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Sono solo parole
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E-book510 pagine6 ore

Sono solo parole

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Info su questo ebook

Possono bastare duecento chilometri per riuscire a sopportare di arrivare fino a domani?
È la storia di Asia e dell'inseparabile Ofelia, alla ricerca disperata di un po' di pace. E invece incappano in un irrestibile profumo di spezie e tabacco:Thomas. Gentile, affascinante, sportivo... e bello da togliere il fiato.
Un susseguirsi di incontri, situazioni, emozioni inaspettati. Appena una settimana. Per arrivare a capire che tutte le lacrime versate finora "non erano per il dolore causato dalla fine di un amore. Erano per la delusione di non aver capito prima che amore poi non era".
LinguaItaliano
Data di uscita14 lug 2015
ISBN9786051769240
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    Anteprima del libro

    Sono solo parole - Barbara Favaro

    Barbara Favaro

    Sono solo parole

    UUID: 35889c50-603b-11e5-b71d-119a1b5d0361

    Questo libro è stato realizzato con StreetLib Write (http://write.streetlib.com)

    un prodotto di Simplicissimus Book Farm

    Indice dei contenuti

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    Ringraziamenti

    1

    Così lontano dovrebbe bastare.

    Sì, credo proprio di sì.

    Deve bastare, non ho alternative.

    Ho messo duecento chilometri tra me e quella che fino a ieri era la mia vita, per poter sopportare di arrivare fino a domani.

    Ho l’assoluta necessità di trovare un po’ di pace: è il motivo per cui ho scelto queste montagne, così maestose eppure così fragili.

    Non c’è da stupirsi che le Dolomiti siano diventate Patrimonio dell’Umanità: tutto, qui, è straordinario.

    Dal momento in cui te le trovi di fronte, non puoi fare altro che sentirti piccolo davanti a tanta imponenza.

    Mi inoltro lentamente in Valle Aurina.

    La strada si snoda, lasciando spazio ora a pittoreschi paesini, ora a prati punteggiati di mucche al pascolo. Ormai è pomeriggio inoltrato e il traffico si sta intensificando.

    Essendo la prima settimana di agosto, in giro ci sono parecchi turisti.

    Mi colpisce la cura maniacale con cui è tagliata l’erba dei prati e il fatto che tutte le case siano ben tenute.

    La via è affiancata, per gran parte del percorso, da un’ampia pista ciclabile che costeggia un torrente ed è piuttosto affollata sia da pedoni che da biciclette.

    Parcheggio di fronte all’azienda di promozione turistica ed entro, con l’intenzione di procurarmi un po’ di materiale informativo sui dintorni e sulle iniziative organizzate per questo periodo. La decisione di partire è stata talmente affrettata che non ho avuto nemmeno il tempo di stilare uno straccio di programma per questa vacanza.

    Sebbene il locale sia abbastanza ampio, il numero delle persone in attesa di ricevere informazioni lo rende opprimente. Non ho decisamente voglia di restare ad aspettare che arrivi il mio turno per chiedere indicazioni, quindi mi limito a recuperare qualche depliant che mi studierò più tardi con calma.

    La mia pazienza, purtroppo, è agli sgoccioli da un bel po’ ormai…

    Ritengo, piuttosto, che un bel gelato al cioccolato e stracciatella sia un giusto premio dopo aver guidato per tre ore abbondanti in compagnia di me stessa. Mi accomodo su un tavolino fuori del bar adiacente alla struttura, in una posizione che mi permette di godere appieno della vista del paesaggio che mi circonda.

    Ricordati sempre di indossare gli occhiali da sole… sai quanto sono delicati gli occhi chiari, Asia….

    Una delle tante raccomandazioni di mia madre fa capolino in un angolo remoto della mia testa.

    E poi, in fondo, non ho nessuna fretta di arrivare.

    Né qui, né da nessun’altra parte!.

    Cerco di ignorare la vocina che mi parla nella testa.

    L’ho chiamata Ofelia: un nome stronzo, per una stronza come lei!

    La vallata è tagliata in due dalla strada principale.

    Lungo i lati, si susseguono le case, tutte a due o più piani. Nonostante tutto, però, la sensazione nell’insieme è che l’impronta che ha lasciato l’uomo si sia ben amalgamata con la natura.

    Una brezza leggera mi scompiglia i riccioli ribelli: volgo lo sguardo in su e il cielo limpido mi suggerisce che deve essere stata una giornata splendida. La temperatura dell’aria, poi, è decisamente gradevole.

    Mi viene in mente che, poco fa, al distributore, ho sentito il benzinaio lamentarsi con un cliente del fatto che era stato un pomeriggio caldissimo… caldissimo?!? Beh, dovrebbe saggiare le temperature che ci sono dove abito io! Per non parlare del tasso di umidità… Qui, invece, l’aria è così leggera che fa venire voglia di respirarla a pieni polmoni.

    Mi trattengo qualche minuto in più del dovuto: qualunque posto, ora come ora, è senza ombra di dubbio migliore di quello da cui provengo.

