Insegnamenti Dzogchen
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Pur essendo il veicolo più elevato del buddhismo tibetano, l'insegnamento Dzogchen non è una religione, una tradizione o una filosofia, è invece la via dell'autoliberazione che permette di scoprire la nostra essenza.
Lo Dzogchen, o "perfezione totale", non è solo il nome di un insegnamento, è la nostra vera condizione, lo stato totalmente autoperfezionato che il Maestro trasmette affinché gli studenti possano averne un'esperienza diretta.
Attraverso le sue precise spiegazioni e le sue istruzioni chiare e semplici, Chögyal Namkhai Norbu rende accessibili a tutti questi preziosi insegnamenti.
I vari capitoli della raccolta contengono indicazioni utilissime sia per i principianti che per gli studenti avanzati, indipendentemente dalla tradizione che seguono, e affrontano vari argomenti che chiariscono l'essenza del Sutra, del Tantra e dello Dzogchen.
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DZOGCHEN: La nostra vera condizione Valutazione: 0 su 5 stelle0 valutazioniNascere, Vivere e Morire: Secondo la medicina tibetana e l'insegnamento Dzogchen Valutazione: 0 su 5 stelle0 valutazioniEvolversi: Secondo l'insegnamento Dzogchen Valutazione: 0 su 5 stelle0 valutazioniSuperare l'attaccamento: Applicando l'insegnamento Dzogchen nella vita quotidiana Valutazione: 0 su 5 stelle0 valutazioni
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Anteprima del libro
Insegnamenti Dzogchen - Chögyal Namkhai Norbu
Norbu
PREFAZIONE
Il volume Insegnamenti Dzogchen è una recente compilazione di insegnamenti orali apparsi inizialmente su The Mirror
, il giornale della Comunità Dzogchen internazionale, fondato nel 1991 da Chögyal Namkhai Norbu. Chögyal Namkhai Norbu (1938-2018), nato nel Tibet orientale, iniziò a insegnare lo Dzogchen nel 1976 in Italia, dove nel 1959 l’aveva invitato il professor Giuseppe Tucci. Dopo aver inizialmente vissuto e lavorato a Roma, ottenne la cattedra di lingua tibetana e mongola presso l’Università di Napoli L’Orientale, dove insegnò dal 1964 al 1993. Negli ultimi trent’anni, attorno alla sua figura e grazie alla sua instancabile attività nel tenere innumerevoli conferenze e ritiri, si è creata una comunità internazionale di praticanti. Questo libro è una raccolta dei preziosi insegnamenti che Chögyal Namkhai Norbu ha trasmesso affinché i suoi studenti potessero comprendere e praticare l’insegnamento Dzogchen.
Pur essendo il veicolo più elevato del Buddhismo tibetano, l’insegnamento Dzogchen, o perfezione totale
, non è una religione, una tradizione o una filosofia, bensì la via dell’autoliberazione che ci permette di scoprire la nostra vera natura, qui chiamata appunto Dzogchen. Lo Dzogchen non è quindi solo il nome di un insegnamento, ma è la nostra vera condizione, lo stato totalmente autoperfezionato che il Maestro trasmette affinché gli studenti possano averne un’esperienza diretta. Attraverso spiegazioni e istruzioni chiare, precise e dirette, il maestro Chögyal Namkhai Norbu rende accessibili a tutti questi profondi insegnamenti che risalgono a Garab Dorje. I vari capitoli di questa raccolta contengono istruzioni utilissime sia per i principianti che per gli studenti avanzati, e affrontano vari argomenti che spaziano dal Sutra al Tantra, per soffermarsi in particolare sullo Dzogchen. I diversi capitoli riprendono spesso gli stessi argomenti, ma il contesto nel quale si collocano è sempre differente.
I redattori si augurano che questi insegnamenti saggi e profondi, rivolti non solo alla Comunità Dzogchen, ma anche al vasto pubblico, possano essere di beneficio a tutti coloro che sono interessati allo studio e alla pratica dello Dzogchen. I curatori desiderano ringraziare Jim Valby per il lavoro di redazione finale delle trascrizioni originali, Adriano Clemente per la stesura delle note e la suddivisione in capitoli, Igor Legati per il coordinamento del progetto e Steven Landsberg per la revisione della bozza finale.
