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Il cuore batte sempre a sinistra? Per una rinascita emozionale dei valori progressisti
Il cuore batte sempre a sinistra? Per una rinascita emozionale dei valori progressisti
Il cuore batte sempre a sinistra? Per una rinascita emozionale dei valori progressisti
E-book147 pagine2 ore

Il cuore batte sempre a sinistra? Per una rinascita emozionale dei valori progressisti

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Info su questo ebook

Viviamo in un’epoca in cui l’imperativo categorico sembra essere quello di dover trovare per forza una soluzione rapida, semplice ed “efficace” per tutto, politica compresa. Con buona pace di chi da decenni mette in guardia dal cercare soluzioni semplici per una società dominata dalla complessità. In questi anni in Italia abbiamo visto alternarsi governi di qualsiasi genere e composizione, presunti nemici diventare alleati, alleanze durare quanto uno schiocco di dita e campagne elettorali in cui gli slogan hanno sostituito i contenuti. Ora ci ritroviamo in un momento storico in cui le tensioni sociali sono al limite, la crisi economica è galoppante, le disuguaglianze si inaspriscono, le opportunità si assottigliano e il nostro pianeta ci chiede a gran voce pietà. In tutto questo la sinistra italiana vive una crisi interna profonda. Tuttavia, la voglia di rinascere e creare una prospettiva unitaria accomuna tante persone di diverse generazioni che si riconoscono nei suoi valori: occorre ritrovare la passione di chi ha ancora il cuore a sinistra.

Giuseppe Maurizio Arduino è nato nel 1961 e si è laureato in Psicologia presso l’Università di Padova e specializzato in Psicologia Clinica presso l’Università di Torino. È psicologo dirigente presso l’ASL CN1 di Cuneo e lavora da oltre trent’anni nel Servizio Sanitario Nazionale. Docente a contratto in alcune università italiane, ha fatto parte di gruppi di lavoro regionali e nazionali sul tema dell’autismo e ha pubblicato con Einaudi il libro di racconti Il bambino che parlava con la luce (2014). È stato consigliere comunale a Mondovì (Cuneo) e consigliere dell’Ordine degli Psicologi del Piemonte.

Alice Garelli è nata nel 1999, si è diplomata presso il Liceo Economico Sociale e attualmente frequenta la facoltà di Giurisprudenza dell’Università di Torino. Negli anni del liceo ha mostrato particolare interesse nei confronti della scrittura e dell’attualità ed è proprio questa passione che la porterà a fondare nel 2016 il magazine online “Tangram” di cui sarà direttrice per quattro anni.
 
LinguaItaliano
Data di uscita31 dic 2022
ISBN9791220136730
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    Anteprima del libro

    Il cuore batte sempre a sinistra? Per una rinascita emozionale dei valori progressisti - Giuseppe Maurizio Arduino

    Premessa

    Odio gli indifferenti. Credo che vivere voglia dire essere partigiani. Chi vive veramente non può non essere cittadino e partigiano. L’indifferenza è abulia, è parassitismo, è vigliaccheria, non è vita. Perciò odio gli indifferenti.

    Antonio Gramsci

    Negli ultimi anni il tema della crisi della sinistra è stato oggetto di studio di politologi, sociologi e opinionisti in tutto il mondo e, in particolare, in quello occidentale. La perdita di consensi da parte dei partiti che storicamente si collocavano in un ambito progressista di sinistra e la parallela, forse determinante, perdita di contatto con una parte importante del popolo a cui questi partiti principalmente si rivolgevano, sono un dato di realtà da cui non si può prescindere. Così come un dato di realtà è quello del riemergere, nel campo della destra, dei temi sovranisti e di princìpi che un tempo si sarebbero chiamati reazionari, il tutto con il sostegno, non solo elettorale, di una parte di quel popolo a cui i partiti di sinistra non sono più stati in grado di parlare. Le ragioni di questa crisi sono state analizzate a diversi livelli: da quelli più strettamente politici e socio economici, legati ai cambiamenti imposti dalla globalizzazione e dal superamento dei blocchi creatisi dopo la seconda guerra mondiale, a quelle di tipo sociologico legate, per esempio, al superamento di categorie come quella di proletariato e al consolidarsi di una classe media; da quelle relative alle strategie di comunicazione e all’avvento dei nuovi media e dei social network, a quelle che hanno preso in considerazione gli aspetti psicologici e, in particolare, quelli emotivi, come la paura, l’ansia per il futuro e il bisogno di sicurezza.