    Risalgo pigramente nella mia 500 nuova fiammante e avvio il motore.

    Forza Penelope, ci siamo quasi!, sussurro accarezzandone il volante.

    Ora parla pure con la macchina…, Ofelia si batte la mano in fronte, alzando gli occhi al cielo.

    Passato Campo Tures, il navigatore continua a ripetermi di svoltare a destra: non dovrebbe mancare molto ormai per arrivare a San Giovanni, alla gasthaus dove ho prenotato una stanza.

    Giro in una stretta stradina che si inerpica sulla montagna: ancora qualche tornante e dovrei esserci. Ai lati, abeti secolari sembrano volermi abbracciare con le loro fronde rigogliose. Il profumo dell’aria, il silenzio interrotto solo dal rumore del motore della macchina, tutto mi suggerisce che forse qui potrei trovare un po’ di serenità.

    Speriamo, sbuffa rumorosamente Ofelia.

    Percorro ancora una manciata di metri e scorgo sulla destra una deliziosa casa bianca in pieno stile tirolese: tetto spiovente e fiori dai colori sgargianti su tutti i balconi.

    Davanti, un portico ospita delle tavole in legno circondate da panche impreziosite da complicati ghirigori, che qualcuno ha pazientemente intagliato.

    Sulla facciata, una scritta dipinta in un carattere molto elegante:Il soffio di Eolo.

    Quando, due giorni fa, ho disperatamente cercato su internet un posto dove alloggiare, ho scelto questo perché mi sembrava sufficientemente fuori dal mondo, ma è stata la dicitura a conduzione familiare quella che mi ha convinto a prenotare. Ho pensato che, sicuramente, qui nessuno mi avrebbe posto domande sul fatto di essere sola.

    Sola…

    Mentre tutti, nel mondo che mi circonda, sembrano avere qualcuno di cui preoccuparsi… e occuparsi…

    Sospiro.

    No, no, no! Così non va! Sono in vacanza e mi sono ripromessa che l’unico bagaglio che avrei portato con me sarebbe stata la mia scarna valigia.

    Sì, certo…, Ofelia si picchietta le labbra, annoiata dai miei discorsi.

    Parcheggio Penelope e scendo, stiracchiandomi le gambe indolenzite.

    Mi guardo intorno: ce l’ho fatta!

    Un assurdo senso di vittoria si fa largo nel profondo.

    E brava Asia! Qualcosa sai ancora farla anche tu!, Ofelia adesso si prende gioco di me. Ultimamente non mi lascia tregua, ma è anche la mia unica compagnia.

    Mi scrollo di dosso questi pensieri e mi dirigo verso l’ingresso, trascinandomi appresso la valigia.

    Un ampio giardino, con l’erba tagliata di fresco costellata da graziosi fiorellini scossi dal vento, fa da contorno alla costruzione.

    In fondo, sulla sinistra, un ricovero attrezzi è affiancato da un’imponente catasta di legna pronta per essere tagliata. Poco più in là, sono posizionate un’altalena, uno scivolo e una casetta per bambini. Potrei pensare di vivere nel mondo delle favole, se solo non stessi vivendo il mio personalissimo incubo.

    Guten tag!, una voce squillante mi coglie di sorpresa alle spalle, facendomi sussultare.

    Mi volto di scatto: una ragazza sulla ventina piuttosto alta e bionda (ci mancherebbe!), mi guarda sfoggiando due begli occhi azzurri.

    Mi sorprende constatare che indossa un paio di jeans e una maglietta piuttosto attillata, che mette in risalto le sue forme.

    Nel mio immaginario, mi sarei aspettata che avrebbe indossato un tipico vestito della tradizione tirolese.

    I lunghi capelli sono raccolti ordinatamente in una coda di cavallo che le conferisce un’aria sbarazzina.

    È davvero una bella ragazza.

    Buongiorno, rispondo molto meno allegramente.

    Io… ehm… ho prenotato una stanza qui…, la guardo, con la speranza che abbia capito almeno qualcosa di quello che le ho detto… accidenti! Quando ho deciso di venire qui non ho pensato al piccolo dettaglio che non conosco il tedesco.

    E che qui praticamente parlano solo quello!!!, sbraita Ofelia guardandomi come se fossi una povera scema.

    Benvenuta! Io sono Anne, la figlia dei titolari. Venga, la accompagno dentro!.

    La ragazza mi risponde parlando con uno spiccato accento teutonico, ma decisamente in italiano! La guardo a bocca aperta mentre lei mi fa cenno di seguirla; non do il tempo a Ofelia di ribattere e mi incammino dietro ad Anne.

    All’ingresso della gasthaus, un lungo corridoio con appesi alle pareti una serie di fotografie di paesaggi di montagna termina con una piccola reception, dietro alla quale una scala con i gradini ricoperti di moquette si arrampica verso il piano superiore.

    Sulla destra, una doppia porta a vetri si apre verso quello che deve essere il ristorante; a sinistra, un cappello da cuoco, inciso su un pezzo di legno appeso su una porta chiusa, indica la cucina.

