Scommessa assassina
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Anteprima del libro
Scommessa assassina - Emanuele Gagliardi
genitori.
I
Da poco passate le diciotto, il sole scende lentamente dietro la fila di alberghi e pensioni che, dal porto canale fra Igea Marina e Bellaria, si snoda per il Lungomare Cristoforo Colombo e oltre.
Dal versante Adriatico si vede l’alba sul mare. Al tramonto, invece, il sole va a tuffarsi nel Tirreno. Così chi, come me, si attarda sulla spiaggia a un certo punto è costretto a dare le spalle al mare se non vuole ricevere i raggi in nuca. Voglio continuare a leggere il mio giallo finché il tramonto non incendierà il cielo dietro gli edifici. Posiziono la sdraio di traverso per avere il sole su un lato e continuare a vedere il mare.
Marietta, la mia signora, ha lasciato la spiaggia da una mezz’ora.
Vieni in stanza fra un po’, ché faccio il caffè,
ha detto.
Non ammette la spesa superflua per il caffè al bar dell’albergo, così ha comprato una caffettiera elettrica Stella e l’espresso lo fa in camera. Le ho detto che l’avrei raggiunta presto, ma sapevo che non mi sarei mosso prima delle diciannove. Avrà fatto il caffè e se lo sarà già bevuto tutto. Mi conosce. Di certo si è già cambiata ed è scesa a sedersi a uno dei tavolini all’ingresso dell’hotel a leggere Confidenze aspettando che torni e mi cambi per la cena.
Dottor Soccodato, mi chiamano i conoscenti dell’Hotel ***, ma non sono un medico. Anzi, non sono proprio dottore, perché la laurea non ce l’ho.
Sono commissario di Pubblica Sicurezza, a Roma. Siccome l’Italia è un Paese di santi, di eroi, di poeti, di navigatori e di… dottori, ho smesso di correggere chi antepone il titolo al mio nome e ho accettato la laurea attribuita per deferenza. Sono entrato giovanissimo in Polizia, appena dopo la guerra, nella bassa forza. Il posto di commissario, ora riservato ai laureati, me lo son conquistato sul campo. Sgobbando, facendo i doppi turni, perdendo il sonno, aiutato, dicono, da un buon fiuto investigativo.
Dall’estate 1960 trascorriamo la villeggiatura a Bellaria, provincia di Forlì. Quest’anno nostra figlia è rimasta a Roma per via degli esami dell’università. È al primo anno di Scienze politiche.
Dall’estate 1960 prenotiamo per venticinque giorni la stanza 16A, sul lato sinistro dell’albergo. È più fresca, perché affaccia su una viuzza laterale, e soprattutto lontana dalla Puerta del sol, il locale da cui già sento arrivare per l’ennesima volta Cuando calienta el sol
cantata a squarciagola da Los Marcellos ferial: Cuando calienta el sol aquí en la playa/ Siento tu cuerpo vibrar cerca de mì/ Es tu palpitar/ Es tu cara/ Es tu pelo/ Son tus besos me estremezco oh oh oh...
La canzone è vecchia di quattro anni e il trio, nonostante il nome, è tutt’altro che sud-americano. Me lo ha rivelato Marietta, che ha fatto le sue ricerche. Los Marcellos sono tre compiti piacentini in giacca, cravatta e occhiali di celluloide nera alla Buddy Holly, che la casa discografica Durium ha messo insieme come risposta italiana alla moda della musica latino-americana e caraibica. Nel ’62 Cuando calienta el sol
ha spopolato all’estero eseguita da Los Hermanos Rigual, e la Durium, prima che la RCA ITALIANA STAMPASSE IL DISCO ORIGINALE IN ITALIA, L’HA FATTA INCIDERE AI TRE NOSTRANI. MARIETTA SAREBBE UN’OTTIMA POLIZIOTTA…
GETTONATISSIMA IN TUTTI I O JUKE-BOX DELLA RIVIERA, È ANCORA IL SUPPLIZIO DEGLI OSPITI DELL’ALBERGO SIMPLON LE CUI FINESTRE AFFACCIANO PROPRIO SUL LATO DELLA PUERTA.