    In questo libro, non analizzeremo in specifico nessuna di queste tematiche, su cui esiste peraltro un’ampia letteratura. Partiremo tuttavia dall’ultima, quella che prende in considerazione il ruolo delle emozioni nelle scelte politiche. Affronteremo questo argomento concentrando la nostra attenzione sulla costruzione di una scelta valoriale di sinistra, cercando di integrare due punti di vista particolari, quello di una persona che ha costruito la sua appartenenza politica tra la fine degli anni ’70 e l’inizio degli anni ’80 del secolo scorso e quello di una persona che la sta costruendo in questi anni. Manterremo distinti, in alcune parti del libro, i nostri contributi personali, in modo da evidenziarne le differenze e i punti di contatto.

    Vogliamo chiarire subito che quando parliamo di appartenenza politica non intendiamo soltanto la propensione a votare questo o quel partito nelle competizioni elettorali, quanto piuttosto la condivisione di ideali e valori che ci portano a definire noi stessi di sinistra.

    Le tesi proposte e discusse in questo libro sono sostanzialmente due:

    la prima, afferma che lo sviluppo e il consolidamento di una coscienza politica consapevole non possono prescindere dalle emozioni;

    la seconda, sostiene che lo sviluppo e il consolidamento di una coscienza politica consapevole avviene principalmente in adolescenza e nella giovane età adulta

    A partire da queste, si sviluppa il quesito centrale a cui cercheremo di dare una risposta in questo libro: che cosa viene fatto oggi per far battere il cuore a sinistra? In che cosa è differente da quello che faceva battere il cuore a sinistra quarant’anni fa? Quali iniziative, quali fatti politici, quali azioni della società civile hanno contribuito in passato o possono contribuire oggi a far crescere, anche emozionalmente, una coscienza politica di sinistra?

    Prima di entrare nel merito di questi argomenti, abbiamo pensato di condividere con chi legge una domanda che noi per primi ci siamo posti: perché scrivere un libro sul cuore e sulla sinistra?

    Le risposte che abbiamo dato sono differenti e le abbiamo volute mantenere tali, indicandole separatamente di seguito.

    Maurizio

    Mi sono risposto con una serie di sarà perché.

    Sarà perché ho vissuto durante l’adolescenza, in un periodo cioè in cui il cuore e le emozioni sono il motore delle scelte ideali che ti proiettano nel futuro, in un quartiere popolare di Torino, dove per molte persone la passione politica si univa al lavoro quotidiano nelle fabbriche e l’integrazione tra differenti culture e identità, all’epoca quasi tutte italiane, sembrava una sfida ormai vinta.

    Sarà perché in quegli anni le speranza per il futuro e per una società migliore erano accompagnate da colonne sonore che allora si definivano impegnate, e che trasmettevano emozioni e parole che denunciavano le ipocrisie di quella che allora veniva chiamata borghesia (Lolli, 1972) e che poi ritrovavi dentro ai manifesti o scritte sopra i muri (Finardi, 1976).

    Sarà perché in quegli anni la possibilità, per il figlio di genitori operai poco istruiti, di studiare e laurearsi, era una sfida, anche politica, a cui veniva attribuito un valore sociale altissimo e che ti trasmetteva entusiasmo e determinazione.

    Sarà perché, dopo quarant’anni, gli ideali della sinistra che ti facevano appassionare ed erano il faro per orientarsi nella vita futura e per costruire una società migliore, sono diventati un fiore appassito che non trasmette più emozioni.

    Sarà perché i politici di sinistra degli ultimi vent’anni, nei loro sforzi di conquistare il governo del Paese, si sono sempre più avvicinati a modelli di comportamento e bisogni di un elettorato moderato o di destra, perdendo sempre più contatto (anche emotivo) con quella parte del popolo, in situazione di marginalità sociale e povertà, che in passato era stata il loro interlocutore principale.

    Sarà perché i politici di sinistra degli ultimi vent’anni non sono riusciti a trasmettere l’idea che valori irrinunciabili, a cui dedicare l’impegno, appassionato e quotidiano, di ogni militante, sono il diritto alla salute, al lavoro e alla casa, la lotta alle diseguaglianze e l’accessibilità ai beni comuni.

    Quando a sessant’anni ti guardi indietro e ripensi alla tua adolescenza, tentando di fare un bilancio della tua sensibilità sociale e politica, mettendola in relazione con la situazione dell’Italia di oggi, corri il rischio di far prevalere un approccio nostalgico, ancorato al bel tempo passato e a un’idea di società e di sinistra non più attuale. Ho pensato che valesse la pena correre questo rischio. Tuttavia, la costruzione a quattro mani del libro, con il contributo fondamentale di Alice, una persona giovane che sta facendo i conti con i suoi ideali e con le speranze per il futuro, mi è sembrato (ci è sembrato) un utile antidoto alla possibile deriva autobiografica.

