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Assoluzione Mortale
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E-book232 pagine3 ore

Assoluzione Mortale

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Info su questo ebook

Per il tenente Nina Caruso,questa fu la sua prima indagine importante,dove ne rimarrà turbata nell’anima dalla crudeltà degli omicidi che si susseguirono. Si ritrovò a che fare con una realtà contorta, inseguita giorno dopo giorno, percorrendo una tortuosa pista di sangue che conduce sul luogo del delitto, dove l’assassino, lascia sempre una maschera di se stesso.
LinguaItaliano
Data di uscita1 apr 2015
ISBN9788891185433
Assoluzione Mortale

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    Anteprima del libro

    Assoluzione Mortale - Gianni Chiadroni

    II)

    1

    Era una calda, caldissima giornata a Los Angeles, la più grande città della California, e la seconda degli Stati Uniti d’America.

    In estate l’afa soffocava tutto, anche i buoni propositi di lavoro, specialmente per chi non aveva a disposizione un buon climatizzatore.

    Non era certo questo il caso di Mike Stempton, uno degli avvocati più famosi dello Stato, responsabile dello studio legale Crycton, il più importante della città.

    Lui l’aria condizionata ce l’aveva e funzionava anche bene, nel suo ufficio al ventiseiesimo piano di un palazzo a vetrate nel pieno centro di Westwood, quartiere elegante, ricco di tanti grattacieli, alberghi e negozi di ogni tipo.

    L’ufficio era ampio, a terra moquette di colore rosso, alta tre centimetri che il camminarci sopra ti faceva sembrare di essere su un campo da golf.

    Una grande scrivania in mogano scuro in fondo e una poltrona in stile Impero rivestita di velluto rosso, dai braccioli laccati in oro, uguale alle due poltroncine poste di fronte, riservate ai clienti.

    Le pareti giallo ocra erano tappezzate di quadri e di numerosi antichi documenti notarili incorniciati che Mike collezionava avidamente sin da bambino.

    Accanto alla scrivania aveva voluto un grande acquario di mare pieno di pesci tropicali, che era solito guardare spesso per rilassarsi o per cercare la giusta concentrazione estraniandosi dal mondo esterno.

    Mike era un bel quarantenne leggermente brizzolato, alto e dal fisico perennemente atletico,che lo sport fatto da sempre gli mantiene.

    In ufficio non indossava quasi mai la giacca, portava esclusivamente camicie italiane, preferibilmente sportive. Le iniziali ricamate sui polsini, cravatte in pura seta e pantaloni di lino completavano il suo modo d’essere nel vestire.

    Prese il cibo per pesci,che teneva nel cassettino del mobile su cui poggiava il grande acquario, ne sparse un paio di pizzichi nell’acqua, poi lo ripose e andò verso l’enorme finestra dai vetri a specchio che dava su Wilshire Boulevard: le mani in tasca e lo sguardo quasi assente diretto verso le strade a più corsie, un fiume di automobili scorreva lento.

    E i marciapiedi sempre affollati di persone più o meno indaffarate e frettolose in entrambi i sensi, per gli americani che ci sono abituati sono normalmente caotici

    E come le formiche si affannavano a raggiungere ognuno la propria destinazione.

    D’un tratto bussarono con grazia alla porta, realizzata in legno di noce scuro spessa cinque centimetri, particolare grazie al quale risultava essere insonorizzata, utile quando c’erano riunioni importanti.

    Avanti, disse con voce rilassata, senza voltarsi.

    Era Giulia, bellissima e fidatissima segretaria, con la quale, dopo tanti anni, ancora riusciva a mantenere un rapporto formale.

    Una stangona trentenne, bionda, figlia di padre americano e madre finlandese,dai rari modi eleganti e professionalità impeccabile.

    Un viso dolcissimo, di una bellezza soave un fisico da modella non eccessivamente magro, il busto avvolto da una camicia bianca in pura seta che non riusciva a celare completamente il seno.

    Un paio di jeans leggermente aderenti, che ricamavano il resto del suo corpo, la rendevano una segretaria ambita da chiunque.

    Non aveva con sé i soliti faldoni di pratiche o l’agenda degli appuntamenti, ma un pacchetto finemente incartato.

    Era il compleanno di Mike.

    Giulia si avvicinò lentamente, fino ad arrivare a pochi centimetri da lui, e con voce un po’ tremolante disse:

    Avvocato, permette?

    Lui, ancora un po’ assorto nei pensieri, impiegò qualche secondo a voltarsi.

    Il suo sguardo penetrò gli occhi di Giulia che tradivano un amoroso sentimento malcelato e mai manifestato.

