Un militare, una vita
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Recensioni su Un militare, una vita
1 valutazione1 recensione
- Valutazione: 5 su 5 stelle5/5Toccante, da leggere per capire chi eravamo e chi siamo
Anteprima del libro
Un militare, una vita - Giovanni Ferrauto
Indice
PREFAZIONE
Capitolo ZERO-Premessa
Capitolo 1-Le origini
Capitolo 2-L’alluvione
Capitolo 3-Orfano
Capitolo 4-La guerra
Capitolo 5-Carabinieri
Capitolo 6-Calabria
Capitolo 7-Il casello
Capitolo 8-Rosina
Capitolo 9-Bombe
Capitolo 10-Panelle
Capitolo 11-Albania
Capitolo 12-Battaglia
Capitolo 13-Ospedale
Capitolo 14-La nave Toscana
Capitolo 15-Il mare
Capitolo 16-Rimini
Capitolo 17-L’armistizio
Capitolo 18-Dimesso
Capitolo 19-Emilio
Capitolo 20-Il viaggio
Capitolo 21-Il viaggio prosegue
Capitolo 22-I nazisti
Capitolo 23-In Puglia
Capitolo 24-Verso sud
Capitolo 25-In Calabria
Capitolo 26-Palermo
Capitolo 27-I fantasmi
Capitolo 28-Catanzaro
Capitolo 29-Genova
Capitolo 30-Palermo devastata
Capitolo 31-Disoccupato
Capitolo 32-La Polizia
Capitolo 33-Caserta
Capitolo 34-Milano
Capitolo 35-Le nozze
Capitolo 36-Santa Lucia
Capitolo 37-Giovanni
Capitolo 38-Il boom economico
Capitolo 39-La contestazione
Capitolo 40-L’incidente
Capitolo 41-Ciao
POSTFAZIONE-Commento dell’autore
Bibliografia
Giovanni Ferrauto
UN MILITARE,
UNA VITA
Prefazione di Fernando Battista
Youcanprint
Titolo | Un militare, una vita
Autore | Giovanni Ferrauto
ISBN | 9791222732480
© 2024 - Tutti i diritti riservati all'Autore
Questa opera è pubblicata direttamente dall'Autore tramite la piattaforma di selfpublishing Youcanprint e l'Autore detiene ogni diritto della stessa in maniera esclusiva. Nessuna parte di questo libro può essere pertanto riprodotta senza il preventivo assenso dell'Autore.
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www.youcanprint.it
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A Roberta,
Giuseppe,
Francesco
Ringrazio:
la Direzione dei beni storici e documentali dell’Arma dei Carabinieri, che mi ha mandato lo stralcio del Diario Storico del Comando Superiore FF.AA. Albania – Carabinieri Reali del Q.G.; Bimestre marzo – aprile 1943
, un documento originale dell’Arma da cui ho attinto notizie che sconoscevo;
l’Ufficio storico dello Stato Maggiore della Marina Militare, per le preziose informazioni che mi ha mandato riguardo la nave ospedaliera Toscana;
il caro amico Fernando Battista per il prezioso aiuto, per i consigli, per l’incoraggiamento, per le lezioni che mi ha dato e per tutte le volte che ha letto, riletto, corretto questo testo durante la sua scrittura. Per tutte le pagine che ha aggiunto e mi sono piaciute, e per tutte le parti che ha aggiunto e che io poi ho cancellato;
i miei figli Giuseppe e Francesco che con spirito critico mi hanno dato ottimi consigli per rendere il testo scorrevole e attraente;
Francesca, mia moglie, (last but not least) per il supporto morale che mi ha fornito.
* * * * *
…Nessuno muore sulla terra finché vive nel cuore di chi resta…
Ugo Foscolo
PREFAZIONE
Ognuno custodisce dentro di sé molte cose da raccontare, frammenti veri di vita vissuta, cumulati nel tempo e lasciati decantare nei vari strati della nostra esistenza. Sono là i ricordi, fermi all’interno dell’animo, pronti a riaffiorare in ogni momento. Quando desiderati o no, fanno rivivere sentimenti, emozioni, a volte felici altre volte meno, a volte condivisibili altre volte no ma sempre presenti. Essi sono conservati nel cuore di ognuno di noi, in quella cassaforte inviolabile di cui siamo i soli depositari della combinazione e quindi i soli capace di aprirla. Sono riportati in vita solo nel momento in cui il nostro animo si predispone a farlo per essere trasformati in patrimonio collettivo.
