È tardi?
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Info su questo ebook
Una galleria di personaggi, extra terrestri, o forse estremamente terrestri, che prima o poi si trovano a dover fare i conti con le proprie emozioni nelle situazioni della vita.
Il loro sguardo sul mondo è di volta in volta serio, dissacrante, malinconico, critico, ironico, riflessivo, bizzarro. In ogni caso sempre curioso.
Fallibili, apparentemente sconfitti, non rinunciano mai a mettersi in gioco. E per questo risultano fondamentalmente, intrinsecamente vincenti.
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Anteprima del libro
È tardi? - Antonello V. Greco
«I partecipanti della squadra ultima classificata
saranno tutti trasferiti
nella nostra miniera di Sassu Strittu,
frazione di Carbonia,
e qui impiegati come muli da soma.»
(da Fantozzi subisce ancora, 1983)
Antonello V. Greco
è tardi?
Racconti
ISBN 978-88-3309-098-6
norIndice
... E ti tirano le pietre
Idillio sul molo
Campioni del mondo!
Amore bastardo
La Sagrada Caldaia (ovvero: vecchia caldaia catalana)
Amenità fenicie
Il viaggio
Ambient
C.S.I. Nora reloaded
Selezione di classe C.I. (Carta d’Identità? Carbonia-Iglesias!)
Tenebre a Nuracada
Obermarschall, tragedia sfiorata
Desolante Desolina
V.V.V. Vicks VapoRub Voyeur
La rivelazione
Socrate on the beach
Clandestini al fiume
Rimpianto in canonica
Sa Giustissia! Balentìa sestesa d’altri tempi
Fantasticheria nuragica
L’ultimo glabro
Rammarico di antiche querce
L'Autore
La collana Le Pleiadi
Colophon
... E ti tirano le pietre
Quella luminosa mattina di metà maggio in classe Martino era distratto, pensieroso, ogni tanto sospirava guardando fuori dalla finestra, affacciata su un anonimo campo incolto. A turno i compagni e le compagne, un po’ sorpresi e preoccupati dall’anomalia, gli chiesero se si sentisse bene. Altrettanta la sua sorpresa a quella domanda. In effetti sì, si sentiva bene, solo che... stava pensando a una persona. E il pensiero di lei si accompagnava a qualche sospiro. Ma non poteva dirlo ai suoi compagni: loro lo avrebbero sommerso di prese in giro; le compagne, invece, di domande curiose. Visualizzato, il pensiero in questione aveva i capelli corti tendenti al rossiccio, gli occhi del colore del cielo, la pelle chiara con alcune lievi lentiggini e rispondeva al nome di Adriana. La conosceva da bambina, abitava in città proprio sopra casa di sua nonna, e nel vicinato tutti stravedevano per la sorella più grande, Daniela, che con i suoi boccoloni, l’ampio sorriso e lo stesso colore degli occhi si era meritata l’appellativo di Candy Candy. Poi, all’improvviso, non le aveva più viste. Dalla nonna e dalle zie aveva saputo che la famiglia delle due sorelle aveva dovuto con urgenza cercare casa altrove. E sempre all’improvviso, molto tempo dopo, se l’era trovata di fronte un pomeriggio di maggio nella bottega vicino a casa in paese. No, non Candy Candy, bensì Adriana, ed era cresciuta. Si urtarono casualmente davanti all’espositore delle ‘cingomme’, vicino alla cassa, e si riconobbero. Lei all’inizio un po’ smorfiosetta in compagnia delle nuove compagne delle scuole di paese, lui un po’ intimidito dall’apparizione, con la conversazione che incespicava e quella strana sensazione di stomaco ingarbugliato che ancora non conosceva. Pressata dalle altre smorfiosette coetanee, la rossiccia Adriana si smarcò, ma Martino aveva fatto in tempo a chiederle dove abitasse e a promettere — a se stesso, prima che a lei — che sarebbe passato a trovarla.
Chissà, col senno di poi, forse la giovane Adriana era incerta se fosse vero che suscitava reale e sincero interesse, abituata com’era a sentire e osservare le bavose lodi per la boccolosa Candy Candy che ovviamente, e ancor più, nella dimensione paesana aveva riscosso immediato successo. Chissà. La timidezza è una brutta bestia. La cornetta telefonica era in tal senso un prezioso alleato.