    Alice

    Io una risposta univoca non l’ho trovata e forse non ho una serie di perché che giustifichino la mia scelta; ma ho diverse aspirazioni e speranze verso il futuro che questi tempi grigi che viviamo non sono ancora riusciti a spegnere e che spero troveranno spazio e ascolto all’interno di queste pagine.

    Io appartengo ad una generazione a cui la politica non sa più parlare perché si è dimenticata di essere il mezzo tramite cui si costruisce il futuro di un Paese che dovrebbe appartenere in primo luogo ai giovani d’oggi. Siamo coloro che non hanno una bandiera da seguire, ma forse solo un pugno di ideali da tenere stretti fra le mani; non abbiamo un colore e forse nemmeno una volontà precisa, ma abbiamo un’idea di futuro e di mondo a cui voler appartenere. Siamo una generazione spaccata a metà: quelli che ci credono ancora nel Bel Paese e i disillusi, che sperano solamente di poter partire in fretta nella speranza di arrivare in porti migliori; perché a vent’anni o gela o brucia e le vie di mezzo sono solo per gli ignavi. Siamo la generazione con il più alto tasso di disoccupazione giovanile degli ultimi trent’anni in un Paese che parla quasi esclusivamente di pensioni e assistenzialismo non curante del fatto che gli aiuti economici non salvano un Paese, ne ritardano solo la fine. Siamo, purtroppo, solamente una generazione di giovani che cerca di restare a galla in un Paese per vecchi.

    Nonostante tutto questo, però, c’è ancora una porzione di questa generazione disillusa che brucia e che ha fame di progresso, evoluzione, dialogo, novità, concretezza e che ha capito che la politica è l’unico reale mezzo tramite cui poter costruire un domani degno di essere chiamato tale; ma con la consapevolezza che non rimane più molto tempo e che il prezzo delle scelte sbagliate passate ci è già stato presentato più salato del previsto.

    Forse le reali categorie in cui si dividono i giovani sono gli illusi e i disillusi ed io senza alcun dubbio appartengo ai primi della lista; ma, in fondo, a vent’anni credo che sia giusto così e che essere giovani voglia dire anche questo: crederci, crederci sempre, scendere in piazza a gridare forte fino a perdere la voce, fidarsi, tenere in mano una bandiera, non avere vie di mezzo perché i compromessi sono roba da adulti, vedere il mondo in bianco e nero, noi e loro, avere un ideale o mille e scegliere.

    Sì, credo che essere giovani voglia dire anche scegliere da che parte stare e difendere la propria posizione a qualsiasi costo senza pensare di poter essere dalla parte sbagliata; perché i rimpianti fanno parte dell’età adulta e per i rimorsi c’è sempre tempo.

    La sfida che ho deciso di cogliere è questa: riuscire a mettere nero su bianco tutto l’ardore dei miei vent’anni dialogando con chi, a sessant’anni, l’arte del compromesso l’ha dovuta imparare, pagando a prezzo d’inflazione quella che chiaman la maturità (Guccini, 1978).

    Capitolo 1

    Emozioni e politica

    It would be hard to identify a single political thinker of note in the Western tradition who did not give emotion substantial attention

    George Marcus

    Il rapporto tra emozioni e politica è diventato, negli ultimi anni, oggetto di attenzione da parte dei ricercatori e dei media di tutto il mondo. In particolare, si è studiato in che modo le scelte politiche vengono indirizzate dalle emozioni, sia quelle attivate dai messaggi trasmessi dai leader politici, sia quelle collegate a caratteristiche personologiche e temperamentali degli elettori. Il tema del ruolo delle emozioni in politica è presente inoltre già negli scritti di autori classici come Aristotele e Platone i quali, riprendendo le parole di Romina Edith Monteleone (2017), condividono l’idea che le emozioni siano una forza enigmatica che invade e mina la ragione. George Marcus (2000), professore di Scienze Politiche al Williams College in Massachusetts, nel suo articolo Emotions in Politics, citato nell’epigrafe del capitolo, afferma che Sarebbe difficile identificare un solo pensatore politico degno di nota nella tradizione occidentale che non desse un’attenzione sostanziale all’emozione (p. 221). Anche per quanto riguarda la storia del nostro Paese l’intreccio tra politica ed emozioni ha avuto un ruolo rilevante (si veda al proposito Morris, Ricatti e Seymour, 2012).

    Fin dalla prima infanzia, lo sviluppo della mente, delle capacità cognitive e di relazione con gli altri, è il risultato di fattori genetici propri dell’essere umano, delle sue esperienze e delle emozioni che vengono associate di volta in volta a queste esperienze (Greenspan e Lieff, 1997). I ricordi positivi così come quelli negativi non sono soltanto memoria di fatti, hanno sempre una valenza emotiva, positiva o negativa, collegata. Le emozioni ci accompagnano sin dai primi

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