La macchina del tempo
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Herbert George Wells
Herbert George Wells (meist abgekürzt H. G. Wells; * 21. September 1866 in Bromley; † 13. August 1946 in London) war ein englischer Schriftsteller und Pionier der Science-Fiction-Literatur. Wells, der auch Historiker und Soziologe war, schrieb u. a. Bücher mit Millionenauflage wie Die Geschichte unserer Welt. Er hatte seine größten Erfolge mit den beiden Science-Fiction-Romanen (von ihm selbst als „scientific romances“ bezeichnet) Der Krieg der Welten und Die Zeitmaschine. Wells ist in Deutschland vor allem für seine Science-Fiction-Bücher bekannt, hat aber auch zahlreiche realistische Romane verfasst, die im englischen Sprachraum nach wie vor populär sind.
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Anteprima del libro
La macchina del tempo - Herbert George Wells
Intro
Nell’Inghilterra di fine Ottocento, uno scienziato e inventore svela ai suoi più stretti amici di aver costruito un mezzo capace di viaggiare nel tempo e di aver navigato
fino a raggiungere l’anno 802701, un’epoca in cui l’umanità è divisa in due razze
differenti: gli Eloi (creature fragili, pacifiche e quasi prive di attività intellettuale) e i Morlock (esseri mostruosi e carnivori che vivono sotto terra e si cibano degli Eloi).
INTRODUZIONE
L’Esploratore del tempo (non credo conveniente chiamarlo in altro modo) ci esponeva un misterioso problema. I suoi occhi grigi e lustri sfavillavano, il suo volto, ordinariamente pallido, era rubicondo e animato.
Nel caminetto c’era un bel fuoco, e la dolce luce delle lampade a incandescenza, in forma di argentei gigli, si rifletteva sulle bollicine che salivano, luccicanti, nei nostri bicchieri.
Le poltrone, costruite secondo i modelli dell’Esploratore del tempo, non fornivano un incomodo sostegno ai nostri corpi, ma li ricingevano carezzevolmente, mentre si aspirava quell’aria voluttuosa del dopo pranzo, che lascia vagare piacevolmente i pensieri, liberi dai legami della precisione.
Ed egli ci spiegava la cosa, vivamente gestendo in certi punti, mentre noi, adagiati sulle poltrone, ammiravamo la facondia e l’ardore, coi quali sosteneva ciò che noi credevamo allora un nuovo suo paradosso.
– State ben attenti! – diceva. – Ora devo ribattere una o due idee universalmente accettate. La geometria, per esempio, che vi hanno insegnata nelle scuole, è basata su d’un malinteso.
– E non si entra in tal modo in materia con una ben grossa questione? – osservò Filby, sofistico personaggio dalla capigliatura rossastra.
– Non ho mica la pretesa che conveniate con me in alcuna cosa senza una ragionevole cagione, ma non dubito che sarete fra breve del mio parere. Saprete già che una linea matematica, una linea cioè senza dimensione, in realtà non esiste. Ve lo hanno insegnato, è vero? E così è per un piano matematico. Sono delle semplici astrazioni.
– Sicuro! – approvò lo Psicologo.
– Analogamente, un cubo, non avendo che lunghezza, larghezza e altezza, può realmente esistere?
– Ma sì! – disse Filby. – Certo è che un corpo solido esiste. Ogni cosa reale...
– È quello che credono i più. Ma, sentite bene, può forse esistere un cubo istantaneo?
– Non comprendo – soggiunse Filby.
– Può un cubo avere una reale esistenza senza durare per un tratto di tempo qualunque?
Filby divenne pensoso.
– È chiaro – continuò l’Esploratore del tempo – che ogni corpo reale si deve estendere in quattro direzioni, deve avere, cioè, lunghezza, larghezza, altezza e… durata. Senonché, per una imperfezione naturale della carne che vi spiegherò fra poco, noi siamo inclinati a trascurare un tal fatto. Vi sono effettivamente quattro dimensioni: le tre che chiamiamo i tre piani dello spazio, ed una quarta, che è il tempo. Si propende però generalmente a stabilire una fittizia distinzione fra le tre prime e la quarta dimensione, perché avviene che la nostra coscienza delle cose si muova ad intervalli in una sola direzione, lungo la quarta dimensione, dal principio alla fine della vita nostra.
– Già! – esclamò un Giovanotto che faceva degli sforzi spasmodici per accendere un sigaro al di sopra di una lampada. – Chiarissimo… veramente!
– E non è forse molto notevole che ciò sia tanto negletto? – aggiunse l’Esploratore del tempo con una cert’aria di buon umore. – Ecco, di fatto, quel che significa la quarta dimensione, benché certa gente che ne parla, non sappia quel che si dica: è semplicemente una nuova maniera di considerare il tempo. Non vi è la minima differenza fra il tempo e qual si sia delle tre dimensioni dello spazio, se non che la nostra conoscenza si muove lungo la quarta. Ma taluni sciocchi hanno falsato questa idea. Avete udito ciò che hanno saputo dire intorno alla quarta dimensione?
– No, io no – rispose il Sindaco provinciale.
– Propriamente questo: lo spazio, quale lo intendono i nostri matematici, è ritenuto di tre dimensioni, dette lunghezza, larghezza e altezza, e lo si può sempre definire col riferirlo a tre piani, ciascuno ad angoli retti cogli altri. Ma gli spiriti filosofici obiettarono: perché tre sole dimensioni? Perché non una quarta ad angoli retti con quelle? E hanno pure tentato di fondare una geometrica a quattro dimensioni. Il professore Simone Newcomb lo esponeva, qualche tempo fa, alla Società Matematica di New-York. A voi è noto come su d’una superficie piana, avente due sole dimensioni, si possa rappresentare la figura di un solido a tre dimensioni; e quindi essi sostengono che, mediante immagini di tre dimensioni, potrebbero rappresentarne una di quattro, se fosse loro dato di rendersi conto della prospettiva delle cose. Capite?
