Incoerenze sparse
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Info su questo ebook
"Incoerenze sparse" è una raccolta di bozze, frammenti, pensieri e brevi racconti, suddivisi in ventuno diverse sezioni.
Simone Malacrida
Simone Malacrida (1977) Ha lavorato nel settore della ricerca (ottica e nanotecnologie) e, in seguito, in quello industriale-impiantistico, in particolare nel Power, nell'Oil&Gas e nelle infrastrutture. E' interessato a problematiche finanziarie ed energetiche. Ha pubblicato un primo ciclo di 21 libri principali (10 divulgativi e didattici e 11 romanzi) + 91 manuali didattici derivati. Un secondo ciclo, sempre di 21 libri, è in corso di elaborazione e sviluppo.
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Incoerenze sparse - Simone Malacrida
Incoerenze sparse
SIMONE MALACRIDA
Incoerenze sparse
è una raccolta di bozze, frammenti, pensieri e brevi racconti, suddivisi in ventuno diverse sezioni.
––––––––
Simone Malacrida (1977)
Ingegnere e scrittore, si è occupato di ricerca, finanza, politiche energetiche e impianti industriali.
INDICE ANALITICO
I - UN ANNO
II - SCORCI
III - VIAGGI SPARSI
IV - NEL MONDO
V - CATENE
VI - RICORRENZE
VII - IERI
VIII - UN’ORA
IX - ANGOLATURE
X - PENSIERI SPARSI
XI - NEL SINGOLO
XII - LEGAMI
XIII - CALENDARIO
XIV - OGGI
XV - UN GIORNO
XVI - PROSPETTIVE
XVII - SOGNI SPARSI
XVIII - NELL’INTIMO
XIX - POSSIBILITA’
XX - PROGRAMMI
XXI - DOMANI
I
UN ANNO
GENNAIO
Inizio di tutto, sebbene diverso in base agli emisferi.
Ricordi tangibili di freddo intenso pungente e vermigli tramonti.
Luce ascendente, seppur ancora limitata.
Tutto è dato dalla nostra esperienza e dal nostro essere ancorati alla parte della Terra più popolata e meno naturale.
Chiedessimo ad altri, agli australiani o argentini, direbbero altro.
Tempo di caldo e di mare, di svago e di gioia.
Qui invece è il vortice polare, la sua rottura e il suo discendere verso latitudini temperate ad imperare.
È un’attesa estenuante.
Forse il momento dominante della mietitrice di altri tempi.
Non molto da appuntare oltre al grande bagliore dell’incipit. Per il resto, tutto passa inesorabile, ma lento.
––––––––
FEBBRAIO
Temporaneo intermezzo intriso di simbolismi e di anticipazioni.
La riviera nizzarda o le nebbie diffuse?
La fine del grande meriggio australe o il vento sferzante delle steppe?
Di per sé rivoluzionario nella sua concezione.
Il più corto ed irregolare.
Un cambio repentino di cielo stellato, quello che in pochi ormai rimirano se non con strumenti scientifici sempre più sofisticati.
La luce come simbolo di rinascita, a volte anche le prime gemme (ma che rischio!).
Sottoposte ad un subitaneo refolo.
Un respiro della grande Madre che potrebbe risultare persino fatale.
Non è ancora tempo per noi.
O forse non vogliamo uscire dal torpore?
Sicumera domestica che ancora stenta a fare i primi passi.
Veloce come è stato lento il precedente.
Non sembra nemmeno esistere.
––––––––
MARZO
Perché la guerra nel nome?
Per molto tempo, era il vero inizio.
L’inizio della vita e del nuovo anno.
Data significativa vi è contenuta, già considerata in epoche remote e grazie alla quale sono stati eretti monumenti e scritti poemi.
Esplosione di vitalità qui, il tempo preparatorio per il sonno altrove.
Immensamente più denso dei precedenti per ricorrenze, ricordi e ricordanze.
Le esperienze fluttuano nell’etere luminifero, tremolanti come lo sono i primi fiori sbattuti dal vento.
Bianco e primi segni di verde giovanile.
È un mondo che si risveglia tra violini danzanti e donne eteree, ma mai dare tutto per scontato.
È un attimo ripiombare nelle tenebre.
Pugnalate a tradimento, sangue che scorre e giallo ormai troppo istituzionalizzato.
Tutto ruota attorno all’antico incipit, alla data delle date, al centro del mondo perduto ammaliato dai raggi della prima età.
