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Bambini nella notte
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E-book329 pagine4 ore

Bambini nella notte

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Info su questo ebook

In piena notte, un treno della compagnia Caltrain travolge un corpo che all’apparenza qualcuno ha abbandonato sui binari e che dall’esame del dna risulta appartenere ad un bambino.
Il caso è affidato al detective Kate McBride che può contare sui soliti fidati collaboratori, ma non sul detective Francis Jones.
Infatti, il suo collega è stato assegnato temporaneamente ad un altro distretto per un’importante indagine e in sua sostituzione a Kate viene affiancata la detective Ann Gorman.
Accanto a Kate ritroviamo la dottoressa Nicole Perry, che in un crescendo di colpi di scena sarà determinante e non solo per la risoluzione del caso.
LinguaItaliano
Data di uscita2 lug 2014
ISBN9788891147646
Bambini nella notte

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    Anteprima del libro

    Bambini nella notte - Patrizia Saturni

    Ikeda)

    1.

    Il buio ed il silenzio avvolgevano la camera da letto di Kate McBride quando improvvisamente il telefono sul comodino prese a squillare. Controvoglia, Kate allungò il braccio, portò il telefono all’orecchio e semiaddormentata, rispose.

    «Pronto?»

    «Detective McBride?» rispose una voce maschile all’altro capo del telefono.

    «Sì. Chi parla?» disse Kate, intuendo fin da subito che si trattava di una telefonata di lavoro.

    «Sono l’agente Davis…»

    «Simon Davis?» chiese Kate, ricordando di averlo incontrato un paio di volte al distretto di polizia, anche se in quel momento non avrebbe saputo dire esattamente in che occasione.

    «Sì, detective.» rispose Davis con voce più squillante, sorpreso ma allo stesso tempo, felice che lei l’avesse riconosciuto.

    «Dimmi!»

    «E’ stato ritrovato un corpo all’altezza della 22nd Street, sulla linea Caltrain. La scientifica è già sul posto.» spiegò Davis.

    «Capisco…, vengo subito.» rispose Kate ormai del tutto sveglia.

    «D’accordo. Grazie.»

    Kate lo congedò, ripose il telefono e accesa la luce sul comodino, si mise a sedere sul letto.

    Nicole si mosse accanto a lei e dandole le spalle perché infastidita dalla luce, le chiese. «Devi uscire?»

    «Sì.» rispose Kate, alzandosi dal letto controvoglia. Raggiunse la piccola poltrona davanti a lei, dove la sera prima aveva appoggiato i vestiti.

    «Che ore sono?» chiese Nicole.

    Kate si voltò per controllare l’orologio sul comodino. «Quasi le tre.» disse mentre iniziava a vestirsi.

    Nicole mugugnò qualcosa di incomprensibile, non nascondendo però, la sua contrarietà soprattutto per quell’imprevista sveglia nel pieno della notte.

    Kate la guardò e accennò un sorriso divertito, quindi prese il distintivo, la fondina con all’interno la pistola d’ordinanza ed il cellulare, diede un’ultima occhiata a Nicole e spense la luce.

    Attraversò la stanza con l’aiuto della fioca illuminazione dei lampioni in strada, che filtrava dalle finestre. Aveva appena raggiunto la porta quando Nicole, con la bocca impastata di sonno, le disse: «Buon lavoro.»

    «Grazie.» rispose Kate accennando un sorriso, poi uscì dalla stanza.

    Intanto Al, il suo pastore belga, svegliato anche lui dagli squilli del telefono, era sul pianerottolo e la fissava in attesa.

    «Ciao Al.» disse Kate mentre si dirigeva verso il bagno.

    Il cane la seguì scodinzolando.

    «No. Mi dispiace ma questa volta non puoi venire con me. Si tratta di lavoro.»

    Al si fermò a sedere fuori della stanza e rimase a fissarla con la lingua a penzoloni.

