppure esiste un nesso?

Perché, Jack ne è convinto, un nesso esiste sempre.

Starà a lui dare un volto a quell'ombra inafferrabile prima che sia troppo tardi.
LinguaItaliano
Data di uscita9 gen 2023
ISBN9791221450156
Il Geomante

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    Anteprima del libro

    Il Geomante - Alex Manna

    INDICE

    MARTEDÌ 12 NOVEMBRE 2019

    1

    2

    3

    4

    5

    6

    7

    8

    9

    10

    11

    12

    13

    MERCOLEDÌ 13 NOVEMBRE 2019

    14

    15

    16

    17

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    19

    20

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    27

    GIOVEDÌ 14 NOVEMBRE 2019

    28

    29

    30

    31

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    33

    VENERDÌ 15 NOVEMBRE 2019

    34

    35

    36

    37

    38

    39

    SABATO 16 NOVEMBRE 2019

    40

    41

    42

    43

    DOMENICA 17 NOVEMBRE 2019

    44

    45

    46

    47

    48

    49

    LUNEDÌ 18 NOVEMBRE 2019

    50

    51

    52

    53

    LUNEDI 25 NOVEMBRE 2019

    54

    55

    56

    57

    58

    EPILOGO

    NOTE DELL’AUTORE

    ALEX MANNA

    IL GEOMANTE

    Youcanprint

    Titolo | Il Geomante

    Autore | Alex Manna

    ISBN | 97-91-221450-15-6

    © 2023 - Tutti i diritti riservati all'Autore

    Questa opera è pubblicata direttamente dall'Autore tramite la piattaforma di selfpublishing Youcanprint e l'Autore detiene ogni diritto della stessa in maniera esclusiva. Nessuna parte di questo libro può essere pertanto riprodotta senza il preventivo assenso dell'Autore.

    Questo libro è un’opera della fantasia. Nomi, personaggi, luoghi e avvenimenti sono il prodotto dell’immaginazione dell’Autore o, se reali, sono utilizzati in modo fittizio.

    Ogni riferimento a fatti o persone viventi o scomparse è del tutto casuale.

    Youcanprint

    Via Marco Biagi 6, 73100 Lecce

    www.youcanprint.it

    info@youcanprint.it

    La nostalgia per un attimo d'immenso

    è superiore all'infinito del nulla.

    Ciao Papà, ci rivedremo lassù.

    MARTEDÌ 12 NOVEMBRE 2019

    1

    Marco si domandava chi glielo avesse fatto fare e se non fosse il caso di ritornare indietro.

    Aveva una strana sensazione.

    Finì con un lungo tiro la canna che si era rollato poco prima e si sentì un po’ meglio. Peccato che quel fugace attimo di pace durò il tempo di un battito di ciglia. La vecchia sensazione ritornò impetuosa e riprese il sopravvento. Tese l’orecchio, in ascolto. Nulla. Solo il rumore dell’acqua che scorreva dalla vicina cascata. Per il resto buio pesto, oscurità, tenebre.

    Per quale dannato motivo si trovasse lì alle due di notte non avrebbe saputo spiegarlo, quantomeno non avrebbe saputo spiegarlo ad una persona dotata di un minimo raziocinio.

    Se avesse detto che era lì a cercare funghi il suo interlocutore lo avrebbe preso, come minimo, per un folle.

    Come avrebbe potuto dargli torto, lui stesso la stava rivalutando come una scelta sconsiderata.

    Maledisse i suoi compari, Carlo e Lorenzo, che gli avevano dato buca. Dopo ventidue anni, quell’appuntamento fisso, una sorta di rituale, non li vedeva partecipi. Per la verità non ne era stato sorpreso. Aveva sentito puzza di bruciato già da fine settembre e quando, con il passare delle settimane, quelli continuavano a tergiversare, dentro di sé cresceva la convinzione di ciò che effettivamente sarebbe poi successo.

    Come extrema ratio aveva dato loro un ultimatum: Organizziamo entro metà novembre.

    Prendere o lasciare.

    Una sorta di chi mi ama mi segua, infatti si era ritrovato solo…

    Begli amici…

    Le scuse erano sempre le stesse: problemi familiari, appuntamenti dei figli o influenze varie, guarda caso sempre a rotazione.

    Patetici.

    Che andassero a farsi fottere!

    Chi si credevano di essere?

    Anche lui negli anni aveva avuto i suoi impegni, innumerevoli contrattempi, ma non era mai ricorso a simili mezzucci.

    Ma questa volta gliela avrebbe fatta pagare. La cosa non sarebbe passata sottotraccia.

