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Il signore degli zombie: Biografia artistica di George Romero
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Il signore degli zombie: Biografia artistica di George Romero
E-book259 pagine3 ore

Il signore degli zombie: Biografia artistica di George Romero

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Info su questo ebook

Maestro di un cinema codificato come «horror», George A. Romero ha preconizzato molti scenari contemporanei: i suoi zombie anelano i MegaStore dell’America di Jimmy Carter, così come i consumatori nostrani affollano, avidi, i supermercati della grande distribuzione. Racconti apocalittici che anticipano i movimenti del post-umano e del geneticamente modificato, originale unione  tra  sovrannaturale e  l’odierno transumanesimo. Questa è la prima monografia in italiano che ripercorre «filologicamente» le opere del grande regista. Un testo fondamentale per approfondire un cinema di «genere», troppo spesso relegato in una dimensione puramente istintuale.
LinguaItaliano
Data di uscita20 gen 2021
ISBN9791280353061
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    Anteprima del libro

    Il signore degli zombie - Marco Vettorato

    Deliria

    horror, fantastico, fantascientifico al cinema

    diretta da Marco Vettorato

    Ricordare è sempre immaginare. Ci sono realtà entro le quali l’ignoto prende forma: dietro la razionalità dubitante c’è il genio creativo, c’è il lato fantastico della ragione che non riesce a distinguersi dalla follia sognante.

    Marco Vettorato

    Il signore degli zombie

    Biografia artistica di George Romero

    I miei ringraziamenti vanno a:

    Marco Bertolino, Ettore Ridola, Umberto Mosca, Maurizio Pustianaz, Ezio Albrile, Francesca Pagano, Simona, Sabrina, Arahat, Penelope, Sarah.

    Copyright WriteUp Site© 2021

    ISBN 979–12–80353–06–1

    www.writeupbooks.com

    redazione@writeupsite.com

    via Michele di Lando, 106 - Roma

    I diritti di traduzione, di memorizzazione elettronica,

    di riproduzione e di adattamento anche parziale,

    con qualsiasi mezzo, sono riservati per tutti i Paesi.

    Non sono assolutamente consentite le fotocopie

    senza il permesso scritto dell’Autore.

    I edizione: marzo 2021

    Dedicato ad Alvin e Oil

    Non penso ci sia qualcosa di cui avere paura. Gli errori portano grandi ricompense, nella vita di un artista.

    Quentin

    Tarantino

    Sommario

    Il film della nostra vita

    Nota dell’autore

    George Romero. Note biografiche

    Introduzione pre-istorica

    I. La notte dei morti viventi

    II. There's always vanilla (1972)

    III. La stagione della strega

    IV. La città verrà distrutta all’alba

    V. Martin (1977) ‒ Wampyr (1980)

    VI. Zombi – Dawn of the dead (1978)

    VII. Knightriders (1980)

    VIII. Creepshow (1982)

    IX. Il giorno degli zombi

    X. Monkey shines – esperimento nel terrore

    XI. Due occhi diabolici

    XII. La metà oscura

    XIII. Bruiser (2000)

    XIV. La terra dei morti viventi

    XV. Le cronache dei morti viventi

    Segnali di vita

    Tesori sepolti e ritrovati:

    Un cavaliere dei nostri giorni ‒ L’intervista

    A family man

    Filmografia

    Bibliografia essenziale

    Il film della nostra vita

    Premessa di Umberto Mosca

    Ci sono molti modi per scrivere di cinema, ma a prescindere dall’oggetto di analisi e dalla tecnica di scrittura utilizzata, la verità è che scrivendo dei film si finisce sempre per parlare di sé, per fare un viaggio di consapevolezza dentro se stessi, sviluppando e moltiplicando, mettendo nero su bianco, quel bisogno che abbiamo di mettere ordine alle cose del mondo e che le narrazioni servono a soddisfare.

    Come ci ha raccontato con grande semplicità Martin Scorsese nel suo Hugo Cabret, ogni spettatore è una sorta di oggetto rotto, di congegno inceppato, imperfetto, che ogni volta deve riprendere a funzionare grazie alle nuove storie che continuamente ha bisogno di cercare e di affrontare e, a volte, di metabolizzare anche sul piano simbolico.

    Ci sono, infatti, alcune persone che sentono il bisogno di portare questa corrispondenza con le opere cinematografiche esperite a un livello più profondo di conoscenza, realizzando un forte processo di identificazione non tanto con i personaggi dei propri film preferiti (come vorrebbe l’ormai classica teoria psicanalitica del cinema) quanto con un cineasta e l’intera sua opera, che viene percepita, al di là delle discontinuità fisiologicamente presenti nel lavoro di una filmografia, in un brand dal potente significato identitario, che rappresenta una parte importante del modo in cui la persona/spettatore si percepisce e ama farsi percepire dagli altri.