    Anne si dirige decisa verso la scrivania, si siede e apre un registro.

    Provvedo subito a trascrivere i suoi dati, così poi potrò mostrarle tranquillamente la sua stanza, mi spiega cordialmente.

    Mi piace questa ragazza, il suo sorriso coinvolge tutto il viso.

    Le porgo la mia carta d’identità, lei la apre, guarda la foto e mi rivolge uno sguardo furtivo prima di cominciare a scrivere.

    Ok, quella foto è stata scattata due estati fa, quando ancora di anni ne avevo ventotto… e quando la mia vita e il mio stato mentale viaggiavano su un altro livello, ma mi rifiuto di pensare di essere così peggiorata!

    O, almeno, tento miseramente di convincermene…

    Ofelia se la ride allegramente, distesa a terra a pancia in giù.

    Vedrà che si troverà bene qui Asia, questo è un posto meraviglioso dove trascorrere le vacanze per chi cerca tranquillità.

    Ofelia si rizza in piedi.

    Buona questa! A saperlo che sarebbe bastato così poco saremmo partite molto prima!, e scoppia in una risata sguaiata.

    Lo spero proprio e… Anne, mi rendo conto che sei più giovane di me e che non ci conosciamo, ma che ne diresti di darmi del tu?.

    Tutta questa formalità mi fa sentire molto più vecchia di quanto non mi senta già.

    Anne alza la testa e mi scruta per un istante, valutando la mia proposta.

    Credo proprio che si possa fare. Allora, Asia, mi fa molto piacere che tu sia qui, risponde tendendomi la mano.

    Parla davvero bene l’italiano questa ragazza!

    Beh, il piacere è tutto mio!, esclamo rivolgendole un timido sorriso.

    Le porgo anch’io la mano, ma la sua stretta è ben più decisa della mia.

    Bene, andiamo, ti mostro la tua stanza.

    Anne si alza, prende la chiave numero sei dalla rastrelliera e mi fa strada verso la scala che porta al primo piano.

    La mia camera si trova sulla sinistra del pianerottolo: è davvero carina!

    Le pareti sono dipinte di un tenue color panna e il soffitto travato in legno; al centro, troneggia un letto matrimoniale – oddio, matrimoniale – perfettamente preparato con lenzuola color lavanda in tinta col piumone a motivi floreali che lo ricopre.

    Ai fianchi, due comodini in abete sorreggono due abat-jour in stile moderno.

    La parete a sinistra è occupata da un armadio e da un comò, con appoggiata sopra una televisione di ultima generazione.

    Sulla destra, si apre un piccolo bagno, ricoperto di piastrelle gialle e arancioni piuttosto sgargianti.

    Direi in pieno contrasto con il mio stato d’animo.

    L’arredamento, semplice ed essenziale, rende comunque l’ambiente accogliente.

    Ma è il profumo di erba tagliata di fresco a catturare la mia attenzione.

    Lascio vagare lo sguardo, cercando di capire da dove provenga. Mi dirigo verso il balcone spalancato in fondo alla stanza.

    Uscendo, la vista del panorama che si gode da qui mi lascia di stucco. Al di là della vallata, tutto intorno le cime delle montagne si stagliano nel cielo quasi a volere raggiungere l’infinito, mentre più in basso una rigogliosa fascia boschiva fa da tappeto ai loro piedi. Ci dividono un prato e un torrente, che scorre più in basso, il cui rumore mi giunge attutito dalla distanza.

    Chiudo gli occhi.

    Il canto degli uccelli e il gorgogliare dell’acqua in lontananza mi danno l’impressione di ascoltare uno di quei cd new age che si utilizzano per le tecniche di rilassamento nei corsi di yoga.

    Stupefacente, vero?, Anne interrompe il filo dei miei pensieri.

    Ti lascia senza fiato, commento sottovoce.

    Vedrai che starai bene qui. Ora ti lascio disfare il bagaglio. Per qualunque cosa, chiedi pure. A più tardi!.

    La osservo lasciare velocemente la stanza: la sua coda di cavallo ondeggia allegramente.

    È la seconda volta che mi dice che qui starò bene.

    È così evidente il mio disagio?

    Ce l’hai stampato in faccia!, Ofelia stavolta mi si piazza davanti con un ghigno malefico in viso. Fortunatamente, questa vista mozzafiato è infinitamente più interessante dei suoi sproloqui.

    Un pastore, in lontananza, richiama con un fischio il cane che si è lanciato a testa bassa all’inseguimento di qualcosa.

    Il senso di armonia che si respira nell’aria, stranamente, sembra volere includere anche me.

    Per una volta tanto.

    Appena rientro, mi siedo sul letto soddisfatta.

    E poi, mi ricordo del perché sono qui.

    Mi prende un nodo alla gola… sono in fuga… dalla famiglia, dal mondo, da me stessa.

    Ti piacerebbe!, mi risponde seccamente Ofelia.

