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La strada per Cripple Valley
La strada per Cripple Valley
La strada per Cripple Valley
E-book233 pagine3 ore

La strada per Cripple Valley

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Info su questo ebook

Jamie Wheetney è cresciuto sentendosi dare dello "strambo" e del "difettato", con un patrigno che sfogava su di lui tutte le sue frustrazioni. All'età di undici anni incontra Jonathan Meechum, che lo salva dai bulli della scuola. Jonathan diventa ben presto il suo unico amico, il fratello che avrebbe sempre voluto. Il suo tutto. Fino a quando se ne innamora.
Ma quando una notte nei pressi del fiume Mississippi Jamie dichiara il suo amore, Jonathan gli volta le spalle, abbandonandolo su una strada. I due si ritroveranno tre anni dopo in Colorado, nella cittadina universitaria di Cripple Valley, e dovranno imparare a ricucire il loro rapporto tra menzogne, rabbia trattenuta e sentimenti mai rivelati.
LinguaItaliano
Data di uscita4 ago 2017
ISBN9788893122573
Autore

Cristina Bruni

Cristina Bruni lives in northern Italy with her husband and child. Since she was a young girl, her biggest wishes were being a mother and an author and now, after fighting for it for years, she has finally succeeded in both. She loves travelling abroad, going to the cinema, reading Sherlock Holmes, luxury bags, and playing tennis and golf. She’s madly obsessed with the USA and UK. She made her debut writing fan fiction and, now, her new wish is writing MM romance stories for the rest of her life and living on a beach in Hawaii. Maybe dreams will come true again, sooner or later ...

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    Anteprima del libro

    La strada per Cripple Valley - Cristina Bruni

    Indice

    Cover

    Cover interna

    Credit

    Prologo

    Capitolo 1

    Capitolo 2

    Capitolo 3

    Capitolo 4

    Capitolo 5

    Capitolo 6

    Capitolo 7

    Capitolo 8

    Capitolo 9

    Capitolo 10

    Capitolo 11

    Capitolo 12

    Epilogo

    Biografia

    Triskell Edizioni ringrazia

    cover.jpgimg1.jpg

    Pubblicato da

    Triskell Edizioni di Barbara Cinelli

    Via 2 Giugno, 9 - 25010 Montirone (BS)

    http://www.triskelledizioni.it/

    Questa è un’opera di fantasia. Nomi, personaggi, luoghi e avvenimenti sono il frutto dell’immaginazione dell’autore. Ogni somiglianza a persone reali, vive o morte, imprese commerciali, eventi o località è puramente casuale.

    La strada per Cripple Valley di Cristina Bruni

    Copyright © 2017

    Cover Art and Design di Laura Di Berardino

    Immagine di copertina: Remains/stock.adobe.com

    Tutti i diritti riservati. Nessuna parte di questo libro può essere riprodotta o trasmessa in alcuna forma né con alcun mezzo, elettronico o meccanico, incluse fotocopie, registrazioni, né può essere archiviata e depositata per il recupero di informazioni senza il permesso scritto dell’Editore, eccetto laddove permesso dalla legge. Per richiedere il permesso e per qualunque altra domanda, contattare l’associazione al seguente indirizzo: Via 2 Giugno, 9 – 25010 Montirone (BS)

    http://www.triskelledizioni.it/

    Prodotto in Italia

    Prima edizione – Agosto 2017

    Edizione Ebook 978-88-9312-257-3

    img2.jpg

    Jamie se ne stava seduto sotto il portico di una casa in cui non era mai stato prima, al limitare di una zona acquitrinosa sconosciuta della Louisiana, circondato da perfetti estranei.

    Ovunque si voltasse, notava volti ignoti di ragazzi e ragazze molto più maturi dei suoi diciassette anni. C’era chi se ne stava in salotto a guardare un film, qualcuno pomiciava nel corridoio e qualcun altro era in giardino attorno al falò, ballando al ritmo della musica house pompata a tutto volume dalle casse dello stereo portatile o fumando e bevendo drink per i quali forse non aveva ancora l’età.

