Senza ombra di dubbio
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(Piera Rossotti, edizioni Tripla E).
Durante un ricevimento in un noto ristorante milanese un’invitata entra in coma a causa di un’intossicazione alimentare.
Vent’anni dopo alcune persone appartenenti alla buona società milanese si ritrovano in una masseria ai piedi del parco nazionale d’Abruzzo per un ritiro yoga. Tra loro c’è Greta, giovane e brillante medico, intenzionata a utilizzare quei giorni di relax e forse anche di leggera noia per fare il punto della sua vita.
Uno degli ospiti della masseria, però, ha scelto proprio quell’evento per indossare i panni dell’assassino e commettere un delitto in apparenza perfetto, perché inspiegabile.
Sull’omicidio si trovano a investigare Federica D’Ambrosio, giovane tenente dei Carabinieri al suo primo caso importante, e un PM dalle manette facili e amante delle scorciatoie.
Tra errori, depistaggi e colpi di scena, che complicano ancora di più la situazione, le indagini si trascinano a rilento e rischiano di concludersi in un nulla di fatto. Ma Federica non accetta di darsi per vinta; ha infatti intuito che per scoprire l’identità dell’assassino occorre indagare nel passato degli indiziati per scoprire chi tra loro è perseguitato da demoni talmente oscuri da spingerlo a togliere la vita a un altro essere umano.
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Anteprima del libro
Senza ombra di dubbio - Daniela Visconti
Personaggi Principali
(In ordine di apparizione)
Elena Corradini
proprietaria del Karma Center
Greta Castaldi
medico chirurgo
Federica D’Ambrosio
tenente dei Carabinieri
Tarcisio Spanò
maresciallo dei Carabinieri
Pamela detta Pammy
dipendente della masseria Iannelli
Agata Iannelli
proprietaria della masseria Iannelli
Nicolas Romersi
pubblico ministero
Eva Borla
direttrice del Karma Center
Saverio Spinazzola
chef e marito di Agata
Carla Grimme
imprenditrice di successo
Cesare Bosca Rinaudo
comandante a riposo della Marina Mercantile
Tanya Hunt
manager internazionale
Fabrizia Masserano
amica di Tanya
Nathan Warren
marito di Eva
Gabriele Bentivoglio
esponente del mondo ambientalista
Luce Bentivoglio
Sorella di Gabriele
Tomaso Guarneri
fidanzato di Greta
Prologo
You think you know me well,
but you don’t know me, no
[Pensi di conoscermi bene,
ma non mi conosci affatto]
(Ray Charles, You don’t know me)
(Dal Corriere di Milano del 14 giugno 1998)
Tragedia sfiorata nel noto ristorante Ganassa.
Ieri sera al ristorante Ganassa, frequentato dalla Milano bene, era in corso un ricevimento privato quando una delle persone invitate, di cui non è stata resa nota l’identità, si è accasciata con probabili sintomi da intossicazione. Prontamente soccorsa dal personale del 118, chiamato dal titolare, è stata intubata sul posto e trasportata al pronto soccorso dell’Ospedale Maggiore dove le è stata praticata una lavanda gastrica e indotto il coma farmacologico. Il primario del pronto soccorso si è riservato la prognosi.
Da indiscrezioni, parrebbe che la persona ricoverata abbia ingerito delle mandorle, a cui era allergica.
Sulla dinamica dei fatti indaga la procura della Repubblica e al ristorante sono stati apposti i sigilli. La Polizia, oltre a interrogare il proprietario e i dipendenti del locale, sta cercando una persona che potrebbe fornire informazioni utili alla ricostruzione degli eventi.
Parte prima
This rage that lasts a thousand year,
Will soon be gone
This flame that burns inside of me
[Quest’odio che dura da mille anni,
Presto finirà
Questa fiamma che mi brucia dentro]
(The Queen, A kind of magic)
I
(Frecciarossa Milano Napoli, vent’anni dopo, venerdì pomeriggio)
In prossimità della stazione Termini il treno iniziò a rallentare.
«Allora ci si vede lunedì alla masseria, come d’accordo.»
«Avevo capito che saresti arrivata domenica.»
«Ho un invito a pranzo. Sai, un finanziatore.» Elena chiuse la borsetta e si alzò in piedi. «Qualcosa non va, Greta cara?»
«No, cioè, sì. È vero che è il primo stage a cui partecipo, ma non sapevo di dover dividere la stanza con un’altra persona.»
«Su, su tesoro, fai un piccolo sforzo.»
«Sì, ma Carla non è proprio la compagna…»
«Santo cielo, la masseria ha poche camere e ci sono state molte richieste. Forse non lo sai, ma abbiamo dovuto fare una severa selezione.»