Naomi Zeitz, direttore di The Mirror
¹
INSEGNAMENTI DZOGCHEN
1. SCOPRIRE LA NOSTRA VERA NATURA
²
Quando seguiamo un insegnamento, è essenziale comprenderne il significato e la finalità. L’insegnamento è qualcosa di concreto che è utile anche nella vita quotidiana. Qual è lo scopo di ricevere questi insegnamenti se non ne comprendiamo il vero senso e siamo solo alla ricerca di tecniche da applicare meccanicamente? Le tecniche di meditazione sono utili per ottenere la conoscenza e come metodi di realizzazione, ma se ci interessano solo i nomi, perdiamo di vista il punto principale. Ci sono centinaia e migliaia di nomi e di metodi diversi, ma tutti servono a scoprire la nostra vera condizione. Questo è l’insegnamento essenziale di Buddha, di Garab Dorje³ e di tutti i grandi maestri.
Ad esempio, il Kangyur e il Tengyur sono due raccolte di insegnamenti di Buddha⁴ che comprendono centinaia di volumi. Sappiamo bene che, se volessimo studiare anche un solo sutra o un solo tantra, per comprenderne veramente il contenuto e il significato dovremmo dedicarvi tutta la vita, e che se volessimo impararli tutti occorrerebbero molte vite. Allora dove troveremmo il tempo per realizzarci? Questa è la nostra condizione concret in cui tutto è relativo e non è il punto principale. Infatti il punto principale si trova in queste parole di Buddha: Ho scoperto qualcosa di profondo e luminoso al di là di qualsiasi concetto e ho cercato di tradurlo in parole, ma nessuno ha capito. Ora mediterò in solitudine nella foresta
. Queste parole di Buddha rappresentano la meta finale dell’insegnamento.
L’insegnamento non può essere un nome o un libro, non è il nome Sutra, Tantra o Dzogchen. L’insegnamento è la conoscenza e la comprensione basata sulla scoperta della nostra vera natura. È semplice, ma non è per niente facile. Buddha ha dato insegnamenti diversi a seconda delle circostanze e delle capacità degli esseri. Alcuni infatti sono in grado di capire e scoprire ciò che viene comunicato e come si mette in pratica, altri invece non hanno questa capacità, non sono in grado di capire, e quindi devono seguire un approccio diverso. L’insegnamento va trasmesso in vari modi in base a chi lo riceve, e questo spiega perché esistano tanti insegnamenti e tanti metodi.
Alcuni credono che applicare l’insegnamento significhi non fare nulla, rilassarsi e fare ciò che ci aggrada, ma questo non è l’insegnamento, è solo la continuazione del samsara. Noi ci comportiamo sempre in questa maniera, ma nessuno è mai riuscito a realizzarsi così. Altri pensano che l’insegnamento consista nel giudicare, analizzare, pensare e sostenere un modo di vedere, ma tutto questo non corrisponde al vero senso dell’insegnamento, è solo relativo.
L’INTRODUZIONE DIRETTA
Ci sono tre diversi modi di insegnare che sono basati sui tre aspetti della nostra esistenza: corpo, voce e mente. Una caratteristica dell’insegnamento è proprio quella di lavorare in base a questi tre aspetti. Nello Dzogchen per trasmettere la conoscenza si ricorre all’introduzione diretta: questo non significa recarsi da un maestro o da un essere realizzato dotato di grandi poteri, stargli vicino e ottenere il risveglio o la realizzazione per essergli stati un po’ di tempo accanto. Molte persone nutrono questa convinzione, ma l’introduzione diretta è un’altra cosa. Nessuno è in grado di dare la realizzazione, neppure Buddha Shakyamuni in persona. Se Buddha Shakyamuni avesse potuto, perché non avrebbe dato immediatamente la realizzazione a tutti gli esseri senzienti? Ogni Buddha possiede infinita compassione ed è in grado di aiutare il prossimo perché è onnisciente e conosce la condizione del samsara e del nirvana, e quindi niente gli impedirebbe di farlo: ma non è così che avviene la realizzazione.
Incontrare un maestro meraviglioso o un essere realizzato dal quale ricevere qualche vibrazione non basta per scoprire la nostra vera natura e per realizzarci. Il maestro dà insegnamenti, ed è per questo che viene chiamato maestro. Il maestro insegna e non si limita solo a star seduto a meditare. Il maestro ci insegna a entrare nella nostra vera natura usando il linguaggio ordinario attraverso la cosiddetta trasmissione orale, ed è per questa ragione che il maestro tiene ritiri, trasmette insegnamenti e spiega vari metodi per scoprire la nostra vera natura. Non lo fa perché gli piace parlare, lo fa perché altrimenti la gente non può capire cosa s’intende per trasmissione diretta.