Accendo la pipa. Ho preso a fumarla da quando ho visto in televisione il commissario Maigret interpretato da Gino Cervi. Il mio idolo. Non lo dico in giro, anche se Marietta mi ha stanato subito… Lo imito pure nel tono della voce, burbero ma bonario, e ho comprato un cappello Borsalino che porto d’inverno. Devo limitarmi a questo, però, perché con Cervi non ho la minima somiglianza! Non raggiungo il metro e settanta, sono calvo, pingue e porto gli occhiali.
Ho gusti semplici. Le vacanze in Romagna sono il mio svago, dopo un anno di duro lavoro, insieme con la fotografia e i libri gialli. Ne ho portati sei, nascosti in valigia fra le camicie a mezze maniche per non sentire mia moglie che si lamenta del peso dei bagagli da caricare sul treno. E già ho adocchiato qualche titolo esposto, accanto alle cartoline, nell’edicola di piazza Matteotti.
Quest’anno sacrificherò un po’ la lettura per seguire i Mondiali di calcio che prenderanno il via l’11 luglio a Londra con Inghilterra-Uruguay. La Nazionale azzurra, allenata da Edmondo Fabbri promette bene, per quanto il Brasile di Pelé, campione degli ultimi due Mondiali, sia un osso duro! Così pure il Portogallo, con Eusébio, la Germania con Haller e Beckenbauer… insomma ci sarà da divertirsi.
Dall’estate 1960 incontriamo in albergo i medesimi villeggianti di cui conosciamo vizi e virtù, sussurrati fra i tavolini dell’arenile all’ingresso, sotto gli ombrelloni allo stabilimento Gianni - Bagno 36, e al bar Nuovo Fiore, quello della signora Andreina Pelloni, nonna di una giovane promessa della televisione: Raffaella Carrà.
II
Gli arrivi in hotel si succedono con precisione cronometrica. Noi arriviamo sempre il 5 o il 6 di luglio. Verso notte, perché il direttissimo 72 da Roma Termini parte poco dopo le quattordici e impiega quattro ore per arrivare a Falconara Marittima. Qui si cambia: c’è da aspettare l’acceleratoper Rimini e un’altra ora abbondante di viaggio. Da Rimini, il taxi che percorre la litoranea passando attraverso Rivabella, Viserba, Viserbella, Torre Pedrera, Igea Marina e, finalmente, Bellaria.
Ad accoglierci c’è Mario Ricci, proprietario dell’hotel che tutti, chissà perché, chiamano Fefè. Cinquantenne, ma sembra un po’ più grande. Sempre attivo, immancabili pantaloni di terital grigio chiaro e camicia bianca a maniche corte. Lui somiglia davvero a Cervi-Maigret! Corpulento, baffi folti, viso squadrato, occhi vigili e… tanti capelli. Cordiale, da buon romagnolo, ci dà il benvenuto e chiama il figlio adolescente o uno dei camerieri per portare i bagagli su, alla 16A. Vedo che… accidenti!... Si è messo pure lui a fumare la pipa, così la somiglianza con Maigret è perfetta! Manca solo il fido Lucas a fargli il verso!
Con i clienti Ricci è disponibile e mattacchione, ma sa come far rigare dritto familiari e dipendenti. La signora Maria, sua moglie, è praticamente un’entità astratta: dall’alba al tramonto in cucina a dare ordini, ma pure lei a tagliare, bollire, friggere, arrostire, rosolare, lavare, sgrassare, per la colazione, il pranzo e la cena dei clienti. Raramente vede il sole, così ha colorito pallido, ma cucina ogni pietanza con rara perizia.
I lavoratori stagionali, come in tutti gli esercizi del litorale, sfacchinano al limite, a volte superato, del collasso.
La mattina successiva all’arrivo, Marietta mi sveglia con il caffè appena fatto. Il soggiorno comprende la pensione completa, ma il caffè casalingo è un’altra cosa! Mi lascio destare volentieri dall’aroma che riempie la stanza e trangugio avidamente l’espresso. Poi apro la finestra per respirare l’aria impregnata di altri caffè, salsedine e materassini di gomma: l’odore delle vacanze. Quindi scendiamo per la colazione.
Ben ritrovato, dottore! Signora, i miei ossequi!
