Luoghi fantastici di Roma e dove trovarli
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Sembra impossibile che in una città come Roma, famosa in tutto il mondo e invasa quasi ogni giorno da un’infinità di turisti, possano ancora nascondersi dei luoghi sconosciuti e in grado di stupire il visitatore. Eppure, è proprio così: la Città Eterna è ricca di piccole gemme nascoste dietro la luce dei monumenti più celebri. E non si tratta di luoghi come gli altri. Simone Toscano e Andrea De Benedetti guidano il lettore alla scoperta delle mete meno turistiche e più magiche della capitale. Architetture assurde, giochi prospettici, leggende fantasiose, atmosfere da brivido: in questo libro c’è tutto quello che un turista curioso di scoprire la città potrebbe desiderare. Dal “quadro robotizzato” di Rubens ai bunker segreti di Villa Borghese; dal museo delle navi di Fiumicino a quello della Mente; dalla casa di Goethe all’Ospedale delle bambole: un tour misterioso e immaginifico, attraverso i meandri di una Roma magica e segreta.
Musei dimenticati, giardini segreti, illusioni ottiche… una Roma magica e sorprendente
Tra i luoghi presenti nel volume:
La cupola dipinta di Sant’Ignazio
L’orologio ad acqua di Villa Borghese
Il quadro robotizzato di Rubens
Il museo del mammut di Rebibbia
I capolavori segreti di Palazzo Merulana
La “Keats&Shelley House”
Murales e poeti del Trullo
La porta magica di piazza Vittorio
Il laboratorio della mente
Il cimitero degli animali nel quartiere portuense
Andrea De Benedetti
Classe 1979, vive a Roma, dove si è laureato in Scienze della Comunicazione. Ha collaborato con l’Associated Press e ha iniziato a girare il mondo per il suo lavoro di creativo e organizzatore di eventi nazionali e internazionali. Anche nella vita privata è un viaggiatore. Con Simone Toscano ha pubblicato per la Newton Compton Luoghi segreti da visitare a Roma e dintorni e Luoghi fantastici di Roma e dove trovarli.
Simone Toscano
Classe 1981, giornalista, lavora dal 2005 in Mediaset come inviato e conduttore. Ha già pubblicato i romanzi Il Creasogni (2015) e Io splendo. La storia di Malena (2020) e il libro inchiesta Nel nome di Lorys (2018). Con Andrea De Benedetti ha pubblicato per la Newton Compton Luoghi segreti da visitare a Roma e dintorni e Luoghi fantastici di Roma e dove trovarli.
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Anteprima del libro
Luoghi fantastici di Roma e dove trovarli - Andrea De Benedetti
QUANDO I SENSI INGANNANO…
La maestria nell’inganno è spesso considerata qualcosa di negativo, foriera di intenti fraudolenti e predatori, uno strumento in mano a malintenzionati pronti a usarlo a proprio vantaggio. Ma quando viene piegata a fini artistici, può invece diventare un incredibile generatore di meraviglia. Niente infatti ci stupisce di più di quando le nostre percezioni ci inducono in errore. E l’arte da sempre attinge a piene mani alle illusioni e al coup de théâtre, dai trompe-l’œil con cui i ricchi romani affrescano i loro ambienti ai giochi prospettici rinascimentali. Anzi, ci si potrebbe chiedere cosa sarebbe l’arte senza un pizzico di illusione.
Ben poco
, avrebbero risposto i maestri del Barocco, che hanno portato questo concetto fino ai suoi massimi livelli. Giochi di prospettiva, esperimenti acustici incredibili, trucchi teatrali: nel panorama del Seicento romano troviamo un po’ di tutto. Ma non solo lì, perché, come abbiamo detto, la passione per questo genere di divertissement non si è mai sopita.
Vogliamo proporvi alcuni esempi, i più incredibili, ma girando per la città siamo certi ne troverete molti altri.
San Pietro e le sue illusioni ottiche
Bella forza inserire San Pietro tra i luoghi fantastici di Roma! Vi piace vincere facile, eh?