Forse è questa la vera guerra.
Quella che vi è noi quando costatiamo la caducità del tempo e del nostro esistere.
––––––––
APRILE
Spensieratezza e allegria.
Esplosione di colori e di vita.
È tutto un ronzare e riemergere grazie alla luce e all’acqua, i due elementi così vitali ed inscindibili.
Momenti di condivisione estrema.
Fughe a due o a più.
Quanto roteano i turbini!
Immagine nitida di fiori di ciliegio ciclonici e spiraleggianti, leggiadri senza mai toccare terra.
Il fiume scorre in te e nel mondo.
Riconnessione con l’armonia suprema, come un concerto spezzato e ora ripreso, a distanza di anni.
Un’eterna ricerca di perfezione che non ha mai il culmine in quanto è fine a se stessa.
Struggente e possente, non utilitaristica.
Si vive per questo senza alcun retropensiero di praticità.
Senza i sogni, cosa saremmo?
Materia informe e semplice costrutto di chimica organica.
È un mistero mai svelato, mai veramente compreso e mai riducibile a principi primi.
Siamo noi, con tutto il nostro carico di ambiguità e di piccolezze.
Se vi è stato un tempo in cui siamo entrati in empatia con l’Universo, eccolo qui dipinto e accennato.
Fugace e breve, vorremmo afferrarlo per sempre, ma rimane solo un distratto tocco impressionista.
––––––––
MAGGIO
Che densità e che acume!
Che grandi spazi aperti all’orizzonte!
Luce e luce fu.
Acqua e acqua fu.
Un tempo incantato, come quello degli amori e delle passioni, come chi sa di essere transeunte e non vuole soggiacere alla suprema logica della caducità.
Siamo tutto e il contrario.
Uniti in un ballo eterno, ma in realtà così effimero nei tempi e nei modi.
Canzoni e inni, feste e vacanze.
Il verde in contrasto con l’azzurro, il giallo con il bianco, il rosso con il rosa.
Tavolozza infinita di tonalità.
Certezza che la Natura supera sempre la ricostruzione artificiale e posticcia e che l’uomo può solo cerca di imitare, senza mai raggiungere la perfezione.
Si pensa di barattare una maggiore durata con più qualità ma è solo un mero simulacro di verità.
Tutto intorno impera la doppia legge del bello interconnesso all’instabilità.
Nulla dura.
Anche una rosa che oggi è perfetta domani non lo è più.
O basta qualche ora?
Dove vi è l’apice e inizia il declino?
Difficile da cristallizzare, sia esso riferito ad un singolo evento o nella totalità.
Cosa rimane dunque?
Il momento e (o è?) la grande consapevolezza nell’averlo vissuto.
––––––––
GIUGNO
Gli antichi vedevano in questo periodo il grande culmine e il grande compimento.
La luce che domina (qui, mentre altrove vi è buio perenne).
Sempre le stelle che determinano il tutto.
I cicli naturali ed agricoli e quindi biologici.
L’inizio della grande abbondanza in termini di bisogni primari, di quel periodo in cui si deve accumulare e conservare per superare le difficoltà che arriveranno.
Grandi pianificazioni e immense strategie, acumi dell’intelletto, per faticare a fin di bene.
Oggi ci siamo dimenticati di tutto ciò.
Oggi che è tutto è scontato.
Oggi il culmine è posticipato, quando ormai le ombre già si allungano.
Oggi siamo in distonia.
È nel passato che si riscoprono le vere tradizioni dell’uomo, di quella specie animale che cerca di elevarsi ma che, comunque, è ancorata all’essere terrestre.
Non fatevi fuorviare.
Seguite la luce.
La luce degli antenati che rischiara il cammino dell’uomo timorato.
Riti sacrificali per ricordarci chi siamo.
Dovremmo fermarci a riflettere su noi stessi e sulla parola progresso.
Ritornare alle origini.
Andare per poi riemergere.
––––––––
LUGLIO
Il verde è ormai divenuto greve ed intenso e ha perso tutta la sua veemenza giovanile.
Nuda terra riarsa, cocente suolo esposto all’intrepida calura.
Quasi non vi è refrigerio.
Si accusa la Natura quando poco tempo prima si bramava tutto ciò.
Non ci accorge nemmeno dell’inizio del declino, tanto si è obnubilati nei sensi.
La naturale inerzia ai cambiamenti è ormai definitivamente sconfitta, almeno nella sua parte primaria e si aspettano con trepidazione i grandi frutti della Madre.