    Se ne stava lì da solo, in attesa che Jonathan, il suo migliore amico, tornasse da… beh, ovunque si trovasse in quel momento.

    Lasciò scivolare i suoi grandi occhi grigi nell'oscurità rischiarata solamente dalle fiamme del falò poco distante. Si sentiva smarrito.

    Smarrito e spaventato da ciò che stava per fare.

    Un uomo passò davanti al portico e, notandolo, si fermò a osservarlo, lanciandogli un'occhiata curiosa. Jamie pensò che dovesse avere una decina d’anni più di lui, forse anche di più.

    «Tutto bene?» domandò lo sconosciuto.

    Trasalì. Non era abituato al fatto che la gente lo notasse. In genere, quando succedeva, era solo per prenderlo in giro.

    «S-sì,» tentennò. «Sto solo… aspettando il mio amico.»

    Il tipo annuì e scomparve, inghiottito dalle tenebre che si allungavano oltre il portico.

    Jamie si strofinò con nervosismo una mano sulla coscia, poi lo sguardo gli cadde sul pollice della mano destra.

    Jonathan gli aveva fatto una promessa.

    Se le cose si fossero messe male quella sera, se ciò che stava per fare avesse finito per spezzargli il cuore, avrebbero stretto un patto di fratellanza, incidendo i loro pollici e mescolando il sangue.

    Rumore di vetri infranti provenne dall’interno della casa, seguito da grida e risate. Jamie si voltò per un attimo verso le finestre del salotto, il cuore che sobbalzava per lo spavento. Seguirono altre risate e tornò a fissarsi le mani.

    Jonathan tardava.

    Forse era un bene, dopotutto. O forse no. C’era una parte di lui che voleva disperatamente che quel momento arrivasse e un’altra che desiderava che non giungesse mai.

    Il momento di rivelare a Jonathan di essersi innamorato di lui.

    Sì, si era preso una cotta per il suo migliore amico, più grande di lui di tre anni. Patetico? Forse, ma come poteva essere altrimenti se Jonathan era sempre stato presente nei suoi momenti più bui?

    C’era stato tutte le volte in cui i bulli della scuola lo sfottevano. C’era sempre quando il suo patrigno Jim lo picchiava al punto da lasciargli i segni degli stivali sul volto e sui vestiti.

    Come avrebbe potuto non innamorarsi, se Jonathan era tutto il suo mondo? L’unico amico, il fratello che non aveva? Ogni volta che Jonathan lo stringeva tra le braccia per fargli capire che non era solo, nonostante i suoi genitori fossero entrambi morti, Jamie provava emozioni così forti da fargli vibrare l’anima.

    Quel pomeriggio, prima di partire per il luogo in cui si sarebbe svolta la festa (la casa di un compagno di college di Jonathan), Jim aveva sfogato come sempre la propria rabbia su di lui, ma sarebbe stata l’ultima volta. Il patrigno lo aveva sorpreso mentre, in camera sua, stava visitando un sito gay e gli aveva messo le mani addosso, gridando che non voleva sporchi finocchi sotto il suo tetto.

    Con un occhio gonfio e uno zaino pieno solo di un paio di libri, un cambio e il laptop, era corso a casa di Jonathan, dove i suoi genitori gli avevano promesso che si sarebbero presi cura di lui. Non sarebbe più dovuto tornare in quel lurido appartamento di periferia che assomigliava più a una prigione che a una vera casa.

    Era stato allora che aveva deciso di uscire allo scoperto, a piccoli passi. Aveva rivelato al suo migliore amico di essersi innamorato di un altro ragazzo che sarebbe stato presente alla festa, ma di non avere il coraggio di dichiararsi.

    Jonathan lo aveva sorpreso, abbracciandolo e assicurandogli che il fatto che lui fosse gay non avrebbe rovinato la loro amicizia. Lo aveva anche esortato a rivelare il proprio amore a quel ragazzo perché, insomma, lui era una persona meravigliosa e meritava di essere felice. E se proprio fosse andata male, avrebbe sempre avuto la sua amicizia e la sua spalla su cui piangere. Avrebbero fatto assieme il giuramento di sangue; così, in un modo o nell’altro, Jamie avrebbe serbato un ricordo indelebile di quella notte.

