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Branco di tacchini: (Senza) prefazione di Piero Pelù
Branco di tacchini: (Senza) prefazione di Piero Pelù
Branco di tacchini: (Senza) prefazione di Piero Pelù
E-book82 pagine1 ora

Branco di tacchini: (Senza) prefazione di Piero Pelù

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Info su questo ebook

Una serie di episodi paradossali accaduti a persone totalmente inconsapevoli di essere protagoniste di un capolavoro tragicomico. Un'opera più bella e completa delle precedenti, una sequela di storie assurde che qualsiasi persona normale faticherebbe a raccontare: tic mentali, chat nascoste, pornografia, tamponamenti improvvisi, hotel, divorzi e un umorismo dissacrante a condire oltre 200 pagine. Branco di tacchini è un libro che nessuno dovrebbe avere, ma che tutti dovrebbero leggere. Perché in fondo i protagonisti potreste essere proprio voi. E, tanto per essere chiari, gli autori faranno nomi e cognomi. Buona psicoterapia.

LinguaItaliano
Data di uscita17 nov 2023
ISBN9788869348907
Branco di tacchini: (Senza) prefazione di Piero Pelù
Autore

Marco Ercole

Marco Ercole giornalista per "La Repubblica", “Il Corriere dello Sport” e “Fox Sports”, innamorato del calcio e appassionato di cinema, in particolare dei grandi classici della comicità italiana. Insieme a Lino Banfi ha pubblicato “Siamo tutti allenatori nel pallone” (Bibliotheka, 2020).

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    Branco di tacchini - Marco Ercole

    Gianluca Cherubini e Marco Ercole

    Branco di tacchini

    (senza) prefazione di Piero Pelù

    Narrativa - Humor

    © Bibliotheka Edizioni

    Piazza Antonio Mancini, 4 – 00196 Roma

    tel: (+39) 06. 4543 2424

    info@bibliotheka.it

    www.bibliotheka.it

    I edizione, novembre 2023

    e-Isbn 9788869348907

    Tutti i diritti riservati.

    Progetto grafico: Riccardo Brozzolo

    A James Blunt,

    come noi vittima di un ostracismo mediatico

    senza precedenti

    (senza)

    prefazione di Piero Pelù

    Caro Maestro, dobbiamo trovare le parole giuste, altrimenti rischiamo di essere fraintesi. La copertina è inequivocabile, la stima nei suoi confronti è gigantesca. Non è facile per noi, non lo è mai stato, tantomeno adesso. Ci abbiamo provato, ci creda, eravamo tentati, sognavamo una sua prefazione. Lei, per noi, così irraggiungibile, così perfetto, così magnetico. Abbiamo rinunciato, Maestro, non ce la siamo sentita. Non siamo stati nemmeno in grado di contattarla, di instaurare un confronto con il suo team. Niente, troppa emozione. Ci dispiace molto perché sarebbe stato perfetto per un’opera come questa. Lei, con la sua ironia, la sua leggerezza, il suo talento che ha conquistato milioni di italiani. Peccato, davvero. Ci auguriamo soltanto che queste poche righe le arrivino al più presto. Partono dal profondo del nostro cuore, Maestro.

    Con questo libro abbiamo deciso di cambiare nella forma e nel colore, basta collegamenti con Boris o con film cult della cinematografia italiana. Adesso ci sentiamo un po’ come dei pugili fragili, dei soggetti smarriti, ma siamo pronti per provare qualcosa di nuovo. Non vogliamo fare i fenomeni, e non ci sentiamo né buoni, né cattivi. Ci vogliamo solo mettere alla prova, raccontando delle avventure da tacchini che ci sono capitate direttamente o che sono capitate a persone che conosciamo. A noi hanno fatto ridere, la speranza è di riuscire a raccontarle in modo tale da far ridere anche chi le leggerà. Ci stiamo provando, Maestro, sempre seguendo il suo spirito guida. Prendici così, Maestro. Potrà andare bene bene o male male, potrebbe essere anche una bomba boomerang. In fondo, però, ci interessa fino a un certo punto. Perché amara bellezza c’è nell’incertezza del domani e la tentazione puttana ci fa tutti uguali. E poi uno di noi è un toro loco, l’altro si sente un gigante. Sogniamo un amore immaginario, Maestro. Il suo.

    Gianluca e Marco

    #vitamina

    Nessuna forma letteraria di masochismo più alta. Nessuna come il mare di Roma. O meglio, della voglia di andare al mare di Roma. Più o meno simile al desiderio di lanciarsi a candela da un palazzo dell’Eur. Di lasciarsi il passato alle spalle e non pensarci più. Di darsi fuoco. Di morire lentamente. Sempre col cocomero in mano. Forse, ad oggi, il mare di Roma è tra le esperienze più formative che un essere umano possa fare. Perché dentro il mare di Roma c’è la vita, il sudore, la sabbia, Gesù, sua madre, mai suo padre, il riso in bianco e la borraccia di alluminio al collo. Sembra un horror, lo è. Le giornate iniziano molto presto, come se si partisse per un viaggio lunghissimo. In realtà basterebbero una quarantina di minuti per arrivare al mare di Roma. Ma quasi sempre, tra parcheggio, code al casello, risse e quindi codice rosso al pronto soccorso, forze dell’ordine, posti di blocco, bambini squagliati, morti senza faccia né potassio abbandonati nei sedili posteriori, puoi impiegarci anche 4-5 ore. Per i romani è tutto sotto controllo. Mentre chi viene da fuori, di solito, approccia così.

    «Ma fate sul serio?».

    Fanno sul serio e darebbero la vita per uno spritz al tramonto di Fregene. Che poi è lo stesso che trovi sulla Tiburtina, al Pigneto, Caracalla o Garbatella, non cambia veramente un cazzo. Ma per loro no, quell’hashtag #vitamina spiattellato sulle stories Instagram li fa sentire realizzati. Una volta però a Santa Severa ti salvavi. Ora sei a rischio anche lì. Ora stanno arrivando fino alla bassa Toscana e puntano diritti all’Argentario. Sono le nuove generazioni romane, hanno influenzato quelle vecchie, voci incontrollate li vogliono sulla riviera romagnola entro il 2030. Tatuaggi in fila, spritz in mano, borracce con il prezzo ancora attaccato ma che fa #climatechange e dialoghi da fantascienza.

    «Frate’, ma che hai fatto ar mignolo…?», chiede amico arrivato in spiaggia dopo tre giorni di traffico.

    «Ce l’ho ar contrario, ma che non te ne sei mai accorto…?».

    «Te giuro de no…».

    «Te invece stai bello tirato eh, te sei sfonnato de palestra ‘st’inverno…», replica giovane ragazzo con mignolo al contrario.

    «Lascia perde, il segreto è il riso basmati, prima con l’integrale non prendevo un etto de massa e me se intortavano soltanto i denti…».

    Andrebbero attenzionate anche le famiglie che frequentano il mare di Roma. A loro, ad esempio, degli hashtag e del riso basmati non frega niente. Loro vogliono fare i video col telefonino. Da ogni angolazione. Con dei piani sequenza mirati. Senza uscire mai dall’inquadratura. Altrimenti il direttore della fotografia (cioè il marito) se ne torna bello bello in macchina coi finestrini chiusi e mezza bottiglietta di acqua Claudia fino alle 19.

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