    Come vorrei prenderla a schiaffi a volte.

    Scrollo vigorosamente le testa: non posso comportarmi così!

    L’ho promesso a me stessa qualche sera fa, quando, seduta al tavolo della cucina della nonna, sono rimasta lì a osservare tutte quelle belle pasticche colorate, indecisa se buttarle giù o buttarle via.

    Mi alzo di scatto e comincio a disfare la valigia: devo assolutamente tenermi il più impegnata possibile, così non penserò e se non penserò dimenticherò e se dimenticherò non piangerò più… forse… lo spero…

    Respiro a fondo, tentando di imbrigliare l’ansia che mi attanaglia il petto.

    Sistemo le poche cose che ho portato con me: do un’occhiata fugace al mio guardaroba e penso che, anche a uno sguardo superficiale, risulta fin troppo palese con quale spirito sono partita.

    Mando un breve messaggio a mia sorella, dicendole di avvisare mamma e papà che sono arrivata e che va tutto bene.

    Non me la sento davvero di chiamarli e di sentirmi dire, per l’ennesima volta, che fuggire non servirà a nulla.

    L’ultima cosa che mi resta da estrarre dalla valigia è quello che da qualche tempo è diventato il mio libro preferito: Romeo e Giulietta.

    L’emblema dell’amore per eccellenza.

    Le mie amiche non si capacitano del perché abbia scelto proprio questo.

    Non capiscono che ho un disperato bisogno di credere che l’amore assoluto da qualche parte, anche se solo in un libro, esiste.

    Chi l’avrebbe mai detto… sono passata da leggere thriller e trattati di economia, a una tragedia nientepopodimeno che di William Shakespeare… e questo non fa che confermare il detto che, nella vita, non si può mai dire.

    Ne sfoglio le pagine, pensando a tutte le persone che si sono commosse leggendolo.

    Lo sguardo cade su una frase a metà di una facciata.

    "Ahimè, perché l’amore, di aspetto così gentile è poi, alla prova, così aspro e tiranno?".

    Già, perché?

    Bussano alla porta: è Anne che mi spiega che la cena sarà servita entro un’ora.

    Sono appena le 18, non immaginavo che si mangiasse così presto qui!

    Interrompo la lettura e mi appresto a fare la doccia: mi spoglio lentamente e tento di assaporare la gradevole sensazione dell’acqua calda sulla pelle.

    Ancora ricordi… e due lacrime inopportune salgono agli occhi.

    Perché proprio a me?

    Ecco sì brava, compatisciti pure!.

    Ofelia mi urla addosso e, per una volta, ha ragione lei: chi dovrei mai essere io per essere dispensata dai dolori della vita?

    Un profondo sospiro esce dalle mie labbra.

    Nessuno, non sei esattamente nessuno…, sussurro.

    Forza, Asia! Esci da questa doccia e comincia a goderti la vacanza!, Ofelia mi sprona energicamente a reagire.

    Scelgo di indossare un paio di jeans e una maglietta sportiva; un’occhiata allo specchio e tutto quello che riesco a vedere sono solo due occhi azzurri arrossati che fissano un viso triste, incorniciato da una cascata di riccioli castani.

    Prendo le chiavi della stanza e scendo nella sala ristorante.

    Appena mi affaccio sulla porta, un ragazzo piuttosto alto mi lancia un’occhiata incuriosita da dietro al bancone e ben presto capisco il perché: sono l’unica donna sola dentro alla stanza!

    Mi rendo conto all’istante di essere un’altra volta un caso.

    Imbarazzata come non mai, rivolgo uno sguardo veloce alla sala: ci sono tutti tavoli apparecchiati per due o più persone, quindi opto per accomodarmi a uno abbastanza appartato.

    Afferro il menu, felice di trovare un riparo dietro al quale seppellirmi.

    Puoi farcela… puoi farcela… è solo questione di abitudine… inspira… espira… inspira… espira, mi ripeto sottovoce come un mantra.

    Sicuro, come no!, Ofelia mi batte sulla spalla.

    Fortunatamente arriva Anne a distrarmi dai miei pensieri, come sempre pesanti come macigni. Ciao Asia, allora? Ti sei sistemata?.

    Sì, sì, grazie, mi piace molto stare qui, rispondo abbozzando un sorriso.

    Hai già deciso cosa mangiare?, chiede con la consueta gentilezza.

    Le spiego allora che ho pensato di provare qualche piatto tipico della cucina tirolese: prima mi immergerò nella mia nuova realtà e prima (forse) comincerò a dimenticare perché sono qui.

    La prima portata, mi viene servita dal ragazzo che ho visto al bar quando sono entrata: ha anche lui i capelli biondi, con un taglio talmente corto da ricordarmi quello di un marine; due occhi grandi e verdi dall’aria piuttosto birichina che ti scrutano e un fisico atletico.

    È senza dubbio un bel ragazzo, di quelli che non ti scordi facilmente.

    Ha l’aria molto affabile e mi sorride.

