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Non Fermarmi: I Fratelli McCabe (Libro 1), #1
Non Fermarmi: I Fratelli McCabe (Libro 1), #1
Non Fermarmi: I Fratelli McCabe (Libro 1), #1
E-book179 pagine2 ore

Non Fermarmi: I Fratelli McCabe (Libro 1), #1

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Info su questo ebook

Quindici anni fa, Vic McCabe si ritrovò su una strada a senso unico verso la distruzione, con l'amore della sua vita. Quando accadde l'impensabile, un semplice errore cambiò completamente i loro destini.

Vic McCabe è un costruttore miliardario di successo. Un uomo che tutte le donne desiderano. Tuttavia, non concede il suo cuore a nessuno. Un giorno, una giornalista si presenta alla sua porta, facendo domande sul suo passato… un passato che aveva seppellito, un errore che aveva commesso quindici anni fa e che ha distrutto la sua vita e quella della donna che sta cercando di dimenticare.

Dopo l'emergere di nuove prove, che avevano portato alla luce dettagli di quella notte, Vic si ritrova costretto a cercare quella donna che aveva amato, e che ama tuttora… la donna che aveva giurato di odiarlo per sempre.

LinguaItaliano
Data di uscita5 dic 2018
ISBN9781547552061
Non Fermarmi: I Fratelli McCabe (Libro 1), #1

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    Anteprima del libro

    Non Fermarmi - Lorhainne Eckhart

    Capitolo 1

    A volte i ricordi prendevano il sopravvento su di lui, trattenendolo come se fosse un ostaggio. Se avesse mai raccontato a chiunque delle sue paure, di quello che aveva passato uscendone del tutto indenne… beh, sapeva che nessuno gli avrebbe mai creduto. Non condividerebbe mai il suo passato, i suoi segreti. Erano suoi, la sua sofferenza, il suo dolore, i suoi errori. Vic McCabe non li avrebbe condivisi con nessuno.

    Si soffermò un attimo, spostò leggermente la tenda fissando il buio, i lampioni illuminavano la strada e il rumore della pioggia diventava sempre più intenso. Era tardi, e qualsiasi persona normale si trovava già sotto le coperte, a dormire beatamente, magari sognando qualcosa che non gli avrebbe provocato quegli incubi, facendolo svegliare nel pieno della notte, sudato. No, molto probabilmente quelle persone avevano delle mogli, dei figli, magari un gatto e un cane, un minivan e un’utilitaria. Che altri dubbi potevano avere a parte chiedersi se avrebbero potuto portare i figli a Disneyland o andare a sciare vicino al lago Tahoe per le vacanze di primavera.

    Sarebbe stata una vita semplice, senza complicazioni, qualcosa che Vic non avrebbe mai potuto immaginare di vivere.

    Nulla in Vic richiamava qualcosa di semplice o rassicurante. Non era nel suo modo di essere. Era stato raccolto dalla strada. Non era un uomo gentile e, chiunque avrebbe voluto approcciarsi a lui, avrebbe avuto bisogno di una sorta di libretto delle istruzioni.

    Sentì un fruscio alle sue spalle: le lenzuola, di cotone bianco, fresche. Adesso sarebbe stato necessario pulirle nuovamente.

    «Da quanto sei sveglio?» chiese lei.

    Lui non si voltò. Non ce ne sarebbe stato di bisogno, per immaginarla mentre faceva scivolare le dita lungo i suoi capelli scuri, spostandoli dal volto. Poteva sentirlo, percepirlo.

    «Pensi di tornare a letto?» disse lei con voce roca. Sempre lo stesso, anche questa volta non avrebbe avuto bisogno di voltarsi per capire che si era messa seduta sul letto, percependo l'imbarazzo del momento.

    «Ti chiamo un taxi,» disse lui, ma in realtà aveva già inviato un messaggio e, a distanza, si vedevano i fari nel vialetto di casa. La macchina scura era quella di servizio che utilizzava quando si trovava in viaggio.

    «Tutto qua?» chiese lei.

    Sentì i muscoli della schiena contrarsi mentre appoggiava il braccio sulla mensola della finestra, sentendo l'aria pungente della notte sulla sua pelle. In quel momento era quasi piacevole.

    Sentì nuovamente il fruscio tra le lenzuola, questa volta si girò soltanto dopo che la lampada vicino al letto si illuminò. Lei era adorabile, magra ma con tutte le curve al punto giusto, mentre indossava il suo intimo e girava intorno al letto per cercare l'abito che si trovava sul pavimento. Era viola e bianco, senza maniche, tuttavia non provocò alcun effetto su di lui mentre la guardava indossare velocemente le sue ballerine nere. Aveva dei folti capelli neri, proprio come piacevano a lui, un po' arruffati, le guance tonde e le labbra seducenti. Il suo viso si era già confuso con tutti quei volti di donne senza nome con le quali era stato a letto e che subito dopo aveva cacciato via. I suoi occhi erano di una particolare sfumatura marrone.