    Kate si sciacquò il volto con l’acqua fredda e vedendo che Al non si era mosso dalla sua posizione gli disse. «Vai da Nicole!»

    Per un attimo Al guardò verso la porta della camera da letto e poi di nuovo Kate, come se fosse indeciso.

    «Si Al, vai da Nicole!» tornò a dirgli Kate.

    Dopo averle indirizzato un’ultima occhiata, Al si avviò verso la camera.

    Kate intanto, finì di sistemarsi e dopo un ultimo sguardo allo specchio, soddisfatta emise un sospiro, spense la luce e uscì per scendere al piano terra. All’ingresso recuperò il soprabito e il mazzo di chiavi di casa e dell’auto. Parcheggiata davanti all’abitazione c’era la sua Firebird cabriolet nera del ’94.

    La strada era deserta e avvolta nel buio della notte. La luna, piena per tre quarti, ed alcuni lampioni, facevano a gara ad illuminare la via. Kate venne raggiunta da un’improvvisa folata di vento umido e freddo, si strinse il soprabito al petto e aprì in fretta lo sportello dell’auto. Mentre attendeva che il motore si scaldasse, recuperò l’autoradio dal vano porta oggetti e la inserì nel cruscotto. La musica dei Kismet, un mix di House, classica e jazz fusion, fuoriuscì dalle casse e si diffuse all’interno dell’abitacolo. Il gruppo era di origini europee, più precisamente tedesco. Kate li conosceva da poco tempo e, anche se quello non era proprio il tipo di musica che prediligeva, ne era rimasta piacevolmente colpita, soprattutto dal pezzo che stava ascoltando in quel momento, Bond Girls. Accese le luci anabbaglianti e inserita la marcia si allontanò diretta verso il centro della città.

    Attraversò Russian Hill, Nob Hill, Mission e a Bernal Heights svoltò a sinistra per raggiungere la 22nd. Continuò a guidare seguendo i binari della Caltrain, guardandosi intorno in cerca di qualche segnale che le indicasse dove era avvenuto il ritrovamento di cui le aveva parlato l’agente Davis.

    Ad un certo punto, notò le luci di alcune auto della polizia, premette il piede sull’acceleratore e si affrettò a raggiungerle. Una volta arrivata sul posto, parcheggiò l’auto dietro ad una volante della polizia. Scese e facendosi strada tra i poliziotti, notò che i furgoni della scientifica erano due anziché uno solo come accadeva normalmente quando veniva ritrovato un cadavere.

    Nel vederla, un giovane agente le andò incontro a passo spedito.

    «Salve detective.» la salutò, sfoderando un ampio sorriso.

    «Ciao Simon. Cosa abbiamo?» chiese Kate seguendolo in direzione dei binari.

    «Abbiamo ricevuto una chiamata dal macchinista del treno…» cominciò a spiegare Davis sfogliando il block notes che aveva in mano e continuò. «Il signor Louis Wood, si è accorto di aver travolto un corpo.» disse mentre affrontava la collinetta che si trovava davanti a loro, facendo attenzione a dove metteva i piedi per non scivolare.

    Kate lo seguì su per il pendio. Alcune pietre scivolarono sotto i suoi piedi rotolando alla base della collinetta. Kate controllò il terreno, affrettò il passo e si arrampicò fino alla cima dove attese che Davis la raggiungesse.

    Il giovane agente, aiutandosi con le mani, arrivò all’apice della collinetta e si fermò accanto a lei per riprendere fiato e asciugarsi il sudore dalla fronte. Kate si trattenne dal sorridere e aspettò che fosse pronto per proseguire. Intanto, il suo sguardo si era fissato sul treno, fermo sui binari alla sua destra, a circa 150 metri.

    L’area intorno al treno era stata illuminata a giorno dalle lampade portate sul posto dai tecnici della scientifica. Una decina di addetti stava controllando attentamente i binari, probabilmente alla ricerca di tracce lasciate dal corpo dello sconosciuto dopo il passaggio del treno, pensò Kate.