. Ce li vediamo, i nostri lettori, a sghignazzare di fronte al titolo di questo paragrafo, con il ditino puntato a criticare e il sorriso di chi ci ha colti in fallo.
E invece no. Avremmo potuto segnare un goal a porta vuota, ma non l’abbiamo fatto: non è della basilica di San Pietro propriamente detta che vogliamo parlarvi, e neppure del Vaticano con i suoi musei e i suoi tesori, bensì di alcune illusioni ottiche che vi permetteranno di fare i gradassi persino con chi pensava di sapere tutto di questo luogo.
Piazza San Pietro ancora con la spina di Borgo
in una foto del 1936.
Togliamo subito il trucco meno segreto dell’elenco: quasi tutti sanno che ci sono due punti in piazza San Pietro – indicati a terra da un bel cerchio bianco – dai quali, osservando il colonnato, tutte le colonne sembreranno allineate e non si riuscirà a vedere le quattro file che invece lo compongono. Quei cerchi bianchi, con su scritto Centro del colonnato
, giusto per non sbagliare, sono infatti i fuochi delle due ellissi che, unite, formano la piazza.
Ma quanti invece sanno che guardando la facciata della basilica, creata dal Maderno, le colonne della gigantesca porta principale sembrano avere un colore diverso dalle altre?
Se non ci credete, andate a vedere: tranquilli, è tutto un gioco di luci, calcolato matematicamente e dovuto al fatto che le colonne sono convesse e, quindi, la percezione della luce su di esse è differente rispetto alle altre.
Parliamo poi del simbolo per eccellenza: il Cupolone. Pensate di conoscerlo a memoria e che non abbia segreti per voi? E allora, provate ad andare fino all’obelisco vaticano, al centro della piazza. Mettetevi dietro l’obelisco e guardate ancora la cupola: i suoi tre elementi – la sfera dorata sulla cima e le due pietre miliari degli archi – formano un triangolo. Ecco, in linea teorica, spostandovi questa immagine geometrica dovrebbe cambiare. Eppure questo non accade, continuate a percepire un triangolo. Come mai? Le finestre hanno i lati inclinati, il che inganna
l’osservatore, come se la cupola fosse in movimento insieme a voi, quasi come se si spostasse seguendo il vostro sguardo, anche quando si sposta tra le teste delle statue.
Ma l’illusione ottica migliore, in realtà, è quella che davvero possiamo solo raccontare, e rimanda all’effetto che si aveva nell’arrivare in piazza San Pietro prima della costruzione di via della Conciliazione, quando ancora esisteva la cosiddetta spina di Borgo
, un dedalo di viuzze dalle quali, d’improvviso, si sbucava in questo luogo, che appariva ancora più grande e più maestoso di quanto appare anche ora. Purtroppo (per fortuna, secondo alcuni) quella vista non esiste più e dobbiamo limitarci a intuirla da qualche foto o filmato d’epoca.
dove: piazza San Pietro
orari: tutti i giorni dalle 8:00 alle 17:00 (fino alle 18:00 da aprile a settembre)
costi: ingresso libero
La cupola dipinta della chiesa
di Sant’Ignazio di Loyola
Le cupole sono l’elemento architettonico più rappresentativo dello skyline di Roma. Presenti sia in centro che in periferia, sono un vero e proprio simbolo della città. E ce ne sono davvero per tutti i gusti, da quella del Pantheon¹ – che è la più grande e antica del mondo – a quella ultra-moderna di San Giovanni Bosco al Tuscolano², passando per quella più famosa, il celebre Cupolone
di Michelangelo, fino ad arrivare alle più stravaganti, come la minuscola cupola barocca di Sant’Ivo alla Sapienza del Borromini. Persino a Prati, quartiere simbolo dell’anticlericalismo post-unitario, ne è stata realizzata una³.