    Per Marco Vettorato i film di George Andrew Romero sono verosimilmente stati, e sono tuttora (in quel processo di ritorno ciclico con cui ritorniamo sempre a recuperare le storie che hanno scandito le nostre vite), uno dei punti nodali in cui situare l’incontro tra la domanda personale e quell’inconscio collettivo di cui i testi cinematografici sono l’espressione, nel corso del Novecento così come, per fortuna, ancora oggi nell’epoca di Netflix.

    Questo libro di ricerca appassionata su Romero e i suoi film si propone così come emblematico di un lavoro critico nato nell’era analogica, in quei profondi anni Ottanta dove l’interesse per il cinema d’autore non poteva non mescolarsi con la produzione di genere: del resto fu proprio il film d’esordio di Romero, alla fine degli anni Sessanta, a costruire il punto di partenza per la costruzione di una sensibilità del grande pubblico verso un nuovo modo di raccontare con le immagini, che avrebbe portato al monopolio assoluto dell’horror nel corso degli Eighties, lungo una strada che porta al fortunatissimo revival di questi ultimi anni espresso dalle serie tv e dai blockbuster rivolti a tutti coloro che si sentono ragazzi a prescindere dall’anagrafe.

    La seconda parte del paradigma di ricerca rappresentato da questo libro riguarda invece l’era digitale, quella di cui il lavoro di Marco Vettorato esalta le infinite opportunità, soprattutto con la possibilità del collezionista di accedere alle tante edizioni dei film, dopo aver vissuto l’esperienza insostituibile delle proiezioni sul grande schermo in una memorabile personale organizzata dal Torino Film Festival a inizio Duemila. Se poi George Romero è presente in sala durante le visioni e se si rende disponibile per una lunga intervista, ecco che gli strumenti nelle mani del critico possono arricchirsi di quella componente empatica che rappresenta una condizione essenziale nel lavoro di ricerca, sia sul piano della motivazione sia per quanto concerne il flusso creativo legato alla selezione e all’organizzazione dei materiali e delle informazioni.

    Ed è proprio in questo approccio naturale e discorsivo alla mole imponente di materiale reperito in oltre vent’anni di ricerche, che risiede il valore di questo volume, in cui si riconosce il desiderio dell’autore di rivolgersi a un ampio pubblico di lettori, mettendo al centro del discorso non la soggettività di un punto di vista solamente personale, ma l’oggettività divulgativa di una competenza enciclopedica che non è mai fine a se stessa, in quanto sempre orientata a offrire al lettore nuovi spunti per un proprio libero percorso nell’esperienza dei film.

    Dedicando particolare attenzione ai processi di produzione sviluppati da Romero e dai suoi collaboratori, il discorso sviluppato in questo libro mette in particolare risalto la componente materiale della creatività cinematografica, quella natura pratica, fisica e materiale, e ben poco riflessiva, che lo stesso Romero mette in evidenza nella sua chiacchierata con l’autore.

    Perché i film appartengono a tutti gli spettatori che li hanno visti e che li vedranno, mentre al critico spetta l’appassionante onore e l’ingrato onere di offrirgli gli strumenti utili per riconoscere e affrontare i problemi che ogni film, grande o piccolo, propone.

    Se poi i film di cui si parla sono quelli di un cineasta che ha contributo in modo radicale a trasformare l’industria cinematografica, la necessità di conoscere a fondo le strategie e le contingenze produttive in cui ha realizzato le sue opere diventa la condizione essenziale per affrontarne la visione con la giusta consapevolezza e per costruire feconde narrazioni di significato.

    Nota dell’autore

    George Romero non è SOLO un regista horror, è ANCHE un regista horror. Meglio sarebbe se lo si riscoprisse come regista e basta, considerando la varietà di stili e generi che ha trattato in quasi cinquant’anni di onorata professione.

    Romero ha sempre condotto una linea espressiva personalissima, spesso navigando controcorrente per ritrovarsi involontario creatore di nuovi filoni, nuove direzioni cinematografiche e poi pagarle sulla sua stessa pelle. Romero infatti è stato tanto amato quanto criticato per le sue scelte stilistiche, quelle stesse che in seguito avrebbero decretato la fortuna di numerosi registi-cloni di minor caratura, maggiormente dediti a un certo splatter che ha caratterizzato gran parte del genere horror degli anni Settanta e Ottanta.

    È un segnale non trascurabile; Romero sa quando è il caso di spingere il pedale dell’acceleratore e quando frenare: la sua è una pura scelta di stile. Romero va conosciuto a fondo; per questo occorre oltrepassare il concetto di genere cinematografico ed incamminarsi verso la conoscenza di uno straordinario cineasta, la cui opera si esprime con lucida intelligenza e profonda umiltà.