    Jamie aveva deciso che lo avrebbe fatto, si sarebbe dichiarato, ma adesso, dopo essere stato più di un’ora in un’auto che puzzava di tequila per raggiungere quel luogo sconosciuto e aver visto Jonathan allontanarsi chissà dove e per chissà quale motivo, non era più tanto sicuro della sua decisione. Sotto i raggi argentati della luna, riusciva a vedere tutta l’assurdità di quella idea.

    Jonathan era etero.

    Aveva avuto numerose ragazze, negli anni. Non aveva nessuna possibilità che quella serata finisse con un Ti amo anch’io. Illudersi era una sciocchezza. Avrebbe fatto meglio a tenere la bocca chiusa e ad accontentarsi di ciò che aveva.

    «Si sono tutti avventati sul buffet come cavallette, ma per fortuna sono riuscito a salvare queste!»

    La voce di Jonathan, la sua dolce voce virile, gli solleticò la nuca, facendolo sussultare.

    «Jon...» bisbigliò.

    L’amico gli si sedette accanto, sul primo gradino, e gli porse un bicchiere di aranciata. Per sé, invece, si era preso una bottiglia di birra.

    A Jamie non piaceva che Jonathan bevesse alcolici dal momento che non aveva ancora l’età, ma quando lo vide portarsi la bottiglia alle labbra e dischiuderle, provò un guizzo d’eccitazione lungo la schiena. Distolse lo sguardo in imbarazzo.

    «Allora, lo hai visto?»

    A quella domanda le pulsazioni accelerarono.

    «Sì.»

    Non aveva detto una bugia. Si sentì soddisfatto di se stesso.

    «Glielo hai già detto?»

    Non seppe che rispondere. Incontrò gli occhi dell’amico, mentre l’incertezza iniziava a diffondersi nelle vene.

    «Ecco... Non esattamente. Non so.»

    Un sorriso fiorì sulle labbra di Jonathan, prima che questi allungasse una mano verso di lui per sfiorargli il polso.

    Tremò a quel contatto, scosso come da una potente scarica elettrica.

    «Se non provi, non potrai mai sapere!» lo esortò l’altro.

    Sembrava tutto così facile quando ne parlava lui, la felicità così a portata di un respiro.

    Perciò lo fece.

    «In realtà, gliel’ho già detto oggi pomeriggio.»

    Non avrebbe dovuto essere lampante come un fulmine per Jonathan? Dopotutto, sapeva che non aveva altri amici all’infuori di lui.

    Lui sbatté le corte ciglia bionde. «Oggi pomeriggio? Dopo che lo hai detto a me?»

    «No, non dopo.» Si umettò le labbra, chiamando a sé tutto il suo coraggio. Era difficile, ma poteva farcela. Le orecchie presero a fischiare e la salivazione si azzerò. «Sei tu il ragazzo che amo.»

    Notò uno spettro di mille emozioni saettare attraverso gli occhi blu dell’amico e, mezzo secondo dopo, tutto il suo mondo iniziò a vacillare.

    «Jon, ascoltami.» Allungò una mano verso Jonathan, ma questi si ritrasse.

    Dio, no!

    Sentì tutto il calore che aveva in corpo venire risucchiato via, man mano che Jonathan si allontanava.

    «Io ho... Ho bisogno di riflettere, Jam.»

    Iniziò a tremare, l’amara consapevolezza della verità che si faceva strada in lui a macchia d’olio. Lo stava perdendo.

    «Jon, ti prego. Io...» Allungò di nuovo la mano e ancora fu respinto.

    Che cosa ho fatto! Ho distrutto tutto!

    L’altro si alzò di scatto, poi indietreggiò, mostrando i palmi. «Ho bisogno... Devo stare da solo.»

    Gli voltò le spalle, quelle stesse spalle che solo qualche ora prima gli aveva assicurato che sarebbero state sue per un po’ di conforto, e se ne andò, sparendo dentro la casa.

