Mentre andavamo sulla Luna...
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Mentre i tre astronauti fanno ritorno sulla Terra, la polizia lavora al caso Alden con i pochi indizi disponibili. Soccodato annaspa: così come non riesce a raccogliere prove decisive per incriminare qualcuno, il commissario non trova elementi che possano scagionare altri. Su suggerimento di sua moglie Marietta, ricorre allora allo stratagemma che i poliziotti chiamano in gergo saltafossi: farà credere agli indiziati che Maria Rolli abbia recuperato la memoria e sia pronta a sostenere un confronto. Ma altre sorprese attendono il commissario nei primi afosi giorni di agosto.
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Anteprima del libro
Mentre andavamo sulla Luna... - Emanuele Gagliardi
PERSONAGGI:
Umberto Soccodato: cioè io. Commissario di Pubblica Sicurezza – Sezione Omicidi;
Marietta Teresa Bersana Soccodato: mia moglie;
Brigadiere Giovanni Santucci: della mia squadra. Perennemente raffreddato;
Dott. Ing. Domenico Garretto: detto Mimmo. Mio cugino. Funzionario del SID (Servizio Informazioni Difesa) – Ufficio R;
Comm. Crescenzo Lodetti: industriale tessile, proprietario della Lodetti Tessuti s.r.l.. Marito della modella italo-americana Jane Alden;
Jane Alden: nome d’arte di Jane Messina. Bellissima, volubilissima supermodella oriunda, pericolosamente prossima all’alcolismo cronico. Figlia del magnate americano Frank Messina. Moglie del commendator Lodetti;
Paola Uthe: nordica. Sudtirolese, per la precisione. Impeccabile, efficientissima segretaria particolare del commendator Lodetti;
Maria Rolli: sarta presso l’atelier Sorelle Fontana;
Dott. Ing. Marco Taglieri: consulente dell’addetto scientifico presso l’Ambasciata degli Stati Uniti in Italia. Bello, intelligente, affascinante;
Vera Negri: giovane, enigmatica violoncellista;
Domenica Neri Aldi: donna sportiva, risoluta e indipendente.
"Da oggi, da ieri sera e soprattutto da stamattina, lo spazio che ci circonda è diverso:
che sia migliore o peggiore spetta a noi deciderlo…"
(Andrea Barbato a conclusione delle 28 ore di diretta TV
per la missione Apollo 11 – 21/07/1969)
1
"Freedom is just another word for nothin’ left to lose
Nothin’, and that’s all that Bobby left me, yeah…
But feelin’ good was easy, Lord, when he sang the blues
That feelin’ good was good enough for me, mmm-hmm
Good enough for me and my Bobby McGee…"¹
Roma, 6 luglio 1969 – domenica sera
(Ufficio del Dott. Thomas Norton - Addetto Scientifico presso l’Ambasciata degli Stati Uniti d’America)
Appare da sotto la porta del bagno e avanza sul parquet per una ventina di centimetri prima di bloccarsi, sorpreso dalla luce. Le antenne roteano freneticamente per avvertire odori, suoni, pericoli. Non è prudente avventurarsi dove c’è luce, suggeriscono i sensilli e l’istinto. Ma qualcosa attrae lo scarafaggio, sul pavimento più caldo di quello percorso prima, al buio, dopo aver arrancato sulla fanghiglia viscida lungo un tubo che non finiva più. Passa ripetutamente le antenne tra i palpi per nettarle. La percezione migliora. C’è umidità. Temperatura, odore dell’aria sono tutt’altra cosa qui, rispetto al tubo maledetto. Sembra di stare all’aperto. Però… c’è sempre troppa luce. E non è saggio arrischiarsi dove c’è luce. Tanto più adesso, ché qualcosa di grosso e pesante si muove facendo vibrare l’impiantito. La fame è però più impellente della prudenza. Di appiattirsi, ripassare sotto la porta e tornare nel buio non se ne parla! Resta immobile, mentre le antenne seguitano a scandagliare l’ambiente. Cosa sarà questo richiamo irresistibile?! Per scoprirlo basterebbe avanzare una spanna, ma l’allarme atavico che dalle antenne scuote gli uriti lo congela. L’aria si smuove… Che succede?! Cala l’intensità della luce… Le antenne oscillano disperatamente per decodificare alla svelta i nuovi segnali… Poi un boato, un tonfo secco, il buio e un dolore totale spezzano tutte le sensazioni…
La scarpa si solleva. Sul parquet restano stampati piccoli frammenti coriacei immersi in una poltiglia burrosa biancastra tra cui una delle sei zampine disarticolate ha un ultimo fremito prima di arrestarsi a mezz’aria.