    L’attenzione di Mike scivolò veloce sulle forme dello splendido seno soffermandosi sulle mani, notando infine il pacchetto tenuto con grazia. Pochi secondi di imbarazzo reciproco, poi Giulia gli porse il regalo e parlò con voce calda e soave:

    Per lei avvocato, auguri di buon compleanno.

    Gli occhi le si illuminarono, pur sapendo di non poter ricever nulla in cambio del suo sentimento.

    L’avvocato prese delicatamente il pacchetto e la sua voce suonò imbarazzata:

    "Giulia, anche quest’anno si è ricordata del mio compleanno.

    È sempre gentilissima.

    "Lei non rispose, ma i suoi occhi lo fecero al suo posto, accennando un timido sorriso, sembravano quelli di una ragazzina timida.

    Mentre lui scartava il regalo, Giulia lo guardava emozionata, apparentemente distaccata, come solo chi ama in silenzio sa fare, dopotutto il suo ruolo e la sua professionalità le imponevano di stare al suo posto.

    Scartato il pacchetto, la vista di un prezioso cofanetto in radica di noce italiana intarsiato di giada provocò sul viso di Mike un’espressione di piacere.

    All’interno, poggiata su un prezioso velluto damascato rosso, una penna d’oro con incise le sue iniziali M.S.

    Era un vezzo, quello delle penne d’oro, che aveva spinto Mike a realizzare una collezione non indifferente.

    "Giulia, sono senza parole, un inaspettato e preziosissimo regalo.

    Mi ha stupito ancora una volta, una penna bellissima, da veri intenditori.

    Ogni anno si ricorda del mio compleanno, ed ogni volta un regalo sempre più bello, però questa non la terrò chiusa tra le altre della mia collezione, la porterò con me per usarla.

    "Giulia aveva gli occhi illuminati di felicità, sapeva che Mike parlava sinceramente, poi portò le mani dietro alla schiena come una collegiale:

    "Avvocato, è solo un piccolo dono, lei merita di più.

    " Mike la guardò in modo intenso, era commosso davvero, si diresse verso la scrivania ponendo il prezioso cofanetto proprio al centro, lasciando la parte superiore sollevata.

    "Giulia, da oggi sarà la mia penna preferita, ma ora purtroppo debbo uscire.

    Torna, avvocato?"

    "No, voglio fare una sorpresa a mia moglie, la porto a cena in quel nuovo ristorante italiano che hanno aperto vicino casa mia. Anzi Giulia, mi faccia la cortesia di prenotarmi due posti al miglior tavolo.

    Sarà fatto avvocato, stia tranquillo.

    "Ma l’espressione dei suoi occhi tradì una luce di amara e rafforzata consapevolezza, quella di non essere ricambiata nei sentimenti e che forse non lo sarebbe stata mai.

    Mike prese la giacca dallo schienale della poltrona e si avviò lentamente verso l’uscita dello studio fermandosi all’improvviso e voltandosi di scatto.

    Fissò Giulia con un sorriso sincero:"Ancora grazie, davvero un pensiero stupendo.

    "Giulia sorrise timidamente, leggendo negli occhi di Mike solo l’ombra di quelli che invece erano i suoi sentimenti.

    Con passi decisi attraversò il corridoio, anch’esso ricoperto di moquette rossa che aveva voluto anche lì.

    Si diresse verso l’ascensore riservando saluti cordiali e veloci a tutti, incrociò anche l’avvocato Brad Mastella, suo fidatissimo collega di lavoro.

    Brad aveva un fascio di documenti sottobraccio e stava andando proprio da lui per studiarli insieme.

    Hey Mike, dovremmo dare un’occhiata a queste pratiche urgenti per il risarcimento danni contro la N.B.E. Oil Company.

    Lunedì, Brad, lunedì. Voglio godermi questo fine settimana con Ketty, in pace.

    Disse sorridendo e voltandosi senza fermarsi mentre entrava in ascensore. Brad rimase a guardarlo scomparire dietro la porta dell’ascensore, sollevando sconsolato il braccio destro in segno di saluto.

    L’ascensore scese velocemente verso il garage, il telecomando elettronico azionato da Mike fece brillare le quattro frecce della fuoriserie rossa. Un giro di chiave e il motore sembrò un tuono, partì veloce sagomando le curve del parcheggio sotterraneo con uno stridio di gomme sul cemento liscio. Non vedeva l’ora di arrivare da sua moglie, Ketty Kensit, la figlia anticonformista del proprietario di una catena di gioiellerie. Kensit era un cognome che contava in città e in tutta la California. Ted Kensit, uno che si era fatto da solo costruendo la sua fortuna nel commercio dei gioielli.

