Scopri milioni di eBook, audiolibri e tanto altro ancora con una prova gratuita

Solo $11.99/mese al termine del periodo di prova. Cancella quando vuoi.

Scherana: Il senso della libellula per il tassidermista: Scherana, #3
Scherana: Il senso della libellula per il tassidermista: Scherana, #3
Scherana: Il senso della libellula per il tassidermista: Scherana, #3
E-book418 pagine5 ore

Scherana: Il senso della libellula per il tassidermista: Scherana, #3

Valutazione: 0 su 5 stelle

()

Leggi anteprima

Info su questo ebook

I Figli di Inanna sono alla ricerca delle proprie origini, mentre il mosaico di una mappa risalente all'anno 1000 avanti Cristo emerge dalle profondità della montagna sacra. La Scherana si è ormai calata nell'apprensivo ruolo di madre e sembra essersi ammansita per l'affetto della piccola e sorprendente figlia. Quando tutto sembra proseguire per il meglio, Parigi è sconvolta da delitti efferati e complessi. Vera Duval tenta di aiutare il commissario Cesar Moreau nelle inda-gini, ma finisce per compromettere il segreto della sua identità e si scopre vulnerabile. Gli eventi precipitano e le più alte autorità cittadini si ritrovano coinvolte negli inquietanti omicidi del serial killer. Quando tutto sembra compro-messo, le viscere della montagna sacra cominciano a tremare e i segreti ammantati da secoli di storia erutteranno prepotentemente, mentre la sfida contro l'assassino assume risvolti inattesi.

LinguaItaliano
Data di uscita20 gen 2024
ISBN9798224212279
Scherana: Il senso della libellula per il tassidermista: Scherana, #3
Autore

Federico Ferrantini

Federico Ferrantini, laureato in Giurisprudenza presso l'Università "La Sapienza" di Roma, lavora nel settore dei media e della comunicazione. Scherana rappresenta il suo romanzo d'esordio per Helike Edizioni.

Autori correlati

Correlato a Scherana

Titoli di questa serie (4)

Visualizza altri

Ebook correlati

Thriller per voi

Visualizza altri

Articoli correlati

Categorie correlate

Recensioni su Scherana

Valutazione: 0 su 5 stelle
0 valutazioni

0 valutazioni0 recensioni

Cosa ne pensi?

Tocca per valutare

La recensione deve contenere almeno 10 parole

    Anteprima del libro

    Scherana - Federico Ferrantini

    SCHERANA

    Il senso della libellula per il Tassidermista

    HELIKE EDIZIONI

    Federico Ferrantini

    Ciclo della Scherana − Il senso della libellula per il Tassidermista

    ISBN 978-88-946269-7-1

    © 2022 Helike Edizioni

    ––––––––

    Helike Edizioni è un marchio di proprietà di Argo Editore.

    La presente opera è un prodotto della fantasia dell’autore. Nomi, personaggi, soggetti, luoghi ed eventi storici narrati sono frutto dell’immaginazione dell’autore o sono stati usati in modo fittizio. Qualsiasi somiglianza con persone viventi o vissute, eventi o luoghi reali, è da considerarsi puramente casuale. 

    Capitolo I

    Il riflesso argenteo della rivoltella scintillò minaccioso tra i passanti impauriti, mentre la brezza serale spirava frivola sui marciapiedi di Parigi. I tacchi alti, più lunghi della Colt brandita nel pugno, la facevano svettare tra la folla. Aveva lo sguardo scolpito dal terrore, rivolto alla Simca Aronde degli anni Sessanta. La vittima seduta nell’abitacolo la fissava con occhi fatui, sorridente, le sembrò felice, eppure la sapeva imbalsamata. Assassinata dal Tassidermista. Da anni dava la caccia allo sfuggente serial killer e si sentiva impotente dinanzi alla sua efferatezza, scioccata dalla folle pianificazione dell’assassino. Udì improvviso il richiamo ingiuntivo alle sue spalle, qualcuno le intimò di gettare la pistola.

    L’ispettore Frédéric Muller passeggiava sul marciapiedi di Rue de Rome, dopo una tranquilla giornata di lavoro. Finalmente avrebbe raggiunto la compagna, per godersi gli affetti della famiglia. Stava per salire sulla Peugeot, parcheggiata nel diciottesimo arrondissement, quando il riverbero metallico lo investì con l’intensità di un lampo e credette d’essere incappato in una criminale. La osservò vestita dall’impermeabile crema, con le falde mosse dalle carezzevoli folate autunnali. Estrasse la pistola d’ordinanza dalla fondina e le intimò di arrendersi. La vide alzare le mani e voltarsi lentamente. Nel suo sguardo arcigno notò il vezzo tipico degli assassini. Si sbagliava. La straniera gli mostrò il fianco, con il gabardine crema schiuso dallo sbuffo dello zefiro serale. Fissato alla cintola dei pantaloni cenerini indossava un distintivo dorato.

