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Dolci sogni di nozze
Dolci sogni di nozze
Dolci sogni di nozze
E-book148 pagine2 ore

Dolci sogni di nozze

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Info su questo ebook

Le apparenze a volte ingannano e ciò che conta è solo l'esperienza diretta.
Jane Carlton, rampante analista finanziaria, ha chiuso con gli uomini: troppo egoisti e concentrati su se stessi. Eppure tutte le sue certezze vacillano quando fa la conoscenza di Wyatt Addison Gray, che non è solo bello e affascinante da mozzare il fiato, ma è anche buono e generoso. Il problema? Lui non è assolutamente intenzionato ad avere una storia che duri più di una settimana. Jane si dovrà accontentare di averlo come amico. Di notte, però, non può evitare di sognarlo mentre la stringe a sé sussurrandole parole dolci e accarezzandola in maniera provocante.
LinguaItaliano
Data di uscita10 mag 2021
ISBN9788830529069
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    Anteprima del libro

    Dolci sogni di nozze - Teresa Hill

    art

    1

    «Tesoro, mi sono innamorata!»

    A Jane Carlton andò di traverso il tè caldo che stava bevendo. «Hai detto che era mia nonna al telefono?» chiese poi sottovoce alla sua assistente, dopo aver coperto il ricevitore con la mano.

    «Perché me lo domandi?» replicò Lainie in tono preoccupato. «Mi sembrava in ottima forma. Non lo è?»

    Jane scosse il capo per farle capire che non ne aveva la più pallida idea, poi tolse la mano dalla cornetta e disse: «Nonna, sei proprio tu?».

    «Certo, mia cara! Hai sentito quello che ti ho detto?»

    «Io... credo di sì, ma forse non ho capito bene. Ti dispiacerebbe ripetermelo?»

    «Sono innamorata!»

    Più che pronunciare quelle parole, la nonna di Jane le cantò, come se fossero il ritornello di una canzone romantica.

    No. Non aveva capito male.

    Ma c’era un problema.

    Le donne di tutta la sua famiglia non s’innamoravano. Mai.

    Non che non ci fossero stati uomini nelle loro vite, beninteso. Ma avevano sempre messo bene in chiaro che il legame che le univa a loro non aveva nulla a che fare con un sentimento impegnativo e coinvolgente come l’amore.

    Jane l’aveva imparato a sue spese.

    «Nonna, ma io credevo che...»

    «Lo so, lo so!» la interruppe lei. «È per questo che è tanto straordinario! Io, finalmente innamorata, a settantasei anni! Chi l’avrebbe mai detto!»

    «Aspetta un momento, nonna. Tu hai ottantun anni, non...»

    «Si è trasferito in uno dei cottage una settimana fa!» continuò lei, ignorandola. «È l’uomo più eccezionale che abbia conosciuto in vita mia e... Oh, ma eccolo che viene! Leo! Sono qui! Sono qui!»

    Sembrava un’adolescente alla prima cotta.

    Era tutto talmente strano...

    Era forse un improvviso attacco di demenza senile a farle credere di avere cinque anni di meno? O, peggio ancora, a riportarla con la mente a quand’era una teenager? L’ultima volta che l’aveva vista, quattro giorni prima, non le sembrava così malridotta.

    «Lo conoscerai stasera, quando verrai a cena da noi! Perché verrai, vero? È martedì, la sera delle lasagne. A presto, tesoro.»

    Martedì.

    La sera delle lasagne.

    Uno dei principali appuntamenti fissi della settimana di Jane.

    Ogni martedì sera andava a mangiare le lasagne con sua nonna, la sua prozia Gladdy e alcune delle loro amiche del Remington Park, la casa di riposo in cui vivevano. Una casa di riposo molto particolare, che faceva di tutto per mantenere attivi e in forma i suoi ospiti. E ogni domenica pomeriggio accompagnava sua nonna e la sua prozia a fare shopping o al cinema.

    Il che, triste a dirsi, era il secondo e ultimo appuntamento fisso della sua settimana.

