Maledetti turisti!
Di Luigi Puca
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Anteprima del libro
Maledetti turisti! - Luigi Puca
NOMI
Parte I vittime e carnefici
Viaggiatore attento e turista sprint
Viaggiare porta a convivere con altre culture per l’arricchimento di nuovi valori.
il viaggiatore attento, spostandosi sul territorio, sceglie autonomamente dove fermarsi, mentre il turista di massa tende a visitare i luoghi più noti.
Una volta i luoghi d’arte erano visitati solo dai primi e il viaggio in Italia durava mesi perché la vita e la cultura di un popolo si possono cogliere solo vivendo fino in fondo tutta una serie d’intensi rapporti personali. I personaggi che erano in grado di compiere il viaggio in Italia, lo facevano per lo più da soli, una condizione che può essere anche una grande risorsa interiore per ritemprarsi e verificare le proprie caratteristiche fuori dai legami consolidati.
Il Signor de Montaigne quando scese in Italia, tra i primi e colti viaggiatori, non ammirò soltanto i monumenti culminanti, ma, come notò nel proprio Journal de Voyage en Italie, prestò attenzione a tutto quello che vide: ai valori della vita quotidiana, alle condizioni sociali e al colore dei luoghi che sceglieva di visitare. Il racconto del suo viaggio è straordinario per la spontaneità che gli consentì di discorrere su tutto quello che colpì il suo spirito, in modo irrompente e vero: gli alloggi, le finestre senza vetri, le seduzioni inferiori alle attese, le donne, eccetera.
Di sera leggeva, mentre di giorno si recava sul posto a mettere in pratica quanto aveva appreso, per non dover dipendere da una guida, e soprattutto possedeva quella dote del viaggiatore di razza che si adegua volutamente, senza alcuna ritrosia, alle usanze del luogo.
Oggi un viaggio in Italia è come un giro d’Italia ciclistico che si svolge in gruppo ma con una durata di qualche giorno. È un turismo mercenario che con le agenzie di viaggio e con i low cost congestiona le città d’arte facendole implodere. Le arance, diceva Voltaire, si strizzano fino a farne uscire tutto il sugo, e poi si buttano via. Così accade a Firenze, la città del turista sprint: un giretto, un gelato, tante foto e via. Secondo Federalberghi i turisti pernottano solo due giorni. Le agenzie turistiche cinesi offrono il giro dell’Europa in una settimana ed è difficile intravedere nottate fiorentine.
Un racconto esemplare è riportato dal Corriere Fiorentino
del settembre 2012, con la vicenda dell’assurdo giro turistico di ventotto cinesi che calano in città per ripartire dopo tre ore, ignorando anche gli Uffizi!
Partiti la mattina da Venezia e diretti a Roma, sostano a Firenze e piombano nel ristorante asiatico Buddakan, prima tappa del tour, per non rinunciare ai sapori di casa. In seguito, a pochi metri di distanza davanti alla chiesa di Santa Croce, compiono i primi acquisti dai venditori ambulanti scattando una sfilza di foto. Subito dopo, con zaini in spalla e ombrellini da sole, la banda dei ventotto, preceduta dalla guida raggiunge piazza della Signoria per soffermarsi qualche minuto: seconda tappa del tour. Segue una mezz’ora d’aria fresca trascorsa nel Duomo, soltanto per ripararsi dalla calura estiva, per poi fare ritorno in piazza della Signoria per la seconda visita
: boutique Chanel! La turba cinese che invade inaspettatamente il negozio, gira e rigira bramosa tra i capi d’alta moda, ma alla fine escono tutti a mani vuote per sedersi sul ciglio del marciapiede, a sorbire gelati e bibite. Come saranno rimasti gli addetti alla boutique?
La visita è così sprint che esclude, per fortuna, il Ponte Vecchio e i Lungarni anche da un semplice passeggio. Per i ventotto proiettili è pronta la prossima tappa: Pisa, per la merenda!
Un simile turismo che continua a prevalere, è certamente frutto della subordinazione totale della città che senza selezionarlo lo subisce favorendolo, gratificato inoltre dai collegamenti aerei a basso costo, dalle gite scolastiche, dai panini, e dai negozietti souvenir.
Recenti e aberranti iniziative sembrano fatte su misura per velocizzare ancor più il turismo sprint
, come l’appena inaugurato circuito
di mezz’ora via taxi, con annessa guida turistica, per una più rapida esplorazione di una città nata, invero, per ricevere con la necessaria lentezza solo viaggiatori attenti e alla ricerca della più alta delle gratificazioni: il piacere estetico nel contemplare un’opera d’arte.
Sarebbe meglio che questo turista sprint se ne restasse a casa, come chi legge tanto e non capisce niente che per migliorarsi non dovrebbe leggere!
I piccioni di Renard
Un’ossessione pedagogica, supportata dall’analfabetismo per le arti figurative, è la leva intellettuale che spinge milioni di persone, prive di ogni riferimento culturale, a trasformarsi in turisti e a visitare le città d’arte. E quanto più scarseggiano l’inconsapevolezza e l’attitudine per la contemplazione, tanto più acuto si fa in loro il desiderio del consumo culturale. Costoro, all’arrivo a Firenze, conoscono solo il David e le Veneri degli Uffizi e quando ripartono, pure! Il loro continuo spostarsi da una parte all’altra, li rende simili ai piccioni viaggiatori di Renard: «non sanno star fermi e i viaggi non li istruiscono affatto. Per tutta la vita rimangono un po’ stupidi». L’immobilità è un valore che i turisti non possiedono e la superficialità, il loro vizio: una volta ascoltate le guide, non si preoccupano di rafforzare e ampliare i loro pensieri, perché «sono esseri che non rimangono feriti da ciò che vedono» (è scritto nel Diario degli errori di Ennio Flaiano). I migliori ignorano lo scopo della visita e già pensano alla prossima!
L’antropologo statunitense James Clifford, definisce il turismo come «una pratica incapace di produrre seria conoscenza».
Il viaggio, quando non è finalizzato a palestrare i corpi nei villaggi vacanze ma le menti, costituisce dall’antichità il miglior modo per assorbire le culture altrui e non inizia alla partenza né finisce al ritorno ma comincia ancora prima e non finisce mai, solo i viaggiatori finiscono. Lo scrittore polacco Ryszard Kapuściński ci racconta, nei suoi interessanti reportage, che il viaggio si può prolungare, ripetere, moltiplicare, attraverso la lettura dei libri e l’osservazione delle immagini, senza spostarsi. L’incolto trasversale domanda sempre cosa ci sia da vedere, come se a Firenze scarseggiasse l’offerta e lo fa pubblicamente, sia negli uffici turistici che nei fugaci contatti con gli indigeni, senza domande contrarie alla sua natura, come il pischello universitario che chiede ansioso al suo professore notizie sull’esame.
Per provare il piacere della scoperta dell’arte, occorre prima apprendere, poi confermare con il viaggio quello che si è appreso e una volta rientrati, continuare a studiare. La cultura del viaggio va quindi organizzata in anticipo e richiede un interesse reale, alimentato in un tempo che non è quello trascorso a preparare gli indumenti da indossare ma quello necessario per lo studio di un’accurata documentazione leggendo e organizzando le prime conoscenze di una cultura estranea, per archiviarle nella mente.
Nell’introduzione di Umberto Eco al libro meraviglioso: