Dare un'anima alla sinistra: Idee per un cambiamento profondo
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Anteprima del libro
Dare un'anima alla sinistra - Vannino Chiti
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Sguardi sul mondo attuale
© 2023 Edizioni Angelo Guerini e Associati srl
via Comelico, 3 – 20135 Milano
http://www.guerini.it
e-mail: info@guerini.it
Prima edizione: giugno 2023
Ristampa: V IV III II I 2023 2024 2025 2026 2027
Publisher Giovanna Gammarota
Copertina di Donatella D’Angelo
Printed in Italy
ISBN 978-88-8195-492-6
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titleINDICE
INTRODUZIONE. L’IDENTITÀ PERDUTA E L’OCCASIONE SPRECATA
L’astensionismo non sia un alibi, – Qualcosa di nuovo, ma anche d’antico, – Primarie: principi e signorie, – Un confronto a tutto campo, – Da dove partire,
CAPITOLO 1
LE PRIORITÀ: LAVORO, WELFARE, FISCO
Complessità del mondo del lavoro, – Tasse, evasione, disuguaglianze, – Dignità del lavoro, – Disciplinare le multinazionali, – Morire di lavoro, – Diritti: istruzione, salute, – Un nuovo compromesso col capitalismo,
CAPITOLO 2
FORZA E VULNERABILITÀ DELLA DEMOCRAZIA
Marginalità e fragilità dei diritti, – Democrazia globale e democrazia federale europea, – Il «costo» del pluralismo, – Presidenzialismo e regionalismo, – Il capitalismo della sorveglianza, – Macchine, robot, uomini, – Attualità dell’antifascismo, – Un fondamento della Costituzione,
CAPITOLO 3
GUERRE E ANCORA GUERRE
Una vittoria impossibile, – Armi, riarmo, ordigni nucleari, – Fermiamo la guerra, – L’argomento più importante della terra, – Occidente e Oriente, – Un’Internazionale Progressista, – Le religioni contro la guerra,
CAPITOLO 4
«IO VORREI» LE VOCI DEI GIOVANI DI SINISTRA
Non è un paese per giovani, – Per cosa lottare, – Ringiovanire la politica, – Diritti per tutti, – Allarmi… son tornati, – Avanti, popolo dei giovani,
CONCLUSIONI
RIFONDARE, RESISTERE, GUARDARE OLTRE
Segnali di fuoco e di fumo, – Aprire le finestre, – Oltre il giardino,
Sono di sinistra ma non le appartengo.
Voglio avere la libertà di poter verificare
sempre le mie scelte e quelle degli altri
Francesco De Gregori
INTRODUZIONE
L’IDENTITÀ PERDUTA E L’OCCASIONE SPRECATA
L’astensionismo non sia un alibi
Le elezioni politiche del 25 settembre 2022, quelle regionali di Lombardia e Lazio del 13 e 14 febbraio e del Friuli-Venezia Giulia del 2 e 3 aprile 2023 hanno fatto registrare una severa sconfitta di tutte le forze progressiste, non solo del PD. Al tempo stesso hanno visto una significativa crescita dell’astensione: alle politiche ha votato il 63,91% degli aventi diritto, circa nove punti percentuali in meno rispetto alla partecipazione registrata nel 2018. A febbraio, alle elezioni regionali, in Lombardia ha votato il 41,68%, nel Lazio il 37,2%; ad aprile nel Friuli-Venezia Giulia il 45,27%.
L’astensione ha vari motivi: per le regionali, ad esempio, ha inciso anche il fatto che le consultazioni si siano tenute a pochi mesi di distanza da quelle del 25 settembre e «in solitaria», ovvero slegate da un appuntamento più complessivo.
Alle politiche hanno determinato una distorsione nel risultato una pessima legge elettorale – il cosiddetto «Rosatellum», che ho l’orgoglio di non avere approvato insieme ad altri cinque parlamentari (due del PD, gli altri della sinistra, che poi avrebbe dato vita ad Articolo Uno) –e la riduzione dei seggi alla Camera e al Senato.
Sarebbe però un errore fare dell’astensionismo la ragione principale della sconfitta.
La sinistra deve saper guardare più a fondo. Il 70% degli italiani è deluso dal funzionamento della democrazia: nella fascia di popolazione tra trentuno e cinquant’anni il 78% è insoddisfatto; ancora peggio tra i ceti popolari dove la delusione raggiunge il 79%; il 55% dei cittadini italiani pensa che i partiti siano tutti uguali¹.
Il PD, per il suo peso elettorale nel frastagliato arcipelago progressista, ha le più grandi responsabilità in vista del futuro. Dobbiamo chiederci se vogliamo rassegnarci a una democrazia iper-minoritaria, riservata solo alle élite.