«Damn!» esclama l’uomo. Le scarpe di coppale che indossa con lo smoking hanno colore e riflessi simili al corpo della blatta che ha schiacciata. In America queste bestie sono più grandi e di colore bruno. Qui sono nere e sembrano proprio di coppale. «Che schifo! Domani, quelli delle pulizie toglieranno ’sta robaccia dal pavimento... Adesso… il poligrafo! Chissà se… Bisogna controllare...»
Il pennino mobile dell’apparecchio, che ha due elettrodi collegati alla foglia di una pianta, ha tracciato sul rotolo di carta millimetrata un’impennata di onde seguita da una linea retta continua: la pianta… è svenuta!!
In strada la temperatura è più alta di almeno dieci gradi rispetto all’ufficio che l’uomo in smoking ha appena lasciato. Parecchi italiani, compreso quel tipo strambo del suo assistente, l’ingegner Taglieri, si lamentano per il freddo. Non sono abituati all’aria condizionata. Soffrono, sudano, sbuffano, ma invece di rifiatare a diciotto-venti gradi mentre fuori fa trentacinque, si sentono a disagio, temono di raffreddarsi e guardano il condizionatore come un nemico insidioso, un capriccio di gente esaltata dal progresso che non sa badare alla propria salute.
Per fortuna, pure l’autista del taxi su cui sale ha caldo. Con tutti i finestrini abbassati, dentro l’abitacolo della 124 c’è una piacevole corrente che rende sopportabili la giacca, il colletto inamidato e il papillon.
«Via Orsini, all’ambasciata giapponese, per favore.»
«Okkei, Jò!», risponde il tassinaro in vena di cojonella. Uno che a Roma va in giro in smoking il 6 luglio non può che essere straniero. Quasi certamente americano, visto che l’ha caricato all’ambasciata di Via Veneto. Quindi okkei, Jò
ci sta tutto! Ingrana la seconda e la macchina risponde con il caratteristico rumore di scarico smarmittato che, specie di notte, fa riconoscere le 124 pure a due isolati di distanza.
*
Ambasciata del Giappone
(Via Virginio Orsini, 18)
«Jane, ti prego! Stai esagerando!»
«Esagerando?! Perché? Sto semplicemente dicendo la verità! Quando una dice la verità mica sta esagerando!»
«Per favore, smetti di bere!»
«Ehi, frena! Chi sei tu per dirmi che devo fare?! Cosa ti fa credere di avere il diritto di darmi ordini?!»
«Per cortesia… siamo in pubblico!»
«Giusto! Siamo in pubblico! Awesome!… Sentiamo cosa ne pensano questi distinti signori…»
«Sarà meglio che ce ne andiamo…»
«Vattene tu! Io resto. Ho tante cose da raccontare… E poi… andiamo… facciamo… Parla per te! Io non faccio quello che fai tu e meno ancora quello che vuoi tu! Vedete? Mi vuole comandare… dà ordini… Fuck you!»
«Jane, ti scongiuro…»
«Crede di essere il mio uomo, capite?! Il maschio dominante… Invece… ah! ah!... è tutta da ridere… se sapeste che razza di fallimento che è a letto, questo qui!»
«Non credo che a sua eccellenza e ai convenuti interessino i tuoi sproloqui! Finiscila, per l’amor di Dio!»
«Amore!... Oh! L’amore… il tuo punto dolente! L’amore… tu non riesci a farlo! Sapete, lui non ci riesce! It’s a bummer, isn’t it?»
«Jane, ora basta sul serio!»
«Ma dai… perché basta?! Don’t get bent out of shape… e poi… ormai i signori e le loro geishe, qui, si saranno incuriositi…»
«Oh, gosh…»
«How dare you?!»
«Vi dicevo, insomma… che non ci riesce. Do you understand? A letto… nisba!... non riesce. E allora si trasforma in un docile, obbediente cagnolino con la sua linguetta…»
«Bakageta!»
«My God!»
«How disgusting!»
«He’s a jerk!»