    Jamie si sentì svuotato di ogni forza. Si lasciò andare sullo scalino, accasciandosi come un palloncino sgonfio, le labbra tremanti e il cuore pesante.

    Aveva perso Jonathan.

    Sapeva che sarebbe finita così. Lo aveva saputo fin dall’inizio, eppure era stato tanto sciocco da crederci. Si passò una mano tra i capelli, nel tentativo di riscuotersi.

    «Tutto bene?»

    Si voltò verso la voce che aveva parlato. Lo sconosciuto di poco prima era di nuovo davanti al portico.

    Che cazzo vuole, ora? Gesù, no! Non va bene per niente!

    La disperazione gli salì agli occhi sotto forma di lacrime amare. Ingoiò e le ricacciò indietro. «Sì. Tutto bene,» rispose secco.

    La risposta parve bastare all’altro, che si strinse nelle spalle e lo lasciò da solo.

    Solo.

    L’aggettivo più appropriato per descrivere se stesso.

    La tristezza gli si diffuse nel petto come un cancro, con rapidità, mentre lacrime non versate gli si ammassarono negli occhi. In quel momento, Jamie pensò che non avrebbe mai conosciuto dolore più grande.

    Invece si sbagliava di grosso.

    «Guarda, guarda chi abbiamo qui! Una piccola e lurida checca!»

    «Ehi, fatina! Dove hai lasciato la sottana?»

    Wade e Terrence, gli amici di Jonathan del college, sbucarono dal nulla, sorprendendolo. L’alito di Wade puzzava di tequila, proprio come la sua auto che avevano usato per raggiungere la festa.

    «Lasciatemi... lasciatemi in pace,» sussurrò Jamie, deglutendo a fatica.

    Terrence guardò verso l’amico, ammiccando. «Hai sentito, Wade? Vuole che lo lasciamo stare!»

    L’altro rise. «Crede di poter decidere lui, il frocetto!»

    Con movimenti rapidi che lo colsero di sorpresa, Wade gli afferrò il braccio e glielo storse all’indietro, facendolo urlare. Non fu doloroso al pari di quella volta in cui il suo patrigno glielo spezzò, ma ci andò molto vicino.

    «Lasciatemi stare!» implorò.

    Ma quei due non avevano alcuna intenzione di ascoltarlo.

    «Volevi succhiare l’uccello di Jon, eh? Ti è andata male!» disse Terrence.

    «Adesso vedrai con i tuoi occhi da chi gli piace farsi fare un pompino!» ridacchiò Wade, strattonandolo con forza per tirarlo in piedi.

    Wade lo prese per l’altro braccio. «Jon ha chiesto di te.»

    Jamie si sentì morire e ben presto il dolore si trasformò in terrore puro.

    Terrence scostò la zanzariera e aprì la porta. Entrarono in salotto, dove nessuno dei presenti si curò di loro, la musica proveniente dalla televisione sufficientemente assordante da mascherare i loro passi.

    Il respiro gli venne meno, soffocato dal timore di ciò che stava per accadere, mentre i due ragazzi lo trascinavano verso le scale, al piano di sopra.

    «Adesso ci divertiamo un po’ con te!»

    E poi, oltre al mondo, iniziarono a crollare anche il cielo e le stelle.

    ***

    Tre anni dopo

    Sono appena passate le sei e trenta di mattina quando il cicalio di un camion in manovra mi strappa con prepotenza al sonno.

    Con uno sbadiglio, mi metto a sedere sul letto. Allungo una mano verso il comodino e, a tentoni, disattivo la sveglia prima che suoni. Forse il mio gesto è superfluo, perché sono più i giorni in cui non squilla che quelli in cui questo aggeggio compie il suo lavoro.

    L’ho acquistata al mercatino delle pulci che si tiene la domenica mattina nel parcheggio del campus, per la modica cifra di tre dollari. Probabilmente dovevo aspettarmi che perdesse subito qualche colpo.

    Perdere colpi...

    Tendo le labbra nel tentativo di autoconvincermi della spiritosaggine delle mie battute, ma fallisco miseramente: c’è ben poco di divertente.