    Ciao!, esclama appoggiando il piatto di canederli allo speck sul tavolo. Anche lui parla con accento tedesco, ma chiaramente in italiano.

    Resto per un attimo spiazzata dal modo così diretto con cui mi si è rivolto.

    Ciao, rispondo con un po’ di imbarazzo, E… grazie….

    Alle sue spalle, giunge Anne.

    Cosa ci fai tu qui? Non dovresti essere di servizio al bar?, gli chiede bruscamente.

    Certo Anne, vado subito!, e poi rivolgendosi a me, Comunque, io sono Lucas, per qualsiasi cosa ti possa servire, sono a tua disposizione!.

    Naturalmente arrossisco all’istante.

    Lui, inscenando un buffo inchino, mi strizza l’occhio e se ne va.

    Perdona la sua sfacciataggine, non era sua intenzione metterti in imbarazzo… è fatto così…, Anne si stringe nelle spalle con aria di scusa.

    Non c’è nessun problema, Anne, credimi, rispondo sottolineando il concetto con un gesto della mano.

    Lo penso davvero, ma poi, con il proseguire della cena, un fastidioso senso di disagio si fa strada: in tutta la sala non sono solo l’unica donna sola, ma anche l’unica persona sola!

    Gli altri tavoli sono tutti occupati da coppie e famiglie.

    All’improvviso mi sento soffocare e avverto l’assoluta necessità di andarmene da questa stanza: mi alzo e mi dirigo frettolosamente verso l’uscita.

    Tutto bene?, mi chiede Lucas mentre sfreccio davanti al bar.

    Sì, bene, grazie. Ho solo… solo bisogno di prendere un po’ d’aria.

    Lui annuisce in silenzio, aprendomi la porta.

    Esco in giardino: è una bella serata estiva, non troppo fresca.

    La luna sta sorgendo timidamente in un cielo sgombro dalle nuvole.

    Mi siedo a uno dei tavoli posti sotto al portico: il giardino declina dolcemente verso il pendio.

    In fondo, sull’altalena, un papà spinge quello che sarà senz’altro il suo bimbo.

    Il suono della sua risata così spontanea mi cattura… come vorrei essere anch’io libera di ridere così… libera da tutto quel fardello che mi porto dietro.

    Posso offrirti una grappa di nostra produzione?.

    La voce carica di energia di Lucas mi distoglie di soprassalto dai miei infausti pensieri.

    Non volevo spaventarti , dice dolcemente appoggiandomi una mano sulla spalla.

    Non mi hai spaventata, ero solo… assorta….

    Niente pensieri in vacanza, ragazza! Allora, questa grappa?.

    Tu ragazza? Tu in vacanza?, Ofelia non si trattiene più dal ridere.

    In realtà non sono una gran bevitrice… anzi… non bevo proprio, ammetto sconsolata.

    Che cosa?, esclama con aria divertita Lucas, a questo dobbiamo assolutamente porre rimedio! Non puoi dire di essere stata nostra ospite senza aver assaggiato la nostra specialità, ne va del nostro buon nome!.

    Non posso fare a meno di sorridere vedendo la sua espressione fintamente contrita: questo ragazzo è un toccasana se sei giù di morale!

    Hai ragione, scusami. Lungi da me offendere il vostro buon nome, quindi accetto volentieri!. Lucas scompare con un sorriso trionfante in viso.

    Ehi, bellezza, e poi chi ti accompagna di sopra?, sussurra maliziosamente Ofelia.

    In effetti, non ha tutti i torti.

    Non posso fare a meno di continuare a chiedermi che cosa diavolo mi sia venuto in mente.

    Lucas riappare reggendo un vassoio con sopra una bottiglia e parecchi bicchierini: saranno almeno una quindicina!

    Veramente… io intendevo un assaggio….

    Di fronte alla mia espressione esplode in una risata.

    Tesoro, neanche il più incallito bevitore riuscirebbe a buttare giù venti bicchierini della nostra grappa al ribes!.

    Ma certo, che stupida, non sono l’unica ospite qui!

    Per un istante, mi do della cretina senza l’aiuto di Ofelia, ma la risata di Lucas è talmente contagiosa che scoppio a ridere anch’io.

    Afferro un bicchierino, portandolo al cielo.

    Questo è tutto da vedere, cominciamo l’addestramento!.

    Un signore sulla settantina, che nel frattempo si è avvicinato al tavolo, batte sulla spalla di Lucas.

    Così si parla, mi piace questa donna!.

    Lucas lo guarda strizzandogli l’occhio.

    Signor Gustav, come sempre non si può negare che lei abbia un occhio clinico!.

    Lucas, se hai finito di importunare la nostra ospite sei desiderato in cucina, grazie!, Anne, sulla porta d’ingresso, viene prontamente in mio aiuto.

    Agli ordini comandante!, si mette sull’attenti e con passo impettito si avvia verso l’interno, facendo il saluto militare ad Anne passandole davanti.