    «Dov’è adesso il macchinista?» chiese Kate.

    «Era sotto shock…» rispose Davis seguendola mentre aveva ripreso a camminare in direzione di uno dei tecnici della scientifica e aggiunse. «Così l’ho lasciato in custodia ad un collega. Laggiù.» spiegò, indicando una delle auto di pattuglia che si trovavano alla base della collinetta da dove erano saliti.

    Kate seguì la direzione indicata da Davis e solo allora, vide due uomini in piedi accanto all’auto di pattuglia che parlavano con un agente in divisa.

    «Chi è l’altro uomo?» chiese Kate.

    «Il collega di Wood…» rispose Davis, poi controllò il block notes che aveva in mano e aggiunse. «Thomas Dern.»

    Kate distolse lo sguardo dai due uomini e proseguì lungo i binari, seguita da Davis. Si fermò qualche metro più avanti, dietro al detective Lin della scientifica.

    Davis, che era intento a controllare il terreno instabile sotto i suoi piedi, per poco non le andò a sbattere contro. Sudato ed accaldato, rimase a guardarla imbarazzato, ma allo stesso tempo sollevato per aver evitato quello scontro.

    Kate si trattenne nuovamente dal sorridere e indirizzò la sua attenzione sul detective Lin.

    «Ciao Brian.»

    L’uomo si voltò e nel riconoscerla, si alzò per salutarla.

    «Ciao Kate… dov’è Francis?» le chiese Lin, cercando con lo sguardo il suo collega, sorpreso di non vederlo con lei.

    Il volto di Kate si oscurò e schiaritasi la voce rispose. «E’ stato assegnato, temporaneamente, ad un altro caso.»

    «Vuoi dire, che ti occuperai di questo caso da sola?» chiese Lin guardandola sempre più sorpreso.

    «No. Domani mi verrà assegnato un nuovo partner.» rispose Kate, senza nascondere la sua contrarietà.

    «Sai già chi sarà?» chiese Lin perplesso.

    «No. Non ne ho la minima idea.»

    «Mi sembra così strano vederti da sola.» le confessò Lin, accennando però un sorriso, quasi a volerla rincuorare.

    «Non dirlo a me!» esclamò Kate con un’espressione del volto sempre più cupa.

    Kate ed il suo collega, il detective Francis Jones, lavoravano insieme da circa cinque anni e ad eccezione di brevi periodi di malattia, avevano sempre fatto coppia fissa, fino a quando, un paio di giorni prima, il capitano Haskin li aveva chiamati entrambi nel suo ufficio per informarli che Francis avrebbe lavorato, per un breve periodo in un altro distretto della città. Nel frattempo, Kate sarebbe stata affiancata da un nuovo detective fino al termine di quello scambio tra i due distretti. Kate superata la sorpresa iniziale, aveva provato a chiedergli delle spiegazioni riguardo a quella strana quanto inusuale decisione, non nascondendogli la sua disapprovazione. Il capitano Haskin però, conoscendola anche troppo bene e per niente sorpreso dalla sua reazione l’aveva ripresa con fermezza e le aveva fatto capire che quella non era un’opzione, bensì una decisione presa da lui e dai suoi superiori. A quel punto, a Kate non era rimasto che ingoiare il boccone amaro e fare buon viso a cattivo gioco.

    Un leggero venticello proveniente da nord la colpì sul volto, riportandola improvvisamente al presente. Abbandonò i suoi pensieri e tornando a guardare Lin gli chiese. «Avete già scoperto l’identità della persona che è stata travolta dal treno?»

    «Per il momento no.» rispose Lin «Non abbiamo trovato alcun documento ma, come puoi vedere tu stessa, abbiamo ancora molto lavoro da fare prima di ritrovare tutti i pezzi.» le disse, mostrandole un lembo di pelle appena recuperato con una pinzetta dai binari e che si affrettò a riporre all’interno di un contenitore di plastica rigida e trasparente.