    Sua figlia aveva preferito andare a far finta di studiare in Europa e non aveva voluto saperne di dare una mano negli affari di famiglia.

    Nella vita non faceva nulla, se non la moglie viziata dell’avvocato Stempton, Mike adorava viziarla e siccome adorava anche le sorprese voleva fargliene una: tornare a casa prima del previsto e fare l’amore con lei prima di uscire per la cena, per entrambi fare sesso era una delle cose fondamentali nel rapporto di coppia.

    Il traffico era meno pesante a quell’ora, Mike si fece strada sfruttando i cavalli della Ferrari, per fare sorpassi azzardati in brevi spazi.

    Si diresse verso Beverly Hills, dov’era la sua villa in mezzo alla tante di proprietà di numerosi vip.

    Era inconfondibile, perché Ketty l’aveva voluta dipinta di rosa all’esterno, un tocco del suo estro che amava mettere ovunque.

    Non voleva farsi sentire mentre arrivava, mise in folle il motore, fino a parcheggiare a pochi metri da casa. Chiuse la macchina con la chiave senza usare il telecomando, lo fece per evitare che si sentisse il classico blip blip della chiusura centralizzata e dell’inserimento dell’antifurto.

    Andò verso l’ingresso secondario della villa, quello che portava direttamente in cucina, sul lato della porta troneggiava l’enorme vaso nel quale un cespuglio di rose gialle cresceva rigoglioso. E proprio dietro le rose, nascosta ad occhi inesperti, appesa ad un gancio al muro, era nascosta la chiave di riserva della porta.

    Infilata silenziosamente nella toppa della serratura, aprì furtivamente entrando e richiudendo senza fare il minimo rumore.

    In cucina notò subito un certo disordine, sul tavolo circolare in legno scuro una bottiglia del suo champagne preferito rovesciato, due bicchieri rotti per terra, e qualche goccia di sangue spiccava sul pavimento.

    In un lato accanto al muro, vicino al lavandino, una scarpa di Ketty, anch’essa insanguinata. Dal piano superiore giungevano strani rumori,come dei colpi al muro, che a tratti si alternavano a dei lamenti. La voce femminile non poteva essere che quella di Ketty.

    Mike pensò immediatamente alla banda di balordi che ultimamente girava in città rapinando ville, stuprando e mangiando in casa delle vittime come nulla fosse.

    Aprì con violenza il cassetto delle posate sotto il ripiano della cucina che sobbalzò, prese il coltello da carne, lungo ed affilatissimo stringendolo con forza.

    Corse verso l’elegante scala ellittica che portava al piano superiore, salendo i gradini di marmo bianco,con la parte centrale rivestita di moquette rossa, tre alla volta.

    Si avvicinò alla camera da letto, da dove provenivano i rumori, la gola era secca, la tensione gli stringeva l’esofago, il cuore batteva all’impazzata.

    Respirava affannosamente e riuscì a sudare nonostante l’aria condizionata, la paura che fosse troppo tardi lo attanagliava in una morsa.

    Il rumore ritmico si fece più forte così come i lamenti di Ketty.

    Certo che però, sono strani quei lamenti e quel rumore a tratti ritmico.

    Teneva stretto il coltello nella mano, il rumore si faceva sempre più forte e martellante mano a mano che si avvicinava.

    Spalancò la porta e una scena raccapricciante si presentò ai suoi occhi. Vide qualcosa che non avrebbe mai pensato di vedere in vita sua, che sperava di non vedere, e che nessuno vorrebbe mai vedere.

    Ketty era sul letto carponi, con le mani sul bordo della spalliera, da dietro Jimmy la prendeva con virilità.

    Era il suo personal trainer, un palestrato tinto di biondo chiarissimo, che stava dando lezioni di sesso sfrenato alla sua allieva preferita.

    Con le mani teneva il suo piede destro portandolo alla bocca, leccandogli il poco sangue uscito dalla ferita provocata dal bicchiere rotto in cucina.

    L’amplesso era così violento da far sbattere la spalliera al muro e far gemere così tanto la bella Ketty, che i due nemmeno si accorsero della sua presenza.

    Rimase incredulo, per un attimo ebbe l’impressione che fosse solo un incubo, avrebbe voluto svegliarsi, ma in pochi secondi capì di essere già sveglio.

    I suoi occhi diventarono di fuoco. Le vene sulle tempie pulsarono impazzite come quasi per esplodere mentre si avvicinava al letto.

