La Cerimonia del Sutra del Loto: Il Gongyo in italiano - Storia ed esegesi
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La versione in italiano del Gongyo, redatta da Massimo Claus ormai anni fa e intitolata “La Cerimonia del Sutra del Loto”, è stata una rivelazione per molte persone, cambiando radicalmente il loro modo di affrontare la vita. Il maggior numero di estratti capitoli inclusi nella Cerimonia (otto invece che due) e il fatto di recitarli in italiano, donano quotidiani spunti di riflessione e ispirazione al praticante attraverso dalle parole stesse del Sutra del Loto. La recitazione svolta in italiano, in particolare, rende lo svolgimento della pratica molto più semplice per chi si avvicina a questa antica disciplina, ma rivela significati che altrimenti rimarrebbero sconosciuti.
Studioso del Sutra del Loto e del Buddhismo di Nichiren, ai quale ha dedicato diverse pubblicazioni, Massimo Claus in questo libro racconta le origini della scelta di tradurre il Gongyo in italiano e offre una spiegazione agli estratti dei capitoli inclusi nella Cerimonia del Sutra del Loto. All’interno del testo è stata inclusa la Cerimonia del Sutra del Loto stessa.
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Anteprima del libro
La Cerimonia del Sutra del Loto - Massimo Claus
LA CERIMONIA
DEL SUTRA DEL LOTO
Il Gongyo in italiano
Storia ed esegesi
Massimo Claus
© Myo Edizioni 2023
Nessuna parte di questo testo può essere riprodotta
o trasmessa,in qualunque forma o con qualsiasi mezzo,
senza esplicito permesso.
Grafica copertina & layout:
Laura Silvestri
Per informazioni:
www.myoedizioni.it | info@myoedizioni.it
Presentazione
L’incontro con il Buddhismo è stato un grande regalo che la vita mi ha fatto. Ero poco più che ventenne allora, ma ho ben chiaro in mente ancora oggi quanto le parole del Buddha mi avessero da subito rapito. Il giorno che sono entrato in una libreria e ho chiesto dove si trovava il reparto dedicato alle filosofie orientali, sono tornato a casa con quattro libri sul Buddhismo. Dalla sera stessa ho cominciato a immergermi in questo straordinario mondo che, anche se molto lontano dal nostro in termini di tempo e cultura, è sempre molto attuale: le problematiche che l’uomo ha dovuto affrontare dai tempi del Buddha fino a oggi, infatti, sono rimaste sostanzialmente invariate. Tutto riguarda il funzionamento della mente, un mistero che incuriosisce l’uomo fin dalle sue origini.
Poco dopo aver iniziato a studiare, ho cercato una scuola buddhista nella mia città e attraverso un incontro fortuito con un mio vecchio compagno di scuola delle elementari che non vedevo più da quel tempo, sono arrivato alla Soka Gakkai, che si rifà all’insegnamento di Nichiren Daishonin, monaco buddhista giapponese del 1200.
Il mio viaggio era cominciato e mi avrebbe portato a conoscere persone e insegnamenti dei quali allora non conoscevo nemmeno l’esistenza, ma che nel corso degli anni mi hanno formato come uomo e come credente. Nel corso della mia esperienza ho avuto modo di svolgere varie tipologie di Gongyo, perché nel mio viaggio ho approfondito la dottrina di diverse scuole buddhiste e ogni organizzazione ha la sua propria liturgia.
Con un solo e unico timone, il Sutra del Loto, ho esplorato antiche filosofie e pratiche che mi hanno indicato la via da seguire per raggiungere la tranquillità del cuore. Al ricordo, sento ancora dentro di me l’emozione che provai la prima volta che sentii cantare il Sutra del Loto. Il profumo dell’incenso, il Mandala e i rintocchi di campana mi rapivano, per portarmi in un mondo simile all’immaginario dei racconti de Le mille e una notte
.
Come tutti i neofiti, da subito ho dovuto fare i conti con i problemi legati all’apprendimento di questa antica disciplina – una disciplina che mi affascinava, ma che parlava una lingua molto diversa dalla mia.
Conserva quindi il tuo cuore al riposo, perché come milioni di persone nel mondo hanno imparato questa antica pratica, anche tu imparerai e sarai contento di svolgerla ogni giorno. Questo almeno è il mio augurio, perché comunque vada sarà un’esperienza che non dimenticherai mai, qualsiasi direzione il tuo percorso spirituale prenderà.
