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Devo andare: ho la metro da perdere
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Devo andare: ho la metro da perdere
E-book140 pagine1 ora

Devo andare: ho la metro da perdere

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Info su questo ebook

Una sola linea di metropolitana, intorno a cui si articolano dodici racconti di generi e stili diversissimi.

Dodici scrittori esordienti, dalla cui fantasia si sprigionano innumerevoli personaggi, sorprese e sogni.

Cominciate a leggere, scegliete un tragitto e perdetevi tra appuntamenti più o meno mancati, incontri inaspettati e speranze da inseguire... Non potrete più prendere la metro senza immaginare anche voi storie e colpi di scena di ogni tipo.

Che cosa aspettate? Perdere la metro non è mai stato così appassionante!

E l'immaginazione continua su www.equilibridigitali.it
LinguaItaliano
Data di uscita18 giu 2013
ISBN9788867557455
Devo andare: ho la metro da perdere

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    Anteprima del libro

    Devo andare - Matteo Biesta

    digitali

    Prima di iniziare a leggere

    Grazie a te ho una barca da scrivere, un treno da perdere.

    Fabrizio De André, Hotel Supramonte

    Quanti percorsi si possono diramare da una sola linea di metropolitana? Innumerevoli, se a tracciarli è la penna (ma anche una tastiera va bene) di uno scrittore.

    Con questa convinzione abbiamo proposto ai partecipanti degli Opifici di scrittura narrativa 2013 di ideare un racconto che, tra appuntamenti mancati e insperate sorprese, fosse legato alla metropolitana di Torino. E la nostra fiducia nell’immaginazione umana si è vista ripagata da una notevole varietà di trame, personaggi, stili: dodici racconti, dodici mondi che si schiudono in dimensioni affascinanti e suggestive. Eppure tra le vivaci e diverse impostazioni delle narrazioni si intuisce anche l’echeggiare di alcuni temi profondi, il riverberarsi di determinate riflessioni e soprattutto una comune passione per la scrittura.

    Non siamo stati noi di equiLibri digitali a insegnare a scrivere agli autori di questa raccolta. Piuttosto, con gli Opifici, abbiamo creato un’occasione di incontro e scambio, guidando alcune riflessioni ed esercitazioni per una scrittura consapevole e attenta a molteplici aspetti. Stimoli ed entusiasmi si sono poi propagati da un aspirante scrittore all’altro, da una citazione a un esperimento, da una conversazione a un gioco letterario…

    Così nell’intraprendere la parte pratica del corso, la realizzazione dei racconti che confluiscono in questa raccolta, ci siamo ritrovati in un ambiente che ha espresso pienamente la natura degli Opifici: ciascuno ha potuto lavorare individualmente sul proprio racconto, ma il confronto con gli altri ha permesso un moltiplicarsi dei punti di vista e delle sensibilità, dando vita a un respiro culturale di gruppo. Come in una bottega artigiana, esperienza ed estro hanno creato commistioni interessanti nel rispetto delle peculiarità di ciascuno.

    Una scrittura artigiana nello spirito, dunque, ma che non intende ancorarsi al passato. La tensione è verso il futuro, costruito a poco a poco attraverso i contesti e gli strumenti che propone il presente. Sfruttando le opportunità, senza lasciarsi ingabbiare dai limiti. Per questo durante il corso si è ragionato e lavorato anche su editoria digitale, selfpublishing e nuovi stili di comunicazione. E per questo i racconti vengono pubblicati in ebook.

    Come leggere questo ebook

    L’ebook gioca, tra l’altro, con le possibilità di collegamenti e passaggi inusuali. I racconti, infatti, possono essere letti nell’ordine in cui sono stati inseriti oppure a partire dai personaggi intravisti nell’introduzione: a ciascuno corrisponde una storia diversa che può essere immediatamente raggiunta, letta, esplorata usando i link interni, per poi tornare al principio in cerca di un altro incontro. E di certo, cominciando a conoscere le parole vive di questi racconti, potrete ideare voi stessi altri percorsi.