    Alzò il braccio che brandiva il coltello, l’istinto bestiale di chi era stato ferito e l’accecante desiderio di vendetta, gli strapparono il senno.

    Era pronto a colpire mentre i due amanti continuavano imperterriti, così accecati di passione.

    Ketty sentiva che il suo amante stava per avere l’orgasmo, si girò di scatto per accoglierne in bocca il piacere ma fu in quel momento che vide suo marito pronto a colpire.

    Un urlo di terrore le uscì dalla gola, vide in un istante la sua fine, Jimmy si voltò di scatto, impaurito, Mike lasciò partire il braccio.

    Pochi attimi di lucidità, frenarono l’appagamento istintivo della sua sete di vendetta,gli passarono in mente tanti condannati per omicidio che non era riuscito a salvare dalla pena di morte.

    Così come il ricordo di suo padre John, comandante in un carcere di massima sicurezza il quale gli diceva sempre, prima di morire, che la galera era un ambiente spaventoso. Dove pensi di essere vivo,ma sei morto e non te ne rendi conto.

    E che a volte era meglio mettere da parte l’orgoglio e godersi la libertà finché si poteva, le vendette sono piatti prelibati che vanno assaporati freddi.

    Una goccia di ragione riprese il sopravvento, tutta quell’adrenalinica violenza trovò sfogò conficcando il coltello nel materasso e tracciando un solco lungo e profondo.

    Aveva il respiro affannato e una tachicardia da infarto, per qualche interminabile secondo fissò i due amanti, anche loro senza parole e con il fiato in gola.

    Sputò loro addosso tutto il suo disprezzo e senza dire una parola si voltò lasciando cadere il coltello a terra. Fece il percorso a ritroso, scese le scale che lo riportano nell’atrio stavolta lentamente e un po’ barcollante, ubriaco di emozioni troppo forti.

    Alla fine delle scale c’era un prezioso mobile di fine Ottocento stile inglese, con sopra la foto del giorno del loro matrimonio, racchiusa in una preziosa cornice d’argento lavorato.

    La prese e la guardò con occhi lucidi per un istante, poi la gettò a terra con violenza,spaccando il vetro in mille pezzi.

    Era di nuovo sulla Ferrari, partì lento, non aveva più fretta ora, il sofisticato lettore cd si avviò automaticamente con l’accensione del motore.

    Partì sommesso l’attacco di Nessun dorma, eseguito da un Pavarotti dei tempi migliori.

    Mike alzò il volume, guidò senza correre, ma per quale destinazione, doveva ancora capirlo, smarrito e tradito da quello che credeva essere l’amore di una vita.

    2

    Sette anni dopo era un’altra giornata caldissima a Los Angeles, ma l’ufficio di Mike era ancora sempre ben climatizzato.

    Nella poltrona in pelle rossa adesso però era seduto Jeff Cunningum, il vice di Mike, che a lungo aveva aspirato a quella poltrona.

    Tanto da mettere il suo predecessore nei guai per una presunta storia di favoreggiamento a beneficio della controparte in una causa di risarcimento danni.

    Al termine del processo Mike era stato assolto, ma poi era sparito nel nulla, disgustato dal mondo, da sua moglie e dalla follia di chi per fare carriera era pronto a tutto.

    Nessuno aveva più avuto sue notizie, dove fosse andato e cosa facesse.

    Jeff non aveva solo preso la poltrona di Mike, ma era anche il nuovo marito di Ketty.

    Chiamò il numero interno di Giulia, che non faceva più regali al suo capo ufficio.

    "Mi porti la pratica per quel recupero crediti della Kims Bank.

    "Lei arrivò in pochi minuti, si avvicinò alla scrivania e gli porse anche altri documenti da firmare riposti nella solita cartellina in pelle nera.

    "Avvocato, ecco la pratica.

    Poi dovrebbe firmare queste autorizzazioni per le spese di gestione dell’ufficio."

    Ok, uso una delle penne di Mike, hanno un tratto molto fluido, rispose con tono sarcastico, non credo che se la prenderebbe.

    Mike aveva lasciato tutte le penne della sua collezione, anche quelle gli ricordavano un mondo effimero che lo aveva nauseato come tutto il resto.

    Aveva portato con sé solo quella che gli aveva regalato Giulia, c’era un’altra storia, un altro valore, un sentimento reale dietro quel regalo.

    Giulia rimase in silenzio nel rispetto del suo ruolo, ma avrebbe tanto voluto rompergli la faccia. Prese le autorizzazioni firmate e tornò nel suo ufficio, seguita dallo sguardo di Jeff posato sul

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