Martino compose il numero bramosamente cercato sull’elenco telefonico. E alla fine, dopo aver alzato e riagganciato la cornetta tre o quattro volte, ruppe gli indugi e la chiamò. La conversazione fu pari allo stato d’animo, agitata. Tra silenzi e balbettii, fu arrangiata l’informazione essenziale: sarebbe passato sabato pomeriggio.
Trascorsero quelle poche mattinate scolastiche distratte fino al sabato pomeriggio. Martino arrivò in bicicletta con finta disinvoltura dalle parti del palazzo di lei con un bel po’ di anticipo e iniziò a girovagare intorno, per fare orario e costruirsi sicurezza. In realtà il posto lo conosceva benissimo, perché già il giorno prima si era avvicinato con la sua bici nera da passeggio per ispezionare l’area; ma anche lui era stato visto, e non da lei. La zona infatti, piuttosto periferica, era gergalmente denominata in paese il Bronx per la presenza di famiglie ‘non proprio delle prime case’, come si diceva con eufemismo. E pullulava di ragazzetti sfaccendati, non esattamente amichevoli e con spiccato senso di controllo territoriale. Così, quando lo rividero il giorno dopo nuovamente aggirarsi in bici nella loro zona, lo accolsero con un’amichevole gragnola di sassate. Qualcuna lo sfiorò, ne sentì il sibilo vicino, una lo raggiunse alla spalla, un’altra colpì il parafango della bici con clangore metallico. Immediato allontanamento strategico. Riassestatosi, con grande cautela si riavvicinò dopo un prudenziale ampio giro dell’intero isolato. Si accostò al portoncino del palazzo, scese dalla bici, suonò al citofono. – Sto scendendo – rispose la vellutata voce di lei. I pochi istanti che accompagnarono la discesa furono segnati per Martino da un’angosciata esplorazione visiva a 360 gradi nel timore che potessero spuntare da dietro i pilastri i bulletti... o altre simpatiche pietre.
Quando finalmente Adriana scese, provò a essere spontaneo e disinvolto, si fa per dire... Così, per avviare la conversazione, iniziò dicendo che aveva accumulato un lieve ritardo perché si era dovuto spostare. – Sì, – intervenne lei – ho visto dalla finestra che ti stavano lanciando delle pietre...
A quelle parole si sentì morire. Già era stata un’autentica impresa vincere la timidezza per andare da lei, già si era beccato una sassata sulla spalla, ora apprendeva che lei aveva pure assistito alla scena. La vergogna gli bloccò la favella, le mani sudate abbrancavano i pomelli del manubrio della bici che conduceva a mano mentre passeggiavano a piedi. Nell’inesperienza adolescenziale non gli balenò in mente che, chissà, magari, forse, lei poteva aver apprezzato la prova che lui aveva dovuto subire per arrivare da lei. Chissà. Continuarono a camminare verso il centro; tutt’altro che disinvolto, ogni tanto continuava a gettare uno sguardo preoccupato sul piccolo specchietto retrovisore. A fine passeggiata — le amiche la aspettavano al circolo ricreativo — non osò chiederle un altro appuntamento, confidava in un nuovo casuale incontro.
Tanti, tanti anni dopo Martino ebbe casualmente modo di conversare con Daniela, la Candy Candy oramai adulta. Rispolverarono aneddoti giovanili e Martino ne approfittò per rivelare il torcibudella sentimentale che a lungo aveva provato per la sorella. – Ah sì, mia madre l’aveva capito subito.
Le mamme non sbagliano mai.
Idillio sul molo
Può una banale paletta da cocktail griffata Orangina essere un oggetto terribilmente romantico? Certo che può...
si domandava e si rispondeva Romeo mentre riponeva delicatamente quell’impolverata scatola di cartone a fiori nello scaffale del sottotetto. Gli era capitata casualmente fra le mani mentre cercava il manuale di istruzioni del datato frullatore che — dopo qualche lustro di onorata carriera — aveva cominciato a fare le bizze. Il primo, ragionevole, logico pensiero Sarà (finalmente) il caso di buttarlo?
fu sostituito dal per lui più coerente Proviamo prima a rimetterlo a posto
. Coerente perché, da tutta una vita, l’attenzione al rispetto dell’ambiente, il contrasto agli sprechi, il dogma del riutilizzo, e della parsimonia, lo avevano costantemente connotato. E così Romeo si imbatté in quell’appendice di