Che è come dire ringrazia di essere stata invitata.
Il treno si fermò e le porte si aprirono con un sibilo. «Sono proprio stanca di fare la spola tra Roma e Milano» disse ancora Elena scendendo sul marciapiede. «L’impegno con il Karma Center comincia a pesarmi.»
«Mica vorrai vendere?»
«No, no, però è gravoso, te l’assicuro.»
Greta abbracciò l’amica. «Ho la coincidenza tra un quarto d’ora, abbi pazienza, ma devo sbrigarmi. A lunedì. E, senti, fai conto che non abbia detto nulla riguardo a Carla.»
«Bocca chiusa anche tu, tesoro. È stato uno sfogo, niente di più. Lunga vita al Karma Center!» esclamò Elena agitando una mano in aria.
Fai conto una beata fava pensò Greta prendendo posto nello scompartimento di prima classe del diretto per Collemonte. Appena arrivo vedo se mi riesce di farmi cambiare di stanza. Certo non posso chiedere una singola quando tutte sono in doppia, sarebbe poco yogico e anche scortese verso Carla.
Con un sospiro tirò fuori il tablet dallo zainetto e si mise a controllare la posta. È mai possibile che io finisca sempre incastrata? Si chiese fissando lo schermo. Non è solo sfiga, ci dev’essere proprio qualcosa di sbagliato in me.
Da qualche parte aveva letto che le persone possono essere metalliche o porose. Le persone metalliche brillano, riflettono la luce, niente e nessuno può penetrarle. Sono protette, non si riesce a far breccia al loro interno o ad attraversarle. Le persone porose, al contrario, non hanno la stessa lucentezza, assorbono la luce anziché rifletterla, e si lasciano attraversare. Sono più vulnerabili, insomma. Elena Corradini era sicuramente metallica, mentre lei era porosa in modo vergognoso.
Mi piacerebbe farci qualcosa, pensò tornando a interessarsi della posta. Nelle tre ore scarse in cui non l’aveva guardata le erano arrivate una decina di mail dalla clinica e il telefono, silenziato prima di partire da Milano, riportava un numero imprecisato di messaggi WhatsApp e di chiamate. Cominciò a rispondere alle telefonate e, quando il treno arrivò a Collemonte, non era ancora riuscita a leggere la prima mail. Ripose il tablet nello zaino, afferrò il trolley e si preparò a scendere.
II
(Tenenza dei Carabinieri di Fiumano, venerdì pomeriggio)
Federica D’Ambrosio chiuse il fascicolo, sbirciò l’orologio e premette un tasto del telefono.
«Comandi, signora tenente» rispose il maresciallo Spanò affacciandosi sulla soglia dell’ufficio.
Io questo me lo mangio! «Maresciallo, da quanto tempo lavoriamo insieme io e lei?»
«Saranno due anni a dicembre» rispose l’uomo chinandosi leggermente in avanti con le mani intrecciate dietro alla schiena.
«E in questi ventun mesi quante volte le ho spiegato che i gradi militari non hanno genere? Non c’è marescialla, capitana, colonnella, né tantomeno generala e men che meno tenenta. Sono pure brutti da sentire.»
«Effettivamente…»
«Ergo, se i gradi non hanno genere» continuò Federica «neppure i titoli di rispetto che li precedono lo hanno. Giusto?»
«Se lo dice lei.»
«Non lo dico io, maresciallo, è oggettivo, un dato di fatto. Pertanto» continuò «il senso della faccenda è che dovrebbe rivolgersi a me chiamandomi signor tenente e non signora. È d’accordo con me, signor maresciallo maggiore?»
«Sissignora! Cioè sissignore.»
«Fuori dal mio ufficio!»
«Comandi!» esclamò Spanò battendo i tacchi. «Però, sarebbe che io sono entrato perché mi ha chiamato lei…»
«Ha ragione. Mi sono presa una settimana di licenza e torno a casa.»
«A Torino? A casa del generale.»
«A casa mia, di mio padre, il generale, e di mia madre, che insegna filosofia. Mentre mio fratello non abita più con loro. C’è altro che vuole sapere?»
«Suo fratello maggiore, cioè il capitano! Ma stanno per promuoverlo maggiore, ho saputo.» Spanò rise sotto i baffetti ben curati. «Maggiore di fatto e di grado, mentre lei è la minore e tenente, per adesso, perché tra qualche mese…»
«Maresciallo!»
«Mi congratulavo, nient’altro. Quando parte, signor tenente?»