    Lei scrolla la testa sorridendo e si avvicina al tavolo, versa due dita di grappa in ogni bicchierino e poi, prendendo il vassoio, ne offre uno a ognuno degli ospiti che nel frattempo si sono accomodati fuori.

    Non appena ne ingerisco un po’ sento divampare un incendio in gola e comincio a tossire. Le persone che mi sono sedute vicine tacciono, fissandomi sconcertate.

    Sono in attesa di capire se sopravvivrò o se dovranno chiamare il centodiciotto.

    Respiro a fondo, cercando di trattenere le lacrime che mi sono salite agli occhi.

    Poi, finalmente, abbozzo un sorriso.

    Prova superata!, proclama il signor Gustav.

    Tutti, intorno, si rilassano visibilmente e cominciano a chiacchierare, sorseggiando il liquido ambrato.

    C’è chi descrive le attrazioni del territorio circostante e chi chiede informazioni sulle passeggiate da intraprendere nei dintorni.

    Una signora sta decantando meraviglie a proposito di una spa che si trova a San Giovanni: a suo dire, all’uscita dei trattamenti benessere a cui ti sottopongono ti senti tutta un’altra persona.

    Proprio quello che farebbe per me… chiedo ulteriori informazioni e la signora mi spiega che è stata proprio Anne a indirizzarla lì.

    Quando, poco più tardi, viene a sedersi fra noi, ne approfitto per chiederle se può indicarmi il numero di telefono. Lei, molto gentilmente, mi fornisce un opuscolo dove sono descritti i servizi che offrono e la strada per arrivarci.

    Perfetto!, penso tra me e me, domani mattina proverò a chiamare.

    Mi congedo, augurando la buonanotte ai presenti.

    Seduta sul letto, rigiro fra le mani il depliant, tentando di convincermi che un buon massaggio potrebbe corrispondere a un buon inizio.

    Deve essere un buon inizio.

    Sotto alle coperte, mi addormento nel giro di qualche minuto.

    Fortunatamente, la spossatezza fisica ha il sopravvento sul senso di stanchezza che mi prosciuga l’anima e mi fa rigirare normalmente tra le lenzuola.

    Mi abbandono fra le braccia di Morfeo, sperando di non ricordare nulla, domattina, di quello che già so che sognerò.

    2

    Al mattino, il mio orologio biologico mi sveglia di buonora, come di consueto. Mi dedico un po’ alla lettura del mio libro, dopodiché mi preparo per la colazione.

    Finché tento di imbrigliare i miei capelli in una treccia, osservo i cerchi scuri che mi circondano gli occhi. Vorrei tanto che, al mio rientro a casa, fossero spariti.

    Ofelia si guarda attentamente allo specchio.

    Occhiaie: da questo momento in poi, è guerra aperta!, esclama pizzicandosi leggermente la pelle.

    Mmm, spero proprio che alla spa mi fissino un appuntamento per la mattinata: oltre a essere un piacevole modo per impegnare il tempo, avrei anche la soddisfazione di vedere un miglioramento immediato.

    Due piccioni con una fava!, Ofelia mi fa l’occhiolino.

    Almeno, su questo, siamo d’accordo senza dover discutere!

    Scendo canticchiando, mi sono svegliata di buonumore: cosa che non succedeva da un po’.

    Dal buffet, prendo dello yogurt con dei cereali, delle brioche dall’aria molto invitante e del succo di frutta.

    Mi concentro al massimo per riuscire a portare tutto al mio tavolo senza inciampare.

    Con la coda dell’occhio, scorgo Lucas osservarmi sorridendo.

    Buongiorno, Asia. Posso prepararti un caffè, un the o un latte caldo?.

    Questa volta non mi faccio prendere in contropiede e, decisa a spiazzarlo, gli rispondo in tono piuttosto sostenuto.

    Buongiorno a te, Lucas! Né un caffè, né un the e nemmeno un latte caldo…, mentre parlo, un lampo di delusione gli attraversa il viso.

    … un cappuccino decaffeinato, però, sarebbe molto gradito, grazie!.

    Lucas sgrana per un attimo i suoi bellissimi occhi e poi mi rivolge un sorriso a tutto campo.

    Ma certo, signorina, ogni suo desiderio è un ordine! Si accomodi pure, sarò da lei in men che non si dica!.

    Bene, grazie, rispondo con fare altezzoso.

    Raggiungo il mio posto sorridendo compiaciuta.

    Incredibile, so ancora fare dello humour! Ofelia, per una volta, mi osserva ammutolita.

    Dopo qualche istante, Lucas mi porge un cappuccino con un’invitante schiuma appena spruzzata di cacao… proprio come piace a me!

    Finché mangio, studio meglio la brochure della spa. Sono indecisa fra un bagno di fieno o un massaggio rilassante.

    Tutta la tensione che ho accumulato ultimamente ha risvegliato un fastidioso dolore alle cervicali.

    E per le occhiaie, non facciamo nulla?, chiede insistentemente Ofelia.

    È vero… pure quelle avrebbero bisogno di essere trattate.

    Affloscio le spalle: altro che appuntamento, dovrebbero riservare tutta la giornata per me!