Però Roma non smette mai di stupire, e tra tante cupole vere ne esiste una assolutamente finta, frutto di un abile trucco prospettico. Si trova nella chiesa di Sant’Ignazio, nell’omonima piazza progettata dall’architetto Filippo Raguzzini negli anni Venti del Settecento: una specie di set teatrale, dove il curioso palazzo rococò è modellato come se fosse un fondale scenico e i due edifici gemelli sembrano quinte teatrali. Questi ultimi sono chiamati affettuosamente burrò
dai romani, da una storpiatura del termine francese bureaux⁴. Ma noi siamo qui per la cupola, e quindi dobbiamo entrare in chiesa.
A Sant’Ignazio il gioco dell’illusione prospettica è di casa: appena entrati, siamo accolti da un trompe-l’œil che ci illude che il soffitto scompaia, mentre i muri sembrano allungarsi su, fino a un bel cielo blu. È Il Trionfo di Sant’Ignazio, uno dei capolavori di Andrea Pozzo. Avanzando verso l’altare, vi sembrerà di vedere, nel punto in cui la navata incrocia il corto transetto, una cupola, che man mano darà l’impressione di farsi sempre più grande e slanciata. Fermatevi all’altezza del piccolo bottone dorato sul pavimento: ora potete osservare il tamburo, le finestre, le lesene, addirittura vedrete dei raggi di sole filtrare attraverso i vetri, proiettandosi sulla parete. Peccato però che questa cupola non esista: è solo un dipinto! Basta fare qualche passo più avanti per rendersi conto dell’illusione: le linee si deformano, la forma si ovalizza sempre di più, finché l’immagine si distorce del tutto. Qualche passo indietro e, come per magia, tornerete a vedere la cupola nella sua interezza. Sorprendente, vero? E pensate che effetto doveva fare quando i colori erano ancora vividi!
Eppure, quest’illusione non fu cercata, ma anzi fu, come si dice a Roma, un modo per mettere ‘na toppa
. Ma andiamo con ordine.
Questa chiesa fa parte del complesso Collegio Romano, costruito dallo stesso sant’Ignazio come scuola per l’ordine dei gesuiti. L’istituto religioso necessitava di un luogo di culto dedicato, e per questo venne concesso l’uso della piccola chiesa della Santissima Annunziata, oggi sparita, costruita pochi anni prima per le Clarisse. Ma già all’inizio del Seicento, il numero di novizi era diventato tale da richiedere un luogo di culto più grande per ospitarli. Così nel 1622, a seguito della morte e successiva canonizzazione del fondatore, si decise di costruire una nuova chiesa da dedicargli.
Si pensò quindi di realizzare una copia della vicina chiesa del Gesù – la sede dell’ordine –, che sfoggia una grande cupola realizzata dal Vignola. La chiesa venne costruita senza grandi intoppi, ma la cupola era tutta un’altra cosa; necessitava di un progetto solido e di studi di portanza, ma la chiesa di Sant’Ignazio doveva essere aperta prima possibile per portare avanti l’istituto. Si decise allora di lasciare una predisposizione
per la cupola, in vista di una realizzazione successiva. Come spesso succede, la soluzione provvisoria divenne definitiva: nel 1685, ancora nessuno aveva nemmeno provato a proporre un progetto. Fu allora che un confratello gesuita, Andrea Pozzo, propose di realizzare una cupola finta, ossia creare un trompe-l’œil per riempire il buco
. D’altro canto, Pozzo era un pittore e un matematico e si era già dimostrato un maestro in questo campo.
Realizzò una tela larga 18 metri e con quella, studiando la luce, gli effetti ottici e la prospettiva, creò il suo inganno. La cupola finta infatti non è un affresco, ma una grande tela tesa sul soffitto. E l’illusione riuscì tanto bene che la cupola vera non venne mai realizzata. Pozzo divenne famoso e fu chiamato a realizzare altre sette cupole finte in tutta Europa, da Arezzo a Vienna, seppur nessuna di esse possa essere ritenuta grande e spettacolare come quella romana.
dove: piazza del Popolo snc
orari: strada aperta al pubblico
costi: ingresso gratuito
La galleria del Borromini,
che appare quattro volte più lunga del reale
Tutti, almeno una volta nella vita, hanno sentito parlare dell’estro di Borromini e della sua abilità nel creare illusioni e giochi di prospettiva. Se però volessimo trovare un’opera che rappresenti la summa della poetica del maestro, ci dovremmo recare a palazzo Spada, dove egli realizzò la Prospettiva, una galleria monumentale che porta in un giardino segreto. Fu edificata nel 1653, e sembra lunga quasi quaranta metri. Ma le apparenze ingannano, perché l’intero colonnato è poco più di nove metri e il giardino in fondo… è solo una miniatura.