– Io penso che sì – mormorò il Provinciale. E, aggrottando le ciglia, cadde in profonde riflessioni, mentre muoveva le labbra come uno che ripetesse delle mistiche parole. – Sì sì, credo che ci arrivo, adesso! – disse poco dopo, e la sua faccia, per il momento, si rischiarò.
Benissimo! – In quanto a me, non ho motivo di nascondervi che da un certo tempo mi sono occupato anche io di questa geometria delle quattro dimensioni, e che ho ottenuto qualche risultato curioso. Ecco qua, per esempio, una serie di ritratti della stessa persona, a otto anni, a quindici, a diciassette, a ventitré e via di seguito. Sono tutti, evidentemente, le sezioni della persona, le rappresentazioni su tre dimensioni di un essere a quattro dimensioni, che è una cosa fissa e inalterabile.
L’Esploratore fece una pausa, per lasciarci digerire le sue ultime parole, poi proseguì: – Gli uomini di scienza sanno perfettamente che il tempo non è che una specie di spazio. Ecco ora uno strumento scientifico ben noto, un indicatore della pressione atmosferica: questa linea, sulla quale scorre il mio dito, indica dunque i movimenti del barometro. Ieri esso è salito fin qui; ieri sera è disceso fino a questo punto; stamattina si è alzato di nuovo ed è arrivato pianamente fin qui. Certamente il mercurio non ha tracciata questa linea in alcuna delle dimensioni dello spazio generalmente riconosciute: è indubitato, però, che la linea è stata tracciata, e ne dobbiamo per conseguenza concludere ch’essa è stata tracciata lungo la dimensione del tempo.
– Ma – osservò il Dottore, fissando la fiamma del carbon fossile – se il tempo non è realmente che una quarta dimensione dello spazio, perché lo si è sempre considerato, e lo si considera tuttora, come una cosa diversa? E perché non possiamo noi muoverci qua e là nel tempo, come ci muoviamo qua e là nelle altre dimensioni dello spazio?
L’Esploratore del tempo sorrise.
– Siete voi ben sicuro che ci possiamo liberamente muovere nello spazio? Noi possiamo andare abbastanza liberamente a destra e a sinistra, avanti e indietro, e lo si è fatto sempre. Ammetto dunque che muoviamo liberamente in due dimensioni; ma che direte voi dei movimenti dall’alto al basso e dal basso all’alto? Questi sono considerevolmente limitati dalla gravitazione.
– Precisamente no! – disse il Dottore. – Vi sono gli aerostati.
– Ma senza i palloni volanti, e fatta eccezione dei salti spasmodici e delle ineguaglianze del suolo, l’uomo non ha la minima capacità di muoversi verticalmente.
– Può tuttavia muoversi un po’ anche dall’alto al basso e dal basso all’alto.
– Più agevolmente, molto più agevolmente, dall’alto al basso che in senso opposto.
– E voi non potete affatto muovervi nel tempo; voi siete nella impossibilità di scostarvi dal momento attuale.
– È appunto in questo, mio caro amico, che v’ingannate. È appunto in questo che il mondo intero è in errore. Noi dal momento attuale ci allontaniamo continuamente. Le nostre mentali esistenze, che sono immateriali e non hanno dimensioni, si svolgono lungo la dimensione del tempo con una velocità uniforme, dalla culla alla tomba, al modo stesso che noi viaggeremmo verso il basso, se le esistenze nostre incominciassero a cinquanta miglia più su della superficie terrestre.
– Ma la gran difficoltà – interruppe lo Psicologo – è che voi potete andare di qua e di là, in tutte le direzioni dello spazio, ma non potete andar di qua e di là nel tempo.
– E proprio qui sta il germe della mia grande scoperta. E voi avete torto, asserendo che non possiamo muoverci in tutte le direzioni del tempo. Se, per esempio, io mi ricordo molto bene di qualche incidente, ritorno al momento in cui esso è avvenuto; sono distratto, ho lo spirito assente, come dite voi, e faccio in quell’istante un salto indietro. Naturalmente, non abbiamo la facoltà di rimanere addietro per un lungo tratto di tempo, come non ha un selvaggio o un bruto quella di mantenersi in aria a un metro e mezzo dal suolo. Ma l’uomo civilizzato è a tale riguardo meglio provvisto che un selvaggio, e può innalzarsi con un pallone, a dispetto della gravità. E perché non avrebbe a sperare di poter un giorno arrestare o accelerare la propria impulsione lungo la dimensione del tempo, e rigirarsi altresì e viaggiare in senso opposto?
– Oh! questo poi… – si meravigliò Filby – questo è...
– Perché no? – domandò l’Esploratore del tempo.
– ... è contro ragione – concluse Filby.
– Quale ragione? – ribatté l’altro.
– Voi potete con mille argomenti dimostrare che il bianco è nero e il nero è bianco – spiegò il sofistico Filby – ma non arriverete mai a capacitarmi.
– Sarà! – continuò con un sorriso vago l’Esploratore del tempo – Ma intanto già cominciate a vedere qual sia lo scopo delle mie investigazioni sulla geometria delle quattro dimensioni. E da lungo tempo io coltivavo la vaga idea d’una macchina...
– Per viaggiare attraverso il tempo! – esclamò il Giovanotto.
– … che