    «Detective Poppy Wolfe!» si presentò la sconosciuta.

    ***

    «Wow, la signora con la pistola era una poliziotta!» commentò sbalordita la bambina, mentre assaporava lo squisito tortino di verdure, incuriosita dal racconto serale dell’ispettore Muller. Marion si era abituata alla presenza di Frédéric per la cena settimanale nella tenuta Duval, era stata proprio lei a propiziare il primo appuntamento tra l’ispettore e la madre.

    La scena del crimine, omessa dal racconto serale per non turbare l’animo della bambina, sembrava perdersi nel tempo come fosse un vinile ben conservato. L’uomo sedeva nell’abitacolo dell’auto d’epoca, mummificato, con le mani poggiate al volante e vestito da un principe di Galles sartoriale. Aveva l’espressione di quei padri di famiglia in procinto di rincasare dopo il lavoro. La vittima era stata imbalsamata con inquietante accuratezza, dal vezzo sorridente allo sguardo appagato. «Proprio così, Rio!», Frédéric sapeva quanto la piccola odiasse il proprio nome e preferisse il diminutivo scelto per lei dall’amata madre adottiva. «La sconosciuta si è arresa immediatamente, ma subito dopo mi ha mostrato il distintivo, presentandosi come l’ispettrice Poppy Wolfe, in permesso da San Francisco per collaborare con la police in una complicata indagine internazionale!» capitolò, sorridendole.

    «Poppy Wolfe da San Francisco!» commentò Armand Gauthier, fingendo interesse. Professore di storia alla Sorbonne e direttore del Louvre, quando sedeva a tavola amava concentrarsi esclusivamente sulle pietanze. Quella sera la moglie aveva cucinato le rinomate escargot, aromatizzate con la sua famosa salsa segreta. Lui non avrebbe potuto appassionarsi a nient'altro se non a quelle molteplici sfumature di sapidità, lasciandosi cullare dai sublimi sapori amalgamati con delicatezza nel palato, inebriato dalle spezie piccanti. Soltanto Marion lo avrebbe potuto distogliere, per la piccola nutriva il devoto affetto del nonno premuroso.

    «Mi chiedo quale crimine possa aver condotto a Parigi una detective di San Francisco» si interrogò Patricia Gauthier, con la cadenza tinnula a musicare la spaziosa cucina, mentre tagliava le porzioni della torta ricoperta di glassa al cioccolato. Un tempo era stata una brillante chirurga, ma aveva rinunciato alla professione medica per dedicarsi alla famiglia. Una scelta mai rimpianta, appagata dalla tranquillità della campagna e dalla complicità degli affetti.

    «Sono davvero curiosa, Frédéric!» Vera Duval finse di insospettirsi, sorridendogli. «Racconta! Quale indagine stai... intrattenendo con questa Poppy?» adagiando il mento sul dorso della mano, con il gomito poggiato sul tavolo e lo sguardo smeraldino a scandagliare l’imbarazzo dell’amato. Non aveva mai rivelato il proprio passato di Scherana al compagno, temeva di perdere il suo affetto. Appena nata era stata sottratta alla famiglia per divenire la più abile e temuta delle armigere, addestrata alle più oscure arti del combattimento. L’affetto della figlia adottiva l’aveva salvata dalla solitudine e la sorte l’aveva assistita nella ricerca delle proprie origini. Viveva una vita appagante, non voleva rovinare quell’idillio con la rimembranza delle sofferenze patite sin dall’infanzia. L’ultima Scherana veniva considerata una calamità dai nemici e una divinità dai proseliti dei Figli di Inanna - ordine religioso risalente alla civiltà sumera. Persino Frédéric le aveva dato la caccia per un intero anno, senza mai avvicinarsi alla verità. Fingeva di condurre una esistenza comune, ma le sue ineguagliabili capacità avevano scavato un solco leggendario nelle coscienze del proprio retaggio.

    «Mamma, non essere severa con Frédéric! Lui sa benissimo di non poter mai trovare una donna più bella di te!» Marion non perdeva occasione per elogiare le doti della madre. E aveva ragione. I lunghi capelli corvini, gli occhi intensi e l’armonia del portamento, le donavano un fascino impareggiabile. «Non hai alcun motivo per essere gelosa! Vero, Frédéric?» lo interrogò la piccola, con gli occhi di zaffiro a scrutarlo divertiti, mentre porgeva alla cucciola di Labrador una scodella con l’intingolo delle escargot per farglielo assaggiare. La bambina aveva iniziato il primo anno di scuola elementare, ma grazie alle lezioni mattutine di logica, storia e matematica tenute dal professor Armand e dalla moglie Patricia, oltre alle sue spiccate doti intellettive, riusciva a confrontarsi brillantemente anche con gli adulti.