E proprio le apparenze ingannano
fu il brief creativo che il cardinale Bernardino Spada aveva dato al sommo architetto. Il prelato voleva un’opera allegorica che fungesse da monito contro le facili illusioni della vita terrena, che fanno cadere l’anima in tentazione. Quando Spada dette carta bianca al Borromini, di certo non pensava di stare dando il via alla creazione di uno dei punti di arrivo dell’illusionismo prospettico barocco, e dell’architettura mondiale. Borromini infatti, invece di creare un’allegoria, decise di dare vita a un’illusione ingannatrice, e per riuscire nel suo intento utilizzò molti trucchi ed escamotage per burlarsi della mente degli osservatori. In primis giocò con tutte le linee prospettiche, avvalendosi delle lezioni di prospettiva pittorica quattrocentesche e ribaltandone i principi: il pavimento è in salita, il soffitto in discesa, ed entrambi convergono assieme alle pareti laterali verso l’ideale punto di fuga visivo dell’osservatore. Un gioco di prestigio affatto scontato, perché sarebbe bastato calcolare male gli angoli per annullarne l’efficacia. Ma l’inganno è perfetto, sia perché la galleria stessa costringe
gli astanti a un punto di vista obbligato, sia perché Borromini coinvolse il padre agostiniano Giovanni Maria da Bitonto, valente matematico dell’epoca, commissionandogli dei calcoli geometrici precisi.
A questo gioco di linee e piani inclinati l’artista ha aggiunto un secondo trucco: la ripetizione. Come funziona? Semplice. La nostra mente è molto abile nello stimare una distanza, se può avvalersi di riferimenti noti. Per esempio, sapendo che ogni piano di un palazzo è alto circa tre metri, non è difficile stimarne l’altezza; allo stesso modo, ci si può fare un’idea della lunghezza di un corridoio misurando una sola mattonella e poi contandone il numero totale. Nel caso della Prospettiva, sono stati inseriti volutamente elementi architettonici a prima vista identici, che sembrano disposti a intervalli regolari, ma in realtà si rimpiccioliscono e si avvicinano tra loro.
Infine, l’ultimo gioco, che potremmo definire la ciliegina sulla torta – anche se non del tutto attribuibile al Borromini – è la presenza di una statua d’eroe posta su un basamento. Statue simili, che sono presenti nei giardini, sono alte tra i due e i tre metri, ma questa è alta poco più di settanta centimetri! Questo trucco finale fu aggiunto solo successivamente su richiesta di Clemente Spada, perché in origine c’era un trompe-l’œil che raffigurava un bosco.
La Prospettiva, per quanto curiosa, non è l’unico motivo per visitare palazzo Spada: qui è conservata una prestigiosa pinacoteca barocca, con tele di El Greco, di Guido Reni e di Artemisia Gentileschi, sfortunata pittrice romana dalle straordinarie capacità, che vale la pena di scoprire e che andrebbe certamente valorizzata.
dove: piazza Capo di Ferro, 13
orari: dal lunedì alla domenica dalle 8:30 alle 19:30. Non è necessaria la prenotazione. I gruppi possono entrare solo durante i gironi feriali. Chiusa il martedì
costi: intero 5 €; ridotto € 2,00
informazioni: https://www.gebart.it/musei/galleria-spada/ o al numero 06 32810 (attivo dal lunedì al venerdì dalle 9:30 alle 18:00)
Il buco della serratura del Priorato di Malta
Fino a pochi anni fa, il buco della serratura all’Aventino era un segreto gelosamente custodito da pochi che, in questo modo, potevano concludere una piacevole serata estiva tra amici con un piccolo coup de théâtre, complice l’atmosfera da piccolo mondo antico
che circonda la piazzetta dei Cavalieri di Malta.