    Stronzi!

    Erano poi solo due giorni, mica due anni!

    Due giorni lontano da tutto: mogli, figli, amanti.

    Solo loro tre, con il loro carico di ricordi, rimpianti e sogni infranti, lì, dispersi, irraggiungibili sulle loro adorate montagne.

    Per non dargli la soddisfazione di rinunciare a causa loro aveva deciso di andare da solo e al ritorno servirgli la sua vendetta.

    Già li vedeva rodersi il fegato quando gli avrebbe inviato le foto della sua raccolta.

    Sarebbero stati due illusi se pensavano che li avrebbe invitati a mangiare il suo risotto mantecato ai porcini, che preparava con la maestria di uno chef stellato.

    Col cazzo!

    Che andassero pure a mangiare al fast food con al seguito la loro ululante ciurma di mocciosi.

    Mezze seghe ipocrite.

    Tutti gne gne in coppia, appena potevano trombavano a destra e a manca.

    Porci!

    Per non parlare delle mogli, zoccole di prima categoria.

    Ringraziò il cielo di non essere finito come loro, ostaggio di convenzioni sociali distopiche, schiavo del politically correct, represso, infelice.

    Lui a quarantatré anni era ancora un figo, capace di far girare la testa alle ventenni, in perfetta forma fisica e con il portafogli ben più gonfio di quei due mentecatti messi insieme. Si ripeteva spesso che doveva ancora nascere la donna che lo avrebbe messo in gabbia, ma, anche se fosse esistita, lo avrebbe trovato già con il cuore impegnato. Per metà la responsabile era una piccola peste di sette anni di nome Arianna, la quale ogni volta che lo chiamava zietto e lo guardava con i suoi adorabili occhioni verde perla riusciva sempre a mandarlo in brodo di giuggiole.

    L’altra metà invece se l’era presa un molosso di oltre cinquanta chili, un rottweiler, anch’esso di sette anni, al quale voleva bene come ad un figlio e che proprio in quel momento tirava, impaziente di essere liberato.

    Asso, buono. Piede! lo richiamò all’ordine.

    Percorse ancora qualche metro per allontanarsi ulteriormente dall’abitato di Viganella.

    A quell’ora inconsulta difficilmente avrebbe incontrato qualcuno nei paraggi, ma meglio non correre rischi.

    Asso non si sarebbe fatto problemi a staccare un pezzo al malcapitato.

    Ok, ok, ti libero, buono borbottò sganciando il guinzaglio dal collare.

    Ritornò a tendere l’orecchio.

    Silenzio tombale.

    Non c’era da stupirsi visto che proprio quel giorno il piccolo paese era entrato nella sua notte polare, che sarebbe terminata solamente il due di febbraio.

    In quel periodo il borgo doveva convivere con l’assenza di luce solare, generata dal fatto di trovarsi in una posizione poco felice, (per usare un eufemismo), essendo situato proprio in un fondovalle circondato da montagne.

    Per ovviare a quel disagio anni prima era stato piazzato a monte un enorme specchio, simile ad una gigantesca parabola, che serviva a captare i raggi solari e a diffonderli come una specie di polvere di stelle su quei temerari residenti.

    In ogni caso, specchio o non specchio, nel punto in cui si trovava sarebbe stato al buio anche alle tre del pomeriggio. Puntò la torcia verso l’ignoto ed eccola tornare.

    Quella sensazione sgradevole, inquietante, opprimente.

    La percezione di non essere solo.

    Un rumore di rami spezzati lo fece trasalire. Solo allora si accorse che Asso era scomparso.

    Cazzo!

    Lo chiamò un paio di volte.

    Niente.

    Ora sì che la sentiva: la paura.

    Valutò le varie opzioni. La sua mente gli suggeriva di filarsela il prima possibile, il suo cuore di ritrovare Asso.

    E se fosse scivolato in qualche crepaccio e si fosse ferito?

    O peggio?

    Scacciò dalla mente quei funesti presagi e si concentrò sulla sua ricerca.

    Fece roteare la torcia in modo circolare per cercare di illuminare quell’abisso nero che sembrava aver inghiottito il suo cane.

    Gli alberi attorno a lui gli apparivano contorti, quasi malvagi. Il tappeto di foglie disteso ai suoi piedi delle enormi sabbie mobili pronte ad inghiottirlo.

    Era in paranoia, non c’era ombra di dubbio.

    Finalmente, dopo un tempo che non avrebbe saputo quantificare, sentì in lontananza l’abbaiare rabbioso ed incessante di Asso. Aveva incontrato qualcosa, qualcuno.