Massimo Claus
I
ESPERIENZA PERSONALE
Il mio viaggio
Sono sempre stato un solitario. Non sono un musone, tutt’altro, ma mi è sempre piaciuto stare con me stesso. Mi piace tenermi compagnia e vivere lontano dalla confusione della società. Ho sempre sognato di vivere in una casa isolata, lontano da tutto e da tutti, e non pensavo che avrei trovato una compagna con cui condividere il mio sogno. Come spesso accade, la realtà riesce a stupire più della finzione e così mi è capitato di incontrare una donna disposta a seguirmi in questa mia predisposizione naturale.
Appena abbiamo avuto l’occasione, ci siamo trasferiti da Genova in un piccolo paesino dell’entroterra piemontese. Ero stato ordinato monaco poco tempo prima, ma la strada del mio maestro lo aveva condotto in un’altra direzione e così avevo ereditato la scuola buddhista che lui aveva fondato in Italia. Mai mi sarei aspettato di trovarmi da solo a gestire una scuola dopo così poco tempo dalla mia ordinazione: tutto era sulle mie spalle, tutto dipendeva da me. Avevo ancora bisogno di una guida, ma intorno a me trovavo solo molte persone che chiedevano il mio aiuto. Io non mi sentivo sicuro e non sapevo nemmeno da dove cominciare: ero pieno di nozioni, ma esse mi erano solo state trasmesse dal mio maestro, non le avevo assimilate come frutto della mia esperienza. In quel preciso momento storico della mia vita tutto sembrava marciare contro di me. Incominciavo a fare i conti con la differenza che c’è fra ciò che leggi e quello che vivi, e il problema era che le due cose non combaciavano mai. Gli insegnamenti erano distanti dalla mia vita di tutti i giorni, ancora non sentivo dentro di me il calore che solo l’esperienza ti sa dare. Non ci volle molto che questa situazione diventò per me insopportabile. Decisi di chiudere la scuola e partire per il mio viaggio. Un viaggio che mi avrebbe dato molte soddisfazioni, ma soprattutto avrebbe dato equilibrio alla mia vita.
È stato così che ho incominciato a interessarmi all’insegnamento del Buddha in modo più dettagliato, percorrendo tutta quella strada che mi mancava. Conoscevo il Sutra del Loto, l’apice dell’insegnamento del Buddha, ma tutti gli altri insegnamenti, lo spirito vero e reale del Buddha e del Buddhismo, erano per me soltanto insegnamenti provvisori
– una definizione che è stata il mio incubo per molto tempo. Provvisori
, infatti, per me significava sbagliati, inutili, e perciò non li avevo mai approfonditi. Conoscevo gli insegnamenti principali, come le Quattro Nobili Verità e l’Ottuplice Sentiero, ma la mia conoscenza si limitava a ciò che c’era scritto nei libri. Parole con poca forma o contenuto che restavano lì a guardarmi, aspettando che mi decidessi finalmente non solo a dichiararmi buddhista, ma anche ad esserlo. Mi ricordo che in quel periodo quando qualcuno mi chiedeva se ero buddhista, rispondevo sempre: Ci sto provando con tutto me stesso.
Ripercorrere a ritroso l’insegnamento del Buddha non è stato facile, perché non avevo fiducia in ciò che studiavo, mi sembrava superato. Io ero un devoto del Sutra del Loto e mi avevano convinto che questo mi conferisse uno status privilegiato, lontano anni luce da coloro che passavano il tempo praticando l’Ottuplice Sentiero nella propria vita o stando davanti a un muro a meditare. Io avevo il Daimoku e tutto mi era concesso, dovevo solo passare ore e ore davanti all’altare a guardare il Gohonzon e tutto sarebbe andato come volevo io. Questo era il sentimento che mi guidava.