«Basta! Hai passato il segno! Eccellenza, signore, signori, vi prego di perdonarci. La signora non si sente bene…»
«Non è vero! Io mi sento benissimo! Sei tu che stai male perché non ce la fai! Cos’è, hai paura che sappiano come stanno le cose? Già l’ho detto e lo ripeto: gente, a letto questo tizio è un cagnolino! Sa fare… può fare solo quello! Whatever…»
«Scusate… Andiamo, forza…»
«È triste! È tanto triste per una donna come me, stare con un uomo che è soltanto un cagnolino! Un cagnetto portatile! Bella questa! Un cagnetto portatile…»
«What a boor!»
«Shame!»
«Gehin!»
«She’s smashed!»
«As usual…»
«Stai davvero male, Jane! Basta! Io me ne vado…»
«Vai! Vai! Sei libero. Ti senti forse in gabbia? Un piccolo, piccolo, piccolo uccellino in gabbia… Vai! La gabbia è aperta. Ma… oh, già… what a bummer!... Your little, little bird can’t fly…»
«Vi chiedo cortesemente di lasciare questa legazione! Non mi sembra corretto costringere i miei ospiti ad assistere oltre a questo spettacolo scadente!»
«Ha sentito?! L’ambasciatore ha avuto fin troppa pazienza! Vi chiedo anch’io di allontanarvi… e alla svelta!»
«Certo, Mister Norton, certo. Sono costernato… togliamo subito il disturbo. Chiedo scusa a lei e ai suoi invitati, eccellenza...»
*
Stessa ora…
(Abitazione dell’Ing. Domenico Garretto – Via La Spezia, 58)
«Guarda un po’ qua…»
«Cos’è? Un… un passaporto?»
«Risposta esatta, cugino poliziotto. Passaporto diplomatico della Repubblica Popolare Cinese. Chung-hua Jen-min K’ung-ho Kuo, mi pare si dica così…»
«Come te lo sei procurato?!»
«L’ho preso in ufficio.»
«Preso?!»
«Preso. Voce del verbo prendere…»
«Vàffallòvo! Hai capito benissimo cosa intendo. Un passaporto, a maggior ragione diplomatico, lo rilascia il Paese d’origine, l’ambasciata…»
«A Forte Braschi non seguiamo canali ufficiali. Siamo i servizi segreti! Siamo l’intelligence e… quando ci serve una cosa, o riusciamo a ottenerla o la fabbrichiamo…»
«Perciò questo… è falso?!»
«Che definizione volgare! Sei proprio un questurino! È una copia perfettamente conforme all’originale. Osserva: persino la similpelle della copertina è uguale…»
«D’accordo, ma… dal momento che non sei cinese e, che io sappia, non sei ambasciatore o console in Cina, mi dici a cosa cavolo ti serve?!»
«Boh! Per adesso a niente…»
«E poi… possedere un passaporto falso è reato!»
«Secondo me no, almeno finché non lo adoperi…»
«Allora spiegami che te ne fai di un passaporto, se non lo usi. A volte sei irritante!»
«Mi piace! Guarda quant’è bello, tutto rosso. Sai a quanta gente questo rosso fa venire la cacca al culo?! Nixon non dormirebbe, se Mao decidesse di impegnarsi sul serio in Vietnam! E manco Breznev dormirebbe, credi a me!»
«Va bene, va bene… nessun dorme! Però, ancora non mi hai detto a te che te ne viene?»
«Uffa! Quanto sei… poliziotto! Ce l’ho e basta. Quelli che posseggono il Gronchi rosa, mi sai dire che se ne fanno? Mica lo appiccicano sulle cartoline da spedire. Se lo tengono. Magari, ogni tanto, se lo rimirano.»
«Non vedo il nesso! Il Gronchi rosa è una rarità…»
«Quanti italiani pensi che abbiano un passaporto cinese? È facile che ci siano in giro più Gronchi rosa…»
«Va bene, va bene, hai ragione tu. Ma… fammi capire, forse tutta ’sta manfrina è per dirmi che devi andare in Cina? Ti ha invitato Mao, o Chou En-lai? Vogliono il tuo parere prima di intervenire in Vietnam?»
«Noooo!»
«Vivaddio!»
«Però vado in America. Ma per l’America basta il mio passaporto.»
«Ah! Vai in America! Per lavoro?»
«No. Il capo, l’ammiraglio, che è pappa e ciccia con l’ambasciatore Ortona, vuole premiarmi per la mia fedeltà e dedizione². Vado ad assistere alla Missione Apollo 11: Cape Canaveral… Houston… Partenza il 14, ritorno il 25. Bello, no?»
«Porca zozza, più che bello! Però… scusa se rido… fedeltà e dedizione a parte, dopo tutte le parolacce, le contumelie e gli insulti che gli indirizzi, il capo ti regala un viaggio?! Non sarà che vuole allontanarti per un po’?»