Nelle sue spiegazioni, il maestro fornisce esempi e utilizza simboli – come lo specchio, il cristallo e la piuma di pavone – che ci aiutano a comprendere la vera natura e la potenzialità insita in ciascuno di noi. Gli esempi e i simboli utilizzati servono a darci un’idea. A questo punto siamo più o meno pronti a ricevere l’introduzione diretta. Allora il maestro trasmette le istruzioni da seguire per poter avere l’esperienza diretta della vera natura, un’esperienza che si può avere sia con il maestro che da soli, seguendo le istruzioni ricevute: questa è la vera e propria introduzione diretta.
Talvolta, leggendo dei libri sugli insegnamenti Dzogchen che parlano dell’introduzione diretta spiegata da Garab Dorje e dei metodi per scoprire la vera natura, alcuni possono pensare che l’introduzione diretta sia come un oggetto o un dono che il Maestro può dare, e allora si recano dal maestro e gli chiedono: Per favore, dammi l’introduzione diretta!
Oppure pensano: Forse il maestro non dà l’introduzione a chiunque, se glielo domando in separata sede la darà solo a me!
Ma questo non corrisponde alla verità. Se il maestro potesse dare la realizzazione a tutti gli esseri senzienti l’avrebbe già fatto: il maestro è felice se tutti si illuminano e scoprono la loro vera condizione, ma non è così semplice.
Per questo motivo, allo scopo di fornire un’idea precisa, bisogna spiegare un aspetto alla volta, sia oralmente che attraverso i simboli, per poi passare alle istruzioni sulla trasmissione diretta: così è possibile sviluppare la comprensione e la conoscenza ed acquisire il senso autentico dell’insegnamento. Questo è il principio. Durante un ritiro di qualche giorno si possono imparare molti metodi, ma non dobbiamo mai dimenticare, soprattutto se vogliamo seguire l’insegnamento Dzogchen, che lo scopo principale è sempre quello di scoprire la nostra vera natura.
2. LA VERA CONDIZIONE DI TUTTI I FENOMENI
⁵
Nell’insegnamento del Dharma esistono forme e tradizioni differenti, ma il principio non è la forma e nemmeno la tradizione. Dharma significa conoscenza, comprensione
perché deriva da un termine sanscrito che equivale a tutti i fenomeni
: per questa ragione il Dharma è la conoscenza o la comprensione di tutti i fenomeni.
In generale la gente dice di seguire il Dharma e ne parla come se si trattasse di una religione fondata da Buddha Shakyamuni. Quest’idea non è per niente corretta. In realtà Buddha non ha mai creato nessun tipo di scuola o di religione. Buddha era un essere totalmente illuminato, completamente al di là del nostro limitato modo di vedere, che ci ha insegnato ad essere presenti in questa conoscenza.
Essere interessati al Dharma significa essere interessati a conoscere la vera condizione di tutti i fenomeni. Come possiamo ottenere questa conoscenza? Certamente non in modo intellettuale, rimanendo nella condizione dualistica di soggetto e oggetto, entrando nel giudizio e considerando gli oggetti qualcosa al di fuori di noi. In generale noi pensiamo: Io sono qui e di fronte a me ci sono degli oggetti che io considero positivi o negativi.
In questo modo continuiamo ad analizzare la realtà e ci creiamo una serie infinita di limiti. Di conseguenza Buddha sin dall’inizio ha insegnato che bisogna rivolgere lo sguardo non solo verso l’esterno, ma anche verso di sé, al fine di osservare se stessi. In questo modo possiamo scoprire qual è la nostra vera condizione.
Gli insegnamenti buddhisti comprendono tre yana o veicoli⁶ che traggono origine dagli insegnamenti trasmessi dal Buddha che visse in India, e noi possiamo anche comprendere in che modo li ha trasmessi.
LA SOFFERENZA
Buddha Shakyamuni
Il primo insegnamento trasmesso da Buddha si chiama le quattro nobili verità
,⁷ ed è un insegnamento universale su cui sono basate tutte le tradizioni buddhiste. Anche gli insegnamenti come il Tantra e lo Dzogchen si basano sulle quattro nobili verità. Perchè sono chiamate nobili? Perché sono ritenute fondamentali ai fini della comprensione e della conoscenza. La prima nobile verità è la sofferenza, che tutti sanno bene cos’è; ma noi, pur sapendolo, siamo distratti, non presenti, e soprattutto non siamo consapevoli di quale sia la vera causa di ogni sofferenza. La sofferenza è il frutto, ovvero l’effetto di una causa. Non esiste un frutto senza una causa. Perché Buddha nel suo primo insegnamento ha parlato della sofferenza? Non perché la sofferenza fosse un argomento particolarmente interessante o perché la gente glielo avesse chiesto, ma semplicemente perchè la sofferenza è