Ecco un’altra istituzione: il frate! Ottantenne. Affabile. Faccione sornione da vecchia lenza, frate Pericle Zappetti, dice che il medico gli ha ordinato i soggiorni estivi al mare. Ha poco del frate, a parte il breviario, chiuso a un angolo del tavolino, vicino al portacenere triangolare col marchio Cinzano. Non veste il saio ma calzoncini corti, canottiera e un camicione da spiaggia sbottonato. Grosso come un tacchino, occhi allegri nascosti dietro occhiali affumicati, viso furbo di chi la sa lunga. Fuma un buon numero di Esportazione e ha preso i voti a sessant’anni… Insomma: ha vissuto e sa vivere. Al mattino va in spiaggia, si toglie il camicione e resta in canottiera bianca. A una cert’ora guadagna la battigia e, sollevando l’orlo dei calzoncini da bagno come una sposa solleva il velo, entra in acqua fino alle ginocchia. A mezzogiorno, in questo è proprio frate, si affretta in sala da pranzo. In barba al peccato di gola, qualche volta passa prima in cucina, dalla signora Maria, e come un invasato divora decine di cozzole - così chiama i mitili - succhiandole rumorosamente dai gusci. La sera fa capannello con gli ospiti dell’albergo e li intrattiene con storie e barzellette piccanti.
Amico di frate Pericle è il dottor Dalmasso, medico cuneese anche lui habitué con moglie e figlio adolescente. Io e Marietta lo chiamiamo il Rospo,perché dell’anfibio il dottor Dalmasso ha tutti i tratti somatici e la voce. Una sintesi fra Aldo Fabrizi e Louis Armstrong.
A occhio e croce, non è un luminare: il giorno che la signora Maria Ricci è svenuta in cucina, sopraffatta dal calore e dalla fatica, è stato chiamato, ma è parso a disagio. Per sua fortuna la forte tempra della signora l’ha tolto dai pasticci: la donna si è riavuta, ha bevuto un bicchiere d’acqua ed è tornata alle seppie e alle patatine fritte che i tedeschi aspettavano con ansia.
La moglie del Rospo, signora Caterina, è una donnetta senza velleità, che vive all’ombra del marito. E di ombra ne ha… vista la mole di lui! Le sue attenzioni sono rivolte al coniuge, ma soprattutto al figlio Virginio. Brufoloso e occhialuto sedicenne che si dà un sacco di arie. Porta i capelli un po’ lunghetti e si atteggia a conoscitore della musica del momento. Sostiene di ballare il twist come pochi, però nessuno l’ha visto in azione, e ostenta gli autografi di varie celebrità: Nico Fidenco, Little Tony, Rita Pavone, Jimmy Fontana… Sulla spiaggia non toglie la camicia, infilata dentro i calzoncini da tennis bianchi, né le scarpe di corda e i calzini. Afferma di non sopportare il sole e il contatto con la sabbia.
Marietta, mordace, giura che questa stravaganza nasconda piuttosto la volontà di celare il corpicino secco, acerbo, punteggiato dall’acne. Anche per la collezione di firme celebri la mia signora ha una spiegazione: pazienti, magari occasionali, del padre a cui il dottore chiede la foto con dedica per il figlio!
Poi c’è la famiglia Pugliese, da Milano. Il dottor Armando, che già supera il mezzo secolo, lavora presso un’importante industria chimica. Ha sul viso la luce lattiginosa dei laboratori in cui passa la vita e del nebiùn padano. La signora Maria, classica lombarda con i capelli biondi tendenti al rame, alta, decisa, non ha ancora raggiunto i cinquanta. I figlioli, Guglielmo e Cristina, anche loro pelle di luna come i genitori, hanno rispettivamente diciassette e tredici anni.
Ecco le mozzarelle!
commenta Marietta, facendomi di gomito quando i Pugliese scendono dal taxi, carichi di valige.
Mentre Ricci si dà da fare per i bagagli e l’assegnazione delle stanze, il dottor Armando, che per darsi un tono vacanziero si è ficcato in testa un cappellicchio di paglia troppo piccolo, saluta il frate, il Rospo, e noi…
Han fatto buon viaggio?
domanda Marietta alla signora Pugliese.
Sì, sì,
risponde la diafana, per fortuna non ci son stati ritardi!
Certo,
si inserisce il chimico, bisogna dire che viaggiare in aereo è tutta un’altra roba! Io, qualche mese fa, sono stato a un convegno a Roma, per lavoro… in meno di un’ora ero nella Capitale. Al ritorno, poi, sono partito alle sei del pomeriggio e all’ora di cena ero già a tavola a casa mia!
Accidenti! Davvero un gran risparmio di tempo e fatica!
Mia moglie ci cade in pieno. Io, invece,