    «Sottoscrivo e approvo ogni virgola di quanto opposto da Rio!», contribuì Frédéric, abbandonandosi al vezzo di sorridente accondiscendenza.

    «Piccola, se Frédéric scoprisse i miei scheletri nell’armadio?», ironizzò Vera, ma s’interruppe con immediatezza. Mentre Marion balzò repentinamente giù dalla seggiola.

    «Rio dove stai andando, rinunci al dolce?» si stupì Patricia.

    «Devo serrare l’armadio della mamma, altrimenti Frédéric potrebbe scoprire i suoi scheletri!» ribatté Marion, prendendosi gioco di tutti loro con incantevole impertinenza, compiaciuta dall’ilarità restituitole da Patricia e Armand. «Abbiamo visite! Vado io ad accogliere i nostri ospiti» puntualizzò, rivelando il motivo della propria sollecitudine, con la cucciola di Labrador ad accompagnarla fidente.

    «Ogni volta riesce a sorprendermi!» commentò Frédéric, ammirando i boccoli dorati della bambina dileguarsi dalla cucina della maestosa villa, stupito dalla sua capacità di cogliere ogni e più impercettibile eco.

    Conosceva il motivo della premura della figlia, anche Vera aveva udito lo stridore delle ruote sulla ghiaia. Sapeva quanto Marion fosse divenuta abile nel distinguere i sibili più insignificanti, l’aveva addestrata a essere solerte e la bambina aveva compiuto enormi progressi, rendendola orgogliosa.

    ***

    Padroneggiava i meandri del tempio come fosse la propria dimora, con buona parte del sito archeologico scandagliato e posto in sicurezza. Julia ricordava lo stupore della sua prima volta nel labirinto sotterraneo, cosparso di secolari trabocchetti progettati per proteggere l’ancestrale segreto celato nelle profondità della montagna. I dedali di cunicoli e ponti pensili erano divenuti un percorso quotidiano e non le suscitavano più alcuna tensione, anzi ogni mattina riusciva a percorrerli in minor tempo. Ma la vista delle dodici statue d’oro inginocchiate dinanzi al simulacro della mitologica Inanna, con gli occhi della dèa lustri e sagaci, la sconvolgevano a ogni sguardo. Il monumento alla Eterna Madre svettava su tutte le altre sculture: aveva la tunica dalle pieghe dorate cadenti sul pavimento pietroso e le gambe bronzee, nella mano destra stringeva lo scettro con la sommità di una mezzaluna alternata a uno spicchio di sole dai raggi filanti e la testa ornata dalla corona di edere ondulati, il piglio ipnotico aveva una compostezza regale, mentre sulle cosce ambrate tratteneva uno scranno di pietre sfavillanti. Il seggio sembrava avvolto nell’abbraccio della dèa come fosse la culla dell’erede al suo trono terreno. Sospirò rassegnata. Il secolare Trono di Inanna era riservato alla Scherana, ma la sua più cara e nobile amica non voleva saperne di accettare il prestigioso scranno. Ormai erano trascorse molte settimane dalla fusione della Milizia con l’Ordine Esoterico, entrambe le confraternite avevano scelto di confluire nella più vetusta delle corporazioni: i Figli di Inanna. Dopo la scoperta delle comuni origini, avvenuta durante la ricerca del tempio sotterraneo di Bahar Dar, miliziani ed esoterici avevano pacificato i loro istinti e si erano uniti in una sola e inscindibile discendenza. I nuovi confratelli attendevano impazienti l’incoronazione della Scherana, la consideravano una divinità vivente e discendente diretta degli Eterni − i valorosi cavalieri nati dalle origini della civiltà sumera di Ur e Ninive, difensori dell’antico culto della Dèa Madre. Per i Figli di Inanna la Scherana rappresentava la speranza nel futuro, la sola capace di unire e governare la fratellanza: purtroppo, Vera Duval non era dello stesso avviso e non aveva alcuna intenzione di assecondarli. Ammirò lo sguardo dorato dell’ancestrale Dèa, invocò la sua benevolenza e raggiunse la sala delle scimitarre − così denominata per via delle possenti spade appese alle pareti scrostate. Gli antri cavernosi erano rischiarati dalla modernità delle lampade, con la voluminosa matassa di fili a serpeggiare tra i cunicoli rocciosi e i ponti pensili scavati nella montagna, portando elettricità dove un tempo l’illuminazione era assicurata da un gioco di specchi e proiezioni di raggi solari. Mentre le condotte metalliche fissate al soffitto pietroso assicuravano il ricambio di aria, permettendo l’abitabilità degli ambienti. Soltanto una porzione del tempio era rimasta inesplorata. I fedeli stavano ricostruendo la passerella circolare scoperta oltre la sala delle acque − dove un piccolo acquedotto di millenaria costruzione scorreva cheto. Quando la scalinata fissata alle pareti lubriche del cono di vuoto sarebbe stata ricostruita e la discesa nella profondità della montagna sarebbe stata resa sicura, lei avrebbe ispezionato anche l’ultimo anfratto del secolare rifugio dei Figli di Inanna.