Quelle reminiscenze sono ripescate nel profondo dell'anima quando non si è più pressati dalla vita, dalle preoccupazioni e non si è più distratti dalla frenesia lavorativa che ci circonda. Quando finalmente possiamo guardarci intorno e nella calma giornaliera ripercorrere le fasi della vita vissuta fino a quel momento, per avviarci quindi in quei sentieri da tempo tenuti sopiti, ma che adesso, rimosse le distrazioni e riportati in auge i ricordi, essi mostrano la loro bellezza.
Allora ci si rende conto che quel patrimonio in parte nostro, frutto delle personali vicissitudini e in parte ereditato dai nostri padri, dai nostri nonni e avi, corre un grave pericolo ed è soggetto all’oblio. Nasce così la paura dell’inesistenza, del nulla, di vedere dissolvere ciò che è stato, di disperdere nei rivoli della dimenticanza quel vissuto di cui ognuno è depositario.
Fin dall’antichità l’uomo si è sempre posto il problema dell’eternità, di non terminare la vita con la dissolvenza di sé stessi ma avere un seguito. Sa che l’esistenza è un passaggio percorso velocemente, dove il presente è bruciato sull’altare dell’impazienza e della bramosia e il passato è cenere dispersa dal vento della distrazione e della dimenticanza se non raccolta e conservata. L’uomo impara così nel tempo a capire che l’eternità sta nei ricordi e negli atti lasciati come dono sotto forma di avvenimenti, opere, attività, azioni, donando ad essi l’immortalità sotto forma di "Storia".
Le società cambiano e quello che un tempo era farraginoso e complicato da tramandare, con questa nuova epoca aperta al mondo virtuale diventa estremamente facile e semplice da documentare e conservare. Ogni cosa passa attraverso i social media, il tempo reale è vissuto nelle immagini trasmesse su uno schermo, su un tablet, su un telefonino e tutto è conservato virtualmente liberando così le menti dal peso dei ricordi. Non ci accorgiamo però che ciò che passa non scritto ma solo rappresentato come immagini, si perde nel tempo, si scioglie come ghiaccio al sole man mano che i fatti e gli episodi accaduti cadono nel baratro della dimenticanza.
L’immagine è un momento di una storia ma non è tutta la storia. Nasce così il desiderio di conservare a perenne memoria episodi ed avvenimenti per ridare alle immagini il vissuto che rappresentano e poterlo nel tempo ricondividere e farne patrimonio comune. Cresce così la volontà di trasportare i ricordi e le esperienze pronte all’oblio, nella scrittura unica e perenne fonte di conservazione dei sentimenti in essi vissuti. Questo è ciò che il mio amico Gianni, con determinazione e passione ha fatto in queste pagine, tramandando nel tempo a venire emozioni, tormenti, passioni vissute e quanto altro una semplice foto avrebbe potuto mostrare, di ciò che è stata un periodo di vita da non dimenticare.
Il tuo amico Fernando Battista
Capitolo ZERO-Premessa
Aiuto, l’acqua sta salendo, rischiamo di affogare, corriamo al secondo piano! Papà perché te ne sei andato? Da lassù ci proteggerai? La mitragliatrice, i ribelli sparano, bombe sulla nave! L’ospedale. Scappiamo con la bici, scappiamo verso casa! Non ho soldi, come farò a vivere? Farò il poliziotto! Corriamo, i delinquenti scappano. Ahi, no un’altra ferita. Come sopravviverò?
Papà, Emilio, amici per un’ora, amici per un anno, amici per la vita, Rosina, Gigi, Gianni. Perché mi lasciate? No, forse sono io che sto lasciando voi. Lo so è ancora troppo presto.
Ho molto da dire. O forse ve l’ho già detto?
Se aprite il vostro cuore e i vostri occhi e le vostre orecchie, mi sentirete.
Capitolo 1-Le origini
É un’afosa giornata della vigilia di ferragosto nel 1921. Appena un anno prima si era svolta la famigerata marcia su Roma promossa dal futuro duce che, dopo qualche decennio, avrebbe portato l’Italia allo sfacelo. Il malcontento sociale, la delusione per le scarse conquiste dell’Italia dopo la prima guerra mondiale e i timori per una rivoluzione della classe media, fanno da sfondo alla nascita di un piccolo e paffuto bimbetto venuto al mondo dopo la sorella Rosa. Gli viene dato il nome di Giuseppe come il nonno paterno ed è l’amore della mamma Angela e del papà Luigi, agente della polizia municipale di Palermo.
