La pavoncella
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Anteprima del libro
La pavoncella - Emanuele Gagliardi
Emanuele Gagliardi
LA PAVONCELLA
EEE-book
Emanuele Gagliardi, La pavoncella
© Edizioni Esordienti E-book
Prima edizione e-book: Febbraio 2014
http://www.edizioniesordienti.com
ISBN: 9788866901808
Tutti i diritti riservati, per tutti i Paesi.
L’immagine di copertina è © Carmelina Gioffrè.
La presente opera è di pura fantasia. Ogni riferimento a nomi di persone, realmente esistite o esistenti, o ad avvenimenti effettivamente accaduti è da considerarsi puramente casuale.
Alla mia famiglia
Personaggi:
Umberto Soccodato
cioè io, commissario di Pubblica Sicurezza – Sezione omicidi
Marietta Teresa Bersana Soccodato
mia moglie
Ispettore Giovanni Santucci
della mia squadra. Perennemente raffreddato
Santina Martino
pittrice e ballerina. Una bruna notevole!
Luigi Pagano
dirigente ENI
Mauro Somma
dirigente ENI
Alvaro Pesce
dirigente ENI
Augusto Branca
detto Fernet
. Torvo travet dell’ENI
Pierantonino Liviabella
Prefetto di Roma
Luana Dabrowska Liviabella
dirigente ENI. Moglie del Prefetto
Ewa Dabrowska Ponzoni
Sorellastra di Luana Dabrowska
1
Dovresti portarmi un minimo di rispetto…
protesta l’uomo, rivolto alla donna in biancheria intima di seta bordeaux. Non scontata.
Rispetto?!
esclama lei.
Lui ha la camicia sbottonata al torace. Gli ultimi bottoni tirano sul ventre gonfio e dilatano le asole. Pantaloni grigi. Taglia calibrata. Suda. Apre la bocca. Per ribadire la rimostranza. Lei si avvicina. Ne sente il respiro caldo sul collo. Un istante per inalarne l’alito esaltato dallo champagne, poi la lingua umida s’insinua a violargli l’orecchio. Non ha più voglia di invocare rispetto. Parla lei, invece. Senza scostarsi dall’orecchio, anzi solleticandolo col movimento delle labbra:
Rispetto?!
ripete. Pensi di meritarlo?
Con quella bocca che continua a riversargli calore insano direttamente nel cervello, neanche sa più se davvero meriti rispetto. Anche pensare è faticoso. L’eccitazione cresce. Lei lo sente. Legge il viso madido e paonazzo, il respiro sempre più rapido che solleva il ventre grasso sotto la camicia celeste che fa tanto manager. Lei lo sente. E una scintilla d’inferno le attraversa gli occhi. L’uomo è in suo potere. Si è pure inzaccherato la camicia succhiando le ostriche su ghiaccio che lei ha preteso insieme con una buona riserva di Veuve Clicquot. Una bottiglia già vuota è ai piedi d’una poltrona in pelle chiara. Ne ha bevuto una coppa, il resto lo ha ingollato il dirigente… Ostriche, champagne e una notte di trasgressione nella villa di Fiumicino. Se la moglie sapesse! Veuve Clicquot. Veuve… Gli infila in bocca un altro mollusco e osserva le macchie sulla camicia. Una virgola perfida le arriccia l’angolo della bocca.
I sensi del maschio sono ottenebrati. Lei disponibile, ammiccante, trasgressiva… Il profumo, lo champagne fanno il resto. Continua a porgergli i frutti di mare. Lo invita a suggerli direttamente dalla sua bocca…
Il calore è insopportabile. Rivoli di sudore scendono dalla fronte e scivolano sul collo pingue. Mangia, beve… Valuta l’adeguatezza della risposta del suo membro. Anche questo lei indovina.
Voglio legarti
gli dice a un tratto.
Ci siamo, pensa lui. Regali costosi, aperitivi e cene in locali alla moda, galanterie… E oggi la villa al mare, le ostriche, lo champagne… Il conto in banca è la sua arma vincente. Non ci sono pettorali e bicipiti che possano competere con un portafogli rigonfio.
Dopo che lui s’è steso sul letto, lei si sfila le autoreggenti con studiata lentezza.
Via i pantaloni
gli ordina.
Stringe le calze fra le due mani, a provarne elasticità e resistenza. La lingua occhieggia un istante fra i denti che baluginano esaltati dal rossetto. Che misero spettacolo l’ometto congestionato, stropicciato, spampanato sul letto come un tacchino nel piattone di portata! Contiene il riso. Poche mosse e le braccia di lui sono bloccate alla spalliera in ferro battuto. Validamente annodate dalle calze.