    Il giovane imberbe, dal passo dinoccolato e con l’espressione sconsolata, la raggiunse nella sala delle scimitarre sorreggendo la consumata cartella di pezza dell’anziano amico attardatosi per riverire Inanna nello speco del trono.

    «Buongiorno Yared, sei dispiaciuto per qualcosa?» lo salutò Julia, adagiando gli occhiali sul tavolo pietroso e raccogliendo i capelli miele nella fibula melanzana.

    Yared poggiò la borsa accanto agli occhiali dell’archeologa, sul corposo basamento roccioso che spuntava dal pavimento come fosse un tavolo secolare, e ammirò le scimitarre affisse alle pareti. «Sono passate troppe settimane, lei non tornerà più da noi!» s’immalinconì.

    «Ah, sei davvero divertente e contraddittorio!», commentò Julia. «Ne eri talmente spaventato da non avvicinarti a lei di un solo passo e ora invece ne senti la mancanza?» lo derise, mentre accendeva il laptop per connettersi alla rete satellitare.

    «Ero terrorizzato dalla sua reputazione da molto prima di conoscerla! Ma poi...» ebbe un sussulto improvviso e spalancò il suo animo alla speranza. «Lei tornerà?»

    Julia assunse il suo tipico vezzo dubitativo, con le labbra impigliate all’angolo della bocca a formare una parentesi tonda. Conosceva la venerazione dei Figli di Inanna per la Scherana, ma sapeva essere anche l’elemento più odiato da Vera: la sua amica si sentiva in imbarazzo a causa della reverenza che le veniva tributata in ogni circostanza.

    «Tornerà, Yared!», si annunciò Asrat Tadele. Rallentato dall’impervio camminamento e ancorato al bastone di legno, ormai divenuto un compagno di vita indispensabile. L’anziano varcò la soglia della sala delle scimitarre e si sedette nello scomodo scranno pietroso, reso poco più accogliente dai soffici cuscini gommati. Da decenni custode della fede, aveva augurato l’arrivo della Scherana pregando ogni giorno la Suprema Madre. Le sue suppliche furono accolte e la discendente degli Eterni aveva indicato la via per il trono perduto della mitologica Inanna: Vera aveva interpretato i simboli delle tavolette d’argilla e permesso il superamento del labirinto scavato nel ventre della montagna. «Lei tornerà, dobbiamo aver fede! La pura Inanna ha già condotto la Scherana da noi, permettendoci di scoprire il tempio che i nostri antenati costruirono nelle viscere della roccia per proteggere l’antica fede dall’arroganza dell’intolleranza! Inanna le ha indicato la via già una volta, lo farà di nuovo e Vera tornerà presto per aiutarci!»

    ***

    A Parigi, al secondo piano di Avenue de la Bourdonnais, nella sede che prima della fusione tra le antiche consorterie era stata dell’Ordine Esoterico e ora ospitava i Figli di Inanna, si svolgeva l’adunanza del Consiglio degli Eterni, organo di governo della fratellanza. In pochi mesi erano stati decodificati tutti i glifi cuneiformi scoperti sulle tavolette d’argilla rinvenute nel tempio sotterraneo di Bahar Dar, sul lago Tana, dove sorgeva il Nilo Azzurro. Ogni ruolo della fratellanza era stato regolato seguendo gli antichi precetti tramandati dalle tavolette d’argilla, dalla linea di comando agli incarichi da ricoprire, dalle iniziative umanitarie alla distribuzione del patrimonio tra le sedi ripartite nel mondo: un percorso di pace e convivenza che aveva convinto anche i miliziani più scettici. C’era un solo aspetto della secolare vicenda che i consiglieri non erano riusciti a governare: sedevano al vertice della confraternita più prestigiosa della storia, risalente agli albori della civiltà sumera, eppure avvertivano l’impotenza della loro condizione. Il seggio riservato alla Scherana, sul tavolo ovale al centro della stanza, era vuoto. Vera aveva rifiutato ogni loro invito ad assumere la guida dei Figli di Inanna.

    Il grande monitor affisso alla parete crema rimandava i volti accigliati di Julia e Tadele, collegati dalla sala delle scimitarre, seduti sugli scranni rocciosi del tempio di Bahar Dar.