    Lei lo stava fissando, guardandolo con gli occhi sbavati di mascara. L'ombra sulle sue palpebre lo aveva ingannato per un attimo, facendogli credere di aver visto qualcun altro. Era sempre la stessa storia, il singolare apprezzamento per il suo corpo, i segni sulla sua schiena e quel tatuaggio che non condivideva con nessuno, sempre la stessa storia. Sapeva che le donne amassero il suo corpo, ogni sua singola parte tonica e massiccia, d'altronde lavorava sui suoi muscoli, correndo, sollevando pesi e tirando pugni al sacco nella sua palestra, ogni mattina all'alba prima di iniziare la giornata.

    Ogni volta andava allo stesso modo. Adesso stava camminando sul parquet, per prendere l'abito nero che aveva gettato su una delle due poltrone blu. Lo raccolse e lo ripiegò mentre l'espressione della donna si faceva cupa e distante. Sì, si nascose dal suo sguardo raccogliendo la giacca della donna, anche questa sul pavimento. Lei lo fissò per un istante e poi accettò il suo aiuto, facendo scorrere le braccia lungo le maniche mentre lui la poggiava sulle sue spalle. Indietreggiò, facendo attenzione a non toccarla di nuovo.

    «Dai il tuo indirizzo all'autista e ti porterà a casa,» le disse, con il suo sguardo a pochi centimetri da lui, con quel familiare barlume di speranza nei suoi occhi. Aspettava un bacio, un gesto cortese da gentleman dopo averla scopata, il problema stava nel fatto che lui non era un gentleman. Era un uomo pessimo, uno di quelli che nessuna madre avrebbe mai raccomandato alla propria figlia.

    «Posso darti il mio numero?» chiese lei con quegli occhi pieni di speranza, ma non poteva permettere che ciò accadesse. Avrebbe dovuto distruggere con fermezza ogni suo dubbio affinché non facesse altre domande.

    «Non rompere,» disse lui.

    Lei fece un passo verso la porta e si fermò un secondo. «Quindi intendevi sul serio niente nomi.»

    Sì, era serio, ed era stato anche chiaro sul fatto che non si sarebbero mai più rivisti.

    Capitolo 2

    «La sua offerta è stata accettata a Tacoma, e ottenuti tutti i permessi, la costruzione inizierà i primi di Maggio,» disse Natalie, l'assistente di Vic. «A Phoenix, non abbiamo ancora ricevuto risposta dall'ufficio permessi. L'edificio a Salem è stato terminato, e il tuo team ha iniziato a convergere i fondi per i prossimi due stabilimenti. Il caposquadra del primo progetto ti ha lasciato due messaggi stamattina riguardo un problema con l'ispettore, e Naveen ha chiamato di nuovo per dirti che ha necessariamente bisogno di parlarti in merito a dei costi non assicurati. Da quello che ho capito, ci sono delle aree di estrema importanza.»

    Vic non se ne preoccupò più di tanto. Era lo stesso messaggio che riceveva da Naveen ogni mattina, il suo contabile, che si preoccupava sempre e solo dei numeri. Sapeva perfettamente quali fossero i costi non assicurati: centinaia di migliaia in medicine per uno dei suoi dipendenti, Steven Bennett. Vic si preoccupava molto per i suoi collaboratori, senza badare a spese. Nessuno avrebbe potuto dissuaderlo.

    Continuò a dare le spalle a Natalie mentre osservava i rapporti dei suoi ingegneri. Non che non avesse fiducia nelle persone che assumeva o nel loro lavoro. Voleva sapere chi stesse facendo cosa, per questo ispezionava sempre il lavoro due volte. Se non capiva qualche dettaglio, faceva delle ricerche fin quando non fosse riuscito a capire. Doveva adottare un approccio diretto, non avrebbe concesso la sua più totale fiducia a nessuno. Non più.

    Continuando a leggere il report, non vide alcun campanello di allarme. Vic chiuse il file nel suo PC e si sedette, incrociando lo sguardo perso nel nulla di Natalie. Era una donna formosa, alta poco più di un metro e cinquanta e indossava la stessa tipologia di vestiti ogni giorno: una gonna a fiori che le superava il ginocchio e una blusa di colore blu, semplice ma curato, niente di appariscente. D'altronde, non l'aveva assunta per guardarla. Voleva qualcuno che fosse in gamba, efficiente, che non richiedesse distrazioni. La distrazione la riservava per quelle notti in cui aveva bisogno di qualcosa o qualcuno. Non permetteva mai al suo lato oscuro, quella parte di lui che utilizzava le donne per soddisfare le sue necessità, di prendere il sopravvento nel suo lavoro. Quella era una barriera invisibile che aveva stabilito molto tempo fa.

    Natalie lo stava ancora guardando, la sua espressione era neutra. I suoi occhi color marrone erano calmi, attendeva.