S’è lasciato le scarpe per la foga di togliersi i calzoni. Ottimo, considera lei. Lui la osserva. Divertito. Un po’ inquieto… E poi fa un caldo assurdo! La bocca ha preso a bruciargli, sebbene non ci fosse pepe sulle ostriche. Come se un insetto gli avesse punto le labbra. I lacci delle scarpe, bel modello all’inglese, di marca, servono egregiamente ad assicurare i piedi del maschio al fondo del letto. Immobilizzato a croce di sant’Andrea… Davvero buffo…
La sensazione di gonfiore alle labbra non si placa. Anzi, diventa più fastidiosa e si trasmette alla lingua e alla gola. Forse non c’entra niente, ma sembra andar di pari passo con l’aumentare del calore che rende affannoso il respiro… Non è il momento di badare al caldo o alla bocca congestionata, però: lei si sta togliendo gli slip! Il reggiseno lo lascia. Si avvicina e fa il gesto di lanciargli sul viso le mutandine. Solo il gesto. Basta per vagheggiare nell’aria mossa il profumo del sesso di lei. No, non è proprio il momento per pensare al malessere… Anche se si sta facendo persistente. La gola… si sta gonfiando!
La donna si siede al bordo del letto e con rapida rotazione del bacino si pianta a cavalcioni sul torace del manager. Mossa studiata, anche questa. L’odore, un istante prima solo rubato all’aria, adesso è su di lui. S’insinua fra la fragranza di Chanel 5 che emana dal corpo nervoso.
Gli occhi di lui si sgranano di sorpresa. Poi si chiudono per non distrarre i sensi dal paradiso di vibrazioni che si irradiano per tutto il corpo. Anche se adesso respirare sta diventando realmente penoso…
La mano destra di lei spinge con forza la testa del maschio verso la sua intimità. Le dita risaltano sulla fronte paonazza dell’uomo, fra i capelli radi, contratte nello sforzo di non mollare la presa.
Sulle prime il grasso dirigente prova piacere. Ma presto tutte le energie deve impiegarle per respirare. Lei non gli da tregua. Un diffuso tremore prende a scuotere le membra dello schiavo. I nodi che assicurano braccia e gambe al letto permettono solo disordinati scossoni. Dalla bocca escono sordi mugolii. Il ventre gonfio si agita per l’inutile tentativo di avere aria.
Le ostriche! Una volta, dopo averne mangiate due o tre, ha avuto la stessa sensazione di congestionamento alle labbra… Oggi ne avrà buttate giù almeno una dozzina! Perciò… potrebbe essere una reazione anafilattica!!! Oddio! Perché lei non capisce?!… Perché non lo lascia respirare?! Al petto una morsa diabolica. Se almeno lei lo guardasse… comprenderebbe che è meglio interrompere il gioco!! Ma lei… lo sta guardando!! Perché non legge il terrore nei suoi occhi?! Perché non capisce che i movimenti inconsulti per liberarsi sono dettati dalla necessità?! Lei lo guarda. Lo guarda. Lo guarda… E negli occhi ha di nuovo la scintilla d’inferno.
Si morde le labbra con i denti, lei. Gode. Ma non distoglie gli occhi maligni dal terrore di lui, cianotico. Aggiunge altra forza alle dita che spingono la testa del disgraziato dentro l’abisso del suo ventre e si muove lasciva.
Il respiro dell’uomo è un sibilo. Un orribile rantolo. I sussulti del corpo legato si fanno più deboli. Rari… L’ultimo coincide con la scossa che attraversa il corpo di lei dal cervello al centro della sua femminilità esaltata di perversione assassina… La testa riversa all’indietro, gli occhi chiusi per assaporare il piacere eccitato dal dominio. Solo adesso la mano allenta la presa. Si stacca. Il viso dell’uomo è una maschera fissa di terrore. Non più un soffio. Non più un movimento. Non più…
Il respiro di lei torna regolare.
2
Nel mio mestiere di poliziotto capita raramente che un cadavere venga ritrovato adagiato in letto come ogni brava persona che va all’altro mondo per malattia o raggiunti limiti di età. Così, anche a causa della miopia, per osservare una vittima stesa al suolo sono obbligato a piegamenti che mi provocano imbarazzanti scricchiolii.
Ma stavolta, vivaddio, il paffuto cinquantenne che, stando alla carta d’identità letta da Santucci fra uno sternuto e l’altro, rispondeva al nome di Luigi Pagano, dirigente d’azienda
, ha avuto il buon gusto di tirare le cuoia sul letto di casa sua, a Fiumicino. Non mi devo chinare più di tanto, quindi, per esaminare il suo volto livido contratto dalla morte. Il patologo sostiene che se n’è andato per soffocamento ma, come di rito in ogni giallo che si rispetti, aggiunge che sarà più preciso dopo l’autopsia
.
In realtà che una salma abbia colorito bluastro, verdognolo o grigio non è raro nemmeno nelle camere mortuarie degli ospedali e di per sé non è indice di morte violenta. Piuttosto lascia perplessi il fatto che il fu dottor Pagano abbia la camicia, i calzini, le scarpe ma non i pantaloni e le mutande! È vero che gente strana ce n’è a bizzeffe: c’è chi dorme vestito, chi nudo, chi usa il pigiama, chi la camicia da notte, chi i boxer… ma praticamente tutti, perbacco, prima di andare a letto si sfilano le scarpe! Giusto chi si stende senza svestirsi, stanco morto o ubriaco, magari se le lascia… ma non mi sembra il caso di specie, visto che i pantaloni, con la cinta ancora nei passanti, stanno su una sedia di design moderno presso la finestra della stanza.
