Dolce ereditiera: Harmony Collezione
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Info su questo ebook
Andrea Trigliani è un uomo che ha raggiunto il successo con le proprie forze, e ora che ne ha la possibilità ha deciso di vendicarsi della donna che dieci anni prima lo ha ferito, accusandolo ingiustamente di un'azione infamante. La viziata ereditiera Gemma Landerstalle, infatti, ha bisogno di un marito, e in tutta fretta, se vuole entrare in possesso del patrimonio di famiglia. Andrea le offre il proprio aiuto, ponendo però delle precise condizioni che lei, ovviamente, non può che accettare. Lui è deciso a vederla implorante ai propri piedi, ma in breve tempo si accorge che la Gemma di oggi è molto più preziosa e dolce di quella di un tempo.
Melanie Milburne
Tra le autrici più amate e lette dal pubblico italiano.
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Anteprima del libro
Dolce ereditiera - Melanie Milburne
Titolo originale dell’edizione in lingua inglese:
Bedded and Wedded For Revenge
Harlequin Mills & Boon Modern Romance
© 2006 Melanie Milburne
Traduzione di Gloria Fraternale Garavalli
Questa edizione è pubblicata per accordo con
Harlequin Books S.A.
Questa è un’opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o
persone della vita reale è puramente casuale.
Harmony è un marchio registrato di proprietà
HarperCollins Italia S.p.A. All Rights Reserved.
© 2008 Harlequin Mondadori S.p.A., Milano
eBook ISBN 978-88-3051-009-8
1
«Ma tu devi sposarmi!» supplicò Gemma, il tono disperato. «Manca meno di una settimana al mio compleanno. Perderò tutto, se non lo farai!»
Il sibilo meccanico della sedia a rotelle di Michael Carter che si allontanava da lei le gelò il sangue nelle vene. Lui rappresentava la sua ultima speranza.
Tutto quello che Gemma aveva passato, tutto quello che avevano vissuto insieme, tutto il dolore e la sofferenza sarebbero stati vanificati se lui non avesse mantenuto fede al loro accordo.
«Non posso farlo» ribadì Michael, evitando lo sguardo scoraggiato di lei. «Credevo di poterlo fare, ma non posso. Non sarebbe giusto.»
«Giusto?» Quella parola le uscì dalla bocca come se fosse stato acido puro. «Cos’è che non ritieni giusto nell’esigere ciò che è mio di diritto? Avevi accettato le condizioni, accidenti!»
«Lo so, ma ora le cose sono cambiate.»
Gemma lo guardò con preoccupazione crescente. «Vuoi più soldi?» gli domandò, calcolando mentalmente quanto avrebbe potuto sottrarre ancora dal patrimonio di suo padre. Avrebbe dovuto vendere il Landerstalle Hotel, ma non sarebbe stato certo un problema. Non voleva comunque quell’albergo.
«È di questo che si tratta?» gli chiese, inseguendolo. «Vuoi altro denaro?»
Michael girò la sedia con un’abilità che lei aveva sempre segretamente ammirato. Nei suoi occhi grigi, Gemma notò un’ombra che non aveva mai visto prima. «Gemma, sai che non potrò mai essere un vero marito per te...»
«Io non voglio un vero marito! Tu dovresti saperlo meglio di chiunque altro!»
«Mi dispiace... penserai che ti stia deliberatamente abbandonando, però non potrebbe esserci nulla di più lontano dalla verità.»
Gli occhi blu cobalto di Gemma si riempirono di lacrime, ma lei le scacciò con la decisione che la contraddistingueva da quando avevano avuto quell’incidente che aveva cambiato la loro vita per sempre.
«Non posso farlo senza di te, Michael. Sarà solo per sei mesi. Sei miserevoli mesi! È chiederti troppo?»
Michael distolse nuovamente lo sguardo. «Ho altri progetti... Sto partendo. Andrò oltreoceano, probabilmente... sento di dover mettere una certa distanza tra il mio passato e il mio futuro.»
«Ma che ne sarà del mio futuro? Senza di te, io non ho un futuro! Sei l’unico che possa aiutarmi. Mi serve un marito entro una settimana, altrimenti...» Gemma non riusciva nemmeno a pronunciare le parole ad alta voce, tanto era doloroso per lei.
«Mi dispiace, ma le cose stanno così» ribadì lui, secco. «Io non posso farlo. Dovrai trovare qualcun altro.»
Gemma lo fissò, incredula. «Guardami, Michael. Non sono di certo una modella! Come diavolo potrei fare a trovare un marito in meno di una settimana?»