    «Capisco… appena ti è possibile, fai fare un esame del DNA così lo confrontiamo con quelli che abbiamo nell’archivio delle persone scomparse. Chissà, magari siamo così fortunati da riuscire a dare un’identità al nostro sconosciuto.»

    «Me ne occuperò personalmente, una volta fatto ritorno al laboratorio.» rispose Lin.

    «Grazie.»

    Quindi Kate lo salutò e seguì Davis giù per la collina, in direzione dell’auto di pattuglia, dove si trovavano i due macchinisti.

    I due uomini, entrambi sui cinquant’anni e dalla corporatura robusta erano ancora visibilmente provati dall’accaduto. Superate le formalità di rito, Kate disse loro. «Comprendo che siate molto scossi, ma dobbiamo raccogliere le vostre deposizioni su quanto è accaduto quindi, vi prego di seguire l’agente Davis che vi accompagnerà al distretto di polizia.» e indicò l’agente fermo accanto a lei.

    «E con il treno? Come facciamo? Dobbiamo riportarlo al deposito…» disse Louis Wood indicando il punto in cui era fermo sul binario.

    «Al momento non può essere rimosso, i tecnici della scientifica stanno ancora lavorando per le rilevazioni…» disse Kate indirizzando a sua volta lo sguardo verso il treno e gli uomini della scientifica, poi tornò a rivolgersi ai due macchinisti e aggiunse. «Contatteremo la vostra compagnia per spiegare cos’è successo. Intanto, vi prego di collaborare con noi… Prima avremo le vostre deposizioni e prima sarete liberi di tornare a casa e alla vostra vita di tutti i giorni.»

    In realtà, Kate sapeva anche troppo bene, che le vite di quei due uomini non sarebbero mai più tornate ad essere come erano state prima di quella notte. D’ora in poi, ogni qualvolta si fossero trovati a condurre un treno, si sarebbero chiesti con terrore, se avrebbero tranciato in mille pezzi il corpo di un'altra persona.

    Aveva riscontrato lo stesso tipo di trauma, in molti automobilisti coinvolti in incidenti stradali nei quali, il malcapitato di turno era stato ferito o peggio ancora ucciso. Alcuni di questi automobilisti avevano raccontato di incubi ricorrenti durante i quali si ripresentava l’incidente, e questo anche dopo che erano trascorsi molti mesi dall’accaduto.

    I due macchinisti rassicurati dalle sue parole, seguirono Davis senza discutere e salirono sull’auto di pattuglia.

    Kate rimase a guardarli fino a quando si furono allontanati, poi fece un respiro profondo e tornò alla sua auto. Una volta acceso il motore inserì la marcia e si diresse a sua volta al distretto di polizia.

    2.

    Una volta arrivati al distretto di polizia, Kate ed i due macchinisti ringraziarono l’agente Davis ed il suo collega e poi la seguirono all’interno del palazzo. Salirono le scale per raggiungere il primo piano, dove si trovava l’ufficio di Kate. Era appena entrata nella stanza quando si fermò di colpo a fissare la scrivania che si trovava davanti alla sua. La scrivania di Francis, vuota e ripulita di tutti i suoi effetti personali. Alla vista di quella desolazione avvertì una stretta al cuore. Sentiva già la sua mancanza ma ancora di più, le sarebbero mancate le sue stupide battute. Si lasciò andare ad un sospiro e tornando sui suoi passi si avviò verso la sua scrivania. Recuperò un paio di sedie che si trovavano nella stanza e le sistemò accanto alla scrivania.

    «Prego. Accomodatevi.» disse ai due macchinisti.

    «Grazie.» Risposero i due uomini, sedendosi ciascuno su una delle sedie.