La polizia municipale è la milizia del Comune di Palermo creata da Ferdinando II di Borbone nel 1846, con lo scopo di fare da deterrente a quella criminalità cittadina che infestava i vicoli rendendoli pericolosi specialmente durante le ore notturne. Nel 1908 assume il nome di Corpo delle guardie municipali
e assume un nuovo ruolo cittadino: è un’epoca in cui c’è un gran via vai di carrozze e delle prime macchine a motore, e la città comincia ad aver bisogno di uomini che facciano rispettare ordine e disciplina nel muoversi e nel frattempo diano il segno di un’autorità sempre presente sul territorio. Luigi in forza al dipartimento di Palermo svolge il suo lavoro con rigore e la sua estrazione ottocentesca lo rende intransigente e austero nel farsi rispettare, ma in fondo, in fondo è benevolo e paternalistico con tutti. I quartieri della città sono diventati la sua seconda casa, e muovendosi tra i vicoli e le piazze, conosce tutti: dal fruttivendolo, all’acquaiolo, dal carbonaio al lattaio, dal medico condotto al ragazzino che campava di espedienti, tutti lo conoscevano.
Sa benerica, don Luigi
è il saluto tipico della gente che lo incontra e che gli vuole mostrare affetto e deferenza.
Buongiorno a te
risponde Luigi, compiaciuto per l’attenzione ricevuta.
Gli anni passano, il lavoro di Luigi è sicuro e gratificante, e quel bambino piccolino, forte ma dall’apparenza gracile chiamato affettuosamente Peppuccio da mamma Angela, cresce bene. Le preoccupazioni non affliggono più di tanto la famiglia di Luigi: sono anni di un modesto benessere e lui porta avanti la famiglia secondo i principi di severità e austerità tipici dell’inizio Novecento.
Capitolo 2-L’alluvione
É passato un decennio e la famiglia di Luigi vive senza eccessivi problemi, papà Luigi sempre con la sua immancabile divisa quasi fosse una seconda pelle, mamma Angela indaffarata nelle faccende domestiche, Peppuccio e Rosa iniziano ad affrontare i primi anni di scuola.
Fino a questo momento nulla turba l’andamento di quella famiglia e la vita scorre serenamente: Peppuccio e Rosa studiano con grande interesse perché a loro piace conoscere com’è fatto il mondo, piace conoscere la storia dei popoli antichi, vogliono apprendere le tecniche per costruire piccoli attrezzi, e amano imparare a parlare correttamente, poi, dopo pranzo, si incontrano giù nella strada con alcuni coetanei e giocano fino al tramonto con la trottola, a nascondino, a moscacieca, con l’aquilone, le bambine con le immancabili bambole di pezza, poi papà arriva a casa e insieme salgono le scale di casa senza che sia necessario chiamarli, cena e dopo qualche chiacchiera in famiglia o, durante la bella stagione con qualche vicino di casa, poi tutti al letto.
Casa, scuola, lavoro; tutto fila liscio, fino a quel fatidico giorno del 21 febbraio 1931 quando dapprima comincia a piovere, poi la pioggia aumenta di intensità,
mamma, piove ancora
adesso smetterà di piovere
rassicura mamma Angela. Ma la pioggia non smette, è incessante, un vicino rientrato frettolosamente in casa urla:
il fiume si ingrossa, il Papireto ha rotto gli argini. L‘acqua sta arrivando anche qui
.
Il fiume vicino piazza Sant’Onofrio straripa, il livello dell’acqua si alza sempre di più e una violenta alluvione si abbatte sulla città di Palermo. Un fiume di acqua violenta e inarrestabile invade tutte le strade e trascina con sé tutto ciò che incontra.
Peppuccio abita al vicolo Travicelli nel quartiere Sant’Onofrio, uno dei quartieri più popolati di Palermo, che per un’inspiegabile logica urbanistica del passato, si trova in una depressione, cioè sotto il livello del mare. La piena è improvvisa e l’acqua si riversa in tutto il quartiere e anche in quel vicolo come una furia, portando via tutto ciò che trova sulla strada.
L’acqua sale! Scappiamo, corriamo al secondo piano
urla Angela trascinando i figli con sé.
Acqua e fango arrivano al secondo piano delle case e tutti, man mano che l’acqua sale, fuggono ai piani alti fino ad