    Il professor Armand si alzò dalla poltrona di pelle e augurò il buongiorno, inarcando le sopracciglia sul volto rubicondo: per l’occasione aveva preso un giorno di permesso, lasciando la direzione del Louvre al suo segretario. «Vi porgo i saluti di Sigrid e Luc, il loro viaggio di nozze attorno al mondo prosegue con pressante divertimento!», li informò. Sigrid Simons era stata l’ultimo Gran Maestro dell’Ordine Esoterico della Loggia dell’Europa Occidentale, distintasi nel processo di pace per unificare le consorterie. Luc Duval invece, oltre a essere il fratello della Scherana, aveva contribuito alla scoperta del tempio nascosto nelle profondità della montagna. Entrambi avevano deciso di prendersi un anno sabbatico per visitare il mondo dopo il fastoso matrimonio, celebrato appena due mesi prima sulle spiagge di Carolles, in Normandia.

    «Sull’altro fronte possiamo sperare in una qualche apertura?» intervenne Tadele. Con l’acustica metallica degli altoparlanti a colmare la sala conferenze, proiettando l’animo dei presenti nella imponderabile vaghezza dell’argomento.

    «No! Nessuna speranza!» rispose Armand, deludendolo. Lui sapeva quanto l’anziano auspicasse la sua opera di convincimento della Scherana, ma l’armonia di Villa Duval era talmente idilliaca da non permettergli di richiamare Vera ai propri doveri di Suprema Discendente di Inanna. Era entusiasta del ruolo di nonno, l’affetto di Marion, come lui appassionata di storia e astronomia, veniva prima di ogni prestigioso retaggio.

    «Margret, lei ha avuto maggiore fortuna?» interrogò Tadele.

    Margret Koll era stata la Maestra della Milizia che aveva lavorato al fianco del Gran Maestro Sigrid Simons per definire i passaggi dell’unione tra le confraternite e aveva allacciato un inatteso rapporto di amicizia con la temuta Scherana. Sin dal suo apprendistato di giovane miliziana si era appassionata al mito degli scherani, osteggiati dai suoi colleghi come ferali assassini dalle capacità ineguagliabili, ma negli ultimi mesi aveva riconsiderato le proprie convinzioni. «Ahimè, no! La fortuna è un dato di oscura valutazione, mentre la volontà di non aderire ai nostri precetti è stata espressa da Vera con limpida fermezza!» rivelò, aggiustandosi la giacca del tailleur azzimato a tinte panna.

    «Commissario, lei e Paloma potreste intercedere per...», Tadele tentò di convincere i due membri del Consiglio degli Eterni, seduti l’uno accanto all’altro, senza ottenere il risultato sperato.

    Il commissario Cesar Moreau e Paloma Vargas − ex Custode della secolare codificazione consegnata alla Scherana per la decrittazione della simbologia che permise l’esplorazione del labirinto sotterraneo di Bahar Dar − erano divenuti una coppia affiatata e non avevano alcuna intenzione di minare l’amicizia concessa da Vera. Entrambi oltre la cinquantina, non avevano voluto concedersi il lusso di testare la loro sintonia e avevano deciso di svegliarsi ogni mattina nello stesso letto. «No! Non possiamo, Tadele!», oppose Paloma. Aveva incontrato per la prima volta Marion all’aeroporto di Azezo, in Etiopia, e le era da subito sembrata una bambina fuori dall’ordinario, poi ne comprese il motivo: veniva addestrata ogni giorno dalla madre Scherana. Ma non per questo la piccola avrebbe dovuto sopportare il peso della propria eredità. Aveva letto ogni riga degli appunti inviati da Julia: se Vera avesse accettato di ascendere al trono di Inanna, avrebbe dovuto inevitabilmente nominare la figlia come propria erede. La bambina avrebbe dovuto rinunciare alle splendide opportunità offerte dalla effervescente Parigi per volare a Bahar Dar e sapeva quanto la madre fosse contrariata dalla eventualità.

    «Sono d’accordo!», il commissario rifletteva spesso sulle circostanze che lo avevano introdotto nella confraternita dei Figli di Inanna. Le indagini sull’assassinio dell’ex Gran Maestro dell’Ordine Esoterico, Edwina Constant, gli avevano svelato un mondo a lui sconosciuto. Per proteggere i segreti appresi, aveva accettato l’accordo propostogli da Sigrid Simons e si era seduto nel Consiglio degli Eterni.

    Tadele compì l’ultimo disperato tentativo. «Lei, Petrissa? Sappiamo quanto sia stata vicina a Vera, durante la sua degenza ha infatti soggiornato nella casa dei Duval e...?» non riuscì a terminare la supplica, venne immediatamente interrotto.