«Questo non è un problema mio. E poi dovresti smetterla di lagnarti sempre per il tuo aspetto. Non hai nulla di cui vergognarti.»
Nulla, pensò lei con un profondo senso di colpa, se si esclude l’aver precluso a entrambi la possibilità di una vita normale per aver commesso una sciocchezza.
Non aveva mai capito davvero come Michael fosse riuscito ad accettare stoicamente le conseguenze di quel giorno terribile, neppure a cinque anni e mezzo di distanza. Né lei né Michael avevano un ricordo preciso di quanto fosse accaduto, il che forse era un bene. La sola cosa che ricordava vagamente era di essersi recata a casa di Michael in macchina in seguito all’ennesima lite con la sua matrigna, ma i dettagli della loro discussione le erano tuttora oscuri.
Michael non l’aveva mai biasimata apertamente, tuttavia di recente Gemma aveva notato un lieve cambiamento nell’amico. Una parte di lei ora si domandava se venire meno al loro accordo fosse una sorta di vendetta per ciò che gli aveva fatto.
«Devo andare, ora. Mi sono fatto venire a prendere» la informò lui, avvicinandosi e tendendo la mano verso di lei. «Addio, Gemma. Spero che le cose ti vadano bene. Lo spero davvero. Penso sia meglio se non ci rivedremo più. Dobbiamo lasciarci alle spalle quel giorno.»
Sembrava quasi avere difficoltà a sostenere il suo sguardo. «Addio, Michael» lo salutò lei, fingendo indifferenza, anche se in realtà le sembrava di cadere a pezzi.
Qualche minuto dopo restò immobile come una statua a guardare un giovane uomo che aiutava Michael a salire su un vecchio Van piuttosto malandato. Sembrava un ulteriore insulto, considerata la quantità di denaro che gli aveva offerto perché fosse suo marito per sei mesi, in ottemperanza alle disposizioni del testamento di suo padre.
Gemma era ancora sulla soglia quando una fiammante Lamborghini nera si fermò davanti al suo cottage. Un uomo alto e dall’aspetto vagamente familiare scese dalla vettura e si incamminò verso di lei.
Gemma non riusciva a ricordare dove lo avesse già visto. Forse era stato un cliente del Landerstalle in passato, o forse era un personaggio famoso. Si muoveva con grazia e sicurezza e la sua figura muscolosa lasciava chiaramente intuire che doveva allenarsi con regolarità. Era alto un metro e novanta circa, aveva lucenti capelli neri tagliati in quello stile moderno che sembrava curato e spettinato allo stesso tempo.
Di norma, Gemma avrebbe chiuso la porta ed evitato di rispondere al campanello, se lui lo avesse suonato, ma la curiosità ebbe la meglio.
Riceveva visite molto di rado. Non rammentava più l’ultima volta che qualcuno era andato a trovarla spontaneamente: persino Michael doveva essere solleticato dalla promessa di una cena casalinga, un vino d’annata e un DVD recente.
«Signorina Landerstalle?» L’uomo la salutò con un marcato accento e questo, considerato anche il suo bell’aspetto e la sua eleganza, per non parlare dell’auto, tradiva senza ombra di dubbio la sua origine italiana.
«Sì» rispose, ignorando la sua mano tesa.
Si sentiva a disagio perché non riusciva a riconoscerlo, nonostante fosse certa di sapere chi era.
«Non ti ricordi di me?» le domandò lui, abbassando lo sguardo su di lei. I suoi occhi erano così scuri, che le rammentavano il colore del caffè espresso.
Gemma provò una strana sensazione alle sue parole. C’era qualcosa nella sua voce profonda, nel suo accento e nei suoi occhi che solleticava la sua mente, ma non riusciva a capire bene cosa. L’incidente le aveva causato una perdita parziale della memoria. Talvolta aveva dei brevi flashback, ma di solito preferiva lasciare il passato nell’oblio.
«Ehm, no... mi dispiace» replicò con incertezza. «Ci siamo già... conosciuti?»
«Sì, ma è stato molto tempo fa» disse lui.
Gemma avvertì un certo timore al cospetto di quell’uomo. «Mi... mi sembra vagamente... familiare» ammise titubante, dopo essersi inumidita le labbra.
«Permettimi di ripresentarmi. Mi chiamo Andrea Trigliani. Lavoravo per tuo padre al Landerstalle Hotel dieci anni fa. Ero uno dei fattorini» concluse dopo una breve pausa.
