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Non ti ho mai dimenticato: Harmony Jolly
Non ti ho mai dimenticato: Harmony Jolly
Non ti ho mai dimenticato: Harmony Jolly
E-book168 pagine1 ora

Non ti ho mai dimenticato: Harmony Jolly

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Info su questo ebook

Non sempre al primo colpo si capisce chi abbiamo a fianco, ma la seconda volta sì!

Stephanie Walsh ha una missione da compiere: trovare l'uomo che le ha rubato il cuore e che presto la farà diventare madre. Ormai è ufficiale: è incinta e il padre non può che essere Nikos Vassalos. Stephanie non sa come l'uomo prenderà la notizia, una cosa è certa, però, quel bambino nascerà con o senza di lui.

Presto sarà padre. Nikos è frastornato e al tempo stesso felice come mai avrebbe immaginato di poter essere. L'unico ostacolo? Stephanie: è una ragazza dolce e sensuale al tempo stesso. Mantenere le distanze e occuparsi solo del bambino? O riconquistarla e diventare una vera famiglia?
LinguaItaliano
Data di uscita10 mag 2019
ISBN9788858997383
Non ti ho mai dimenticato: Harmony Jolly
Autore

Rebecca Winters

Tra le autrici più amate e lette dal pubblico italiano.

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    Anteprima del libro

    Non ti ho mai dimenticato - Rebecca Winters

    Titolo originale dell’edizione in lingua inglese:

    The Greek’s Tiny Miracle

    Harlequin Mills & Boon Romance

    © 2014 Rebecca Winters

    Traduzione di Alessandra Canovi

    Questa edizione è pubblicata per accordo con

    Harlequin Books S.A.

    Questa è un’opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o

    persone della vita reale è puramente casuale.

    Harmony è un marchio registrato di proprietà

    HarperCollins Italia S.p.A. All Rights Reserved.

    © 2015 Harlequin Mondadori S.p.A., Milano

    eBook ISBN 978-88-5899-738-3

    1

    27 Aprile

    Ogni volta che qualche ospite entrava nel ristorante del Resort Grace Bay nelle isole Turks e Caicos nei Caraibi, Stephanie si aspettava di vedere comparire il suo Adone con i capelli neri. Era così che vedeva Dev Harris.

    Dopo la fantastica immersione di quel pomeriggio nella baia Elephant Ear per osservare le enormi spugne, il possente newyorkese - che sembrava un dio greco - le aveva sussurrato che si sarebbero rivisti alle otto per la cena. Avrebbero guardato il tramonto e poi...

    Quando l’aveva aiutata a scendere dalla barca, l’aveva abbracciata con calore e i suoi occhi neri le avevano trasmesso le parole che non aveva pronunciato davanti al loro gruppo di immersione. Voleva vivere un’altra notte con lei, come quella appena trascorsa.

    Stephanie l’aveva lasciato a malincuore per tornare nel piccolo bungalow di fronte alla spiaggia, dove si era preparata per la cena. Aveva deciso di lasciare sciolti sulle spalle i capelli dorati e di indossare un prendisole blu senza maniche. Voleva essere bella per lui. La sera precedente aveva indossato un abito vaporoso color mandarino e aveva comprato un lucida labbra da abbinare. Lui le aveva detto che, illuminata dagli ultimi raggi del sole, sembrava un frutto dorato, che lui avrebbe voluto divorare lentamente.

    Il corpo di Stephanie fremette, ripensando a quelle parole. Mentre lo aspettava, il ricordo del modo in cui aveva fatto l’amore con lei le rese difficile il respiro. Era stata la prima esperienza intima con un uomo ed era successo in modo così naturale che le era sembrato di vivere un sogno. Un sogno da cui non avrebbe mai voluto svegliarsi.

    In dieci giorni si era così innamorata di lui che tutto il suo mondo era cambiato.

    Negli anni, aveva avuto diversi fidanzati. Proprio la settimana prima di partire per le vacanze, era uscita con un ragazzo di nome Rob Ferris, che gestiva un franchising di ricambi d’auto. Quando però lui l’aveva riaccompagnata a casa dopo la cena, Stephanie aveva capito di non essere interessata a un secondo appuntamento.

    Poi aveva incontrato Dev. La prima volta che lo aveva visto camminare verso la barca con la muta da sub, le si era bloccato il respiro. Quando i loro sguardi si erano incontrati, si era sentita perduta. Era una sensazione che aveva aspettato per tutta la vita.

    I sentimenti per gli altri ragazzi con cui era uscita, non avevano nulla a che vedere con il tipo di amore profondo che provava per quell’uomo ricercato di trentadue anni, che le aveva detto di lavorare nel campo del commercio in una ditta di esportazioni internazionali. Lui aveva spazzato via il ricordo di chiunque altro.