    «Tadele, lei non ha proprio contezza di cosa va chiedendo!», criticò Petrissa Hoffman, intrecciando le dita sulla frangia lattescente per assettare i capelli all’elice dell’orecchio. Durante la degenza nella infermeria della tenuta Duval, mentre guariva dall’avvelenamento patito qualche settimana prima a Bahar Dar, aveva sviluppato una sincera amicizia con Vera, approfondendo i rapporti intrattenuti dalla madre della Scherana con i suoi compianti genitori. «Comprendo l’esigenza di unificare le diversità che albergano nel grembo dei Figli di Inanna», intuendo le ansie dell’anziano consigliere. «Ma posso confermarle che Vera non ha alcuna ambizione d’essere la guida terrena dei Figli di Inanna!» dichiarò, scardinando definitivamente l’ostinazione del saggio Tadele.

    ***

    Nel pomeriggio il commissario Moreau era stato richiamato con urgenza sulla scena del crimine in Rue de Rome e aveva abbandonato in anticipo l’adunanza dei figli di Inanna.

    «Sembra vivo!» si era stupito, fissando la salma nell’abitacolo della Simca Aronde, mentre gli agenti della scientifica effettuavano minuziosi rilievi. Dopo aver ascoltato il resoconto della collega americana, giunta a Parigi sulle orme di un pericoloso serial killer, aveva dubitato della capacità della police di risolvere l’intricato crimine. Aveva sbuffato inquietudine trattenendo la cicca spenta tra le dita, come fosse un portafortuna, ma senza assaporarla per non contravvenire le raccomandazioni della premurosa compagna. Aveva scrutato l’orario dall’orologio da polso con il cinturino in pelle color carbone, mentre la folla di curiosi si accalcava oltre l’area transennata e i flash dei reporter abbagliavano la via all’imbrunire. Gli occhi avellana della collega americana lo fissavano attenti, mentre lui tentava di intuire l’intimo collegamento tra la vittima e il carnefice. Sapeva che ogni delitto, per quanto razionale potesse apparire, celava una componente istintiva, ed era consapevole di non poter risolvere le incognite del caso senza l’aiuto della Scherana.

    «Nel mio ufficio, domani all’alba!» formulò Moreau, con la poliziotta americana a scrutare il suo labiale. «Pretendo massima collaborazione! Detective Wolfe, si prepari a condividere ogni informazione!» l’aveva esortata, scorgendola strizzare gli occhi come per captare il senso delle sue parole.

    Frédéric aveva studiato lo sguardo pensoso del commissario e si era avvicinato a lui prima di vederlo abbandonare la scena del crimine per risalire sulla Peugeot di servizio. Lo sapeva divenuto membro del prestigioso Consiglio degli Eterni e come Figlio di Inanna avrebbe potuto invocare l’aiuto della Scherana. Non comprendeva da dove nascesse il rispetto di Moreau per la virago, definita un demonio senza pietà. Nessuno conosceva le sembianze della Scherana, gli sventurati che l’avevano affrontata la descrivevano come una guerriera indomata, dalla muta atra e il volto velato dalla cupa foggia, con l’agilità e la vigoria di una pantera. Lui non voleva incrociare il cammino di un essere tanto ferino, temeva per l’incolumità dei suoi affetti. «Commissario, non coinvolga un’assassina per catturare un killer!» lo aveva pregato, intuendone le riflessioni.

    Moreau gli avrebbe voluto confidare l’identità della Scherana e fargli comprendere l’inganno delle dicerie, ma si era limitato a salutarlo con un sorriso beffardo.

    Capitolo II

    Marion si affacciò dall’uscio di Villa Duval, schiudendo l’ingresso armata di un incantevole sorriso mentre la cucciola di Labrador balzava nel portico lastricato di antico cotto, lumeggiato dai lampadari in ferro battuto e calati dal soffitto a volta, con il colonnato a cingere la casa in un protettivo e confortevole abbraccio. «Sono davvero, davvero, felice di rivederti, Petrissa!» aveva assistito alla lunga degenza della Eterna Consigliera ed era confortata di scorgerla in salute: la donna era stata fiaccata dal veleno assorbito mesi prima nella spedizione di Bahar Dar e aveva superato la malattia grazie alle cure somministrate da Patricia nell’infermeria al piano interrato della tenuta, dove decenni prima i genitori di Vera avevano costruito un bunker antipanico dotato di ogni sofisticatezza.

    «Grazie, Rio! Sei deliziosa, come tuo solito!» ricambiò Petrissa, inginocchiandosi per rispondere al festoso saluto del piccolo Labrador. Nelle settimane trascorse a villa Duval aveva imparato ad apprezzare la gentilezza della bambina, le riconosceva essere l’unica persona al mondo capace di scalfire la granitica fermezza della madre.

