Liberty Hotel: Ovvero la famosa nevicata del '36
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Anteprima del libro
Liberty Hotel - Giuseppe Calogiuri
Liberty Hotel
ovvero la famosa nevicata del '36
di Giuseppe Calogiuri
Musicaos Editore
Giuseppe Calogiuri Liberty Hotel ©Musicaos Editore, 2022
Ottobre 2022 | Le Citrine, 8
©Musicaos Editore, 2022
Via Arc. Roberto Napoli, 82 | 73040 Neviano (Le)
Tel. 0836618232 | info@musicaos.it | www.musicaos.org
I personaggi e i fatti descritti nel romanzo sono frutto dell’immaginazione dell’autore. Qualsiasi riferimento ad avvenimenti e a persone reali è puramente casuale.
Nessuna parte di questo volume può essere riprodotta su alcun mezzo senza l’autorizzazione scritta dell’editore.
Progetto grafico Bookground
Illustrazione Foto di Gordon Johnson da Pixabay
Foto dell’autore Francesco Sambati
Isbn cartaceo 979-12-80202-499
Isbn ebook 979-12-80202-727
ImmagineLIBERTY HOTEL ovvero la famosa nevicata del ‘36
VNO
Mercoledì 27 maggio 1936.
Pomeriggio.
Palazzo Venezia, Roma.
Ogni volta è la stessa storia.
Sua Eccellenza ha una stretta di mano che duole non poco, accompagnata da quel suo sguardo iniettato di incredula felicità per l’ingresso delle truppe italiane nel cuore di Addis Abeba di una manciata di giorni addietro.
Il suo interlocutore prova diplomaticamente a divincolarsi da quella serrata così forte, ma senza riuscirci, abbozzando un sorriso di circostanza davanti all’esuberante vitalità del Capo del Governo.
«Fontana, il generale Badoglio ha svolto un lavoro egregio in terra etiope. Sette mesi. Ci sono voluti sette mesi per acchetare le acque di quell’acquitrino stagnante che andava bonificato e reso degno della Roma fascista. E di questa operazione, Fontana, dovrete adesso dimostrarmi di essere il migliore e più oliato ingranaggio».
Il metro e novanta dell’uomo, calvo e dalla barba lunga e ben curata, non intimidisce i venti centimetri in meno di Sua Eccellenza, il cui sguardo si fa serio come in altre rare occasioni. «Il mio Popolo d’Italia deve lavorare alla sua più importante campagna di comunicazione: gli italiani devono comprendere che questo millenovecentotrentasei sarà un anno di svolta economica per il neonato Impero. Le opportunità in terra etiope sono considerevoli e dobbiamo farlo intendere al meglio».
Le sue parole sono sature di quella stessa enfasi con la quale impregna i discorsi dal balcone che affaccia su Piazza Venezia, siano i suoi interlocutori mille, cento o anche solo uno.
«Eccellenza, potete facilmente immaginare quanto sia impegnativo il coordinamento delle notizie sui successi esteri del Governo sulle pagine del Popolo d’Italia. Mi chiedo, pertanto, se avete idee differenti rispetto a come il giornale stia attualmente impostando la propria comunicazione. Anche perché resto un referente del Ministero per la Propaganda, sebbene imboscato dietro ad una delle tante scrivanie del vostro giornale».
Lo sguardo di Sua Eccellenza si fa cupo e, per pochi attimi, si distoglie dagli occhi del suo interlocutore. Scruta la mobilia della sala cercando risposte tra le venature arricciate dei marmi sui muri.
Zeno Fontana riconosce l’espressione di chi sa di non avere il giocattolo migliore tra le mani. «Fontana, Fontana… con poche parole dimostrate il vostro intuito come pochi altri collaboratori. Ho, in effetti, un’idea da sottoporvi per trovare nuove strade per la comunicazione del Governo».
«Allora esponetemele senza indugiare, Eccellenza».
Lui sorride.
Gli si avvicina e lui ne sente il fiato indosso.
Aglio olio e limone, come sempre. Una passione per lui, una maledizione per chi gli sta accanto.
«Zeno Fontana, mi avete mai visto indugiare in questi quattordici anni? O anche prima del Ventidue? Vi ho conosciuto al Politeama Rossetti di Trieste sedici anni fa e da quel venti settembre non credo di avervi mai dato modo di dubitare nelle mie scelte».
Il cranio pelato del Capo del Governo va imperlandosi di vibrante e sudata emozione.
«È forse stato un verbo infelice, Eccellenza?».
«È proprio questo il nodo, Fontana: un verbo. È sufficiente un verbo, anche una sola parola esatta per fare in modo che agli occhi del popolo italiano giunga quel che io intendo far giungere».
«Pur tuttavia, Eccellenza, ritengo che il Popolo d’Italia stia lavorando bene per la propaganda governativa».
«Certamente Fontana, il vostro lavoro è più che egregio. Ma, vedete, è giunto il momento di osare di più: il governo del Reich da un paio d’anni è affiancato da un nuovo ministro per l’istruzione pubblica e la propaganda, tale Joseph Goebbels. È mia ferma intenzione inviarvi a colloquio con lui. Voglio conoscere meglio i suoi metodi e metterli in pratica con l’inchiostro del Popolo. E la vostra penna, ovviamente, Fontana».
«Raramente utilizzo una penna per il mio lavoro, Eccellenza. Dovreste sapere che mi affido ad una Studio 42, presa a Torino pochi mesi addietro».
«Ed avete fatto bene: l’Adriano Olivetti sa bene il fatto suo ed è una cara persona».
«Preparo i bagagli per la Germania, Eccellenza?».
«In fretta, Fontana, in fretta».
I due si accomiatano e Zeno Fontana si accinge a scendere l’ampia scalinata di Palazzo Venezia.
«L’umore di oggi, Zeno?».
La voce del Generale Filippo Diamanti è riconoscibile come poche.
Zeno