Su questo slargo quadrato, circondato da alti muri ornati di steli e obelischi, si affaccia un portone riccamente decorato. La porta di legno massiccio è sempre chiusa e non permette di vedere all’interno ma, se ci si china per sbirciare dalla serratura, sarà possibile vedere la cupola di San Pietro, perfettamente centrata e incorniciata da filari di sempreverde. La prima volta è sempre sorprendente. No, non è un’illusione: la porta, il viale alberato e la cupola del Vaticano sono perfettamente allineati. Questo gioco prospettico è un’invenzione del geniale artista Giovanni Battista Piranesi, autore anche della disposizione della piazza e delle sue decorazioni, famoso per le sue inquietanti acqueforti delle Carceri e per le sue stampe dei monumenti di Roma.
Oggi, complice internet e il passaparola mediatico, è difficile vivere quella stessa sensazione di raccolta meraviglia: spesso la fila per sbirciare San Pietro
è lunghissima e, a volte, conviene desistere e approfittarne per vedere il resto delle meraviglie dell’Aventino: San Saba, Sant’Alessio, Santa Sabina, il giardino degli Aranci. Eppure, nonostante questo segreto sia ormai molto famoso, e tanti abbiano sbirciato dal buco della serratura, quanti altri hanno visto cos’altro si nasconde dietro quel portone?
L’ingresso del Priorato dei Cavalieri di Malta nella piazza omonima,
nel disegno preliminare di Giovanni Battista Piranesi.
Tanto per cominciare, varcando quella soglia non sareste più sul territorio italiano, ma vi trovereste in un altro stato, per di più gestito da un Ordine di crociati. Tutto vero: quello è infatti l’ingresso del Priorato dei Cavalieri di Malta, che fa territorialmente parte dello smom, il Sovrano Militare Ordine di Malta, una micro-nazione riconosciuta dallo Stato italiano e dalla Santa Sede. Questo rende Roma la capitale non di due, ma ben di ben tre nazioni!⁵ Lo smom si occupa di missioni di assistenza sanitaria in tutto il mondo, seguendo una vocazione quasi millenaria. Avrete certamente sentito parlare dell’ordine degli Ospitalieri di San Giovanni di Gerusalemme, di Rodi e di Malta, i monaci-guerrieri protagonisti delle Crociate assieme ai Templari o ai Cavalieri Teutonici. Gli Ospitalieri, il cui simbolo è la croce ottagona – oggi conosciuta come croce di Malta –, furono fondati attorno al 1080 ad Amalfi, con il compito di proteggere e assistere i pellegrini in Terra Santa. Il loro compito originario era soccorrere i malati, ma ben presto diventarono combattenti di prima linea. La loro cavalleria pesante era temutissima dai saraceni e fu determinante nella battaglia di Arsuf⁶. Dopo la caduta dei regni cristiani d’oriente, l’ordine si spostò prima a Rodi e poi a Malta, diventando una potenza marinara. Ancora nel Seicento vantava una delle più grandi flotte da guerra presenti nel Mediterraneo, una vera e propria spina nel fianco per i pirati turchi. Alla fine del Settecento Napoleone conquistò Malta e l’ordine fu demilitarizzato; esso si traferì così sull’Aventino, in un antico monastero benedettino fortificato che era già stato la sede romana dei Templari, ed era passato agli Ospedalieri quando i primi vennero soppressi. I Templari avevano realizzato qui una roccaforte a forma di nave, con la prora rivolta verso Gerusalemme e il palazzo a fare da cassero, che arrivava fino a Sant’Alessio. Se della prua e degli alberi – che dovevano avere la forma di obelischi – non resta nulla, nella struttura della villa si possono ancora notare le forme navali
. Tra l’altro, quando il Piranesi venne chiamato a restaurare l’edificio, si ricordò della leggenda della Nave di pietra
e inserì, quando possibile, degli elementi a richiamarla: decorazioni navali, ancore di pietra, fregi di marmo e balaustre che ricordano quelle di un veliero. Piranesi era un appassionato del mistero e del simbolismo, e non stupisce che la sua tomba sia ospitata proprio qui, nella piccola chiesa di Santa Maria del Priorato, che raccoglie le insegne antiche dell’ordine.