    «Prima di iniziare però, ho bisogno di un caffè.» disse loro Kate e dopo aver appoggiato il soprabito sulla sedia, chiese «Posso offrirvene una tazza?»

    «Se non è di troppo disturbo…» rispose il signor Dern.

    «Sì. Grazie.» gli fece eco il signor Wood.

    Poco dopo Kate tornò alla scrivania con tre tazze di caffè fumante.

    I due uomini la ringraziarono e Kate si limitò ad annuire rivolgendo loro un sorriso d’assenso.

    Il signor Dern prese due bustine di zucchero dal mucchietto e dopo averle aperte ne versò il contenuto all’interno della tazza. Il signor Wood invece, prese la sua tazza e la strinse tra le mani per riscaldarsele.

    Kate accese il computer per trascrivere le deposizioni, poi afferrò la sua tazza di caffè e ne sorseggiò un po’ facendo attenzione a non scottarsi le labbra. Da quando aveva smesso di fumare, il caffè era rimasto il suo unico vizio. Francis la prendeva spesso in giro, dandole della caffeinomane oppure le diceva che con tutti i soldi che spendeva ogni volta per comprarsi delle buone miscele di caffè, le conveniva comprarsi una piantagione in Brasile o Columbia.

    Appena il programma fu pronto, Kate appoggiò la tazza di caffè sul piano della scrivania e passò a trascrivere le generalità dei due macchinisti. Quando ebbe finito tornò a guardare il signor Wood e gli disse.

    «Bene signor Wood, iniziamo da lei, mi dica tutto dal principio.»

    L’uomo allora, si schiarì la voce e cominciò a parlare. «Stavamo tornando al deposito per lasciare il treno, quando mi sono accorto che in mezzo ai binari c’era qualcosa…»

    «Qualcosa?» mormorò Kate tornando a guardarlo confusa.

    «Sì. Una sagoma scura.» rispose il signor Wood, aveva il volto pallido come se avesse appena visto un fantasma.

    Kate annuì, facendogli capire di continuare.

    «Inizialmente ho pensato che fosse un animale. A volte capita che in quel tratto, cioè nel bel mezzo del nulla, passino dei cani randagi oppure altri animali selvatici.» disse e portandosi la tazza alle labbra sorseggiò un po’ di caffè. Il liquido che scorreva caldo dentro di lui ebbe l’effetto di un toccasana, rianimandolo un po’. Appoggiò la tazza sul piano della scrivania e tornando a guardarla continuò. «E così, ho premuto un paio di volte il dispositivo di segnalazione acustica della locomotrice, per spaventarlo…»

    «A che velocità viaggiavate?» intervenne Kate tornando a guardarlo.

    «In quel momento eravamo sui 100km orari. Una velocità media in quel tratto, soprattutto a quell’ora della notte. » si affrettò a rispondere il signor Wood, quasi a giustificarsi.

    Kate però, gli aveva fatto quella domanda solo per inserirla nella deposizione e non per accusarlo di una qualche manchevolezza. Tra l’altro, lei non aveva la minima idea dei limiti di velocità dei treni e tanto meno, le regolamentazioni che li riguardavano. In tutta la sua vita, aveva preso il treno solo un paio di volte e molti anni prima, quando era ancora una bambina.

    «Quando ho visto che l’animale non si allontanava dai binari ho cominciato a ridurre la velocità ma… ormai eravamo troppo vicini e così… lo abbiamo travolto.» disse il signor Wood. Le mani che gli tremavano. Poi, prese un respiro profondo per farsi coraggio e continuò. «Non capivo che cosa avessimo travolto e così, una volta fermato il treno, ho preso una torcia elettrica e ho seguito il binario a ritroso.» spiegò, sempre più agitato e pallido in volto.

    «E lei signor Dern, cosa ha fatto mentre il signor Wood era sceso dal treno?» gli chiese Kate spostando la sua attenzione su di lui per dare modo all’uomo di riprendersi, prima di farlo proseguire con il suo racconto degli eventi.