È possibile concepire qualcosa di differente?
Sembra di no.
Gli antipodi coincidono in modo spudorato, sebbene nessuno ci pensi ma sia esattamente all’opposto.
––––––––
AGOSTO
Qui ormai si è stabilito essere il culmine.
Ma non è così se si seguisse la Natura.
Dovrebbe essere il grande tempo delle ultime feste, invece a volte è solo l’inizio.
Siamo asincroni e distonici.
Camminiamo su vie divergenti con orologi differenti.
Eppure, tutto ci rimanda alla grande caducità.
Al grande meriggio, laddove si sprigionano gli animi più puri e non sottoponibili al compromesso.
Siamo certi di essere altrove, di tuffarci in nuove sensazioni, anno dopo anno, sempre le stesse in fondo, sempre mai veramente possedute.
––––––––
SETTEMBRE
Trafelato e di nascosto esso è arrivato.
Il tempo del meriggio e del tramonto.
Il tempo della caducità.
Non si ha subito consapevolezza tanto si vuole prolungare il culmine in modo estremo.
Ma esso è partito in ritardo, quando già vi erano i primi segnali di decadenza.
Fosse iniziato prima, allora ci saremmo goduti gli attimi e tutte le grandi scoperte della lunga pausa giovanile, quando è ancora facile correre per i campi senza pensare al mondo e ai suoi problemi.
Cosa serve per farci accorgere della nostra illusione?
A volte basta un soffio di vento.
Altre volte dell’acqua discendente.
Ed ecco che la verità si spalanca in tutta la sua crudeltà.
Tutto è finito, ma noi vogliamo continuare a godere di istanti e di sensazioni.
Prima o poi dovremo cedere.
Si spera che sia poi.
––––––––
OTTOBRE
Il verde non esiste quasi più.
È tutto un fiorire di tonalità calde.
Gialle e rosse, soprattutto.
È uno spettacolo agli occhi.
Stridenti tramonti che si manifestano non nel cielo, ma sulla terra e in modo infinito e ripetuto.
Ogni singolo albero è, di per sé, un tramonto.
Una montagna di emozioni e di ricordi, di sonorità perse e dimenticate.
Come non amare tutto ciò?
Come non essere attirati dal resistere fino a prova contraria?
A cosa serve resistere se poi il destino è quello di cadere?
Chi comanda ad una foglia di rimanere lì?
È la sua vita e non può esimersi.
È il suo compito.
Ecco il grande insegnamento della Natura e dei suoi cicli, se solo sapessimo ascoltare.
Non dico apprendere, ma basterebbe tendere l’orecchio e sentire.
––––––––
NOVEMBRE
A molti non piace. È il preludio all’imminente pausa e al freddo ed inizia in modo lugubre.
Eppure, è un passaggio necessario.
Un momento di transizione (ma, in fondo, tutto è transizione e nulla è ciò che è e nemmeno ciò che appare).
Se solo fossimo in grado di gustare ogni singolo istante senza pensare al dopo.
Invece, vi è sempre questa preoccupazione di fondo.
E poi?
Si resiste, un po’ come la Natura. Non si vuole darla vinta al Tempo pensando che basti la forza di volontà e l’inerzia per contrastare all’inesorabile legge.
Tutto è vano e lo sappiamo.
Ma lo facciamo, sempre, ogni volta.
Perché?
È nella nostra indole.
Non voler cambiare ma assecondare la corrente.
E quando ci accorgiamo di quanto si è modificato al di fuori, è già troppo tardi.
La luce è quasi svanita ed è il momento delle tenebre avvolgenti.
––––––––
DICEMBRE
Solo ora ci si accorge del grande giro, solo alla fine.
È come se l’uomo necessitasse di un inizio e di un termine per accorgersi dello scorrere del Tempo.
Senza l’idea di ciclo e di ritorno, concepiremmo ogni cosa in modo lineare, senza mai riflettere.
Ecco perché costruiamo artifici ed artefatti per ricordarci che ogni cosa va e ritorna.
Non lo sapevamo daccapo?
Sicuramente, ma ce ne siamo dimenticati.
E ora cosa è rimasto?
Un ricordo fugace, un qualcosa che ci rimanda a tutt’altri ambiti.
Sembra tutto così rapido da non aver nemmeno assaporato nulla.
Almeno è servito per imparare?
No.
Tra poco si inizierà un nuovo ciclo, ma