Scritto verso la morte
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Anteprima del libro
Scritto verso la morte - Miklós Radnóti
Miklós Radnóti
SCRITTO VERSO LA MORTE
Traduzione di Marinka Dallos e Gianni Toti
Prefazione di Gábor Tolnay
Versione e-book dell’edizione originale del 1964 per i tipi di D’Urso/Salvatore Sciascia Editrice
(a cura di Andrea Rényi)
***
Dragomanni
Scritto verso la morte
di
Miklós Radnóti
nelle traduzioni di
Marinka Dallos e Gianni Toti
a cura di
Andrea Rényi
Prima edizione: ottobre 2014
Per la traduzione: Copyright © 2013 dei rispettivi traduttori e traduttrici
Edizione a cura dei Dragomanni (http://www.dragomanni.it)
Logo dei Dragomanni di Claudio Fiorini - Makelab
Realizzazione e-book di Valentina Volpi
Scritto verso la morte
Un volume di poesie di Miklós Radnóti
Omaggio al poeta ungherese Miklós Radnóti in occasione del settantesimo anniversario della sua morte, e ai suoi traduttori Marinka Dallos e Gianni Toti, per il cinquantesimo della pubblicazione del volume
Sono un poeta ungherese... quando sto guardando i miei volumi di poeti ungheresi la mia nazione non urla giù dallo scaffale, avanti, marsch, sporco ebreo. Si aprono davanti a me paesaggi della mia patria, il cespuglio non mi lacera più di quanto non farebbe a un altro, l'albero non si mette in punta di piedi, per impedirmi di cogliere i suoi frutti. Se così fosse, mi ucciderei, perché non so vivere diversamente da come vivo, né credere ad altro o pensare in modo diverso. È questo che provo ancora oggi, nel 1942, anche dopo tre mesi di lavori forzati e due settimane di campo di punizione... E se mi uccidono? Neanche questo servirà a cambiare nulla.
(Miklós Radnóti, Diario
in Tibor Melczer, Miklós Radnóti, una testimonianza dal lager
, in Italia e Ungheria (1920-1960), a cura di F. Guida e R. Tolomeo, Ed. Periferia, Cosenza, 1991, p. 211.
Cinquant’anni fa, nel novembre del 1964, correva il ventesimo anniversario della morte di una delle più belle voci poetiche ungheresi, Miklós Radnóti, e per la ricorrenza in Italia furono pubblicati due volumi di sue poesie, selezionate e tradotte da due coppie di poeti e traduttori italo-ungheresi: Edith Bruck con Nelo Risi, e Marinka Dallos con Gianni Toti. Miklós Radnóti (Budapest, 5 maggio 1909 – Abda, 10 novembre 1944) è stato uno dei massimi poeti ungheresi, ed anche l’autore di ottime traduzioni di poesie francesi. In seguito alle leggi razziali dovette abbandonare la cattedra di insegnante, fu perseguitato, rinchiuso in un lager e infine ucciso. Venne rintracciato in una fossa comune, accanto al corpo il suo ultimo taccuino di versi.
Le cinquantasette poesie raccolte nel volume Scritto verso la morte (nella collana Sintagma della casa editrice D’Urso, in seguito Salvatore Sciascia, 1964, con la prefazione di Gábor Tolnay, le illustrazioni di János Orosz ed Ennio Calabria) e tradotte da Marinka Dallos e Gianni Toti, ebbero forte risonanza fra i poeti radunati al convegno di COMES in Sicilia, che si tenne pochi giorni dopo la pubblicazione del libro. Negli anni ’60 era opinione comune che la letteratura dell’antifascismo avesse prodotto solo testimonianze documentarie, ma non opere letterarie vere e proprie. Ne era convinta anche Ingeborg Bachmann, prima di ricevere una copia di Scritto verso la morte; Bachmann, che conosceva bene l’italiano, l’apprezzò al punto da parlarne con Hans Magnus Enzesberger, il quale rimase profondamente colpito e decise di promuovere la traduzione tedesca dei versi del grande poeta ungherese. Le poesie di Miklós Radnóti suscitarono l’entusiasmo anche del più importante poeta e romanziere islandese dell’era moderna, Thor Vilhjálmsson, e il poeta irlandese Desmond O’Grady, che all’epoca viveva a Roma, usò termini superlativi per descrivere la grandezza di Radnóti.
"Un poeta non si può ingannare: ciò che ha scritto continuerà a ripeterci chiarezza contro ambiguità. Noi stiamo dicendo di Miklós Radnóti, di uno sconosciuto in Italia, ma la sua affermazione è alta e vince le allegorie barocche di tante presunzioni della nostra cultura. In lui è la nostra giovinezza, l’immagine di ciò che vorremmo essere: una contemplazione dell’infinito che viene dall’Ungheria, la breve terra che sembra proprio al limite della ‘siepe’ di memoria leopardiana: di qua i profili noti e abituali, di là i fantasmi luminosi del tempo senza pareti. E la poetica di Miklós Radnóti è un ‘no’ alle nevicate di pensieri dietro le finestre della tradizione romantica della sua patria; ma una negazione che non rompe il passaggio, lo vince." dice Salvatore Quasimodo, Premio Nobel per la Letteratura, nella sua lunga recensione del volume apparsa su Tempo il 20 gennaio 1965.
Le poesie di Scritto verso la morte, che hanno accompagnato generazioni di appassionati di