    Si mosse spedito in quella direzione, anche se più si avvicinava più il suono sembrava allontanarsi, quasi provenisse da un’altra dimensione. Aumentò ulteriormente il passo, ormai stava quasi correndo, facendo attenzione a non finire lui stesso in qualche anfratto di quel terreno scosceso, finché percepì dei suoni più nitidi, segno che la strada presa era quella giusta.

    Lasciò lo zaino, lo avrebbe recuperato al ritorno, e si lanciò in una corsa sfrenata verso la metà del suo cuore.

    Asso, Asso urlò con tutto il fiato ancora disponibile.

    Sperava che sentendosi chiamare gli si sarebbe fatto incontro, ma no, quello continuava a restare nascosto. Avrebbe avuto tempo per migliorare le sue tecniche d’addestramento, l’importante ora era trovarlo e ritornare di filato alla macchina. Immediatamente.

    Fortunatamente lo vide poco distante. In quel momento accaddero due cose: le parole gli si mozzarono in gola e restò pietrificato.

    Poi tutto divenne nero.

    2

    La notte era stata movimentata.

    Jack versò il caffè nella tazza di porcellana e lo passò alla persona che, ancora assonnata, si era palesata in quel momento di fronte a lui.

    Buongiorno. Fatto le ore piccole sto giro… disse con aria inquisitoria.

    Sì, in effetti… Comunque, se ti può far stare più tranquillo, sappi che ho bevuto solo due bicchieri di vino e un goccio di Champagne rispose l’ispettore capo della polizia di Verbania, Chiara Giraldi.

    Osservandola, Jack capì che la sua affermazione non corrispondeva totalmente al vero. Secondo lui i bicchieri che si era bevuta erano quantomeno il doppio. Le occhiaie profonde e il paio di rughe che si erano formate alla base del naso ne erano la prova, ciò nonostante riuscivano a renderla ancora più bella.

    In ogni caso il lunedì sera era la sua serata libera, quella dedicata alla squadra, alla sua squadra, quella che dirigeva con pugno di ferro e per la quale ognuno dei suoi sottoposti avrebbe dato la vita.

    Lei compresa.

    E poi visto che era un impegno che aveva da prima che si mettessero insieme non sarebbe stato lui a chiederle di rinunciarvi. Non lo avrebbe mai fatto.

    Inoltre non era geloso, non ne aveva motivo.

    Stavano insieme da circa sei mesi e tutto andava a meraviglia.

    Nessuna lite o discussione, tutto perfetto.

    Si erano incontrati durante il caso dello Sciacallo, il fatto di cronaca il cui eco non si era ancora sopito.

    Sofia Bardi, figlia dell’autore di best seller Cristiano Bardi, si era rivolta alla sua agenzia investigativa affinché indagasse sulle cause che avevano spinto il padre al suicidio in un’anonima baita di montagna sulle montagne ossolane.

    Essendo il titolare di quella che molti definivano La migliore agenzia investigativa su piazza, aveva accettato l’incarico convinto di poter scoprire la verità.

    Più un caso appariva complesso e più lo intrigava. Se era ingarbugliato come la tela di un ragno tanto meglio.

    Non poteva però presumere che la sua scelta costasse la vita della sua cliente e di essere stato, suo malgrado, fin dal principio una pedina nel diabolico piano orchestrato dall’assassino, che altri non era che il fidanzato, Luc Morèl.

    Una torbida storia che lo aveva segnato profondamente ma che, come per una sorta di contrappeso karmico, gli aveva regalato due sorprese inaspettate.

    La prima, per nulla scontata, era stata quella di venire consacrato agli onori delle cronache come l’artefice della cattura dell’assassino.

    "Un criminale sadico, un personaggio subdolo, senza scrupoli, pronto ad uccidere nuovamente, è stato assicurato alla giustizia grazie al provvidenziale intervento di Jack Knight e della sua agenzia di professionisti altamente qualificati.

    Per l’ennesima volta le sue competenze, affinate per lunghi anni negli States, si sono rivelate decisive. Laddove la Polizia sembrava brancolare nel buio, la sua luce è stata il faro capace di condurre in porto l’indagine.

    Il nostro giornale le rivolge, anche a nome dei suoi lettori, un infinito grazie!"