Ubriachezza? Anche per questa ipotesi il dottor Petruzzelli saprà essere più preciso dopo l’autopsia
. Ma gli estremi ci sono: una bottiglia di champagne francese, vuota, abbandonata vicino a una poltrona, e su un tavolo col ripiano di cristallo i resti di una libagione da ricchi, ostriche in ghiaccio – il ghiaccio s’è sciolto, dei molluschi restano i gusci – e una bottiglia della stessa marca svuotata oltre la metà. Santucci, a cui l’aria salmastra non reca benefici otorinolaringoiatrici, mi informa, mentre si soffia il naso con il rumore di un turboelica, che nel frigidaire in cucina ci sono altre tre bottiglie del medesimo champagne.
I colleghi della Scientifica sfarfallano di qua e di là in cerca di impronte e reperti. Ma da un primo esame risulta che tanto le bottiglie stappate che i bicchieri allineati su un elegante carrello di perspex sono stati accuratamente lavati e asciugati. Cosa che non ci aiuta certo, però prova anzitutto che il povero signor Pagano non era solo e che, dopo il suo trapasso, qualcuno si è preoccupato di cancellare ogni traccia che avrebbe potuto ricondurre a lui. O… a lei! Visto che il meschino ha reso l’anima con tutta la dotazione riproduttiva in bella vista, è più facile che fosse in compagnia di una signora. Io, se non altro, non gusterei ostriche e champagne, seminudo, con un amico del liceo o un collega d’ufficio! Anche se, oggigiorno, il caso a parte
sono io: sposato da venticinque anni con la stessa donna e ancora attratto dalle belle figliole, preferibilmente con forme da balia!
Ha visto i polsi, dottor Soccodato?
indica Santucci.
Le braccia del morto devono esser state legate e lui deve aver tentato di liberarsi. Le tracce sono chiare. Altro indizio che depone a favore dell’ipotesi di un gioco erotico con finale tragico.
Era sposato?
domando.
Una grandinata di sternuti squassa Santucci. Lo soccorre l’appuntato Corasaniti: Sì, commissario, era sposato. La moglie ci ha chiamati, datosi che il marito non era rincasato.
L’appuntato Corasaniti, che con i suoi datosi
, dicasi
e leggasi
, rivela origini trinacrie più di quanto attesti il suo certificato di nascita, recentemente, è finito sulla bocca di tutti in ufficio. Dopo aver ricevuto una telefonata urgente da casa, ha chiesto un permesso per gravi motivi familiari
. La moglie, infatti, aveva avuto uno strano
incidente d’auto. Inutile dire che quell’aggettivo strano
, ancorché pronunciato nella concitazione, ha fatto drizzare le orecchie a molti colleghi. Tornato in sede, hanno spinto con ogni mezzo il disgraziato a raccontare i fatti. Si è saputo così che la signora Corasaniti un incidente l’aveva avuto davvero. E strano
a dir poco! A bordo della sua Dyane con le due figlie maggiori e il figlio di otto anni, aveva affidato il volante a quest’ultimo per cercare gli occhiali da sole nella borsetta. Il bambino non è riuscito a tenere dritta la macchina e lei, accortasene, ha pensato bene di frenare. Ma ha scambiato il pedale del freno con quello dell’acceleratore finendo per schiantare la Dyane, per fortuna ancora a bassa velocità, contro un pino di Via Cornelio Nepote. Per di più, il povero appuntato oltre alla moglie stolta ha la ventura di chiamarsi Giuseppe e i cari colleghi
, dal dì dell’incidente, hanno preso a chiamarlo impietosamente Pino
! E lui si inalbera, sotto i baffoni neri!
Dunque, Luigi Pagano era sposato. Perciò adesso tocca avvisare la neovedova. Bisognerà farlo col si bemolle perché, parliamoci chiaro, esser legati in camicia, pedalini, scarpe e col pipino al vento non è cosa che si faccia di norma con la consorte! Insieme con la notizia della morte del marito, perciò, le si notificherà che l’elegante cappellone che porta nella foto che ho visto in salotto, in cui è insieme allo sventurato coniuge, non lo potrà più mettere perché in capo ha un bel paio di corna! Andrò io.
Già mi son cacciato in testa il Borsalino quando giunge il giudice istruttore, dottor Reale, con tutta la sua studiata eleganza. Come di consueto, gli espongo i risultati dei primi rilievi che, in definitiva, si riducono all’ipotesi che il soggetto sia rimasto vittima di un gioco erotico finito male. Per elaborare tesi più consistenti dobbiamo attendere l’autopsia.
Reale mi ascolta. Serio. Poi mi prende da parte e mi rivela che il tacchinone stecchito sul letto era direttore della Segreteria di presidenza dell’ENI e uomo di fiducia del presidente dell’Ente petrolifero. Negli ultimi giorni, spiega il magistrato, c’è parecchia maretta e imbarazzo ai vertici dell’ENI
per via di alcune voci sussurrate ma piuttosto insistenti secondo cui Pier Paolo Pasolini, brutalmente ammazzato all’inizio del mese,