«Allontanarmi?! E da cosa? Dal marciume che c’è a Forte Braschi? Dagli intrallazzi e dalle puttanate che fanno lui e quelli come lui? Se così fosse, non dovrebbe mandarmi in America dieci giorni, dovrebbe mandarmi in esilio!»
«Comunque sia, al ritorno dovrai raccontarci tutto!»
«Puoi giurarci! In tutti i modi, non ti crucciare: io sarò lì, assisterò a tutto dal vivo, forse potrò stringere la mano agli astronauti, forse mi presenteranno Von Braun…»
«Eeh! Cala Trinchetto! Magari, direttamente Nixon?!»
«Perché no?! A ogni modo, dicevo, non ti affliggere: la Rai seguirà tutta la missione, so che faranno una diretta…»
«Questo lo so pure io! Ma non è esattamente la stessa cosa!»
«Chi s’accontenta gode, ci dicevano i preti in collegio, ricordi? A proposito, sapete che Paolo VI s’è fatto installare un televisore a colori a Castel Gandolfo per seguire l’allunaggio?! Però il Vaticano non vuole che la notizia trapeli, sennò la gente comincia a mugugnare: ecco i soliti privilegi della Chiesa!»
«Tu come fai a saperlo?»
«Beh, noi sappiamo tutto! Altrimenti, che razza di servizi segreti saremmo?!»
«Insomma, parti il 14.»
«Exactement!»
«Praticamente, domani a otto. E ci lasci qui con Rumor che raccoglie i cocci...»³
«Oh! Quella è la solita farsa! Dai retta a me: faranno finta di scannarsi per qualche giorno, poi ridistribuiranno le poltrone così il professorino potrà formare un nuovo governo e le rogne se le sbrigherà lui mentre tutti se ne andranno al mare…»
«A te Guglielmo Giannini te fa ’na pippa!»
«Non sono qualunquista, Umberto, sono realista. Vedrai, andrà come dico io: due, tre settimane di baruffa, poi pace e tutti al mare»
«Pure Andreotti? Non ce lo vedo Andreotti al mare.»
«No! Lui va in convento dalle Orsoline a Cortina d’ Ampezzo.»
«Embè… una scelta da perfetto Richelieu: il luogo più sobrio nella località più chic!»
«Perlomeno non è ridicolo come qualcuno del suo partito che va sulla spiaggia in completo e cravatta.»
«Senti un po’: porti pure Betta in America?»
«Ho chiesto a quel beccamorto dell’ammiraglio se potessi portarla, ma ha detto che più di un posto non è riuscito rimediare. Quindi… niente moglie! Di certo ne avrà riservati alcuni per le zoccole che s’inchiappetta!»
«Allora, Betta cara, vorrà dire che verrai da noi a seguire la diretta… in bianco e nero!»
«Grazie! Speriamo che il nostro Mr. Bond non combini guai in America!»
«Come direbbe il netturbino in sciopero: non raccolgo! Certo che la vita è strana, vero Umberto? Pensa: se invece del commissario avessi fatto il Papa, a quest’ora avresti avuto la TV a colori!»
«Beh, non starei poi male con tiara e mozzetta, ma c’è quella faccenduola del voto di castità… Mi accontento del mio Nucleovision in bianco e nero!»
«Ehi, se vi va, venite pure tu e Marietta ad accompagnarmi all’aeroporto.»
«Volentieri. Se riesco a defilarmi, verremo di certo.»
"Lisa dagli occhi blu
senza le trecce, la stessa non sei più.
Piove silenzio tra noi,
vorrei parlarti, ma te ne vai
Eppure, quasi fino a ieri
mi chiamavi amore, tu…" ⁴
*
Verso le 23…
(Abitazione di Jane Alden – Via Ottorino Lazzarini, 12)
«Jane, non capisco perché hai voluto essere tanto sgradevole! Diciamo pure, maleducata!!»
«Ma falla finita, cagnetto!»
«Tu devi farla finita! Vuoi rovinarmi? Hai visto la faccia di mister Norton? Per non parlare dell’ambasciatore Takano… E poi, definire geishe le signore…»
«What’s wrong with that?! Non dici sempre che le geishe non sono puttane?»
«Quelle sono mogli di diplomatici! Si sono offese!»