    Questo era stato uno dei tanti editoriali finiti sulle prime pagine dei giornali in quel maggio dal clima altalenante. In quei giorni era ossessionato, oltre che dalla ricerca dell’assassino, anche dalla paura di perdere tutto quello che aveva costruito con duro impegno e sacrificio. Certo, l’essere figlio di una nobildonna e di un magnate aveva aiutato, ma poi il resto se lo era dovuto sudare. L’agenzia era cresciuta grazie alle sue qualità, non grazie ai suoi soldi.

    Quelli non avrebbero aiutato quando la stampa gli si sarebbe scagliata contro al pari di un branco di famelici piranha.

    La sua breve carriera appariva destinata a finire in cenere, ma contro ogni aspettativa, invece, era risorta come un’araba fenice e la sua agenzia non era mai stata così in salute.

    Erano letteralmente subissati di richieste e per riuscire almeno in parte a stare dietro a quella abnorme mole di lavoro aveva dovuto assumere una nuova segretaria, oltre ad ingaggiare due collaboratori esterni, due free lance che, se continuava con quell’andazzo, avrebbe da lì a poco assunto. La più felice del nuovo assetto era proprio la storica segretaria Rosa, che già faceva poco prima, ora manco quello…

    Si era ritagliata, in maniera del tutto arbitraria, un nuovo ruolo che lei considerava di accoglienza clienti, ma che sarebbe stato più corretto chiamare di fancazzista.

    Fortunatamente gli altri tre collaboratori fissi, Rebecca, Gianni e Billy, compensavano con la loro voglia di azione. Quella non si sarebbe esaurita tanto presto, visto che la lista d’attesa per un semplice colloquio conoscitivo si attestava sulle otto settimane.

    La seconda sorpresa era stata quella di fidanzarsi con la più bella, meravigliosa, ammaliante creatura che il genere femminile abbia mai dato alla luce: Chiara Giraldi.

    Anche se sarebbe stato più corretto dire: rimettersi insieme.

    Sì, perché loro due erano già stati una coppia, che era durata per ben cinque anni, salvo poi lasciarsi oltre tre anni prima per incomprensioni reciproche che avevano minato il loro rapporto, ma non quello che provavano nel profondo del proprio cuore.

    Il destino che li aveva fatti rincontrare si era fatto per loro garante, ma aveva chiesto in cambio una cauzione: che confessassero l’ovvio, l’inevitabile.

    Che si amavano ancora, che si erano sempre amati.

    Che siglassero con lui una tacita promessa di non rovinare nuovamente tutto.

    Una terza chance se la potevano scordare…

    Chiara stava per sedersi a tavola e bere un goccio di caffè quando il suo cellulare si mise a squillare.

    Rispose, dopo aver scostato una ciocca sbarazzina di capelli color bronzo, e la sua espressione mutò.

    Il viso da vellutato divenne rigido, mentre gli occhi, fino a poco prima di un’iridescenza accecante, lasciarono spazio ad un’ombra cupa.

    Quella telefonata era foriera di cattive notizie, Jack ne era certo.

    Devo andare disse dopo aver riagganciato.

    Ci sentiamo più tardi aggiunse in un sussurro, allontanandosi verso l’uscita.

    Il caffè ancora fumante rimase intonso nella tazza di porcellana.

    3

    Jack arrivò alla Special Investigation, la sua agenzia investigativa, che erano passate da un pezzo le nove. Era in ritardo, ma per una volta non per causa sua.

    Franco, il tuttofare, era rimasto a piedi con la macchina. Dato che senza di lui non sarebbe potuto arrivare al lavoro, doveva assolutamente andarlo a recuperare. Così, dapprima era andato a prendere Roberto, il meccanico, lo aveva portato sul posto affinché le sue amorevoli cure rimettessero in sesto il catorcio di Franco, ed infine, visto che la trappola continuava a non volerne sapere di rimettersi in moto, caricare proprio quest’ultimo. Tra una balla e un’altra un’ora abbondante se ne era andata.

    A quel punto sarebbe già stato in ritardo, ma la cosa sarebbe stata ancora accettabile, peccato che per raggiungere l’ufficio bisognava prendere un altro mezzo di trasporto: una barca...

    Sì, forse un minimo di colpa gli poteva pure essere ascritta…

    Tempo di scaldare il mezzo (mai meno di cinque minuti, ma nemmeno più di dieci) ed erano salpati alla volta dell’Isola dei Pescatori, sede dell’agenzia.

    La più piccola delle Isole Borromee, è un luogo incantato, l’ideale per offrire al cliente l’esperienza unica che si prefissava di fargli raggiungere. Ai tempi aveva visionato innumerevoli immobili salvo individuare quello che andava cercando in un vecchio hotel in declino, come il suo scorbutico proprietario.