    George Romero. Note biografiche

    George Andrew Romero nasce a New York nel 1940, dai genitori George Marino Romero e Ann Dvorsky¹. Il piccolo George riceve un’educazione scolastica presso le scuole cattoliche, dove la madre superiora non esita a definirlo un genio. Sin dalla tenera età manifesta una certa passione per i fumetti, anche se gli vengono proibiti gli horror e consigliati i Disney e Pogo di Walt Kelly. La sua intelligenza convince i suoi insegnanti a promuoverlo ad una classe di due anni superiore, ma questo gli costa l’emarginazione dal resto della classe. Si appassiona molto presto al cinema in tutte le sue espressioni e comincia a frequentare assiduamente le sale del vicinato, visionando film di tutti i generi e mostrando un certo interesse per la fantascienza. Un programma televisivo cattura letteralmente la sua attenzione: si tratta di Million Dollar Movie, che trasmette una grande quantità di film che lo interessano; da qui nasce il suo grande amore per l’arte di Michael Powell, il visionario regista anglosassone, e in particolare per il suo film I racconti di Hoffmann (The Tales Of Hoffmann, 1952)². George trascorre gran parte delle estati a casa degli zii a Scarsdale, che non hanno figli; lo zio Monroe Monnie Yudell, marito della sorella di sua madre, concede a George di armeggiare intorno alla sua cinepresa a 8 millimetri, stimolando in lui un interesse che si rivelerà duraturo. George capisce ben presto che con una minima spesa può realizzare qualche cortometraggio. Nasce così il suo primo lavoro, intitolato The Man From Planet X. Gli effetti del raggio laser che uccidono l’alieno alla fine del film vengono realizzati in casa rigando i fotogrammi con uno spillo, ma il corpo in fiamme che cade realmente dal tetto di un edificio viene filmato in cima a un palazzo di Scarsdale, gettando nel panico l’intero quartiere; qualcuno chiama la polizia e George viene arrestato³.

    Un secondo corto, dal titolo Gorilla, viene realizzato con la stessa cinepresa; l’unico effetto speciale consiste in un costume da scimmia. I film del giovane George diventano un’attrattiva per gli amici del vicinato, e vengono proiettati nella cantina dello zio Monny dove, pagando la modica cifra di 10 cents a biglietto, vengono anche offerti dolciumi, pop-corn e bibite. Nel 1956 si diploma, a 16 anni. Troppo giovane per il college, viaggia con lo zio dello Utah alla ricerca di un istituto per la preparazione al college. Si iscrive alla Suffield Academy nel Connecticut dove realizza un corto geologico, Earthbottom, e vince il premio Future Scientists of America. Collabora in seguito nel ruolo di gofer⁴ a grosse produzioni cinematografiche quali Intrigo Internazionale (North by northwest, 1959), di Hitchcock, e Attenti alle vedove (It happened to Jane, 1959), interpretato da Doris Day, ma tali esperienze lo lasciano perplesso per il modo in cui viene condotta la realizzazione dei film. Alla fine dell’anno viene accettato al Carnegie Institute of Technology. Nel 1961 si laurea al Carnagie Mellon Institute of Art di Pittsburgh e inizia ad interessarsi seriamente di cinema fondando la Latent Image, una piccola casa di produzione con la quale realizzerà vari lavori, a partire da una serie di documentari di carattere sportivo⁵, che riuscirà a vendere alle televisioni commerciali riscuotendo un buon successo ed un discreto quantitativo di denaro; ciò gli consentirà più tardi ― nel 1967 (o 1968?) ― di accordarsi con un’agenzia pubblicitaria di Pittsburgh, la Hardman Associates, per la realizzazione del suo primo lungometraggio, La notte dei morti viventi, entrando di fatto nel mondo dell’industria cinematografica.

    Introduzione pre-istorica

    Un’immagine latente

    La Latent Image nacque intorno nel 1963, ad opera di George A. Romero che, dopo aver lasciato il Carnegie Institute Of Technology (oggi Carnegie-Mellon University), riunì i suoi compagni del college Richard Ricci e Russell Streiner per aiutarlo a creare la compagnia di produzione. Li raggiunse presto John Russo, che da lì a poco fu reclutato dall’esercito, e rimase sotto le armi per circa due anni, periodo nel quale i tre ragazzi si impegnarono a porre le basi della loro neonata attività. Armati di una cinepresa a 16 millimetri e ottenuto un prestito di 5.000 dollari dallo zio di George, cominciarono a introdursi nell’ambiente degli spot commerciali. Richard Ricci trovò anche un posto adatto ad uso ufficio per poter avere una sede commerciale, poco prima di essere arruolato nel servizio militare. Come manifestazione di apprezzamento, prima di partire aiutò Romero e amici a pagare sei mesi di affitto anticipato al padrone del locale, augurando loro di trasformare quel sogno in una realtà. L’ufficio originale della Latent Image costava 65 dollari al mese di affitto, ed era sito in Carson Street, nella zona sud di Pittsburgh, senza riscaldamento e privo dei comfort più rudimentali. I primi lavori consistevano in servizi matrimoniali e ritratti fotografici, di soggetto infantile. L’attività fruttò abbastanza denaro da acquistare una scimmietta e un gioco dell’hockey da studio, per poter passare il tempo nelle pause lavorative. Romero avrebbe anche realizzato un dipinto a olio per poi rivenderlo a 50 dollari. Le attività non erano affatto redditizie, per cui Romero e Streiner si ritrovavano spesso a dover digiunare per giorni interi, pur continuando a preservare il loro sogno artistico.