    «Io… io sono rimasto sulla locomotrice e ho contattato il deposito per avvertirli che ci eravamo fermati. Ho dato loro le nostre coordinate e poi mi sono affacciato, per controllare la situazione fuori.» il signor Dern annuì, poi prese la tazza di caffè e se la portò alle labbra.

    «La locomotrice non deve mai rimanere incustodita!» spiegò il signor Wood, che sembrava essersi ripreso e stare un po’ meglio.

    «Capisco…» mormorò Kate tornando a guardarlo. «E poi, cosa è successo?» gli chiese incoraggiandolo a proseguire.

    «Più mi allontanavo e più notavo strane chiazze scure intorno a me. Mi sono chinato. Non capivo se erano macchie d’olio lasciate dalla locomotrice o cos’altro…» fece una breve pausa e continuò. «Ho toccato una delle macchie con le dita e quando vi ho posato sopra la luce ho capito che quello che avevo tra le dita era sangue e non olio. Mi sono spaventato. Non sapevo che pensare. Speravo solo, che fosse di un animale ferito o moribondo, che non era riuscito a scappare in tempo.» L’uomo deglutì nervosamente poi, con gli occhi lucidi passò dal guardare la mano aperta davanti a lui a Kate e continuò. «Ma… mi sbagliavo.» Le sue mani ripresero a tremare mentre il suo sguardo si era fissato sugli scarponi che aveva ai piedi.

    Kate spostò il suo sguardo dal volto del signor Wood e sui suoi scarponi. Lo sentì sospirare. Come sollevato, nel constatare che non erano sporchi di sangue.

    «Continui pure.» Lo incoraggiò Kate, accennando un sorriso di circostanza per tranquillizzarlo.

    Il signor Wood tornò a guardarla e con gli occhi lucidi proseguì. «Ho seguito i binari fino a quando ho trovato il lembo di una maglietta o almeno, credo che fosse una maglietta… di cotone… a righe… macchiata di sangue. Mi sono spaventato e così, l’ho ributtata a terra, dove l’avevo trovata e sono corso indietro verso la locomotrice. Ho spiegato a Thomas quello che avevo trovato lungo i binari, poi ho preso il cellulare e ho chiamato il 911. La signora che mi ha risposto, ha detto di non spostare il treno e di aspettare l’arrivo di una pattuglia della polizia. Terminata la telefonata, abbiamo contattato nuovamente il deposito avvisandoli del nostro ulteriore ritardo, spiegando quello che era successo.» finì di dire il signor Wood tornando a guardarsi gli scarponi, quasi alla ricerca di una conferma, della mancanza di macchie di sangue su di essi.

    «Avete notato se nei paraggi c’era una macchina che si allontanava o un qualsiasi altro mezzo di trasporto?» chiese Kate indirizzando il suo sguardo sul signor Dern.

    «No. Non abbiamo visto nessuno.» rispose l’uomo per entrambi.

    Kate si fermò a riflettere sulle informazioni che aveva raccolto fino a quel momento. Se la persona travolta dal treno si fosse suicidata, la sua macchina avrebbe dovuto essere in prossimità dei binari ma, quando lei era arrivata sul posto, non aveva notato nessuna automobile parcheggiata lì intorno, ad eccezione di quella degli agenti che erano intervenuti e degli uomini della scientifica. E, pensare che la vittima fosse arrivata fin li a piedi, non aveva alcun senso. Il centro abitato distava molte miglia rispetto a dove era stato travolto il corpo. Sotto l’effetto di alcolici o droghe, chiunque avrebbe potuto seguire i binari fino a raggiungere quel tratto della linea ferroviaria. D’altro canto però, la persona poteva anche essere stata portata lì da un altro individuo che poi, si era allontanato indisturbato. In tal caso, la persona travolta dal treno era già morta prima di arrivare lì?