    Dopo una snervante trattativa era riuscito a spuntarla grazie ad un più che sostanzioso assegno e aveva trasformato quell’immobile datato in moderno e tecnologico.

    Appena varcato l’ingresso salutò Serena, la nuova segretaria, che ricambiò con un sorriso di riverenza prima di ritornare alla conversazione telefonica in corso, e meno di dieci secondi dopo venne intercettato da Rosa che, come volevasi dimostrare, stava girando a vuoto.

    Buongiorno capo disse quella, con voce lamentosa simile a quella di una cornacchia.

    Buongiorno rispose, sperando che quella ritornasse alla sua mansione principale, ovvero far nulla.

    Sei in ritardo… rintuzzò l’ex segretaria come se fosse un peccato capitale.

    Ho dovuto soccorrere Franco ch…

    Non riuscì a finire la frase che quella lo anticipò: Che cazzo, qualcuno chiuda quella dannata porta!

    Era appena entrato un cliente e questa era l’accoglienza…

    Fa un freddo becco, non vorrai mica farmi gelare le chiappe, vero, Jack? disse battendosi il fondoschiena e rivolgendo al nuovo entrato uno sguardo che nelle intenzioni doveva risultare provocante, ma che lui trovava rivoltante.

    Sì soffermò solo allora ad osservare come era vestita ed il disgusto crebbe ulteriormente.

    Provò un brivido… di freddo.

    Il look di quel giorno era assolutamente censurabile: gonna corta, tacco dodici e top con ampia scollatura la facevano apparire totalmente fuori contesto, più adatta ad un set a luci rosse che ad una elitaria agenzia investigativa.

    Sarà periodo di caccia pensò Jack, abituato ai suoi repentini cambi d’umore, nonché di abbigliamento.

    La preferiva agli inizi quando si presentava in ufficio ai limiti della sciatteria. Da allora erano passati diversi anni, molti amanti, (l’ultimo dei quali Genny, all’anagrafe Gennaro, scaricato, fortuna sua, meno di un mese prima), ma il suo linguaggio era sempre stato lo stesso: deprecabile.

    Si presentò al potenziale cliente assicurandogli che avrebbe soddisfatto ogni sua richiesta, ma quando quello rispose che stava bene così parve adombrarsi.

    Durò poco.

    "Le preparo comunque un caffè.

    Le va, vero?" miagolò, allontanandosi prima di sentire la risposta.

    La scena aveva un che di comico e strappò a Jack una mezza risata, prima di ritornare serio e presentarsi a sua volta all’uomo sulla cinquantina entrato dopo di lui.

    In quel momento gli vibrò il cellulare.

    Era Chiara.

    Quando la telefonata finì seppe che i brividi che provava non erano dovuti al freddo.

    4

    Il cielo era tetro. Batteva un vento sferzante, gelido. Chiara imprecò tra sé per non essersi vestita in modo più consono a quelle temperature, che oscillavano tra lo zero e il grado centigrado.

    Quando era arrivata la telefonata lei era vestita per andare nel suo ufficio presso la questura di Verbania, quindi una maglietta leggera sotto una giacca ancora più leggera potevano ritenersi un abbigliamento adeguato.

    In quel momento non poteva sapere che sarebbe finita in culo ai lupi, nel paese senza sole.

    La telefonata era stata breve e concisa: Capo, abbiamo bisogno di te. Ci vediamo allo svincolo di Gravellona aveva detto il vice Boni.

    Il vieni il prima possibile non era stato detto ma era sottinteso.

    La sua presenza era richiesta solo in casi di assoluta gravità.

    Così, dapprima aveva salutato Jack, promettendogli di sentirsi più tardi, poi era partita sgommando in direzione di Gravellona dove ad attenderla c’era una volante con a bordo il procuratore capo Sandro Venuti.

    Il viaggio a sirene spiegate era durato poco meno di mezz’ora, durante la quale era stato osservato una sorta di voto del silenzio.

    Il procuratore non gradiva iniziare la giornata troppo presto, ovvero prima del suo orario standard che lo vedeva entrare in ufficio attorno alle otto e trenta e, soprattutto, iniziarla senza un abbondante colazione al bar, preferibilmente offerta da qualche sottoposto.

    In ogni caso la loro presenza simultanea poteva significare solo una cosa: era stato rinvenuto un cadavere.

    Arrivarono sul posto che erano da poco passate le nove. Furono fatti scendere dalla macchina all’imbocco di un sentiero, da lì in poi avrebbero dovuto proseguire a piedi. Nella notte

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