Esplorare questa villa segreta è difficile, ma non impossibile. Ogni venerdì la villa può essere visitata su prenotazione, e la visita vale certamente l’impresa.
dove: piazza dei Cavalieri di Malta, 4
orari: il venerdì su prenotazione e in base alle attività dello smom
costi: ingresso gratuito
informazioni: https://www.orderofmalta.int/it/governo/villa-magistrale/
La salita in discesa
di Ariccia
Uno strano mistero sembra avvolgere un particolare tratto di strada in salita, che si trova tra Ariccia e Rocca di Papa: se si lascia rotolare qualcosa a terra, o anche solo si fa cadere dell’acqua, questi saliranno verso l’alto invece di scendere in basso, come ci si aspetterebbe. L’effetto sembra funzionare anche con oggetti voluminosi e dotati di una certa massa, come un’automobile; basta mettere il cambio in folle e anche la vettura inizierà man mano a risalire il pendio, come se la gravità non seguisse più le sue regole ma agisse al contrario.
Il punto è situato sulla strada regionale che unisce i due comuni, precisamente all’altezza del cartello di confine delle rispettive municipalità. Se venite da Rocca di Papa lo troverete subito dopo la rotonda che segna il bivio per Nemi, se invece venite dalla direzione contraria sarà, ovviamente, poco prima. Come si spiega questo fenomeno? Iniziamo smentendo le ipotesi più fantasiose che tirano in ballo una qualche forza di attrazione aliena o fenomeni di inversione della gravità: se fosse così, gli oggetti non dovrebbero alzarsi da terra? O, senza scomodare effetti così macroscopici, perché i capelli continuano a pendere verso il basso e non si drizzano sul capo? L’effetto è tale solo sul suolo, e per questo alcuni hanno ipotizzato l’azione di una forza magnetica, dovuta forse alla presenza di una caldera vulcanica o di qualche energia statica, creata dal movimento degli strati rocciosi. In fondo, considerando che tutta l’area è caratterizzata da fenomeni vulcanici – siamo sopra il quiescente Vulcano Laziale – non sembrano spiegazioni del tutto campate in aria. Tuttavia, entrambe le forze tirate in ballo dovrebbero reagire in modo differente al variare del materiale di cui sono composti gli oggetti dei test, visto che il magnetismo agisce con maggior forza su elementi ferromagnetici, e l’attrazione elettrostatica ha effetti diversi su elementi dalla diversa conducibilità. Invece, come avrete modo di verificare voi stessi, il fenomeno coinvolge allo stesso modo metalli ferrosi, materie plastiche e persino liquidi come l’acqua.
Allora, quale può essere la spiegazione? La teoria più logica e condivisa è che la strada in salita sia in realtà… una discesa!
In pratica, si tratterebbe solo di un’illusione ottica, nella quale il nostro cervello viene ingannato da alcuni elementi del paesaggio e crede di avere di fronte una salita, quando in realtà è un falsopiano leggermente in discesa. Gli studi scientifici hanno infatti rilevato un’importante differenza tra la pendenza percepita a occhio e quella reale della strada. Ovviamente, gli amanti del mistero rigettano questi studi, asserendo che l’effetto antigravitazionale
potrebbe agire anche sugli strumenti per i rilievi e sballare
la loro lettura.
Chiunque, pur non avendo gli stessi strumenti di analisi topografica né le necessarie competenze trigonometriche, può tentare un facile esperimento. Basta provare a percorrere più volte la strada nei due sensi di marcia: qualcosa è cambiato nella vostra percezione, o vedete sempre una salita?
dove: strada Regionale 218, km 10,4
orari: strada aperta al pubblico
costi: ingresso gratuito
Via Piccolomini e la veduta
della cupola di San Pietro
Luogo magico, ideale per impressionare un amico venuto da fuori, un turista o una persona da conquistare con un colpo di teatro: via Nicolò Piccolomini, che si trova in quella terra di mezzo tra Villa Pamphili e via Gregorio vii, è uno dei pochi posti di Roma a offrire una vista del Cupolone diversa
, grazie a un effetto ottico strabiliante.