    Ma sappiamo anche che le narrazioni possono continuare e passare da un mezzo all’altro, farsi immagine o esplorare strade ancora ignote. Per questo vi consigliamo di continuare a seguire Devo andare: ho la metro da perdere anche attraverso la sua pagina web.

    Infinite sono le strade della scrittura. E vi auguriamo che portino tutte a una piacevole lettura.

    Devo andare:

    ho la metro da perdere

    Un’introduzione persa per qualcosa

    di Francesco Caligaris

    «Solo un idiota può perdersi sulla metro di Torino.»

    La risposta della ragazza gli confermò che l’approccio non era stato brillante. Voto: cinque su dieci… su dieci alla nona, ovviamente (essendo un astrofisico tendeva a ragionare con scale di una certa dimensione).

    Eppure avrebbe voluto replicare che non era così improbabile perdersi sull’unica linea della metro di Torino: a lui era successo proprio quella mattina; e non perché fosse realmente un idiota; solo molto curioso; magari anche un po’ distratto.

    Stava andando al Laboratorio di scrittura narrativa, in leggero anticipo, inconsueto per lui che arrivava agli appuntamenti sempre trafelato e con un imprevedibile repertorio di giustificazioni. Quel giorno, però, il ritardo era solo nascosto, visto che avrebbe dovuto ancora adempiere alla consegna ricevuta all’incontro precedente: «Cercate sette sconosciuti che riterreste interessanti come personaggi di un racconto». Mancava sempre di prontezza; portava sì a termine ciò che si proponeva di fare, ma non riusciva a vivere situazioni e rapporti con tempi giusti, efficaci e vantaggiosi.

    Anche con il compito del Laboratorio di scrittura, pur avendo due settimane di tempo, si era ridotto alle ultime ore. Inoltre, dato il suo costante desiderio di mettersi in discussione e in gioco, aveva deciso che avrebbe cercato quattordici personaggi, dividendoli in un secondo momento tra la sua impostazione scientifica e la personalità più spiccatamente letteraria.

    Per l’occasione aveva abbandonato una compagna fedele e si era dotato di strumenti «inusuali». Rinunciò infatti alla bici; come poteva prendere appunti pedalando? E si armò di taccuino e biro: di solito era molto più tecnologico, ma si era imposto di non usare altro che carta e penna, per separare nettamente le attività lavorative da quella nuova passione; l’unica concessione era lo smartphone, ma solo per pompargli musica attraverso gli auricolari: lo aiutava a concentrarsi e gli avrebbe risparmiato la voce snervante della metro. Camminando a passo spedito verso la fermata XVIII Dicembre, si guardava intorno alla ricerca di possibili «prede» per la sua creatività, mentre i Guns ’n roses intonavano Welcome to the jungle.

    "Una ragazza incinta e con la pancia già bella grossa: rappresenta sicuramente possibilità di intrecci narrativi nel passato e nel futuro. Ma sarei in grado di mettermi nei suoi panni?"

    "Di certo non potrei mettermi nei panni di questi due, troppo impegnativi… Che strana coppia: un giovane elegantissimo e un prete."

    Appena salito sul vagone della metro, pensò che Torino si stesse milanesizzando al notare un altro ragazzo vestito con un completo. Questo in compenso non è per nulla disinvolto, porta la cravatta come fosse un cappio e la giacca come una camicia… di forza!

    La sua già fluttuante attenzione non poteva, però, soffermarsi su questioni di moda e in pochi istanti fu tutta presa da un’ipotesi sulla scorza delle arance rosse: arrovellarsi sui principi regolatori dell’universo, dai moti delle comete fino ai lacci delle scarpe, era il suo passatempo preferito. "E se la pigmentazione seguisse una qualche costante? Chissà se c’è un legame tra… Ehi, ma quello sembra Sean Connery!"

