La violenza sulle donne: I bambini disegnano
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Anteprima del libro
La violenza sulle donne - Anna Maria Casadei
Anna Maria Casadei
LA VIOLENZA SULLE DONNE
i bambini disegnano
Collana: i Saperi
I diritti di traduzione, di memorizzazione elettronica, di riproduzione e di adattamento totale o parziale, con qualsiasi mezzo (compresi i microfilm e le copie fotostatiche), sono riservati.
commerciale@giraldieditore.it
info@giraldieditore.it
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ISBN 978-88-6155-984-4
Proprietà letteraria riservata
© Giraldi Editore, 2023
Edizione digitale realizzata da Fotoincisa BiCo
A tutte le donne amate in maniera scorretta
col senso del possesso da parte dell’uomo.
Alle nuove generazioni
che nessuna dica più mi picchia.
A tutti i bambini e bambine
che hanno assistito ad atti di violenza
sulla madre.
L’intelligenza non ha sesso.
(deposito perenne 15-1-2014)
Il testo è volutamente sia saggistico che narrativo.
Molte storie sono in forma discorsiva e non potevo fare diversamente.
È una scelta precisa e raccontarli è stato rispettare i piccoli autori dei disegni.
Tutti i disegni sono di proprietà dell’autrice.
PREFAZIONE
di Alessandra Servidori ¹
Presentare un raffinato e profondo lavoro di Anna Maria Casadei su un tema – purtroppo sempre di grande attualità – come la violenza sulle donne interpretata dai segni dei bambini, è importante perché ha infatti radici profonde negli stereotipi di genere e nelle discriminazioni, che tuttora impediscono pari opportunità alle donne rispetto agli uomini e hanno un impatto disastroso sui piccoli e sulla loro vita. Permane la tendenza a considerare la violenza intra familiare come un problema squisitamente privato, così come la tendenza a vedere la donna non come vittima, ma come portatrice di una parte della responsabilità che ricade sui bambini. Non mancano infine – e non mutano in termini di entità – coloro che sono convinti che alla radice della violenza ci siano comportamenti errati da parte delle donne.
L’analisi della Professoressa Casadei sui casi così compiutamente descritti e interpretati, corroborati da approfondimenti collegati ad anni di studi di Anna Maria sul tema delle espressioni grafiche infantili, in questo lavoro si addentrano nei meandri a volte appena accennati, ma evidenti agli occhi della studiosa, che rappresentano il disagio di eventi e situazioni che compiuti sulle madri attraverso atti di violenza fisica, verbale, psicologica, sessuale, economica e persecutori, i piccoli accusano profondamente e che in parte denunciano nel riempire un foglio bianco di impronte apparentemente insignificanti ma che svelano la loro profonda sofferenza. Gli studi ci dicono che la violenza ha effetti dannosi per i bambini a livello emotivo, cognitivo, comportamentale, fisico-relazionale, e a breve, medio e lungo termine. Si ripercuote infatti anche sulle relazioni future dei bambini, quando saranno adulti. È infatti ampiamente riconosciuto che una bambina che ha assistito a episodi di violenza sulla propria madre avrà maggiori probabilità di essere vittima di violenza da adulta, e un bambino che ha assistito a episodi di violenza sulla propria madre avrà maggiori probabilità di diventare un adulto abusante. È la cosiddetta trasmissione intergenerazionale della violenza. È dunque importante intercettare prima possibile i segnali che ci arrivano dai disegni dei bambini e le tipologie che Casadei ci offre, siccome il numero di donne che entra nel sistema di prevenzione e cura dei Centri Antiviolenza è una minima parte delle donne che hanno subito violenza, è determinante perché, anche in questo caso, la tragedia che investe i bambini non ha spesso un valore emerso ed è sicuramente inferiore alla realtà che conosciamo. Ancora troppi pochi bambini sono assistiti dai servizi sociali con maltrattamento accertato, o grave trascuratezza di violenza assistita.