    In questa battuta e nel resto della mia vita.

    Mi trascino fuori dal letto e alla bell’e meglio cerco di spogliarmi in quei trenta centimetri che separano il letto sgangherato dall’armadio in legno. Le ante non si chiudono perfettamente: l’ho segnalato diverse volte all’amministratrice di questa casa per studenti, ma non sembra curarsene poi molto.

    Sono qui da poche settimane. Mi sono iscritto al corso di Agraria della Cripple Valley Northern Colorado University e inizierò a frequentare dal prossimo semestre. Desideravo da tempo trasferirmi in questa piccola città, da quando le cose nella mia vita erano già uno schifo e poter frequentare il college era soltanto un sogno. Ma almeno all’epoca c’era ancora lui nella mia vita.

    Jonathan.

    Mi libero della T-shirt e dei boxer, poi scivolo nell’accappatoio blu. Da uno dei cigolanti cassetti dell’armadio prendo la busta di plastica con i prodotti da bagno. Devo forzare un po’ per poter richiuderlo.

    Prima di uscire dalla stanza (in camera ci sono solo lavandino e water; per farmi una doccia, devo andare in fondo al corridoio), allungo una mano verso il comodino, prendo il lettore Mp3 e me lo infilo in tasca. Questo player è senza dubbio l’oggetto più costoso in mio possesso, anche se si tratta comunque di una sottomarca. Per sei mesi, quando abitavo da solo e vivevo ancora in Louisiana, ho fatto le pulizie in un negozio di elettronica: il proprietario mi ha fatto un buon prezzo e mi ha permesso di scaricarci dentro tutta la musica che volevo direttamente da uno dei suoi PC.

    Ho messo da parte i soldi per il college facendo due lavori al giorno per due anni: non voglio essere costretto a usare quelli che mi ha lasciato Sebastian, l’amico che è venuto dopo Jon.

    Ho invece racimolato quelli per lo svago facendo... beh, pompini.

    Non ne vado fiero anche se, a detta di molti miei clienti, me la so cavare decisamente bene. Solo pompini, non mi sono mai spinto oltre. Mi sentivo già abbastanza sporco così, senza che perdessi la mia verginità permettendo al primo sconosciuto disposto a lasciarmi qualche verdone sul cuscino di sbattermi il suo cazzo su per il culo.

    Sebbene l’alba abbia iniziato da poco a screziare d’arancio il grande cielo sopra questo magnifico angolo di Colorado, fuori dalle docce comuni in fondo al piano c’è già una discreta fila. Non sbaglio mai a portarmi dietro la mia musica.

    Mi infilo gli auricolari e la voce roca di Johnny Cash inizia a farmi compagnia con la sua Hurt. Lascio scivolare le palpebre a coprire gli occhi e mi abbandono con la spalla contro la dura parete del corridoio.

    Sono sicuro di averlo sognato, stanotte.

    Parlo di Jonathan, ovviamente. Come capita quasi ogni notte da quando... da quando mi ha spezzato il cuore, sul delta del Mississippi. Mi è parso di annusare ancora il profumo della sua pelle, rivedere la bellezza cristallina dei suoi occhi blu.

    Ho sempre il timore di svegliarmi, un giorno, e accorgermi di aver dimenticato il suo nome, la linea delle sue belle e morbide labbra o il melodioso suono della sua voce quando mi chiamava. Non è accaduto in questi tre anni, ma so bene che succederà, prima o poi, così come ho dimenticato il numero di telefono di casa sua. Non ricordo più nemmeno in quale zona di Lacroix abitasse, esattamente.

    È stato così che ho deciso di lasciare la Louisiana e venire a Cripple Valley, quando ho capito che iniziare a dimenticare piccoli pezzi del passato equivaleva a essere pronto per iniziare il futuro.

    Dopo quella terribile notte, prego sempre di incontrare qualcuno di nuovo, in grado di rapire il mio cuore come ha fatto Jonathan, quando io ero solo uno smarrito ragazzino di undici anni e lui il mio personale cavaliere

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