    Mentre si domandava se fosse valido inserire nella sua selezione il sosia di un attore famoso, fu irresistibilmente attratto dal tablet di una signora seduta vicino a lui. Sarà stato per una sorta di crisi di astinenza dalla tecnologia o forse perché le scene che vi scorrevano sembravano di un film intrigante: un mondo strano e un po’ desolato, forse fantascientifico, con un personaggio in tuta blu… Ed era anche adatto come sottofondo musicale il crescendo di Fear of the dark che gli Iron Maiden cominciavano a sussurrargli nelle orecchie.

    Se non aveva contato male, doveva essere quasi a Spezia, a una fermata dalla sua destinazione. Interruppe visione (seppur sbirciata) e ascolto, togliendosi gli auricolari giusto in tempo per udire la sinusitica e ripetitiva sirena scandire: «Next station: Paradiso»… Orrore! Aveva sbagliato direzione della metro e si trovava dall’altra parte di Torino.

    Scese in fretta dal vagone e, mentre correva verso le scale, ebbe appena il tempo di notare un signore anziano con una folta barba di un bianco intenso. Sembrava aspettare qualcuno; è singolare, me lo appunto.

    Sulla banchina di fronte, in attesa di un treno che lo riportasse indietro, la sua attenzione fu irresistibilmente attratta da una ragazza che singhiozzava su una delle seggiole. Mentre esitava, incerto se mostrarsi premuroso e dirle qualcosa (e che cosa poi?), un uomo le si avvicinò e iniziò a parlarle con apparente sicurezza. Chissà se la conosceva già. Magari no. Rimase un momento assorto, pensando a tutte le occasioni mancate, alle numerose situazioni in cui qualcuno era arrivato prima di lui… Poi il nuovo viaggio e i Beach Boys con Surfin’ bastarono a distrarlo. Quasi quasi passo un auricolare a questo qui tutto vestito di nero, così si rallegra un po’. Ma no, in fondo non è cupo, solo un po’ agitato: prova in continuazione a telefonare, ma evidentemente nessuno risponde, perché non parla mai e diventa ogni minuto più nervoso. Anche quella donna sembra un po’ tesa: è già tre volte che tira fuori dal giubbotto una lettera, la dispiega, legge qualcosa e poi la ripone… Cosa darei per sapere quel che c’è scritto!

    Così, facendosi un po’ gli affari altrui, immaginando una «formula dell’arancione agrumico» e pensando a come presentare la serata dell’indomani al Planetario, ripercorse tutta la linea della metro di Torino e arrivò alla fermata Lingotto. Uscì di corsa, ma si bloccò di colpo, sentendo un disagio sottile: aveva accumulato un notevole ritardo e non era neppure stato in grado di trovare quanti personaggi si era prefissato, gliene mancavano ben quattro. La riflessione gli trasmise una vertigine di inettitudine; già era specialista nel perdere le occasioni, non poteva anche iniziare a venir meno alle proprie decisioni. Cercò di riprendersi dal momentaneo smarrimento: la priorità erano i personaggi, al corso avrebbe saltato un incontro, cercando poi di recuperarlo in qualche modo.

    Dove continuare, dunque, la ricerca? In superficie o ancora in metro? Nel tempo della sua indecisione, vide una scena curiosa di cui colse solo movimenti e gesti, perché in sottofondo aveva Back in USSR dei Beatles: tre ragazzi appesero un cartello all’ingresso della fermata guardandosi intorno furtivi e allontanandosi subito dopo, giusto un istante prima dell’arrivo di due uomini distinti, che alla vista del cartello si misero a discutere vivacemente. Andò a leggere di cosa si trattava: l’avviso di uno sciopero, evidentemente uno scherzo. Be’ evidentemente per lui, che aveva usato la metro senza problemi e aveva visto l’aspetto poco professionale dei tre che avevano affisso l’annuncio. Ormai non poteva più richiamare le due vittime della bufala. Decise, però, che l’episodio lo spingeva a ridiscendere alla fermata

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