    «Signora Mag, lei è più elegante di una regina!» Marion si complimentò per il gusto di Margret Koll nello scegliere gli abiti, sempre raffinati e di alta sartoria.

    «La mamma è in casa, Rio?» le sorrise compiaciuta, Margret.

    «Sì, certamente! Stiamo finendo di cenare, siamo al dolce. In casa c’è anche il fidanzato della mamma» informò, mentre li invitava a varcare la soglia raccomandandosi di non nominare la Scherana in presenza dell’ispettore Frédéric Muller. «Accomodatevi!» afferrando la mano di Paloma Vargas, considerata la più simpatica tra i Figli di Inanna per via degli aneddoti storici che le raccontava a ogni occasione. Riverì Moreau con un sorriso contenuto, mentre li scortava nel salottino dello studio al piano terra. Nei confronti del commissario nutriva del risentimento, lo riteneva colpevole di aver causato il ferimento della madre nella spedizione etiope di qualche mese prima: Vera era stata graffiata dalla freccia avvelenata scoccata da un antico trabocchetto innescato dall’avventatezza del commissario e anche se la madre si era ristabilita in tempi brevi la bambina ricordava quei giorni come i più tragici vissuti nella sua giovane esistenza.

    «Buonasera! A cosa devo questa inattesa ma gradita visita?» li salutò cortesemente Vera, raggiungendoli nello studio al piano terra e sedendosi accanto alla figlia. La bambina aveva occupato la poltroncina presidenziale della scrivania come se volesse presiedere l’improvvisata riunione, con il cucciolo di Labrador appollaiato sulle sue esili ginocchia. Prima di abbandonare l’accogliente saletta da pranzo ricavata nella spaziosa cucina, Vera si era scusata con Frédéric ammettendo di dover sostituire Sigrid durante la sua assenza per il viaggio di nozze attorno al mondo. Non amava mentire, ma non poteva rivelargli la verità, lui non doveva sapere che i Figli di Inanna erano giunti a Villa Duval per conferire con la Scherana.

    «Vera, conosci l’impazienza di Tadele! Questa visita rappresenta un tentativo per convincerti a raggiungere l’Etiopia, ma sappi che nessuno dei presenti ha la presunzione di condizionarti in alcun modo! Armand ti avrà avvisato del nostro arrivo!» la riverì Margret Koll, sorridendole. Conosceva le abilità della Scherana per averla ammirata in azione e anche se non la temeva come un tempo, quando era una Maestra della Milizia e viveva a Berlino, avvertiva comunque la soggezione del suo retaggio.

    «Sì Margret, sono stata avvisata della vostra visita! Avreste dovuto accettare l’invito a cena di Armand, questa sera Patricia si è superata!» la confortò Vera, tentando di spegnere l’imbarazzo effigiato sul viso della ex miliziana.

    «Come ha proposto Margret, anche io posso governare l’impazienza di Tadele!» la rassicurò Paloma, chinando il capo.

    Non amava la deferenza concessale e tentò di rendere meno disagevole la permanenza dei Figli di Inanna. «Vi ringrazio per la comprensione che mi dimostrate, poiché non ho alcuna intenzione di introdurre la mia piccola Rio nella confraternita! Spero comunque d’esservi d’aiuto in qualsiasi altra esigenza» confidò Vera, sorpresa dal prolungato sospiro della figlia. «Vuoi aggiungere qualcosa, Rio?» la interrogò.

    «Oh no, mamma! Hai perfettamente ragione! Io non posso essere nominata tua erede» chinò il capo, con vezzo immalinconito. «Purtroppo non possiedo il tuo splendido DNA...» durante una lezione svolta con il professor Armand aveva appreso il significato di codice genetico e si era angosciata di non poter vantare la stessa matrice della madre. «...Credo sia giusto che tu, mamma, non...!», Marion temeva che la sua condizione di figlia adottiva non permettesse a Vera di indicarla come propria erede. Le sue ansie tormentavano la sua giovane esistenza ed esplodevano incontrollate nei momenti meno opportuni. Venne interrotta dal cigolio della seggiola, graffiante e stridulo sul parquet, sua madre si era alzata repentinamente e la fissava basita.

    «Rio, ma cosa ti passa per la mente?» la rimproverò, intuendone l’inquietudine. Vera compì pochi e flemmatici passi, con il viso trasformato dalla cupa riflessione. Osservò l’oscurità oltre la scia lumeggiante del porticato, si voltò e incrociò le braccia al petto, con vezzo consapevole e lo sguardo ancorato a quello rammaricato della figlia. La piccola aveva sofferto della sindrome dell’abbandono, era stata un’orfana silenziosa e triste, ma da quando viveva a Villa Duval era divenuta una bambina solare, entusiasta per la scoperta delle abilità della madre. Ciononostante, cadeva in vecchi timori e Vera era sempre pronta a concederle il proprio affetto per ristabilirne la letizia. Il silenzio si fece opprimente, con i Figli di Inanna a rivolgersi l’un l’altro lunghe occhiate indagatrici.