«Domattina, tornerò sabato prossimo. Ergo la caserma è nelle sue mani. Se succede qualcosa il mio telefono è sempre acceso, giorno e notte.»
«E cosa vuole che succeda a Fiumano? Lei è sprecata qui, signor tenente, e non sono solo io a dirlo.»
«E chi altri lo dice, maresciallo?»
«Mia moglie! Lo dice anche mia moglie.»
«Se lo dice sua moglie…»
III
(Strada provinciale Collemonte Fiumano, venerdì pomeriggio)
Il tassista si voltò indietro proprio mentre l’automobile stava affrontando un tornante in discesa. «Sei stata fortunata a trovare un taxi di venerdì pomeriggio.»
«Manca molto alla masseria?» chiese Greta stringendo la maniglia della portiera appena più forte del necessario.
«Ma no! Una mezz’ora» rispose lui rimettendo gli occhi sulla strada. «Hai capito cosa ti ho detto? Senza autorizzazione non posso entrare! E mica puoi stare lì, armi e bagagli. Dal cancello c’è ancora un bel seicento metri, in salita.»
«Quando saremo arrivati ci faremo aprire, non si preoccupi» rispose, chiedendosi per quale recondito motivo il tassista le desse del tu.
«No, ma è che la strada è sterrata, capito? E le pietre mi rovinano la vernice del taxi, è nuovo.»
Greta non conosceva molto bene le vetture europee, ma le sembrava che l’auto fosse un modello vecchio di almeno cinque o sei anni e il tachimetro indicava più di ottantamila chilometri.
«Tanto nuovo non mi sembra» osservò.
«Io con questo mi guadagno da vivere. Capito?»
Perché continui a darmi del tu quando io ti do del lei?
«Questo è l’ultimo paese prima della masseria» disse l’autista indicando un cartello con scritto Fiumano, 10.527 abitanti
e più sotto gemellato con Korvich
.
«L’unica cosa che hanno è un velox. L’hanno messo per fare un po’ di soldi.» Suonò ripetutamente il clacson e superò in curva un camion. «Guarda questo se si tiene a destra. Bulgari, Rumeni. Morti di fame che manco hanno la patente e portano via il lavoro a noi Italiani. Mio cognato ha dovuto vendere il camion!»
Passarono davanti al velox. «C’è il limite dei settanta, e lei sta andando ai novanta» osservò Greta.
«Non funziona. Fa le foto, ma non fanno le multe. Non è ancora stato omologato. Capito?»
Greta si infilò le cuffiette nelle orecchie. Without love
cantavano a squarciagola i Doobie Brothers. Where would you be now without love?
Cullata dal ritmo della musica e dal rollio dell’automobile chiuse gli occhi per pochi minuti. Quando li riaprì il taxi si era fermato davanti a un monumentale cancello in stile barocco che aveva visto tempi migliori.
L’autista tirò il freno a mano e suonò un paio di volte il clacson. «Eccoci qua. Fanno quarantacinque euri, con il bagaglio. Puoi prendere quella scalinata a sinistra. È ripida, ma fai presto, se no suoni il campanello e ti vengono a prendere.»
Non fu necessario. Una ragazzina magra che dimostrava a fatica diciott’anni aprì una porticina a fianco del cancello oltre la quale aspettava un Land Rover verde col motore acceso.
«Tenga il resto» disse Greta pagando la corsa con cinquanta euro che il tassista intascò senza ringraziare.
Greta cercò di aiutare la ragazza a caricare il trolley sul fuoristrada, ma lei le fece cenno di sedersi e partì mandando fuori giri il motore.
«Hai la patente?» scappò detto a Greta mentre sobbalzavano su una strada piena di buche.
«Per lo scooter» rispose lei tendendole un dépliant. «Devo darlo a ogni cliente» spiegò.
Greta lesse: Masseria Iannelli, il tuo resort a cinque stelle. Un’oasi di relax e serenità lontana dalla vita frenetica di tutti i giorni. Seguiva l’elenco dei servizi e delle amenità del locale.
Ripose il pieghevole nella borsetta e osservò meglio la ragazzina. Nel complesso era graziosa, non molto alta, ma slanciata, sederino piccolo, gambe magre e seno abbondante per i suoi standard. Indossava un vestitino scuro stretto e corto che nel sedersi le era salito sulle cosce.
«Sei anche te di Milano?» chiese la ragazza.
«Sì, ci abito da circa un anno.»
«E prima dove stavi?»
«Negli Stati Uniti. A proposito, mi chiamo Greta e sono un medico.»
«Tipo Grey’s Anatomy?»
«Più o meno.»