    Io insisto per le occhiaie!, continua a punzecchiarmi Ofelia.

    Finita la colazione, esco in giardino decisa ad andare un po’ a zonzo nei dintorni.

    La giornata si prospetta splendida e ne voglio approfittare.

    Squilla il telefono: è mia sorella.

    Ciao, Carolina!, esclamo aprendo la comunicazione.

    Asia, ciao! Allora? Com’è andato il viaggio? Il posto com’è? Il tempo è bello? Hai trovato traffico? Non crederai mica di essertela cavata con un semplice sms vero?, chiede ridendo di gusto.

    Come da tradizione, la mia sorellina spara domande a raffica, dimenticando di concederti il tempo di rispondere.

    Alzo gli occhi al cielo: almeno a questo mondo c’è ancora qualcosa di immutabile!

    Tutto bene tesoro, grazie. Incredibile, ma vero, sono sopravvissuta al viaggio e sono pure arrivata a destinazione! Il posto è bellissimo, ma su questo non c’erano dubbi, e il personale della gasthaus è molto gentile.

    Bene! E adesso? Programmi per la giornata?, Carolina continua con il suo fuoco incrociato.

    Non ci crederai, ma… ho intenzione di passare la mattinata a coccolarmi in una spa! Stavo proprio per chiamare… sperando che abbiamo un posto libero.

    Ho sentito bene? Tu che vai in un centro benessere? Beh, sorellona, se questo è l’effetto che ti fa l’aria di montagna, allora respirala a pieni polmoni! Ti lascio andare, non vorrei mai che qualcuno ti soffiasse l’appuntamento a causa mia!.

    Ti saprò dire com’è andata… incrocia le dita e buona giornata!.

    Anche a te!.

    E… Carolina… dai un bacio a mamma e papà da parte mia….

    Consideralo già fatto! E adesso non perdere altro tempo! Ciao!.

    Scrollo la testa sorridendo.

    Fino a qualche tempo fa, adoravo la vitalità di mia sorella, almeno finché tutto non ha perso senso.

    Ofelia continua a indicarmi le occhiaie, impaziente che telefoni.

    Ormai sono le 9 e dovrebbero avere aperto.

    La signorina che mi risponde è molto cortese, anche se il marcato accento tedesco mi crea qualche difficoltà a comprendere quello che mi dice.

    Nel corso della telefonata, mi spiega che mettono a disposizione dei clienti dei pacchetti che comprendono diverse opzioni. Ne scelgo uno che include sia un trattamento al viso che una seduta di massaggio rilassante e drenante. La mattinata è già tutta occupata, ma hanno un posto nel primo pomeriggio. Tempo stimato per il tutto: tre ore. Accetto senza pensarci nemmeno un attimo, altrimenti sono sicura che troverei almeno una decina di scusanti per non andarci.

    Ofelia applaude felice.

    Fatta anche questa! E che Dio me la mandi buona… tre ore di trattamento… spero di uscirne viva!, sussurro avviandomi verso la gasthaus.

    Passando davanti alla sala ristorante, incrocio Anne che sta uscendo.

    Asia, buongiorno! Hai provato a sentire la spa?.

    Ho appena chiamato. Ho un appuntamento per oggi pomeriggio alle 14.30. Pacchetto benessere completo…, magari mi desse benessere davvero.

    Wow! Un po’ ti invidio sai? Piacerebbe anche a me staccare un po’ la spina dal lavoro…, sospira incrociando le braccia al petto.

    A me invece piacerebbe staccare la spina da me stessa, ma sono fin troppo consapevole che è pura utopia.

    Hai già deciso cosa fare stamattina?, chiede incuriosita.

    In realtà no. Non ho avuto molto tempo per organizzare la vacanza….

    Bella versione della vicenda!, sbraita Ofelia.

    Se ti va, giù a San Giovanni c’è un bel percorso che costeggia il fiume ed è praticabile sia in bici, che a piedi.

    Ah sì, ne ho intravisto una parte ieri venendo qui. Potrebbe essere una buona idea, perché no… per che ora servite il pranzo?.

    Dalle 12 alle 13, quindi hai tutto il tempo che vuoi!.

    Già, di tempo ne ho fin troppo…

    Mi hai convinta! A più tardi Anne!.

    Buona passeggiata!.

    Recupero le chiavi di Penelope, la mia tracolla e parto.

    Destinazione: San Giovanni.

    Arrivata in paese, constato con mio sommo rammarico che le strade sono chiuse al traffico per il mercato settimanale.

    Resto pietrificata.

    L’ultima volta che ho avuto a che fare con un mercato… beh, è successo quello che è successo.

    Mi sento soffocare mentre le lacrime mi salgono agli occhi.

    Come vorrei che passasse anche solo qualche ora senza che il mio passato tornasse continuamente a tormentarmi.

    Il suono del clacson della macchina dietro alla mia mi riporta bruscamente alla realtà.