    Oh, avrebbe potuto trovare un uomo con cui uscire. Gli uomini erano dappertutto. Ma un uomo con cui avesse veramente voglia di trascorrere parte del suo tempo? Un uomo la cui compagnia valesse veramente di più di un bagno caldo, un bicchiere di vino e un buon libro?

    Nei suoi ventotto anni di vita, Jane aveva imparato che di quel genere di uomini in giro non ce n’erano davvero molti.

    Riattaccò con un sospiro, cercando di non pensare che sua nonna aveva una vita sociale più intensa della sua.

    «Va tutto bene?» le domandò Lainie in tono ansioso.

    «Be’, o ha dimenticato la sua vera età o sta fingendo di avere cinque anni di meno per far colpo su un uomo. Ti prego, dimmi che a noi non importerà un accidenti di far colpo su un uomo quando avremo ottantun anni! Del resto, chi potrebbe volere un uomo a quell’età? A ottant’anni gli uomini creano più problemi di quanti ne risolvano. Secondo me, anche a trenta, ma...»

    «Jane, tu sei convinta che gli uomini creino sempre più problemi di quanti ne risolvano» la interruppe Lainie accigliandosi.

    «E allora?»

    «Niente. Volevo soltanto dire che... ecco... non ti senti un po’ sola a volte?»

    «Francamente no. Ho il mio lavoro, la mia famiglia. Be’, forse un pochino sola mi sento ora che Bella non c’è più e...»

    «Bella era un cane, Jane.»

    «Lo so. Ma non ho mai conosciuto un uomo che sia stato più carino con me di quanto lo fosse lei.»

    Lainie non disse nulla, ma dalla sua espressione era chiaro come il sole che era molto, molto dispiaciuta per lei. E Jane non poté fare a meno di chiedersi se fosse davvero tanto triste non aver mai incontrato un uomo che fosse stato più carino con lei del suo adorato cane recentemente scomparso. Ma in realtà si riteneva fortunata a non farsi illusioni. Aveva scelto lei di vivere in quel modo. Ed era convinta che la sua fosse una buona esistenza. Buona e spesso anche molto gratificante.

    Certo, ogni tanto si sentiva sola, ma capitava a tutti, no?

    «Gli uomini sono talmente imprevedibili!» si lamentò.

    «La vita è imprevedibile» la corresse Lainie.

    «No, la vita con gli uomini è imprevedibile» replicò Jane con fermezza.

    E avendo deciso, subito dopo averla pronunciata, che era proprio una bella frase, si affrettò a scriverla su un taccuino che teneva sempre a portata di mano. Le sarebbe tornata utile per il suo lavoro con le donne povere e infelici che non avevano ancora raggiunto la saggezza che aveva raggiunto lei, saggezza che metteva generosamente a loro disposizione nei suoi seminari Fabolous Female Financial Boot Camp, nel corso dei quali predicava l’indipendenza finanziaria con lo stesso fervore di un prete che cerca di salvare le anime. Le donne che partecipavano ai suoi seminari di solito erano del tutto ignoranti in ambito finanziario ed erroneamente convinte di essere incapaci di badare a se stesse e controllare senza l’aiuto di nessuno i propri risparmi.

    Tutta colpa degli uomini.

    La maggior parte delle donne sarebbe stata talmente meglio senza di loro!

    Jane non lo diceva chiaro e tondo alle poverine che cercavano il suo aiuto, naturalmente. Non voleva spaventarle al punto da farle fuggire, il che sarebbe avvenuto senz’altro se non fosse stata attenta, con tutta la passione e l’intensità che metteva nel veicolare i suoi ideali. Si limitava a dire alle donne che, finché non avessero preso in mano le loro vite, non avrebbero avuto una vera indipendenza e una vera stabilità.

    Miglioramento intellettuale e realizzazione delle proprie potenzialità, prometteva nei volantini che pubblicizzavano i suoi seminari. Cambiare in meglio la vita delle donne.

    Jane era completamente padrona della propria vita, che proprio per questo era una vita prevedibile, sicura e sana.

    E a lei piaceva così.

    Wyatt Addison Gray IV capì quello che lo attendeva non appena varcò la soglia dell’ufficio dell’amministratore di Remington Park.

