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Un ereditiera pericolosa (eLit): eLit
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E-book151 pagine2 ore

Un ereditiera pericolosa (eLit): eLit

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Info su questo ebook

The Elliotts 6
Una delle famiglie di editori più potenti di Manhattan si scontra per affari portando alla luce segreti, scandali e passioni inconfessabili.


L’ereditiera Bridget Elliott vuole svelare i misteri celati della sua famiglia, ma mentre tenta di farlo qualcosa va storto e la ragazza perde la memoria. Per fortuna viene soccorsa da Mac Riggs, sexy sceriffo, che la ospita a casa propria per aiutarla a ricostruire i fatti e ricordare così la sua identità. Persi ambedue in questo temporaneo limbo, però, decidono di arrendersi alla passione che li ha travolti dal primo istante che si sono incontrati. Purtroppo alle calde notti seguirà un freddo risveglio quando lui scoprirà la vera identità della donna e i suoi intenti.
LinguaItaliano
Data di uscita2 gen 2019
ISBN9788858996706
Un ereditiera pericolosa (eLit): eLit
Autore

Charlene Sands

Risiede nel sud della California con il marito e i loro due figli. Scrittrice dotata di grande romanticismo, è affascinata dalle storie d'amore a lieto fine ambientate nel Far West.

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    Anteprima del libro

    Un ereditiera pericolosa (eLit) - Charlene Sands

    Copertina. «Un'ereditiera pericolosa» di Sands Charlene

    Immagine di copertina:

    : AnnaZhuk / iStock / Getty Images Plus

    Titolo originale dell’edizione in lingua inglese:

    Heiress Beware

    Silhouette Desire

    © 2006 Harlequin Books S.A.

    Traduzione di Rita Pierangeli

    Questa edizione è pubblicata per accordo con

    Harlequin Books S.A.

    Questa è un’opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o

    persone della vita reale è puramente casuale.

    © 2007 Harlequin Mondadori S.p.A., Milano

    eBook ISBN 978-88-5899-670-6

    Frontespizio. «Un'ereditiera pericolosa» di Sands Charlene

    1

    «Non osare piantarmi in asso» supplicò Bridget Elliott, con sentimento. Ma l’auto a noleggio rimase sorda alle sue preghiere. Il motore si spense e a nulla servì girare la chiave nell’accensione, dando gas a tutto spiano.

    Sbirciando fuori dal parabrezza, Bridget non vide altro che il vasto e desolato territorio del Colorado, con la strada che si allungava all’infinito e un sole in procinto di sorgere che prometteva una giornata di caldo soffocante.

    Nata e cresciuta a New York, era abituata alle afose giornate di giugno, ma non era mai stata in Colorado e, a giudicare dal posto, sperava di non doverci tornare mai più.

    Ma la sua era una giusta missione e l’informazione che aveva ricevuto la sera prima, durante il ricevimento di nozze di suo cugino Cullen, l’aveva indotta a prendere uno degli ultimi voli della giornata. Aveva volato tutta la notte, facendo progetti e sperando di aggiungere un ultimo capitolo al libro che avrebbe denunciato i segreti e le menzogne che, da due generazioni, suo nonno faceva subire alla loro famiglia. Finalmente tutti avrebbero scoperto chi era l’uomo che si nascondeva dietro l’immagine di Patrick Elliott, il patriarca della famiglia, proprietario e presidente della Elliott Publication Holdings, uno dei più grandi imperi editoriali del mondo. Non ci sarebbero più stati elogi sperticati sul clan Elliott. Bridget si proponeva di fare pulizia, di rendere pubblici i segreti della famiglia e di rivelare scandali che avrebbero potuto significare la rovina per suo nonno.

    Se lo meritava. L’ultima sua trovata, all’inizio dell’anno, aveva lasciato la famiglia di stucco, e ne aveva scatenato le ire. Patrick aveva annunciato la sua intenzione di andare in pensione, ma, invece di scegliere lui stesso un successore, aveva deciso di trasformare la cosa in un gioco perfido, mettendo i suoi quattro figli uno contro l’altro per la conquista di quella carica.

    Per Bridget era stata la goccia che aveva fatto traboccare il vaso.

    Pertanto, negli ultimi sei mesi, si era dedicata a fare ricerche sulla figlia di zia Finola. La bambina, concepita quando sua zia era un’adolescente, era stata data in adozione, per imposizione del suo stesso padre, Patrick Elliott. Bridget sospettava che la sua adorata zia non avesse mai superato quel trauma e, per riempire il vuoto della perdita subita, avesse dedicato la propria vita alla rivista Carisma. Essendone il photo editor, Bridget aveva spesso notato l’espressione sconsolata negli occhi della zia, anche se erano passati più di vent’anni.