Il libro di Casadei è uno strumento fondamentale per comprendere i sentimenti infantili ma l’obiettivo della protezione è invece interrompere la violenza in tutte le sue forme nei confronti della madre, tenendo conto del superiore interesse del/della bambino/a. Secondo quanto previsto dalla legge non si può escludere la necessità di un affido e, eventualmente, la decadenza della responsabilità genitoriale del maltrattante. La valutazione medica e psicologica dei bambini non può essere disgiunta da quella della madre con l’obiettivo di avere un quadro complessivo della situazione traumatica, la quale non sempre è compresa dagli stessi protagonisti (madre e figli) e neanche colta dalla comunità. La scienza di Casadei può diventare un supporto importante per ridurre i rischi di maltrattamento, promuovere le risorse genitoriali: una attività che deve essere condotta da soggetti preparati e non sempre è applicabile in tutte le situazioni. Può essere strumento a disposizione dei Servizi socio-sanitari ed è importante che nella osservazione le due dimensioni sociale e sanitaria non siano mai disgiunte. Lo screening tiene conto di possibili segnali predittivi come: povertà cronica, basso livello di istruzione, presenza di adolescenti, carenti relazioni interpersonali e sociali; esperienze di rifiuto, violenza, abuso subite nell’infanzia; pratiche educative scorrette e monogenitorialità. Dunque un ringraziamento molto sentito ad Anna Maria per il suo straordinario contributo ad una materia così delicata, una opportunità per tutti noi di attenzionare un male pervasivo che possiamo prevenire.
INTRODUZIONE
La violenza sulla donna
PAPÀ PICCHIA LA MAMMA
Premetto e specifico che l’argomento non è autobiografico, i miei genitori sono stati una coppia normalissima con grande rispetto reciproco.
Perché questo argomento? In Italia e nel mondo secondo gli ultimi dati di Save The Children sulla violenza vista, si stima che siano circa 427mila i minori che hanno assistito alla violenza sulla madre.
Parlare di uomini che si scagliano contro la donna per tanti motivi, dai più semplici ai più complessi, è aprire una voragine di situazioni che non hanno logica umana.
Potrei continuare citando alcune delle tante motivazioni che riducono l’uomo ad alzare le mani sulla donna, come riportato dai numerosi servizi giornalistici che riempiono le nostre cronache italiane. L’uomo spesso si giustifica affermando che non controlla la rabbia e la sfoga sulla donna per far tacere la sua inquietudine e manifestare il possesso di una sua proprietà, cioè la donna, (ad esempio: come la proprietà dell’automobile), che tenta di sfuggire al suo dominio ed ecco che, allora, la ferma ricorrendo a ogni mezzo. È un elenco da brividi. L’uomo – prima di uccidere la donna – uccide la propria umanità, la propria libertà.
La donna di oggi è diversa da quella di ieri: spesso è autonoma economicamente, è inserita in un contesto sociale aperto e collaborativo, si autogestisce in tutto e quindi può confrontarsi tranquillamente con l’uomo. Ma, oggi, non tutti gli uomini accolgono questo cambiamento, una trasformazione in cui si sentono sminuiti, non considerati, umiliati. E qui sbagliano: non è il cambiamento della donna che li umilia, bensì è la società che si evolve, la donna non è più "solo la
regina della casa, ma un essere pensante inserito nella società della quale partecipa in tante situazioni. Ciò la porta ad essere attiva e aperta anche nell’ambito famigliare. È l’uomo che rimane indietro: si sente inferiore e sviluppa una situazione di conflittualità, senza rendersi conto che si deve misurare coi tempi che cambiano per far sì che non si debba più leggere
donna uccisa dal marito… dal compagno per …gelosia "perché non gli aveva stirato i calzini o
perché lei lo voleva lasciare, per..." e mi fermo qui. Non esistono motivi ammissibili, di nessun genere per alzare le mani sulla donna che non ti vuole più
.
I numerosi figli che spesso sono presenti a queste ignobili sofferenze attuate sulla donna, sulla madre, vedono, soffrono in maniera inerme e passiva ma non reagiscono nell’immediato. Però quegli attacchi violenti e aggressivi rodono i bambini, sentono il dolore affiorare sulla pelle, provano momenti di indicibile violenza nel capire che chi "picchia la loro madre è il...
padre". E qui hanno un blocco emotivo: è il padre? Come reagire al padre? Il blocco diventa un macigno, ingigantisce, perché il padre è colui che si ama, al quale si pensa come la persona che aiuta, protegge, difende, l’uomo eroe dei pensieri del figlio/a, e come può essere contemporaneamente colui che infligge dolori alla loro madre?