    Kate tornò a guardare i due macchinisti.

    «Se non avete nient’altro da dichiarare, possiamo terminare qui.»

    «Credo che sia tutto…» rispose il signor Wood.

    «Sì.» confermò il signor Dern.

    «Bene…» mormorò Kate annuendo, riportando l’attenzione sul computer. Controllò quello che aveva scritto durante la loro deposizione e arrivata a fine pagina, diede il via al processo di stampa del documento. Aspettò che la stampante avesse finito il suo lavoro e recuperati i fogli glieli fece leggere per assicurarsi di non aver omesso niente, quando entrambi ebbero finito di leggere il documento, firmarono ciascuno le due copie della deposizione. Kate lasciò loro una copia del documento e l’altra la tenne per sé. Prese dalla scrivania, un paio di biglietti da visita e li consegnò ai due uomini.

    «Questo è il mio numero di telefono. Se dovesse venirvi in mente qualche altro particolare, contattatemi. » si raccomandò Kate guardando prima uno e poi l’altro.

    «Sì detective. » rispose il signor Wood.

    «Va bene…» gli fece eco il signor Dern annuendo.

    Kate accompagnò i due macchinisti fino al piano terra, dove chiese a due agenti di accompagnarli a casa. Tornata nel suo ufficio, preparò il fascicolo del caso nel quale inserì la deposizione dei due macchinisti. Quindi scrisse il suo rapporto e ne stampò due copie. Ne mise una all’interno del nuovo fascicolo e l’altra la appoggiò sulla scrivania del capitano Haskin. Indossò il soprabito e dopo aver dato un’ultima rapida occhiata alla scrivania, lasciò l’ufficio.

    Mentre faceva ritorno a casa, le prime luci dell’alba iniziavano a rischiarare l’orizzonte. Le strade erano ancora deserte e così, senza indugio premette sul pedale dell’acceleratore. Infatti, quando le era possibile, come in quel caso, le piaceva lanciare la sua auto al massimo con la musica a palla. Una volta raggiunto il suo quartiere, parcheggiò l’auto davanti alla casa. Erano le sei di mattina e mentre scendeva dall’auto, si chiese se sarebbe riuscita a riprendere sonno.

    Raggiunse il portico e appena ebbe aperto la porta d’ingresso, Al le andò incontro scodinzolando eccitato, felice di rivederla, neanche fosse stata via per giorni e giorni.

    «Ciao.» Lo salutò Kate e dopo averlo accarezzato sulla testa si chiuse la porta alle spalle. Si tolse il soprabito, lo appese all’attaccapanni e si avviò su per le scale seguita da Al.

    La porta della camera era ancora socchiusa. Entrò nella stanza. Nicole stava ancora dormendo. Accennò un sorriso e in punta di piedi raggiunse il comodino. Ripose la fondina con la pistola d’ordinanza all’interno del cassetto, insieme al distintivo e al cellulare. Quindi slacciò il cinturino dell’orologio che aveva al polso e lo appoggiò sul piano del comodino. Nel frattempo, Al era tornato a sdraiarsi sul tappeto ai piedi del letto.

    Kate si spogliò, scivolò sotto le lenzuola e si fermò a fissare il soffitto della stanza, ripensando ai due macchinisti, chiedendosi a chi poteva appartenere il corpo della persona che avevano travolto con il loro treno.

    Qualche secondo più tardi, Nicole si voltò verso di lei, la raggiunse e facendo aderire il corpo al suo le cinse la vita con il braccio. Kate la strinse a sé, appoggiò l’altra mano sul dorso della sua e lentamente scivolò nel sonno.

    3.

    Al suo risveglio Kate allungò il braccio sul lato del letto dove Nicole era solita dormire. La sua mano però, trovò ad attenderla solo il lenzuolo freddo. Un po’ delusa,

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