Quale? Raccontarlo a parole è riduttivo rispetto al tuffo al cuore che proverete imboccando la strada da via Aurelia e andando avanti in direzione della cupola di San Pietro, che si staglia sull’orizzonte. Ebbene, come tutti sappiamo, un oggetto che vediamo piccolo in lontananza tende a farsi più grande man mano che ci avviciniamo. Giusto? In questo caso, qualcosa non torna: la cupola sembra più grande da lontano e più piccola da vicino, ribaltando ogni nostra conoscenza.
Siamo impazziti? La strada si allontana e non ce ne accorgiamo? Nulla di tutto questo, perché la verità è che effettivamente la cupola fa il suo dovere, sulla carta: cioè si ingrandisce man mano che ci avviciniamo. Solo che il nostro occhio viene ingannato dal fatto che, quando la guardiamo dall’inizio della strada, la cupola ci appare incastonata tra due file palazzi, che quasi la stringono ai fianchi. Palazzi che però scompaiono dalla nostra vista man mano che andiamo avanti e lasciano spazio a un piccolo parco. Ecco quindi che, senza nulla attorno, unico grande edificio visibile in lontananza, il Cupolone sembra quasi perdersi sullo sfondo del cielo.
In sostanza, quando è in mezzo ai palazzi la cupola sembra più grande di quando invece sta sola soletta nel nulla. E quindi, pur essendo più vicini, i nostri occhi verranno ingannati e San Pietro sembrerà davvero un punto nella vastità dell’orizzonte.
dove: via Nicolò Piccolomini
orari: strada aperta al pubblico
costi: ingresso gratuito
Il curioso fenomeno acustico
di piazza del Popolo
Piazza del Popolo è una delle poche, vere piazze monumentali della città, che sembra attingere a quella concezione urbanistica dalle grandi fughe prospettiche – il monumentalismo, appunto – che accomuna molte capitali europee e che non è frequente nella mentalità romana. Non stiamo dicendo che Roma non abbia piazze meravigliose, ovviamente, ma di certo a Roma mancano i grandi boulevard e le grandi prospettive che possiedono capitali come Parigi, Mosca o Berlino, e anche le piazze più grandi sono quasi sempre funzionali alle chiese o ai palazzi che vi si affacciano; basti pensare a piazza Farnese o all’enorme piazza San Pietro. Piazza del Popolo fa eccezione. Certo, vi si affaccia un’importante chiesa, Santa Maria del Popolo, ma quest’ultima è posizionata in disparte rispetto agli altri elementi che concorrono a farne uno slargo grandioso: le due grandi esedre monumentali, le fontane, le chiesette gemelle, il famoso tridente – formato da via del Babuino, via del Corso e via di Ripetta –, l’obelisco Flaminio, la prospettiva sul Pincio. La piazza è sempre stata l’ingresso settentrionale della città, e nei secoli molti architetti importanti, come Bramante, Michelangelo, Raffaello e Bernini, si sono susseguiti nel renderla più meravigliosa possibile, ma è innegabile che l’aspetto odierno sia dovuto principalmente all’intuizione dell’architetto Giuseppe Valadier. Sia chiaro, non vogliamo sminuire gli interventi architettonici degli altri geniali artisti che vi hanno lavorato nei secoli precedenti, però il maestro romano è riuscito nel non facile compito di integrare un insieme coerente, pur mantenendo tutti gli elementi antichi, fornendo un ingresso monumentale⁷ alla città.