    E adesso sembrava che le fosse arrivata una soffiata attendibile da qualcuno che sosteneva di conoscere l’identità della bambina. Lei, però, doveva arrivare a Winchester. Doveva rintracciare la figlia di zia Fin. Trovarla avrebbe significato assicurarsi il capitolo finale del suo libro. Il mondo avrebbe finalmente visto che razza di uomo era in realtà suo nonno.

    Erano quasi le sei del pomeriggio, ciononostante per strada non c’era anima viva. Certo, se fosse rimasta in panne sulla superstrada, ormai avrebbe risolto il problema, ma le istruzioni fornitele dal suo informatore l’avevano condotta su una poco trafficata strada a due corsie.

    Sospirando, Bridget si accasciò sul sedile. Non aveva tempo da sprecare. Fu allora che si ricordò del cellulare. Poteva chiamare qualcuno che la soccorresse, magari procurarsi un’altra auto a noleggio in breve tempo. Frugò nella borsetta e ne estrasse l’apparecchio. Ma le sue speranze andarono subito deluse. Batteria scarica. Accidenti. Bridget si dimenticava sempre di ricaricare quel maledetto aggeggio. A conti fatti, due batterie scariche nel giro di pochi minuti. Cioè, supponeva che la batteria dell’auto si fosse scaricata. Per quanto ne capiva di motori, i motivi potevano essere infiniti.

    Tentò di nuovo di girare la chiave nell’accensione. «Coraggio, ti prego» supplicò. «Parti, maledizione!»

    Come un bambino dispettoso, la Honda Accord si rifiutò di ubbidire. Niente. Neanche il più piccolo ronzio. «La ditta che me l’ha noleggiata mi sentirà» borbottò Bridget, mettendosi a tracolla la borsetta e scendendo dall’auto.

    Sbatté la portiera e si avviò a piedi. Ricordava vagamente di aver superato un cartello stradale che diceva che la contea di Winchester distava dieci miglia. Se i suoi calcoli erano esatti, quindi, avrebbe dovuto camminare per cinque miglia per raggiungere la sua meta.

    «Posso farcela» si disse, raspando sull’asfalto con i tacchi da sei centimetri dei suoi stivali. Sempre attenta alla moda, autentico testimonial per Carisma, ora si chiedeva perché non avesse messo in valigia le sue scarpe da ginnastica.

    Dov’erano le sue Nike, quando ne aveva bisogno?

    Lo sceriffo Macon Riggs schizzò fuori dall’auto di pattuglia e si precipitò verso la donna riversa sul ciglio della strada, immobile e maledettamente vicino all’orlo del precipizio. Non sarebbe mai sopravvissuta, se vi fosse caduta. La donna giaceva su un fianco, con le gambe piegate in un’angolazione innaturale, ma a preoccuparlo fu soprattutto il sangue all’altezza della nuca. Non c’erano dubbi che doveva aver battuto contro quell’aguzza pietra di granito poco distante, quella macchiata di sangue.

    Avvicinandosi, notò il viso privo di espressione, ma comunque bello. Era incorniciato da capelli di color biondo scuro e le labbra, ancora rosse di vita, erano socchiuse.

    Le prese la mano e gliela strinse. «Signorina, può sentirmi?»

    Mac non si era aspettato una risposta, invece gli occhi della donna si spalancarono di colpo. Lei lo guardò, battendo le palpebre diverse volte, e lui si scoprì a fissare in un paio di sbalorditivi occhi color lavanda. I capelli biondi, abbinati alla carnagione chiara e a quella particolare sfumatura di azzurro, erano una combinazione affascinante.

    Mac si chinò sopra di lei per rassicurarla. «Sono lo sceriffo Riggs. Andrà tutto bene. Deve avere avuto un incidente.»

    «Davvero?» replicò lei con un filo di voce e un’espressione perplessa, dalla quale si intuiva che aveva la mente annebbiata per il colpo alla testa.

    «Sembra di sì. Ha battuto la testa su una pietra.»

    La spiegazione la lasciò ancora più confusa.

    «Tenga duro e non si muova. È vicina all’orlo del precipizio. Torno subito.»

    Pochi secondi dopo, Mac era di ritorno con la cassetta del pronto soccorso che portava sempre con sé. «Aspetterò il suo okay per muoverla. Dove sente dolore?»

    La donna scosse adagio la testa. «Non sento dolore, non proprio, a parte il mio dannato cranio che martella come un figlio di... buona donna.»

    Mac trattenne un sorriso, divertito dal suo sforzo di moderare i termini. «Ci scommetto. Crede di riuscire a sedersi?»