Gemma si sentì mancare il fiato, come se qualcuno l’avesse colpita in pieno ventre con una spranga. La memoria le tornò di colpo, accompagnata da una profonda vergogna per come aveva trattato quel ragazzo che aveva cercato di compiacerla in ogni modo diversi anni prima. L’infatuazione di Andrea Trigliani per la figlia unica del proprietario del prestigioso Landerstalle Hotel era stata motivo di divertimento per lei, all’epoca.
Come aveva riso di lui con le sue amiche... un fattorino innamorato di lei! Un fattorino che credeva di avere qualche possibilità con l’unica erede di un’immensa fortuna! Un ragazzo italiano di ventun anni che riusciva a malapena a mettere insieme due parole in inglese!
No, questo non era del tutto vero, rammentò Gemma in preda al senso di colpa. Parlava un discreto inglese, ma lei ricordava di averlo comunque denigrato. Provò disgusto per ciò che era stata allora. Come aveva potuto essere così crudele?
Ma perché lui ora si era presentato alla sua porta? Non sembrava più che facesse il fattorino. Anzi, con tutta probabilità, ora gli bastava schioccare le dita perché qualcuno eseguisse i suoi ordini.
Era cambiato così tanto fisicamente, che non c’era da stupirsi che non lo avesse riconosciuto subito. Doveva avere trentun anni ed era diventato un uomo in ogni senso della parola. Dieci anni prima era stato un ragazzino timido e servizievole, mingherlino per la sua età, specie se paragonato ai giovani boriosi e scaltri che Gemma aveva spesso frequentato. Andrea aveva avuto quella genuina innocenza di cui lei si era vergognosamente approfittata, trattandolo in maniera imperdonabile.
«Mi dispiace...» si scusò, abbassando lo sguardo perché lui non si accorgesse che stava mentendo. «Non ricordo... io... ho avuto un grave incidente d’auto qualche anno fa e ho ancora dei vuoti di memoria.»
«Sono davvero costernato» replicò lui in un tono che sembrava così sincero da spingerla ad alzare nuovamente la testa. «Dev’essere terribile da sopportare.»
Gemma sentiva il cuore che batteva sempre più forte sotto il suo sguardo intenso. «Sì... lo è» replicò con voce roca e in tono fin troppo dolce. «Prego, accomodati.»
Mentre la seguiva in casa, Gemma sentì gli occhi di Andrea su di sé, nonostante evitasse di guardarlo. La esploravano come a cercare di mettere a nudo ogni suo più profondo segreto, la vergogna che cercava di tenere nascosta a tutti, la miseria del suo passato e delle ferite del suo animo che nessuno avrebbe potuto guarire.
«Suppongo ti stia domandando come mai mi trovi ancora qui a Sydney dopo così tanto tempo» proseguì l’uomo una volta che furono in salotto, e la sua voce calda e profonda risvegliò una sensazione inattesa dentro di lei.
Gemma si inumidì nuovamente le labbra e si girò a guardarlo. «Be’, in effetti, che cosa ti porta a Sydney? Sei qui in vacanza, o per affari?» gli chiese.
Il sorriso che le rivolse mise in evidenza i suoi denti bianchissimi, ma non c’era gioia nella sua espressione. «Sono in missione, se così si può dire. Voglio ampliare i miei affari acquisendo degli alberghi di lusso australiani. Sono interessato al Landerstalle.»
«Ne hai fatta di strada da quando eri un fattorino!» osservò Gemma. «Hai vinto alla lotteria, per caso?»
Lo sguardo di Andrea si fece severo per un attimo. «No, la fortuna non ha niente a che fare con la mia posizione attuale. Ci sono arrivato lavorando. Possiedo numerosi alberghi di lusso sparsi ovunque. Mi dispiace solo che mio padre non sia vissuto abbastanza a lungo da vedere il mio successo. È morto poco dopo il mio ritorno dall’Australia» le spiegò.
Gemma lo fissò in silenzio, ripensando con dolore alla recente perdita del proprio padre. Non avrebbe mai potuto immaginare che un semplice fattorino un giorno avrebbe posseduto un impero tutto suo. Le era sembrato uno dei tanti giramondo che si guadagnavano da vivere lavorando qua e là. Per quanto ricordasse, non le era parso granché ambizioso, a quei tempi.
«Mi dispiace davvero per tuo padre...» gli disse, conscia di quanto la sua frase sembrasse inadeguata, ma desiderosa al tempo stesso di manifestargli la sua comprensione. «So che cosa significa perdere un genitore...»
«Grazie» replicò Andrea in tono inaspettatamente addolcito. «Dispiace anche a me per la tua perdita recente. Dev’essere stata dura per te, essendo figlia unica. In tutti questi anni, io ho