Cinnamon Bay
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La sua odissea nasce dall’incontro segreto, sulle colline della Bekaa in Libano con alcuni funzionari iraniani di alto livello.
Dopo l’intervista, sulla via del ritorno a Beirut, aerei israeliani bombardano il luogo dell’appuntamento uccidendo alcuni degli emissari iraniani.
Il Mossad che aveva favorito l’appuntamento, senza che il giornalista ne fosse consapevole, aveva organizzato l’agguato per eliminare i promotori e finanziatori della guerriglia Hezbollah in Libano.
Secondo la sharia una delle prime motivazioni che giustificano la pena di morte, è l’iniquo omicidio di un musulmano. Tale principio unito al legame di parentela di uno dei funzionari uccisi con un influente membro del parlamento iraniano stimolano le autorità politiche e religiose del paese a emanare una fatwa a carico del giornalista, delibera che equivaleva a una condanna a morte.
Fra il cronista, presunto colpevole di un crimine di cui è innocente e i servizi segreti iraniani inizia una sfida che potrà terminare soltanto con la morte del cronista.
Il giornalista non ha altre scelte che cambiare identità, rendersi irreperibile e sperare di sfuggire alla vendetta degli ayatollah.
Un evento collegato alla persona che aveva determinato tutto il corso della sua vita, si inserisce inaspettatamente negli avvenimenti modificandoli a suo favore. Forse, tuttavia, gli Dei avevano per lui altri progetti.
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Anteprima del libro
Cinnamon Bay - Siegfried Futterlieb
17
CAPITOLO 1
John Ross stava controllando gli ultimi dettagli del suo imminente viaggio. Erano le 14.30 di un sabato pomeriggio e l’ufficio era semideserto. L’aereo era previsto partire alle 18. Nel locale accanto, Anne, la fedele segretaria, attendeva i suoi ordini. Lo studio era in pieno centro di Boston, al 64esimo piano di un imponente grattacielo della città. Il suo nome spiccava, a grandi lettere, sulla targa d’ingresso: studio legale Ross, Tudor & Woods.
John era il socio di maggioranza e fondatore della Società.
Michael Tudor era un compagno d’infanzia. Un inaspettato infarto, alcuni anni prima, aveva provocato la sua improvvisa scomparsa. John desiderava che George, il figlio di Tudor, oggi studente universitario, ultimati gli studi, decidesse di prendere il posto che era stato di suo padre. Considerava George come un figlio e segretamente desiderava vederlo assumere, in futuro, le redini del suo studio legale. Le sue due figlie avevano entrambe scelto altri percorsi di vita.
Woods era stato il primo avvocato da lui assunto ed era diventato socio, pochi anni prima, in coincidenza con la scomparsa di Tudor.
Anne, in che albergo mi hai prenotato a Londra?
John, ho riservato una camera al Churchill Intercontinental, il Mayfair è tutto pieno, ha dei lavori in corso, molte stanze sono inagibili. Ci sono diversi convegni questa settimana e tanti alberghi sono al completo.
Splendido. La documentazione sul caso Serge Rossini è tutta qui?
Anne ebbe un attimo d’imbarazzo. Lavorava con l’avvocato Ross da più di vent’anni e lo conosceva bene, ciò nonostante lui riusciva spesso a sorprenderla. Il plico contenente la pratica era pesante e voluminoso. Non sapeva se stesse prendendola in giro, oppure se vi era un velato rimprovero per non aver sfoltito la documentazione e tolto l’eventuale superfluo. I suoi occhi sorridevano. Era molto pignolo sul lavoro e pretendeva di controllare sempre tutto di persona. Concluse che stesse scherzando.
Sì, John, la pratica è completa. Fotografie, i ritagli degli articoli, tutti i rapporti dell’investigatore. Ti ho trascritto per intero la sua ultima intervista, quella che c’è stata inviata dalla televisione e che hai già visionato. Ho anche inserito quanto mi è stato possibile trovare sui suoi presunti cacciatori. Hai poi diverse fotocopie dell’atto testamentario. Insomma spero di non aver dimenticato nulla.
Ne sono certo Anne, sei mi lasci anche i biglietti e la prenotazione dell’albergo puoi andartene, è già molto tardi. Io parto per l’aeroporto fra un paio d’ore. Per favore chiedi all’autista di venirmi a prendere in garage alle quattro e mezzo.