    Le tre amiche con cui era in vacanza, concordavano con lei che si trattasse di un uomo stupendo. Melinda lo aveva addirittura paragonato a uno di quei militari subacquei, per la facilità con cui si muoveva sott’acqua. Di sicuro ne aveva il fisico.

    Ma per lei vi era molto di più degli attributi fisici e delle abilità subacquee. Aveva viaggiato molto ed era educato, oltre ad avere un carisma da farle mancare il respiro.

    Dove si trovava? Ormai erano le otto e quarantacinque. Ovviamente doveva aver avuto qualche contrattempo. L’unica cosa da fare era tornare nel bungalow e telefonare alla sua camera d’albergo, dove avevano trascorso la notte precedente.

    Stephanie si stava alzando quando un cameriere si avvicinò con una scatola da fiorista tra le mani.

    «Signorina Walsh? Questo è per lei, con i saluti del signor Harris.»

    Entusiasta per quel dono, tornò a sedere e tolse il coperchio. Probabilmente Dev stava arrivando. All’interno della scatola trovò un mazzo di gardenie e un biglietto.

    Grazie per i dieci giorni più memorabili della mia vita, Stephanie. La tua dolcezza è come quella delle gardenie e non ti dimenticherò mai. Purtroppo, ho dovuto lasciare l’isola a causa di un’emergenza lavorativa che non può essere gestita da nessun altro. Goditi il resto della vacanza e fai un buon ritorno a Crystal River. Mi manchi già. Dev.

    Stephanie rimase immobile e sentì il sangue defluire dal viso.

    Il suo idillio primaverile era finito.

    Lui si era già recato all’aeroporto e aveva preso un volo per New York. Non le aveva lasciato un numero di telefono, né un indirizzo dove rintracciarlo, e non aveva chiesto quel genere di informazioni nemmeno a lei. Di proposito non le aveva dato un briciolo di speranza che si sarebbero potuti vedere di nuovo.

    Doveva essere la ragazza più sciocca del mondo.

    No, conosceva un’altra persona con cui poteva dividere quell’onore. Sua madre, che era morta di cancro poco dopo che lei si era laureata. Ventiquattro anni prima, Ruth Walsh aveva commesso lo stesso errore con un uomo irresistibile. Ma, chiunque fosse, non si era fermato, dopo essersi divertito. Stephanie non conosceva il suo nome e, l’unica cosa che le aveva detto la madre, era che si trattava di un uomo bello, intelligente e ottimo sciatore.

    Chiuse gli occhi. Quante donne andavano in vacanza e incontravano la presunta anima gemella che faceva perdere loro la testa, e finivano per essere abbandonate? Doveva essere in compagnia di centinaia di migliaia di ragazze, forse milioni.

    Furiosa, si alzò dalla sedia e, passando accanto al cameriere, gli porse due dollari, chiedendogli di sbarazzarsi di tutto ciò che aveva lasciato sul tavolo.

    Decise di non fermarsi sull’isola per gli altri quattro giorni di vacanza che le rimanevano. L’indomani mattina, sarebbe salita sul primo aereo per la Florida.

    Lui le aveva detto che le immersioni subacquee erano la sua forma preferita di svago, quello che non le aveva detto, però, era che comportarsi da donnaiolo era l’altro suo passatempo preferito. Era umiliante pensare di essere stata una di quelle sciocche che cadono come pere mature, di non aver avuto il buon senso di fuggire a gambe levate davanti a una persona come lui.

    Dev era così attraente che dovevano esserci decine di donne con il cuore spezzato, in giro per il mondo.

    Troppo arrabbiata per piangere, tornò al piccolo appartamento, felice di scoprire che le amiche erano ancora fuori. Probabilmente avevano deciso di partecipare a qualche festa con gli altri ospiti del resort. Questo le dava la possibilità di preparare i bagagli senza che loro facessero troppe domande.

    L’indomani pomeriggio sarebbe andata in ufficio.

    Stephanie adorava il suo lavoro. E in quel momento riteneva che solo il lavoro potesse salvarla.

    Se si fosse lasciata andare ai ricordi del tempo trascorso con Dev, sarebbe sicuramente impazzita.

    13 Luglio

    «Capitano Vassalos?»

    Nikos aveva appena finito di infilare la giacca dell’uniforme. Era l’ultima volta che l’avrebbe indossata. Recuperando l’equilibrio grazie alle stampelle, si voltò in tempo per vedere il vice Ammiraglio Eugenio Prokopios, del Comando Navale del Mar Egeo, entrare nella sua stanza d’ospedale e chiudere la porta. L’esperto eroe navale greco era un vecchio amico di suo padre e di suo nonno.

    «È un onore, signore.»

    «I tuoi genitori sono qui fuori che aspettano. Ho detto loro che volevo essere il primo a vederti. Dopo l’ultima missione, possiamo essere grati che l’infortunio alla colonna vertebrale non ti abbia paralizzato del tutto.»