    L’amministratore, che in realtà era un’amministratrice e rispondeva al nome quanto mai appropriato al suo aspetto di Miss Steele, signorina d’acciaio, lo stava aspettando con un’aria così inamidata, impettita e abbottonata che Wyatt temette che la camicetta che indossava potesse strangolarla da un momento all’altro.

    Con sgomento, si domandò che cosa mai potesse essere accaduto di tanto terribile. Il vecchio era lì solo da una settimana. Quanti disastri avrebbe potuto creare un ottantaseienne in soli sette giorni?

    Poi, gli venne in mente che suo zio non era un ottantaseienne normale e un brivido gli corse lungo la schiena. Cercando di farsi forza, si appiccicò sulle labbra il migliore dei suoi sorrisi, tese la mano e disse in tono cordiale: «Buongiorno, Miss Steele. Che cosa posso fare per lei?».

    «Mi aveva promesso che non ci sarebbero stati problemi» replicò lei ignorando la sua mano tesa e invitandolo a sedersi davanti alla sua scrivania con un brusco cenno del capo.

    «Sì» ammise lui sorridendo di nuovo, anche se in cuor suo si sentiva come quando, da adolescente, il preside del collegio lo convocava in presidenza.

    «Pensa forse che gli amministratori delle case di riposo non si conoscano?» gli domandò Miss Steele lanciandogli un’occhiata disgustata. «Che non si parlino? Che non si riuniscano periodicamente per esaminare i problemi comuni e cercare di risolverli?»

    Maledizione.

    Aveva sperato di no. Anche se probabilmente avrebbe dovuto pensarci e obbligare in qualche modo alla riservatezza le altre case di riposo di cui suo zio era stato ospite.

    «Be’, sappia che ci parliamo, invece» continuò Miss Steele. «E io ho fatto dei controlli. Non so proprio come abbia fatto a convincermi ad accogliere suo zio senza prendere prima informazioni...»

    Wyatt lo sapeva benissimo. Molto semplicemente, era proprio nel convincere la gente a fare cose che non voleva fare che consisteva il suo lavoro. Era un avvocato divorzista e si era accorto ben presto che la maggior parte dei suoi clienti in realtà non voleva divorziare. Ciò che voleva era torturare spietatamente e all’infinito il marito o la moglie e riteneva che il modo migliore per farlo fosse continuare a lottare per il divorzio.

    Perciò di solito li faceva lottare per un po’, facendo salire vertiginosamente la propria parcella, finché la loro furia si esauriva, la sete di vendetta cedeva il posto allo sfinimento e alle crescenti preoccupazioni economiche e lui poteva finalmente convincerli a fare quello di cui avevano veramente bisogno: divorziare.

    Sembrava freddo e addirittura un po’ meschino, ma non lo era. Wyatt aveva scoperto che la gente aveva davvero bisogno di sfogarsi. Non era piacevole, ma senza quello sfogo non ce l’avrebbero mai fatta ad andare avanti.

    Lui dava loro la possibilità di manifestare quel malessere, a un costo esorbitante, come del resto facevano quasi tutti i suoi colleghi, e poi quando capiva che erano pronti li induceva ad acconsentire al divorzio.

    In un certo senso, era un benefattore. Un benefattore molto ben pagato e che grazie ai suoi servigi aveva imparato a convincere chiunque a fare qualunque cosa. Un’abilità che non aveva mai pensato gli sarebbe stata tanto utile nell’occuparsi del suo adorato ma ingestibile zio negli anni in cui la sua vita si andava spegnendo.

    Il guaio era che certe cose nella vita dello zio non davano alcun segnale di spegnimento. Prima fra tutte, il suo interesse per le donne.

    Quando aveva convinto Miss Steele ad accoglierlo, Wyatt si era mostrato affascinante, rassicurante, insistente senza averne l’aria, come solo lui sapeva fare. E la signorina d’acciaio c’era cascata. Ma adesso...

    «È stato già cacciato da tre case di riposo!» tuonò.

    La sua non era una domanda. Lo sapeva con certezza. Maledizione!

    «Senta, è solo che ha un po’... sa com’è...»

    «No, che non lo so!» lo interruppe lei con freddezza. «Suo zio ha ottantasei

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