    Ormai sono qui… volendo, però, potrei tornare indietro…

    Non puoi scappare per sempre…, mi incoraggia Ofelia.

    Giusto! Un bel respiro e mi obbligo a cercare un posteggio. Devo concentrarmi su quello che sto facendo, l’importante è non concedermi la possibilità di rimuginare più del dovuto.

    Un vigile mi indica gentilmente dove parcheggiare.

    Scendo dalla macchina e osservo la via che si apre davanti a me. Graziose casette in legno prefabbricate, colme di oggetti dell’artigianato locale, si alternano alle classiche bancarelle di vestiti.

    Devo solo trovare la forza di mettere un passo davanti all’altro e il gioco è fatto.

    Sospiro rumorosamente e mi avvio, nascondendomi dietro ai miei enormi occhiali da sole.

    Dopo aver dato un’occhiata in giro, la mia attenzione viene catturata da una postazione in cui sono esposte delle meravigliose collane di pietre colorate. Mi piacerebbe molto prenderne una per mia madre e una per Carolina.

    La venditrice, una ragazza giovane e carina, è intenta a chiacchierare con un’amica.

    Posso dare un’occhiata?, chiedo esitante.

    Certo, faccia pure, mi risponde distrattamente.

    È assai concentrata sul discorso che le sta facendo la ragazza bionda che le sta a fianco e che mi volta le spalle.

    Provo diverse collane, approfittando del piccolo specchio che è stato messo appositamente a disposizione dei clienti.

    Ce la farò, Amanda, puoi starne certa! Sono disposta a tutto pur di averlo e tu lo sai!.

    Il tono di voce determinato con cui le sta parlando la sua amica, cattura la mia attenzione.

    Lo so Frida… quello che volevo dire è che è meglio che tu non ti faccia troppe illusioni. Lui è davvero uno… bello e impossibile!.

    Impossibile sarà per le altre! Ti ricordo che io sono l’unica non solo a San Giovanni, ma in tutta la valle, che ha avuto l’onore di uscire con lui!, la sua voce si fa insopportabilmente stridula.

    Vorrei dirle di non prendersela tanto a cuore, perché non ne vale la pena.

    Vorrei spiegarle che, un giorno, potrebbe maledire tutto il tempo passato a cercare di conquistarlo.

    Mi piacerebbe davvero illustrarle il radioso futuro che potrebbe prospettarsi, nel caso in cui decidesse di riporre la sua vita nelle mani di un uomo.

    Ma alla fine convengo che, alla sua età, è più che giusto che abbia ancora qualcosa in cui credere ciecamente.

    E poi, la sua sarà sicuramente tutta un’altra storia.

    Pago le due collane che ho scelto e mi allontano velocemente.

    Il mio giro per San Giovanni si conclude così.

    È molto meglio che ritorni alla gasthaus, al riparo da discorsi pericolosi per il mio fragile equilibrio psicofisico.

    Per pranzo, mi concedo un delizioso piatto di spätzle al formaggio: l’aria di montagna mi conferisce un certo appetito.

    Non esageriamo con i carboidrati, però!, ordina quella saputella di Ofelia.

    Deve ancora capire che ha scelto la persona sbagliata con cui intavolare determinati discorsi.

    Decido di bere il caffè fuori: è una giornata calda, ma si sta ugualmente bene all’aperto.

    Se ti va di aspettarmi una decina di minuti, possiamo prenderlo insieme.

    Accetto con entusiasmo la proposta di Anne.

    Chiacchieriamo del più e del meno, giusto il tempo di sorseggiare il caffè.

    Poi, considerata l’imminenza del mio appuntamento e che devo ancora fare la doccia, sono costretta a congedarmi.

    Pensami un pochino mentre ti starai rilassando sotto alle loro mani esperte!, sbuffa Anne appoggiando il viso sul palmo di una mano.

    Promesso!, dico senza troppa convinzione.

    Il centro estetico è parte integrante di un albergo cinque stelle che ne consente l’accesso anche alle persone che non ne sono ospiti.

    La struttura è molto elegante e alla reception mi accoglie una ragazzina dalle sopracciglia perfettamente sfoltite: esattamente il contrario delle mie.

    Ofelia si guarda in giro incuriosita.

    Willkommen bei uns!, esclama venendomi incontro.

    Buongiorno…, farfuglio.

    Non ho capito un accidenti di quello che ha detto.

    Lei mi guarda leggermente sorpresa, poi risponde al mio saluto.

    Buongiorno, prego segua me.

    Ok, ho come la sensazione che sarà piuttosto dura intenderci.

    Ofelia ha lo sguardo preoccupato e questo non è decisamente un buon segno.

    La ragazza mi accompagna in una saletta, al cui centro è posizionato un lettino dall’aria piuttosto comoda. A fianco, una lampada a stelo circondata da una luce al neon vi si protende sopra. Sul mobilio intorno, tutto in legno chiaro, sono esposti prodotti di varia natura. Faccio solo in tempo a leggere la dicitura crema filler antirughe prima che la mia attenzione sia catturata da un’altra

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