    «È tutto?» chiese lui. Sì, sapeva essere stronzo, e molto spesso incuteva terrore e incertezza a chi lavorava per lui, tuttavia era l'unico modo che conoscesse, considerando che non aveva mai lasciato nessuno avvicinarsi così tanto da poter leggere nella sua mente, né tantomeno comprenderlo. Era un potere che non avrebbe mai concesso a nessuno. Era successo una sola volta, ma era stato un suo errore, che lo aveva portato ad essere ciò che era.

    «No, c'è una donna che aspetta di vederti,» disse Natalie.

    Si domandò se la sua reazione non l'avesse tradito, se il suo volto avesse espresso la domanda che aveva in mente. «E chi sarebbe questa donna?» chiese lui.

    Natalie non reagì, forse era proprio questo che apprezzava di lei. Era la sua barriera verso il mondo esterno, che teneva chiunque lontano. «Tish Campbell. La stessa donna che si è presentata qui ieri e anche l'altro ieri.»

    Come mai quel nome non riportava nulla alla sua mente?

    Natalie aveva un tablet tra le mani e picchiettò lo schermo come se stesse cercando qualcosa. «La stessa donna che passa ogni giorno. Chiede di te. Le dico che non sei disponibile e le chiedo se ha un appuntamento. Lei risponde di no. Le chiedo se è con qualcuno e lei risponde che è una questione privata,» disse quasi infastidita. Natalie non era una di quelle donne che mostrava curiosità o che ficcava il naso, ma si capiva chiaramente che chiunque fosse questa Tish Campbell, stava iniziando a irritare perfino il pitbull che lui stesso aveva assunto per tenere le persone lontane. «Che cosa vuoi che le dica? Oppure vuoi che chiami la sicurezza e la faccia scortare fuori?» Natalie si portò le mani ai fianchi. Le sue labbra erano serrate mentre attendeva la decisione del capo. Sapeva che avrebbe mostrato un altro dei suoi aspetti positivi senza lasciare in lui alcun ripensamento.

    «Quante volte è passata?» Era quasi riuscito a dimenticare, ma poi, c'era sempre qualcuno pronto a volersi avvicinare a lui.

    «Quattordici,» disse con tono ironico vedendo Vic alzare gli occhi in cielo, poggiare la schiena sulla poltrona e assumere un'espressione allarmata. Non gli piaceva. «Vuoi che chiami la sicurezza subito?» Lo stava stuzzicando, dandogli un assaggio del suo insolito senso dell'umorismo.

    «Falla entrare,» disse lui, non mostrando alcuna emozione, neanche alla donna che sapeva gli avrebbe coperto le spalle.

    Lei non reagì, non mostrò sorpresa per quella decisione, considerando che non avrebbe mai fatto entrare nessuno d’inaspettato nel suo ufficio. Natalie lo guardò come se avesse appena esposto un altro lato del suo carattere, annuì in silenzio, inclinò la testa e si diresse verso la porta. Si fermò un istante, la sua mano sulla maniglia.

    «Oh, cosa dovrò dire a Naveen quando richiamerà?» rimase in attesa, Vic sapeva che oggi avrebbe dovuto trovare il tempo per ricevere il suo contabile, oppure avrebbe continuato a chiamare.

    «Ci penso io,» disse prima che Natalie aprisse la porta dirigendosi verso la sala d'attesa. Poteva sentirla mentre diceva qualcosa, e aspettò fino a quando non entrò nella stanza una donna magra e alta, con i capelli scuri e un volto che non sarebbe passato inosservato. Si chiese se non avesse tirato un sospiro di sollievo rendendosi conto di non conoscere quel viso.

    Natalie chiuse la porta, Tish sembrava sorpresa, indossava dei pantaloni scuri, tacchi e una giacca sopra la camicia nera. Lui non disse nulla, senza nascondere che il suo sguardo avesse già percorso ogni singola, intima curva del suo corpo. Era inappropriato, forse proprio per questo lo aveva fatto. Aveva un corpo magnifico, attraente, uno spettacolo per gli occhi, sapeva che si sarebbe meritato una sberla per come la stava fissando spudoratamente. Tuttavia, era lei l'ospite non invitato.

    Ciò che lo sorprese fu il fatto che non sembrasse per niente nervosa o in imbarazzo. Anzi, stava lì, lo fissava con un'espressione simile alla sua. Wow!

    «Dunque, Tish Campbell, cosa posso fare per lei?» disse per rompere il ghiaccio.

    Invece di sorridere, o di avvicinarsi, o di prendere posto in una delle due poltrone di fronte alla sua scrivania, rimase dov'era. Di fatto, sollevò una guancia mentre un sorriso lento prendeva forma sulle sue labbra carnose, dando vita a due fossette. I suoi occhi erano grandi, audaci, di un marrone scuro, suggerendo una qualche discendenza mista. Emanavano carattere.

    «Vic McCabe?» chiese lei, la sua sfacciataggine gli fece comprendere di avere commesso un errore nel volerla incontrare. Stava tenendo in considerazione di voler licenziare la sua fidata assistente. Non rispose alla domanda, lei fece un passo in

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