«Whatever…»
«Jane, sinceramente… qual è il tuo problema? Ce l’hai con me? Non sei soddisfatta? Ti ho stancata? Ti sei stancata?... Non lo so… dimmi, fammi capire… In ogni modo, che bisogno c’era di sputtanarmi davanti a tutti e di insolentire quelle persone, peraltro squisitissime...»
«Squisitissime! Come lo sai? Have you tasted their asses too?»
«Sei disgustosa!»
«So funny!»
«Divertente!? Tu sei malata! Malata in testa!»
«Pure tu! Tu e i tuoi problemi psicologici, com’è che li chiamano? Blocchi… insomma, quella roba lì che non te lo fa alzare!»
«Assurda! Sei semplicemente assurda. E sleale…»
«Ah! Sleale… guarda, posso concederti che quelle statuette d’avorio incipriate non siano geishe e tantomeno troie, ma quanto al resto della compagnia…»
«Ah! Ecco! Ma sì, ora ho capito! Non ero io il problema, almeno non direttamente. Volevi guastare il clima, rovinare la festa…»
«Why would I do that? Sentiamo…»
«Lo sai bene perché! Ti bruciava il fatto che avevano invitato Luna⁵. È lei il tuo cruccio, vero? Ti mette in ombra e non riesci proprio a sopportarlo! Te la sei presa con me solo per mettere tutti in imbarazzo…»
«Quella non può competere con me. Manco lontanamente!»
«Ah, no?! Mi sembra che riscuota parecchio successo. Tu sei stata il top, però il mondo della moda è spietato, lo sai meglio di me; brucia tutto e tutti in un istante e… adesso è il suo momento!»
«Damn! Solo per la stupida coincidenza di chiamarsi Luna in un periodo in cui non si parla d’altro… E manco è il suo vero nome! Dice che chiamavano Luna il suo… biological father … Perché neppure sa bene da dove viene, la bastarda! Va dicendo che la madre era messicana, la nonna un’attrice irlandese sposata con un negro, una specie di artista, di designer o roba del genere… Fucking cow!»
«Quanto astio! Vedi che ho ragione?! E, comunque, non mi sembra che le sue origini, diciamo così, nebulose ostacolino il suo successo: è la modella più pagata al mondo, è la musa di Andy Warhol e di Dalì, sta lavorando con Fellini…»
«Si sa vendere! L’esotico vende, that’s all. Il negro, poi… un negro di successo fa sentire a posto tutti, come quando si dà l’elemosina al poveraccio sulle scale della chiesa il giorno di Natale! Ma, dico, l’hai vista? È alta quasi uno e novanta e pesa quarantacinque chili! Non ha petto. Le mani sembrano due ragni… ed è pure drogata!»
«Sarà anche drogata, come dici te, ma…»
«Guarda che l’ha ammesso lei stessa, l’anno scorso!»
«D’accordo. Dicevo: sarà pure drogata, ma in società ci sa stare e non dà in escandescenze…»
«Ah, certo, come no! Si sa comportare… Agisce come meglio le conviene e a seconda di chi ha davanti: fanno così le puttane!»
«Niente da fare, proprio non ti va giù, eh?!»
«Ma stai zitto, cagnetto! Non è vero che non mi va giù, perché manco mi ci paragono! Non sarà mai alla mia altezza.»
«Però Rootstein ha creato un manichino a immagine e somiglianza di lei, non di te…»
«A dummy! Great! There’s no difference at all! Lei questo è: a dummy! A nasty skinny dummy! Pelle e ossa…»
«Che fa i milioni!»
«Milioni, trilioni, miliardi… ma che ne sai tu?! You silly muthafucka… Parli a vanvera… Parla, parla… riempiti la bocca di merda! Per quello sei il top! Truly!»
«Ma quanto sei brava! È facile offendere, colpire…»
«E continuerò a farlo, non ti illudere! Everyone will know what kind of man you are! I’m still the incomparable Jane Alden! Mi invitano a cena ministri, artisti, diplomatici, registi… e allora, stai sicuro, non perderò occasione di parlare di te: doggy ass-licker, wingless little bird, pistolero con il revolver a salve… Voglio vedere se il tuo attaché ti manderà ancora in giro a parlare della Missione Apollo…»
«Non ho parole! Sei… disgustosa! Ti senti onnipotente solo perché hai i soldi. Anzi, tuo padre ha i soldi, perché manco sei capace di far fruttare quello che guadagni! Tu sei come lui: un bulldozer che crede di poter comprare tutto e tutti e, se non ci riesce, schiaccia l’ostacolo e passa oltre! Ti piace sputtanare me, ma tutti sanno che quel becco di tuo marito possiede la fabbrica che possiede solo grazie ai dollari di Frank Messina, l’amico dei mafiosi e vecchio compagno d’armi di Lyndon Johnson… Per via dei verdoni di papà Messina, Lodetti sopporta le corna!»