    «E sia! Tadele avrà la sua incoronazione!» esordì Vera. «Paloma, ti prego di organizzare l’evento e il viaggio a Bahar Dar!» esortò. «Quanto a te Rio, non ti azzardare mai più a mettere in dubbio i miei sentimenti!» con seriosa determinazione. «Puoi andare a mangiare la tua torta preferita!» non amava rimproverare la figlia e quando lo faceva trovava sempre un appiglio per non apparire severa.

    «Ma, mamma...» il vezzo contrariato di Vera la fece desistere.

    «Rio, la mamma ha sempre ragione» la confortò Armand, sorridendole premuroso. Li aveva raggiunti nello studio appena in tempo per ascoltare le ansie della bambina.

    «Ciao, Paloma» Marion la salutò avvilita, ricambiata dall’abbraccio affettuoso.

    «Buonasera signora Margret, mi ha fatto piacere rivederla!»

    «Buonasera a te, Rio!»

    «Buonanotte, Petrissa!»

    «A presto, Rio!»

    «Arrivederci, commissario» Marion salutò Moreau con distacco e uscì mestamente dallo studio. Mentre la cucciola di Labrador tentava di confortare la padroncina con i suoi guaiti.

    «A quanto pare, Tadele ha vinto!» si arrese Vera. Avvertiva di dover eliminare i dubbi di Marion e per farlo doveva coinvolgere la figlia nell’antico retaggio della Scherana.

    «E pensare che volevamo soltanto accompagnare Cesar, l’unico a dover conferire con la... Scherana!» commentò appagata, Margret.

    «Dovremmo riservare uno scranno del Consiglio degli Eterni a Rio, è l’unica a saper governare le intenzioni della madre!» confidò ironicamente Petrissa, attirando su di sé il piglio divertito di Vera.

    Il commissario Moreau aveva sempre temuto il più autentico dei propri enigmi, si era spesso domandato come avrebbe potuto affrontare la leggendaria assassina. Gli era stata descritta come ferale e inafferrabile, dalle abilità alchemiche e ineguagliabili, capace di dileguarsi nell’ombra, di sorprendere le vittime nell’oscurità e farle smarrire nelle proprie angosce. Constatò personalmente la veridicità delle abilità di Vera, ma non era affatto la feroce virago decantata da anni di testimonianze. L’aveva invece scoperta una madre affettuosa e un’egida al servizio della giustizia, talmente diversa da come l’aveva immaginata da rimanere ogni volta meravigliato dalla sua affabilità.

    «Vera! Sembra che un pericoloso serial killer si aggiri per le vie di Parigi», strinse la mano di Paloma e sospirò. «So perfettamente quanto tieni alla tua riservatezza, necessaria per evitare che Frédéric comprenda chi tu sia realmente, ma abbiamo bisogno della Scherana più di quanto ne abbiano necessità i Figli di Inanna!» le confidò, invitandola a raggiungere il commissariato l’indomani mattina.

    Patricia notò il vezzo imbronciato comparso sul delicato viso di Marion, mentre la scorgeva sedersi per gustare la torta glassata al cioccolato fondente, e sorrise. «Avanti, dimmi cosa hai combinato stavolta!» la incoraggiò.

    «Sono in punizione! Cioè, non proprio in punizione! Ma ho fatto arrabbiare la mamma!»

    «Per quale il motivo?»

    Marion osservò il sorriso divertito di Frédéric Muller e sospirò. «In questo momento non posso proprio ammetterlo, deluderei ancor di più la mamma!», impugnando il cucchiaio per consolarsi con il dolce, mentre il piccolo Labrador la fissava desideroso di assaggiare la torta.

    Appena udì la voce di Moreau diffondersi nell’androne, Frédéric riverì Patricia, augurò la buonanotte a Marion e raggiunse l’atrio d’ingresso della casa. «Ti hanno davvero convinta ad alzarti all’alba di domenica per fare da interprete a una detective americana?» commentò Frédéric, scorgendo l’auto del commissario allontanarsi nel viale ghiaioso: Moreau li aveva salutati sulla soglia di Villa Duval, dando a entrambi appuntamento per l’indomani. Lui considerò plausibile la richiesta del commissario, Vera parlava fluentemente sette lingue e come traduttrice sarebbe stata eccelsa, ma temeva si esponesse al pericolo

    Ti è piaciuta l'anteprima?
    Pagina 1 di 1