    Primi vagiti

    La fortuna bussò alla loro porta nel 1963, quando tale Vince Survinski si rivolse alla Latent Image offrendo 10.000 dollari per produrre un film. Il team si mise all’opera, ricorrendo all’aiuto di Rudy Ricci (un cugino di Richard), che scrisse la sceneggiatura. La storia narrava le vicende di un disertore politico di nome Aberhardt Roelig, evaso dal carcere. Il progetto fallì, e nonostante la perdita del denaro investito, Survinski decise di investire altri 10.000 dollari nella Latent Image, chiedendo in cambio di diventare socio della compagnia; la sua richiesta fu accolta, e Survinski rimase al fianco di Romero per altri anni ancora, aiutandolo a realizzare altri progetti.

    Partenza a razzo

    Il primo lavoro importante arrivò grazie a Larry Anderson, rappresentante di un’agenzia pubblicitaria; egli commissionò alla Latent uno spot commerciale per il Buhl Planetarium, che doveva consistere nell’allunaggio di una navicella spaziale a forma di razzo, consapevole dell’efficienza e dei prezzi modici offerti da Romero e soci. Se il lavoro fosse stato di suo gradimento, il compenso sarebbe stato di 1600 dollari: un buon motivo per mettersi immediatamente al lavoro. Romero si occupò della pittura, Streiner della modellazione della creta e Mark Ricci (fratello di Richard) fornì il modello del razzo. Lo spot ebbe grande successo: venne trasmesso in televisione e da molti drive-in nei pressi di Pittsburgh.

    La Latent aveva impiegato nel progetto più denaro di quanto riuscì ad incassarne, ma l’operazione fu un biglietto da visita che qualificò George & C. come seri professionisti, una chiave che aprì loro la porta di accesso a successivi e più facoltosi clienti.

    Nel 1965 ottennero un prestito di 30.000 dollari, per potersi trasferire in un ufficio più adeguato nel centro di Pittsburgh, dove sarebbero stati raggiunti entro breve da John Russo, che nel frattempo aveva terminato il servizio di leva. La mole di affari stava per aumentare progressivamente…

    Un trio energico

    Nel 1967 la Latent Image era ormai pienamente avviata, tanto che i tre erano spesso costretti a passare notti insonni alle prese con il crescente lavoro, scrivendo, riprendendo ed editando a ritmo serrato; nell’ambito professionale si erano guadagnati la reputazione di instancabili artisti, in grado di offrire ottimi prodotti in tempi brevi e a prezzi estremamente contenuti.

    Qualche nuova idea stava prendendo forma…

    Idee in fermento

    L’amicizia tra George Romero e John Russo si rafforzò nel periodo in cui la Latent Image cominciò i lavori di preparazione per La notte dei morti viventi.

    Russell Streiner si occupava dei dettagli di produzione in qualità di produttore esecutivo, dimostrando una spiccata attitudine a trattare con investitori e clienti.

    Ciò che fece di George un leader, benché nemmeno ci provasse, fu la sua enorme piacevolezza e ovviamente il talento, la magica abilità di invogliare gli altri a lavorare con lui e dare il massimo. Non realizzava neanche quale leader naturale egli fosse. La mia funzione, per la maggior parte del tempo, fu di mantenere alta la sua stabilità psicofisica con vigorose conversazioni e nuovi punti di vista sulle cose.

    Romero era sempre più intenzionato a non far cadere nel vuoto un suo progetto cinematografico, ma la mole di lavoro di quel primo periodo era enorme e il tempo libero assai limitato; i guadagni poi erano piuttosto modesti, appena in grado di garantire la copertura delle spese e l’approvvigionamento minimo indispensabile. Non appena il team riusciva a ritagliarsi una fetta di tempo libero, egli si impegnava a fissare i punti sulla realizzazione del film. Dai sit-in sul pavimento della sala di proiezione della Latent Image cominciarono a germogliare le prime idee concrete

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