«Corna?! Quali corna?! Una donna cornifica il marito quando va a letto con un altro uomo che se la scopa… non è il mio caso, visto che vado a letto con te!»
«Jane, te lo dico una volta sola: stai scherzando col fuoco! E quanto alle corna del commendator Lodetti, credo che le porti, eccome! Perché ad andare a letto con te non son stato l’unico e credo che non sia e non sarò l’ultimo…»
«Damn! The little dog growling…! Ascolta: puoi chiamarmi puttana, troia… usa il termine che preferisci, tanto manco ti sento! Le tue parole sono come le tue attività a letto: colpi a salve! Blank shots!»
*
Nello stesso tempo…
(Abitazione del commissario Umberto Soccodato – Via dei Tadolini)
«Di’ un po’, Umberto, sarai mica invidioso di tuo cugino?!»
«Io invidioso! Mi offendi, Marietta! Una cosa che proprio non mi riesce è provare invidia, lo sai bene! A volte mi sforzo… penso: guarda il tale che casa enorme che ha! E ce n’ha pure una al mare e un’altra in campagna; oppure: Tizio guadagna il quadruplo di quanto prendo io e lavora la metà; Caio, se volesse, potrebbe comprarsi una Ferrari! Mi concentro, ce la metto tutta… ma non ci riesco. Mi stanco, mi distraggo e scopro che mi sta bene ciò che il Padre Eterno mi dà. Non so se sia bontà d’animo, semplice pigrizia o presunzione… boh!»
«Secondo me, è la riprova che sei una bella persona!»
«Mi fai arrossire!»
«Tu?! Con quella faccia da paraculo!»
«Oibò! Oibò!»
«Senza offesa…»
«Ma figurati! Piuttosto, sai, ’sta faccenda di Mimmo che va in America a spese del SID mi ricorda quell’episodio dei tempi del liceo che ti ho raccontato un sacco di volte…»
«Quando Mimmo ha sostituito il disco dell’Inno a Roma con quello dell’Internazionale?»⁶
«Precisamente! E poco c’è mancato che i fascisti fucilassero il povero Ponziano, un tuttofare semiritardato che non c’entrava niente!»
«Vuoi dire che pagano sempre i fessi per i furbi!»
«Appunto! Non era il primo dispetto che Mimmo faceva, là in collegio. Tutti facevamo i dispetti, questo è vero, ma Mimmo rasentava la genialità e i preti lo sapevano. A fine anno, però, lui riceveva le medaglie per il profitto e qualche volta persino encomi per la condotta! Io, invece… col cacchio! Ero quello del sei e mezzo. Soltanto il primo anno ho preso una medaglia di bronzo per puzza! Encomi: manco l’ombra!»
«La vita va così…»
"Le onde del mare sono lì
io qui sulla spiaggia penso a te,
il sole tramonta su di me
ma cosa mi importa
se non ci sei tu.
Questo sole non mi riscalda più…"⁷
2
14 luglio – lunedì
(Sulla strada per l’aeroporto di Fiumicino)
L’Italia è il Paese dei raccomandati. Non l’ho scoperto io, naturalmente. Sarebbe la proverbiale scoperta dell’acqua calda! Basta conoscere un parroco, un assessore, un sottosegretario perché ti si spalanchino porte o portoni. In proporzione al raccomandante, si capisce. Mimmo, per esempio, prima di far le valigie per andare in America, ha chiamato un suo conoscente dirigente Rai, imparentato con la figlia di De Gasperi, e ha ottenuto tre posti fra il pubblico della diretta che la televisione ha in programma a partire dalla sera di domenica 20, quando gli astronauti dell’Apollo 11 arriveranno sulla Luna, sbarcheranno dal Lem e sgambetteranno sul suolo del nostro satellite. Chissà cosa si prova a camminare sulla Luna?! Ho letto Pare che il peso lassù sia sei volte inferiore rispetto alla Terra, quindi un uomo sui settantacinque chili, sulla Luna ne pesa dodici e mezzo. Un bussolotto come me, perciò, starebbe sui quattordici chili! Quattordici chili, forse, li pesavo quando avevo un anno! Sono sempre stato robustello!
«Sapete, ho letto su