    «Penso di sì.»

    Lui le mise un braccio intorno alle spalle e l’aiutò a mettersi in posizione seduta. Sotto le dita avvertì la lana morbida del suo maglioncino color rubino, ma, ad attirare la sua attenzione, fu la scollatura a V. Dopo una rapida occhiata, distolse gli occhi da una conturbante visione di pelle morbida e si concentrò sulla ferita. «Così, bene. Adesso posso esaminarle la nuca.»

    «È grave?»

    Mac eseguì un esame sommario. Il sangue si era rappreso tra i capelli e aveva smesso di colare. Impossibile dire quanto tempo fosse rimasta svenuta, ed era una fortuna che lui si facesse un dovere di pattugliare quella strada a intervalli regolari. Altrimenti, se lei fosse rotolata dalla parte sbagliata, sarebbe finita dritta nel Deerlick Canyon.

    «In realtà, è molto fortunata. Non sembra troppo brutta.» Sedendosi alle sue spalle, Mac pulì la ferita con una garza umida, dividendole i capelli per vederne l’estensione. «Fa male?»

    «No. Continui.»

    «Come si chiama?» chiese Mac per distrarla, essendosi accorto che era trasalita quando l’aveva sfiorata con la garza.

    «Come... mi chiamo?»

    «Già, e già che c’è, vuole dirmi che cosa ci faceva qui? Che cosa è successo? È caduta?»

    Bridget si irrigidì e il suo corpo divenne teso come una corda di violino.

    Vedendola esitare, Mac addolcì il tono della voce. «D’accordo, cominciamo dal suo nome.»

    «Il mio nome è...» iniziò la donna, quindi si interruppe. «Il mio nome è...» ripeté.

    Si scostò quel tanto che bastava per voltarsi e guardarlo negli occhi con un’espressione atterrita sul viso. «Non lo so» disse, con voce di colpo stridula. Fece una pausa, frugando con lo sguardo in tutte le direzioni, come se stesse cercando la memoria. «Non so chi sono! Non ricordo niente!»

    Gli occhi le si colmarono di lacrime e lei batté le palpebre nel tentativo di trattenerle. «Non lo so. Non lo so» ripeté, e la sua voce tradiva la disperazione. «Non ricordo niente.»

    Mac si alzò, quindi le prese le mani e l’aiutò a mettersi in piedi. Nello stato in cui era, preferiva allontanarla dal bordo del precipizio. «Andrà tutto bene. La faremo visitare dal dottore.»

    «Oh, mio Dio. Non ricordo niente. Non so chi sono, e che cosa ci faccio qui» si lamentò e, tirandolo per una manica, chiese in tono supplichevole: «Dove mi trovo?».

    «Nella contea di Winchester.»

    Lei lo fissò, confusa.

    «In Colorado.»

    Bridget scosse la testa con energia e Mac notò la determinazione con cui si sforzava di ricordare qualcosa. «Vivo qui?»

    «Non lo so. A quanto pare, era a piedi. Ma più tardi cercheremo se ci sono auto nei paraggi. Non ci sono nemmeno tracce di oggetti che le appartengano. Niente borsetta o zaino o altro. Se aveva qualcosa con sé, suppongo che sia finito nel precipizio quando è caduta. Sempre che sia caduta. Ma di una cosa sono sicuro: con questi stivali, dubito che stesse facendo una gita a piedi.»

    Bridget abbassò lo sguardo sui lucidi stivali di pelle nera, quindi si concentrò sul resto del proprio abbigliamento. Jeans firmati, maglioncino di cachemire, una cintura di pelle scamosciata, ma, stranamente, nessun gioiello tranne un orologio con un unico brillante sul quadrante. Prese visione di ogni cosa senza riconoscere niente. Era come se stesse guardando i vestiti di una sconosciuta. «Non riesco a ricordare. Mio Dio. Niente di niente, dannazione!»

    «Coraggio, lasci che la porti dal dottor Quarles per una visita.» Mac la prese per mano, ma, al primo passo, le gambe le cedettero. «Ohi, ohi!» esclamò lui, sorreggendola.

    La fece voltare verso di sé, con il corpo premuto contro il proprio. Lei gli si aggrappò e gli mise le braccia intorno al collo, cercando sostegno. Mac la tenne stretta per un attimo mentre lei gli appoggiava la testa sul torace. Sembrava che avesse bisogno di quegli istanti per riprendersi, o forse cercava soltanto appoggio morale. Capiva la sua paura. Svegliarsi in un ambiente sconosciuto, senza avere la minima idea di chi fosse o che cosa ci facesse in quel luogo, doveva essere un’esperienza spaventosa.

    Mentre se

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