    Grato?

    Nikos rabbrividì. L’ultima operazione con le forze speciali aveva avuto esito positivo, ma il suo miglior amico, Kon, era stato ucciso. Per quanto riguardava Nikos, il medico gli aveva confessato che non sarebbe più stato l’uomo di prima. Con il tempo, la sua spina dorsale sarebbe guarita, ma non sarebbe tornato a essere l’uomo che era al cento per cento e non sarebbe potuto rimanere nella Marina greca. Non quando avrebbe potuto soffrire di disturbi post traumatici per molto tempo, forse anni.

    Nonostante la serotonina che gli somministravano, aveva avuto parecchi incubi, che lo avevano lasciato depresso e con la sensazione di aver perso il controllo dei nervi.

    «Ora che ti dimettono, sono sicuro che presto non avrai più bisogno delle stampelle.»

    Nikos le odiava. «Spero di sbarazzarmene al più presto.»

    «Ma non prima di aver goduto di un bel periodo di riposo, dopo il tuo calvario.»

    Un bel periodo di riposo era una sorta di codice per mascherare una realtà. Una parte della sua vita. Rimaneva solo il buio.

    «Non mi aspetto di aver bisogno di molto tempo, signore.»

    Dopo il ricovero in ospedale di due mesi e mezzo, Nikos sapeva esattamente il motivo per cui il vice Ammiraglio si era fatto vivo. Era stato mandato da suo padre. Il padre, infatti, si era infuriato quando Nikos aveva deciso di entrare nella Marina e adesso si aspettava che il figlio tornasse a lavorare nell’azienda di famiglia. Adesso che era diventato disabile, gli aveva mandato il buon amico Eugenio per augurargli ogni bene con un bel discorsetto di incoraggiamento, e per spingerlo a tornare in famiglia.

    L’uomo più anziano lo guardò solennemente.

    «La Marina ti è grata per il servizio eroico che hai reso all’interno delle Forze Speciali. Sei motivo di orgoglio per la tua famiglia e per il nostro Paese. Tuo padre non vede l’ora che tu riprenda il tuo posto accanto a tuo fratello, alla guida della vostra azienda familiare, in modo da potersi ritirare.»

    Suo padre non sarebbe mai andato in pensione.

    Il vice Ammiraglio Prokopios gli aveva appena comunicato - nel modo più gentile, naturalmente - che la sua esperienza militare era terminata. L’azienda di famiglia lo aspettava a braccia aperte. Naturalmente, quell’uomo non sapeva nulla dei problemi di Nikos con il padre, altrimenti non avrebbe mai pronunciato quelle parole.

    Dopo la sua nascita e fino agli esami conseguenti, il padre aveva creduto che Nikos non fosse figlio suo, a causa di un pettegolezzo che si era rivelato senza alcun fondamento. Quell’esperienza, tuttavia, lo aveva trasformato in un uomo duro e il danno inflitto al suo matrimonio aveva influito sui figli, rovinando la vita di Nikos.

    La Marina si era rivelata essere l’unica via di fuga da una situazione impossibile. Ma, dieci anni dopo, si ritrovava al punto di partenza.

    Aveva trentadue anni ed era tutto finito.

    Il dolore per la perdita di Kon Gregerov era come un macigno sul cuore. Kon era stato il suo miglior amico fin dall’infanzia e si era arruolato con lui. Era stato come un fratello e aveva contribuito a mantenere il suo equilibrio durante quegli anni tumultuosi, mentre combatteva contro l’autoritarismo paterno, tra le altre cose.

    Lui e Kon avevano avuto l’intenzione di aprire un’attività insieme, una volta lasciata la Marina, ma l’amico era saltato in aria nell’esplosione che aveva quasi ucciso anche lui.

    Avrei dovuto essere io, a morire.

    «Mi dispiace che tu sia stato costretto a lasciare Providencials inaspettatamente, per partecipare all’ultima missione. Quando sarai pronto, ti rimanderemo là per un po’ di riposo e relax.»

    I muscoli dello stomaco di Nikos si strinsero alla sola menzione di Providencials. Quell’esperienza era stata come un sogno, che aveva rivissuto più e più volte durante le interminabili notti in ospedale, quando non soffriva di flashback.

    Tornare laggiù senza di lei, lo avrebbe ucciso. Dopo quello che gli era successo, non poteva esserci nessuna Stephanie Walsh, nella sua vita.

    «Nikos?» lo spronò il vice Ammiraglio.

    «Grazie per la gentile offerta, ma preferisco recuperare rimanendo a casa.»

    «Se questo è il tuo desiderio.»

    «Sì.»

    «Allora, per il momento ti saluto. Sono molto orgoglioso di te. Buona fortuna.»

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