Sarà fatto. Ti auguro un buon viaggio. Chiamami quando vuoi. Era la frase che normalmente ultimava i loro saluti in occasione dei suoi viaggi. Nel commiato era implicita una certa dose d’ironia. Lei era la memoria storica d’ogni pratica dello studio, un vero cervello elettronico. Lui, a ogni necessità, ne approfittava, a casa, in ferie, in malattia, di notte o di giorno, senza limiti d’orari, chiedendo poi regolarmente scusa per averla tormentata.
L’avvocato guardò l’orologio. Aveva un paio d’ore a disposizione e voleva usarle al meglio. Detestava lavorare in aereo. In volo desiderava solo rilassarsi, fare possibilmente un buon pasto e sperare in un sonno rilassante.
Aprì la voluminosa borsa che conteneva tutta la documentazione sul dossier Rossini.
Aveva di fronte a se ritagli di vita altrui. L’interprete di questa vicenda era, per Ross, un perfetto sconosciuto. Aveva iniziato a convivere con quest’estraneo da diverse settimane, da, quando aveva affidato le prime indagini al suo investigatore. Un mese prima ignorava completamente l’esistenza di questa persona.
L’incarico era del tutto inconsueto per l’attività del suo studio e le motivazioni personali per le quali aveva accettato risalivano ad un passato relativo all’inizio della sua carriera.
John Ross aveva terminato gli studi all’età di ventiquattro anni ed era stato immediatamente assunto, nello staff legale di un’importante Società d’applicazioni elettroniche. Remy Master il proprietario dell’azienda lo aveva conosciuto in circostanze fortuite. Negli anni il loro rapporto si era trasformato in un legame di sincera e profonda amicizia. Il loro primo incontro risaliva a un cocktail party, a casa di comuni amici. John era ancora uno studente. Avevano chiacchierato, bevuto copiosamente e scoperto d’essere entrambi appassionati tennisti. Si erano poi ritrovati sui campi del circolo di tennis di Boston e lì era nata una genuina simpatia ed una proficua relazione professionale.
Magiste era il suo vero cognome e significava maestro in lingua estone. Lo aveva modificato in Master convinto che fosse più confacente alla dizione anglosassone. Era un immigrato proveniente dall’Estonia. Nato a Lillekula, un sobborgo di Tallin. A quattordici anni era scappato dal paese con suo padre, riuscendo ad imbarcarsi clandestinamente su di un cargo per la Finlandia. Quali rifugiati, avevano chiesto l’asilo politico negli Stati Uniti, ottenendo prima un permesso provvisorio, tramutato dopo un paio d’anni in definitivo con il riconoscimento della nazionalità americana. Remy aveva una predisposizione geniale per l’elettronica, pari se non superiore ad una profonda avversione, per ogni impegno scolastico non di natura tecnica.
A Boston, dove erano andati a vivere, dopo aver completato le scuole medie, aveva aperto con pochi soldi, in uno scantinato, una piccola officina di riparazione di computers. Da quel modesto avvio aveva sviluppato negli anni, con fantasia e inventiva, diversi pacchetti di software di consolidato successo. Era diventato ricchissimo, uno dei maggiori contribuenti della città. Benestante, privo d’istruzione, se non quella specifica della sua attività, viveva soprattutto in funzione del lavoro. Aveva un carattere ipersensibile ed era alquanto diffidente. Perso il genitore pochi anni dopo l’arrivo negli Stati Uniti, era rimasto solo. Non aveva alcun parente, né vicino, né lontano. Suo padre era in origine un contadino e possedeva, con due fratelli, alcuni terreni agricoli a Ravila, non lontano da Tallin. Non avevano accettato le regole del comunismo, la logica dei kolchoz, cui erano stati costretti con l’occupazione sovietica nel 1941. Si erano opposti e ribellati.
I due fratelli più giovani erano stati deportati in Siberia, perdendone nel tempo ogni traccia, e suo padre incarcerato per lunghi anni. Lui era rimasto solo con sua madre, una donna d’origine russa emigrata anni prima in Estonia. Entrambi avevano sofferto povertà e miseria. Durante il periodo di detenzione del padre sua madre si ammalò di broncopolmonite e, senza cure adeguate, morì. Il ragazzo fu mandato provvisoriamente in un orfanotrofio. Le autorità sovietiche pensarono allora che sarebbe stato opportuno scarcerare il padre, anche perché le sue colpe non erano gravi, come quelle dei fratelli e non tali da giustificare una lunga permanenza in carcere.
Pochi mesi dopo riuscirono a fuggire dal paese.