«Sei più figa di Meredith. Che occhi pazzeschi. Porti lenti colorate?»
«No, sono miei.»
«Vorrei averli io.»
«Come ti chiami?»
«Pamela, ma chiamami pure Pammy. Belli i tuoi jeans, sono di Prada. Quanto li hai pagati?»
«Poco, li ho presi in un outlet» mentì Greta che li aveva comprati in Galleria a prezzo pieno.
«Ti fanno un bel culo.» Sembrò turbata. «Non farti strane idee, non sono lesbica, però due begli occhi e un bel culo sono sempre due begli occhi e un bel culo.»
Ragionamento ineccepibile. «Piacere di conoscerti, Pammy. Cosa fai alla masseria, oltre a guidare il Land Rover?»
«Tutto. Non c’è molto personale e ci si arrangia per tenere aperto. I padroni non è che se la passano bene» continuò. «Agata è piena di debiti, prima o poi dovrà vendere. Io al loro posto lo avrei già fatto e avrei aperto un ristorante. Saverio, suo marito, è un cuoco famoso, gli hanno dato anche la stella Michelin quando stava a Milano.»
«Interessante, potrei farmi dare qualche consiglio di cucina.»
«Lascia perdere.»
«Perché?»
«È un porco.»
«Ok.» Loud and clear.
«Ha più corna in testa Agata di un cervo» sentenziò Pammy «ma, contenta lei...»
«Ti piace lavorare qui?»
«Mi pagano poco e in nero. Saverio ha sempre il suo arnese di fuori e bisogna fare attenzione. Ma dove lo trovi un altro lavoro di questi tempi? Magari» continuò con allegria «ci compra qualche grande società e a noi dipendenti ci mettono in regola. O magari chissà, vinco al gratta e vinci e mi prendo dei jeans come i tuoi. Per adesso mi tengo Agata e Saverio.»
Scalò in seconda e affrontò il primo dei due tornanti in salita oltre i quali si ergevano i contrafforti di una specie di rocca quadrangolare con una torre sull’angolo destro e un’altra più grande e massiccia, una specie di mastio, all’interno del cortile. Il Land Rover passò sotto l’arcata d’ingresso, sfiorò il muro di sinistra, e si fermò, sollevando una nube di pietrisco, in fondo a un cortile ombreggiato da una fila di lecci secolari.
«Una di quelle del tuo gruppo vuole prendersi la masseria» disse Pammy a bassa voce mentre scaricava il bagaglio di Greta. «È quella che divide la stanza con te. L’ho sentita litigare con Agata stamattina.»
La ciliegia sulla torta!
«Benvenuta!» esclamò una voce gentile con un leggero accento del luogo. «Sono Agata Iannelli, la proprietaria della masseria. Spero che Pamela non l’abbia troppo frastornata con le sue chiacchiere.»
IV
(Collemonte, casa di Nicolas Romersi, venerdì pomeriggio)
Nicolas passò l’indice lungo la cicatrice sotto il seno sinistro. «È per questa che ti hanno dato l’encomio solenne?»
«No.»
«E per cosa allora?»
«Fatti miei.»
«Sei venuta prima?»
«No.»
«Ti è piaciuto almeno?»
Federica sbuffò.
«Colpa mia?»
«Non sono venuta e basta. Cazzi miei!»
«Posso sapere cos’hai?»
«Niente» rispose mettendosi a sedere sul letto a gambe incrociate.
«Sei terribilmente sexy.»
«Non guardarmi lì, mi mette a disagio.» Chiuse le gambe e portò le ginocchia sotto il mento.
«Dovresti farti un tatuaggio» insistette Nicolas.
«Sono un Carabiniere.»
«Un serpente che striscia, così non si vede la cicatrice.»
«E se non volessi nasconderla?»
«Com’è successo?»
«Non mi va di parlarne.»
«Miss simpatia oggi…» Nicolas si stirò e scese dal letto. «Quindi niente sesso per una settimana.»
«Due. Quando torno avrò il ciclo.»
«Beh ci sono altri modi…»
«Vedremo.» Fece un mezzo sorriso e tornò subito seria. «Pensi mai all’amore?»
«Abbiamo fatto un patto…»
«Non l’ho dimenticato.»
«Bene. Tra me e mia moglie c’era amore, almeno da parte mia, e guarda com’è finita.»
«Non mi interessa parlare del tuo matrimonio.»
«Infatti, chi se ne frega del matrimonio.» Tornò a sedersi sul letto e le passò il dorso della mano tra le cosce. «Vieni qui, due settimane sono lunghe.»
«Si può fare un discorso serio con te?»
«Ok.