In effetti, ci sarebbe molto da dire sulla storia di questi luoghi, che sono ricchi di misteri, aneddoti, e leggende; tuttavia, vogliamo concentrarci su un fenomeno meno misterioso, ma non meno interessante, che riguarda il senso dell’udito. In questa piazza, se ci si posiziona correttamente, è possibile parlare a bassa voce con persone molto distanti, anche quando l’area è – come spesso accade – piena di turisti, schiamazzi e musica. Per fare questo esperimento bisogna andare presso l’esedra del Nettuno, quella che è rivolta verso il Tevere. Noterete che essa è formata da un’enorme semicirconferenza di oltre cento metri di diametro, delimitata da due statue. Ebbene, se vi avvicinate a una delle sculture, potrete essere sentiti da un interlocutore all’altezza di quella dirimpetto a voi⁸. Dovrete avere l’accortezza di avvicinarvi al muro e parlare verso i mattoni, e il vostro amico dovrà fare lo stesso avvicinando il suo orecchio; probabilmente dovrete fare più tentativi per trovare il punto giusto, ma alla fine riuscirete a parlarvi senza alzare troppo la voce.
Piazza del Popolo in un’incisione di Giovanni Battista Piranesi.
Come è possibile? Si tratta di un fenomeno acustico di conduzione: il suono viene guidato
dalla superficie del muro concavo fino all’altra estremità. È ciò che viene chiamato whispering gallery, letteralmente galleria dei sussurri
. La forma a emiciclo permette al suono di scorrere, ed è possibile percepire sussurri o deboli suoni anche a grandi distanze, a patto però che ci si trovi in punti specifici della galleria, chiamati focus, che qui sono localizzati nei pressi delle due statue e attorno alla Fontana del Nettuno. Se provate a mettervi fuori da questi punti, l’esperimento non funzionerà.
La teorizzazione scientifica di questo fenomeno risale alla fine del xix secolo, molti anni dopo l’opera di Valadier, ma certamente questo trucco non era del tutto sconosciuto all’epoca del maestro: l’uso di sistemi per amplificare il suono veniva già utilizzato nelle chiese – come San Giovanni in Laterano –, nei templi e nei teatri. Non sappiamo se l’architetto romano realizzò volutamente questo effetto, o se esso sia semplicemente dovuto alla particolare forma della piazza, ma siamo certi che i più timidi dovrebbero essergli grati: esiste un modo migliore per dichiararsi senza dover incrociare lo sguardo del nostro interlocutore?
dove: piazza del Popolo snc
orari: strada aperta al pubblico
costi: ingresso gratuito
Il trucco acustico di San Giovanni in Laterano
È possibile provare un trucco acustico non troppo diverso da quello di piazza del Popolo, ma molto più intimo, all’interno della basilica di San Giovanni in Laterano. Una chiesa molto antica, che per secoli è stata la residenza pontificia del patriarca di Roma ed è tuttora la cattedrale della città, e quindi, di riflesso, la prima arcibasilica dell’intera Chiesa Cattolica. E non dobbiamo farci ingannare dal suo aspetto barocco, perché è molto antica ed è stata la protagonista di tutta la storia della Chiesa, dall’impero romano alla fine del Medioevo. Era infatti una delle tre basiliche costantiniane, ossia quelle chiese – le altre erano San Paolo fuori le Mura e San Pietro in Vaticano – costruite dall’imperatore Costantino dopo aver emesso l’Editto di Milano nel 313 d.C., ma differiva dalle sue sorelle in modo sostanziale. Mentre le prime due erano state realizzate sulle tombe dei due rispettivi santi, che erano già luoghi di pellegrinaggio per i primi cristiani, San Giovanni fu realizzata su un terreno donato appositamente dall’imperatore – o più probabilmente da sua madre, sant’Elena – per costruirvi la chiesa madre della cristianità e la sede del patriarcato di Roma, che prese il nome di Patriarchio. Per sottolineare la centralità del suo ruolo, venne dedicata in origine al Dio Redentore, Il Salvator Mundi. La struttura presentava cinque navate di altezza digradante, per cui quella centrale era assai più alta delle due adiacenti, le quali erano, a loro volta, più alte di quelle esterne. Al suo interno, furono realizzati per la prima volta quegli elementi architettonici simbolici, come l’arco trionfale, l’abside e le cappelle laterali, che si sarebbero poi diffusi in tutta la cristianità. Una chiesa-simbolo