Lo spettro di Mariupol: Nessuna guerra può mai far giustizia
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La loro avventura è segnata da 'apparizioni' di persone anziane che deambulano senza pace tra le rovine di Mariupol, e che loro interpretano come spettri. Sono persone reali, in carne e ossa, ma alla dottoressa Lesya sembra di vedere sempre lo spirito della stessa Mavka, una figura del folklore ucraino tornata molto popolare nella propaganda antirussa in questo periodo.
L'ultima parte della storia si svolge all'interno delle acciaierie Azovstal, dove sono asserragliati combattenti e civili in condizioni terribili, dove la dottoressa Lesya si trova dilaniata dal tomento etico di dover soccorrere un giovane combattente con il corpo ricoperto di orrendi tatuaggi.
Il giuramento di Ippocrate e l'uniforme che indossa le imporrebbe di farlo, essendo il ferito un patriota che difende il suo paese. D'altro canto però, i suoi ricordi familiari della seconda guerra mondiale e degli orrori che i suoi parenti hanno subito dalle SS, non lasciano in pace la sua anima. Inoltre lei conosce quel ragazzo, è cresciuta insieme a lui e da giovanissimi hanno avuto una relazione amorosa, questo contribuisce a devastarla ancor più dentro.
Lesya non avrà il tempo materiale di soccorrere il ferito e questo in parte la solleverà da una decisione che avrebbe comunque pesato come un macigno sopra la sua coscienza, ma si porterà sempre dietro il dolore di questa sconfitta morale: la consapevolezza che comunque avesse agito avrebbe fatto del male a una parte di lei. Il testo è in ottava rima, lo stesso verso usato dai cantastorie nei contrasti a sfondo sociale e politico del primo Novecento.
Edizione critica con note a fondo pagina, ampia bibliografia e con un saggio conclusivo sull'impiego di armi non convenzionali proprie della cosiddetta 'guerra cognitiva' nello scenario ucraino e le sue ripercussioni sui paesi che vi hanno fatto ricorso. In appendice, il libro è arricchito da nove spartiti musicali per chitarra sola, nei quali si trovano trascritti interludi musicali composti per alternare la pubblica lettura delle scene.
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Anteprima del libro
Lo spettro di Mariupol - Federico Bert
Federico Berti
Lo spettro di Mariupol
Nessuna guerra può far giustizia
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Indice dei contenuti
Introduzione
Scena e personaggi
Lo spettro di Mariupol
Tavola I
Tavola II
Tavola III
Tavola IV
Tavola V
Tavola VI
Spartito I
Spartito II
Spartito III
Spartito IV
Spartito V
Spartito VI
Spartito VII
Spartito VIII
Spartito IX
Bibliografia
Introduzione
Guerra cognitiva
e conflitto ucraino 1
Censure connesse, logica della polarizzazione.
Il lato oscuro del Mental Warfare
Il tema qui trattato è divisivo e controverso, non tanto per la crudezza dei pensieri esposti e la drammaticità degli eventi in corso, quanto per la pressione mediatica esercitata dai media pubblici e privati intorno a questi argomenti. La tesi che qui si presenta non pretende equidistanza, non si inscrive in un innocuo e blando pacifismo di facciata, ma parte dalla storica (e scomoda) distinzione fra guerra imperialista e guerra di classe, ponendo sotto la luce del pensiero critico il concetto di ‘violenza cognitiva’ formulato in questi anni dai teorici delle armi non convenzionali.
Lo scenario ucraino ha rappresentato un banco di prova nell’applicazione su larga scala di metodi che fino a pochi anni fa si annoveravano fra le tecniche di manipolazione delle coscienze, sanzionate nella maggior parte degli ordinamenti giuridici. Per la prima volta il potere ne ha fatto un uso aperto, conclamato, persino ‘compiaciuto’, parlandone come di uno strumento etico se orientato a minimizzare il danno causato dalle armi convenzionali. Con questo non s’intende postulare l’idea di una mansueta, ingenua remissività nel popolo aggredito con questo genere di strumenti, ma l’implacabile e feroce precisione del metodo, che supportato da tecnologie avanzate nell’indagine demoscopica, rende oggettivamente non facile difendersi da tali aggressioni.
Le teorie di Bernays sulla pubblicità ingannevole, che negli anni ‘20 giustificarono e diedero strumenti di sviluppo alla propaganda dei regimi totalitari, vengono oggi presentate dai moderni strateghi della guerra ibrida come metodi positivi, benevoli, dove l'inganno si pone obiettivi più alti della verità: ridurre il numero delle vittime di una guerra, minimizzare il ricorso alle armi convenzionali, contenere il dissenso e prevenire il pubblico disordine. Come vedremo in queste pagine, è vero semmai l’opposto. La violenza cognitiva è normalmente usata per provocarle, le guerre, non per contenerne il danno. La polarizzazione dell’opinione pubblica, la costruzione di realtà alternative, le censure interconnesse, hanno confuso la popolazione sia nel blocco asiatico, sia in quello euro atlantico, favorendo l’insorgere di disturbi della personalità che in alcuni casi hanno portato a fenomeni di isteria collettiva e guerriglia urbana negli stessi paesi aggressori. La violenza sulla mente, finisce prima o poi per tradursi in violenza sui corpi.
La tesi qui esposta è che l’uso del ‘mental farfare’ sia dannoso non solo per chi lo subisce, ma anche per chi lo pratica. Il saggio perviene alla necessità di tornare a sanzionare la menzogna consapevole dove ne sia realmente comprovabile il fine sedizioso, ma prima ancora intraprendere un percorso di addestramento alla resistenza cognitiva nelle masse, per sottrarre vittime potenziali ai predatori delle coscienze. Alla guerra imperialista che si combatte nella nostra mente, è il momento di opporre un processo collettivo e organizzato di implementazione dell’immaginazione attiva attraverso le arti, le scienze e la condivisione della conoscenza. Un nuovo umanesimo, un rinascimento culturale il cui fine a lungo termine non può essere che una rivoluzione interiore 2.
Predatori della mente
Per guerra cognitiva 3. s’intende una forma di guerra ibrida basata sulla conduzione continua e ripetuta di attacchi informativi e operazioni psicologiche orientate a influenzare atteggiamenti, comportamenti, punti di vista. Questi attacchi avvengono attraverso il patrocinio di intellettuali ridotti a influencers e gruppi di cittadini arruolati, spesso inconsapevolmente, come amplificatori di narrazioni predisposte, che opportunamente coordinate fra loro hanno il potenziale di frammentare, polarizzare e radicalizzare il dibattito pubblico, promuovendo processi di disgregazione sociale e fenomeni di involuzione culturale diffusa 4. Dove siano stati applicati questi strumenti di manipolazione dell’opinione pubblica con più insistenza, si è registrato un aumento dei fenomeni di analfabetismo funzionale, disinformazione, violenza, non solo nelle vittime di questi attacchi, ma negli stessi aggressori. La guerra cognitiva mira a condizionare le menti dei cittadini attraverso strategie complesse che sfruttano varie fonti e canali al fine di interferire nel processo democratico, ma ottiene l’opposto del risultato che si propone.
È un concetto entrato nei vocabolari dell'intelligence, degli ambienti militari e della geopolitica, in anni recenti con lo sdoganamento di una nozione fino ad