Solo tempo dopo capii che questo atteggiamento era il mio grande problema, il muro che mi impediva di vedere oltre e di rendere attiva
la pratica che facevo. La mia arroganza mi faceva credere che tutto mi fosse dovuto: avevo in mano la formula magica e il mondo era ai miei piedi. Vivendo questo schema mentale, la vita mi guardava come fossi una pietra che si è messa in testa di correre. Ogni volta che avevo un attimo di lucidità e mi rendevo conto della mia follia, mi rispondevo che Nichiren aveva detto questo e quell’altro e che non potevo certo permettermi di mettere in dubbio ciò che il grande Maestro aveva predicato per tutta la sua vita. Così ritornavo presto a respirare la mia follia e non mi rendevo conto di quanto essa contagiasse tutto ciò che mi trovavo davanti in ogni frangente della vita.
Praticare ogni giorno con questa convinzione mi aveva reso sordo e cieco non solo nei confronti della logica, ma anche nei confronti del mondo. Il Daimoku, infatti, è un amplificatore che, per definizione, amplifica tutto ciò che incontra. Nella tua voce ci sei tu, in ogni tuo aspetto e patologia, e questo modo di pensare viene amplificato dal Daimoku, rendendolo il tuo reale Gohonzon (nonostante la tua convinzione che il Gohonzon sia solo la pergamena appesa nel Butsudan). Il pericolo è che se il Daimoku non viene usato
in modo appropriato, non ti apre al mondo, ma ti chiude sempre di più nella tua follia, facendoti vedere bianco ciò che in realtà è nero. Questo è il rovescio del Daimoku e ci vuole davvero molta umiltà per arrivare a comprenderlo. Umiltà o, come si evince dalla parabola del dottore nel capitolo 16 del Sutra del Loto, la solitudine.
All’inizio pensavo che l’essere rimasto solo fosse la mia condanna, il mio castigo. Con il tempo, però, ho capito che in realtà è stata la mia salvezza, la risposta a tutte le mie preghiere, il reale e autentico beneficio
! Proprio come me, molte persone pensano che la solitudine sia una disgrazia. Scambiando la solitudine con l’emarginazione, i praticanti hanno paura di praticare da soli, perché temono che l’isolamento non li farà crescere. Queste persone pensano (o gli è stato fatto credere) che praticare il Buddhismo sia un fatto da intellettuali, da persone colte, e che se non si riescono a capire i concetti che appartengono alla Dottrina non si riuscirà a praticare nel modo giusto e quindi evolversi. Basta pensarci un attimo, però, per comprendere che se così fosse, il Buddhismo – e quello di Nichiren in particolare – non sarebbe rivolto a tutti, ma riservato solo a un ristretto gruppo di persone. Il Daimoku allora non sarebbe ciò che ti è stato insegnato, perché per funzionare realmente avrebbe bisogno di tutta una serie di nozioni indispensabili e imprescindibili per il suo funzionamento.
Spesso accade, però, che più studi e meno riesci a goderti la gioia della pratica. Il processo che produce questo fenomeno è lo stesso di quando a scuola imparavamo qualcosa a pappagallo: appiccicavamo solo la nozione alla memoria quel tanto da permetterci di rispondere giusto all’interrogazione o nel compito in classe. Non c’è cuore in un approccio del genere. Se una domanda ci viene posta in un modo diverso, o in modo da collegare tutto ciò che abbiamo memorizzato più organicamente, puntualmente si fallisce, perché manca la visione d’insieme. Allo stesso modo, anche in ambito spirituale quando ci si basa troppo sullo studio la pratica viene soffocata dalle nozioni che si apprendono e diventa più un atto pratico che spirituale. In un contesto del genere, l’unico a goderne è il nostro ego, che si nutre come un pollo rimasto solo nel pollaio con tutto il mangime a disposizione. L’ego però rimane spaesato e offeso quando si trova a dover affrontare una situazione che non è descritta nei minimi particolari nei libri. Quindi, se la mente non viene esercitata nel modo giusto entra in lotta con il cuore, rendendolo sempre più debole e fragile. In realtà, infatti, si cresce soltanto nella solitudine del proprio cuore.
Quanto ti ho appena detto può essere difficile da accettare. A qualcuno può apparire egoistico, o assurdo, perfino. In certi ambienti del Nichirenismo, infatti, vengono diffusi approcci alla pratica completamente diversi, approcci che si basano proprio sul far imparare a pappagallo le lezioni che vengono impartite, senza preoccuparsi di contestualizzarle o aborrendo qualsiasi cosa le metta in discussione. Ma, ricorda, è proprio attraverso le domande che impariamo. Lo stesso Sutra del Loto, del resto, viene enunciato grazie a una domanda,