Attenzione: in democrazia si possono perdere le elezioni. Quello che non bisogna smarrire è l’identità che ci caratterizza, la capacità di trasmettere fiducia e speranza. Il PD negli ultimi tempi non c’è riuscito: nascondere la realtà non aiuta ad affrontarla, ma irrobustisce un’autoreferenzialità, in cui prolifera la confederazione di correnti prive di idealità.
Chi guardava o potrebbe guardare a noi, semplicemente non ci vota: siamo diventati nel migliore dei casi un partito privo di interesse per l’elettore, nel peggiore la delusione, a volte, si trasforma in ostilità.
È stato un errore, dopo la batosta elettorale, annunciare una fase costituente di sinistra, senza poi realizzarla. Non può essere contrabbandato come fase costituente un comitato di ottanta «saggi», per due terzi designati dalle correnti, il cui unico sforzo è stato produrre un Manifesto per il nuovo PD, da affiancare alla vecchia Carta dei valori. Il congresso, poi, indetto dal segretario dimissionario Enrico Letta, si è svolto come sempre: i candidati alla massima carica si sono presentati solo sulla base di mozioni sostenute dalle correnti, senza un confronto reale tra gli iscritti in grado di costruire possibili convergenze.
Così, aspetti positivi di partecipazione, in particolare di giovani e ragazze, rischiano ben presto di vanificarsi. Del resto, il compito degli iscritti è stato, come sempre, modesto: dovevano principalmente determinare la graduatoria, che avrebbe consentito ai primi due in classifica di sottoporsi al voto di primarie aperte a tutti. Che poi i risultati definitivi di questa consultazione abbiano dato degli esiti imprevisti e spiazzanti è stata una sorpresa non programmata.
Infatti, stavolta è successo qualcosa di nuovo.
Qualcosa di nuovo, ma anche d’antico
L’istituto «Noto sondaggi» certifica che del 22% delle persone che sono andate negli oltre 5.500 gazebo, più di uno su cinque aveva votato alle elezioni politiche per i Cinque Stelle o per altri partiti. Secondo «Candidate & Leader Selection» la partecipazione degli elettori dei Cinque Stelle non ha influito sul risultato: ha coinvolto poco più di 25.000 cittadini, circa il 5% dei votanti.
Sull’esito delle primarie avrebbero inciso, piuttosto, elettori di Verdi-Sinistra e di +Europa, con una partecipazione di circa 75.000/80.000 voti (il 13% dei primi e il 5% dei secondi) a favore di Elly Schlein. Si tratta, comunque, di un elettorato contiguo a quello del PD. Secondo questa ricerca, Stefano Bonaccini avrebbe avuto il sostegno del 6% di elettori del Terzo Polo².
Nel 2023, come si sa, l’esito delle primarie aperte è stato imprevedibile: per la prima volta si è verificato che gli elettori hanno ribaltato il risultato del voto degli iscritti. E sempre per la prima volta ha vinto una donna: Elly Schlein.
La nuova segretaria ha davanti a sé un compito impegnativo, da guardare con speranza, fiducia ma al tempo stesso con un’attenzione critica: saprà cambiare le posizioni del PD sui temi più controversi, in primo luogo sulla guerra? Saprà unire impegno sui diritti civili e lotta per quelli sociali, a differenza di quanto il PD ha fatto negli ultimi anni? Saprà far camminare nel concreto di un’azione di governo la priorità dell’ecologia? Sulle grandi questioni aperte – dal nucleare alle privatizzazioni di beni essenziali come l’acqua, dalla difesa del suolo allo stop alla cementificazione – saprà mantenere una posizione netta contro il neoliberismo?
In ogni territorio ci sono sfide e impostazioni – ad esempio in Toscana, la regione che conosco meglio, il nuovo gassificatore di Piombino, la multiutility da quotare in borsa e il potenziamento dell’aeroporto di Firenze – da rendere coerenti con nuovi valori guida affermati, altrimenti le parole d’ordine, dopo avere suscitato speranza, diventano delusione.
Quello che si può oggettivamente registrare è che Elly Schlein ha saputo suscitare un entusiasmo che sembrava sopito, e già questo rappresenta una potenzialità da apprezzare per chi ha a cuore le sorti della sinistra italiana.
Non è facile dirigere un partito in cui, tra gli iscritti, si è in minoranza. I problemi da affrontare restano gli stessi e sarebbe un errore clamoroso ritenere che il risultato imprevisto delle primarie generi di per sé il «nuovo PD». Occorre rendere il PD una comunità politica tenuta insieme da valori condivisi e da una capacità di includere, di confrontarsi