Nel momento in cui John Ross concluse gli studi universitari, l’attività di Remy Master si era già prepotentemente affermata. Il nome della Società Emisoft richiamava contemporaneamente origini lontane e progresso elettronico. Esisteva uno stabilimento di produzione situato in periferia della città. La linea di produzione, l’amministrazione e il settore commerciale della Società davano lavoro, a quell’epoca, a più di quattrocento persone.
La sezione legale curava soprattutto il settore delle patenti e dei brevetti. L’attività era frenetica. Era un periodo di pieno sviluppo dell’elettronica; la competizione nel settore software diventava sempre più spietata. Tanta concorrenza e non tutti gareggiavano onestamente. Molte imitazioni, parecchie falsificazioni, in sostanza un gran lavoro legale.
Negli anni dell’università, dopo le loro partite a tennis spesso s’intrattenevano su vari argomenti, ma inevitabilmente finivano sempre per parlare di giurisprudenza, di cause, di legge e di processi. Erano entrambi, per motivi diversi, interessati ad approfondire argomenti legali. Remy iniziò a esporre, alcuni dei problemi del suo ufficio legale, casi sui quali chiedeva il parere e l’opinione di John. Diventò fra loro quasi una consuetudine e Remy cominciò ad apprezzare sempre di più il giudizio del suo più giovane amico. A fine Università, fece a John un’offerta che non si poteva rifiutare. Stipularono un patto che rispettarono fino in fondo. L’accordo era chiaro e trasparente. Non fu firmato alcun contratto. La loro amicizia e la fiducia reciproca funzionò da garanzia.
La volontà di John era di creare una sua attività indipendente. Quella di Remy era di affidare, nel futuro, all’amico, ogni suo problema giudiziario. Erano convincimenti paralleli e convergenti di cui tuttavia entrambi dovevano verificarne la fattibilità pratica. Così John diventò, nello spazio di un anno, il responsabile legale dell’Emisoft. Tre anni dopo ne usciva, con parte del personale, per realizzare il suo progetto, partendo con l’esclusiva gestione di tutti gli affari legali del suo amico Remy Master. Il loro affiatamento si rafforzò anche sul piano dei rapporti personali.
Ross apparteneva ad un’antica e agiata famiglia di Boston, d’origine scozzese. Era ben introdotto nella città che contava e si adoperò per convincere l’amico e datore di lavoro a farne parte. L’Emisoft era già ben conosciuta negli ambienti finanziari ed economici della città ma Master non apparteneva, né per nascita, istruzione e cultura ai gruppi sociali che componevano quel mondo. In altre parole molti dell’establishment desideravano fare affari con lui ma lo guardavano con malcelata sufficienza e atteggiamento di superiorità. Lui, all’inizio ne ebbe a soffrire, ma poi, con molto pragmatismo, riuscì a selezionare poche conoscenze dalle quali si fece accettare per quello che era.
Con le donne era molto discreto e introverso. Si mormorarono alcuni nomi di giovani da marito, donne in vista, ma furono tutte innocenti relazioni, nulla di duraturo o concreto. Sosteneva di non avere tempo da dedicare alle piacevolezze della vita ma soltanto alle necessità del lavoro. La notizia di aver trovato la donna della sua vita, comunicata al ritorno da un viaggio a Parigi, suscitò grande sorpresa. Era una bellissima hostess della British Airways conosciuta nel viaggio d’andata a Londra e corteggiata con passione, come soltanto i timidi sanno fare quando s’innamorano. Era stato, per entrambi, un autentico colpo di fulmine. Dopo poco lei aveva rinunciato al suo lavoro. Era venuta a vivere a Boston e nel giro di pochi mesi si sposarono.
Fu un’ottima compagna per Remy. Lui ebbe vicino una donna intelligente, innamorata, con multiformi attitudini che furono utili ad entrambi. Lei si occupò, anche se marginalmente, dell’attività del marito. Partecipò alla vita lavorativa dell’azienda con un innato senso degli affari. Una delle maggiori virtù la espresse nella gestione della vita sociale del marito. Era un’ottima padrona di casa, parlava perfettamente quattro lingue, possedeva fascino e naturale eleganza, tutte doti che contribuirono a far diventare la loro dimora un gradevole salotto della città. L’unico represso rammarico della loro vita consisteva nel non poter avere bambini. Lui era sterile. Ne avevano parlato a lungo. Lei desiderava adottarne uno, ma lui era contrario. Col tempo, se ne fece una ragione.
John, come tutti, si sottomise al suo fascino. Negli anni il loro rapporto divenne, come quello che lo legava a Remy, d’amicizia e di stima.
Si potrebbe sostenere, se fosse una favola, che gli Dei, gelosi della felicità