Come aiutare i bimbi in frangenti come questi? Come sollevarli da quel pesante macigno, dalle violenze viste e sentite inflitte alla madre? Non sempre ci sono le parole adatte per spiegare. E questi sono momenti cruciali per il bambino perché, spesso, questa realtà lo fa sentire insicuro, colpevole di essere la causa della violenza paterna, a volte arrivano a pensare che se il padre invia messaggi negativi – "vattene, non ti far vedere" – intenda che non gli vuol bene e ciò diventa un peso per la sua autostima. Il piccolo soggetto passivo può fissarsi sull’idea di non essere parte della famiglia, di non essere amato, di aver fatto qualcosa di disdicevole. L’ansietà è un disturbo complesso strettamente legato all’insicurezza, all’incertezza, all’indecisione, che interessano rispettivamente l’affettività, la volontà e l’intelligenza. L’autostima dei bambini cresce attraverso l’opinione che i genitori hanno di loro. Però è possibile andare incontro ai loro impulsi violati, far esprimere i sentimenti suscitati dal dramma vissuto. Ecco la mia personale idea del come aiutare questi inconsapevoli e involontari spettatori di violenze famigliari.
Farli disegnare, e attraverso il disegno esprimere i sentimenti oltraggiati, gettare sul foglio il carico del negativo, far uscire piano piano il dolore per depositarlo sul foglio. Il foglio bianco, candido, raccoglie, riassume, esercita una catarsi individuale e gradualmente la tensione nei bambini si evolve, si dirada e forse si attutisce, si attenua. È un’esperienza di vita che probabilmente lo segnerà per sempre, ma potrà elaborare i sentimenti in modo più tenue e più morbido.
La legislazione italiana si è interessata alle problematiche connesse agli orfani per crimini domestici. La legge n. 4 del 2018 ha creato un fondo per i benefici agli orfani di violenze domestiche. Mi pare che sia un passo avanti per la tutela dei figli.
Ho insegnato educazione artistica per oltre trent’anni, ho visto almeno 1.600.000 disegni, calcolando che in ogni anno scolastico avevo 9 classi di circa 20 allievi, mi producevano circa 30 disegni ciascuno. Il 60% per cento dei disegni erano dedicati alla programmazione didattica, inclusa l’arte; una parte era designata alle varie tecniche, una parte riservata alla rappresentazione degli stili artistici, e una era destinata a prove in cui prevalevano le ricerche individuali su temi a carattere emotivo dell’allievo. Ciò mi ha permesso di cogliere, constatare, verificare le attitudini, la creatività latente, le inclinazioni degli allievi e dopo aver raccolto numerosi dati, ho portato avanti gli studi sul significato del disegno infantile e dello scarabocchio.
Fin da adolescente sentivo prepotente il desiderio di disegnare e di far disegnare gli altri, e il risultato era sorprendente: spesso persone, di cui non avevo conoscenza diretta, disegnavano con piacere e dai loro disegni traevo spunti per spiegare fatti che aiutavano a capire certe situazioni. Ricordo in particolare un giorno: era in corso una sessione di esami e facevo parte della commissione; avevamo un intervallo e una collega, interessata alle mie ricerche, volle disegnare e commentò: Sono anni che disegno sempre questa situazione, che mi soffoca, ma non riesco a capire cosa significhi!
. Guardai il disegno e la mia risposta fu immediata: Alla nascita hai avuto un problema del cordone ombelicale!
. Mi guardò stupita, poi si rilassò e disse a tutti per farsi sentire: Sì, è vero mia madre ha sempre ricordato la mia difficoltà a nascere! Ma non sapevo, o non mi aveva voluto dire, di cosa si trattasse
. Il giorno dopo mi confidò, gioiosa per aver risolto un problema: Ho telefonato a mia madre e mi ha confermato quello che tu hai detto!
. Mi abbracciò emozionata: Non sai come mi ha sollevato lo spirito!
. Ed era una persona adulta! C’è chi ha una particolare predisposizione al canto per la voce intonata, chi eccelle in matematica, chi, invece, come la sottoscritta, ha una grande facilità per capire da semplici disegni, sia di bambini che di adulti, cosa significhino, svelando momenti sia negativi che positivi che tramite il disegno, si riesce a sbloccare. Ho numerosi attestati di persone che confermano la veridicità delle mie indicazioni.
Come ho capito l’importanza delle simbologie?
Il bambino quando disegna è sincero ed esplora tutte le sue potenzialità creative, deduttive e visive senza sovrastrutture di schemi mentali. Nell’età dai quattro agli otto nove anni, non ha ancora l’uso della formulazione di pensieri concreti per spiegare i suoi moti interiori che, purtroppo, spesso sono più negativi che positivi, a causa della società complessa in cui viviamo. Per l’esecutore, i simboli diventano l’apertura al mondo dei grandi, sono il suo parlare personale, sono il suo strumento per farsi capire.
Il processo di maturazione della creatività del bambino compare quando dimostra di voler essere autonomo, attuare ciò che ha visto e che lo ha emozionato. Queste rappresentazioni sono espresse nel periodo dai