Un angelo al mio letto
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Anteprima del libro
Un angelo al mio letto - Patrizia Saturni
1.
Il sole stava sorgendo all’orizzonte, cominciando a riscaldare la città di Roma.
Intanto, nell’appartamento di Giulia Cavalieri regnava il silenzio.
Il salotto, sembrava un campo di battaglia. Vestiti abbandonati un po’ ovunque. Riviste e libri aperti, sparsi in giro per la stanza, sul tavolino, sugli scaffali della libreria, sul divano, sul mobile dello stereo e quello, dove si trovava la televisione. Diverse paia di scarpe, abbandonate sul tappeto, al centro della stanza, sotto al tavolino.
Anche la cucina, adiacente al salotto, non era da meno. Stesso disordine, a fare da padrone. Un paio di bottiglie di vino rosso, vuote, lasciate sul ripiano. Sei bicchieri sporchi, all’interno del lavandino, accanto ad una pila di sei piatti fondi e alle rispettive posate, sporche di sugo. Sui fornelli, una padella sporca di sugo di pomodoro. Accanto, una pentola vuota, all’interno della quale, erano rimasti attaccati alcuni spaghetti. Un mestolino, anch’esso sporco di sugo, abbandonato accanto allo scolapasta.
Nel corridoio, un paio di jeans, erano stati abbandonati sul pavimento. Più avanti, una maglietta di cotone bianca. Un paio di sandali. La scia dei vestiti, proseguiva fino alla camera da letto di Giulia.
Alcuni raggi di sole, filtravano dalle persiane, lasciate socchiuse. Anche in quella stanza, regnava lo stesso disordine delle altre stanze.
Giulia stava dormendo sul letto matrimoniale, al centro della stanza. Alcuni raggi di sole, le avevano raggiunto le spalle. Improvvisamente, il silenzio venne interrotto da un fastidioso bip, seguito da altri bip. La radio sveglia, sul comodino, segnava le sette e mezza.
Giulia mugugnò qualcosa d’incomprensibile poi, in stato di semi veglia, allungò la mano verso il comodino. Tastò il piano e seguendo il suono dell’allarme, raggiunse la radiosveglia e premette il tasto di spegnimento. La stanza tornò ad essere avvolta nel silenzio.
Giulia alzò il volto dal cuscino e dette un occhiata alla radiosveglia. Segnava le sette e trentadue. Mugugnò qualcosa d’incomprensibile e si girò dall’altro lato del letto. Rimase per alcuni secondi ferma. Immobile. Il senso del dovere però, ebbe la meglio su di lei e così, lasciandosi andare ad un sospiro, si girò sulla schiena. Si stirò, allungando le braccia sopra la testa. Sbadigliò. Aprì lentamente gli occhi. Alla vista dei raggi di sole, che filtrano dalle persiane, Giulia si lasciò andare ad un sorriso.
Giulia si alzò dal letto e dopo aver dato una rapida occhiata alla stanza, si accigliò, contrariata con se stessa. Scosse leggermente la testa e si diresse verso la stanza da bagno.
In bagno, Giulia andò verso la doccia. Aprì la porta di vetro della doccia e protendendosi all’interno, azionò il miscelatore. L’acqua cominciò a scendere. Giulia si avvicinò al lavandino, sopra al quale si trovava un ampio specchio. Rimase a guardare, la propria immagine riflessa. Le occhiaie stanno avendo la meglio su di lei. Tirò fuori la lingua. Era bianca e spessa, a causa degli stravizi, degli ultimi giorni. Troppo alcol e cene, a tarda notte con gli amici.
Giulia scosse leggermente la testa e sempre più contrariata con se stessa, si allontanò dallo specchio. Allungò la mano all’interno della doccia. L’acqua aveva raggiunto la temperatura ottimale. Entrò all’interno della doccia. Il vapore dell’acqua, cominciò a spandersi nella stanza.
Giulia si bagnò i capelli. Prese lo shampoo. Ne versò un po’ sulla mano. Appoggiò la confezione dello shampoo sul ripiano e con entrambe le mani, si massaggiò la testa.
Terminata la doccia, Giulia tornò nella camera da letto con i capelli bagnati ed un asciugamano, avvolto intorno al corpo. Andò verso l’armadio. Aprì entrambe le ante. All’interno, le stampelle erano quasi tutte vuote, a parte per alcune camicie di diverso colore ed un paio di jeans.
Giulia afferrò i jeans. Li gettò sul letto. Tornò a guardare all’interno dell’armadio e diede un occhiata alle camicie. Ne afferrò una bianca e la gettò sul letto, accanto ai jeans.
Si allontanò e raggiunse la cassettiera. Aprì il primo cassetto. Prese un completo di slip e reggiseno bianchi e andò a sedersi, sul ciglio del letto.
Il tempo di vestirsi e Giulia uscì dalla camera da letto. Tra le braccia, stringeva alcuni panni sporchi. Entrò nel cucinino e gettò i vestiti ai piedi della lavatrice. Alzò lo sguardo sul cucinino. Fece una panoramica della piccola stanza. Sbuffò contrariata. Riportò la sua attenzione sui vestiti, che giacevano a terra. Prese tutti quelli colorati e li gettò all’interno della lavatrice.
Afferrò il cesto di vimini, che si trovava accanto alla lavatrice e gettò tutto il suo contenuto sugli indumenti, che si trovano già a terra. Capi bianchi e misti a colorati, precipitarono a terra. Giulia prese tutti gli indumenti colorati e gettò anche questi, all’interno della lavatrice. Chiuse l’oblò. Aprì l’anta dello scaffale, che si trova sopra la lavatrice. Prese un tab di sapone e la confezione di ammorbidente. Appoggiò l’ammorbidente sul piano della cucina. Aprì il cassettino della lavatrice e vi lasciò scivolare il sapone. Prese la confezione di ammorbidente. Svitò il tappo e ne lasciò cadere un po’ all’interno del cassettino della lavatrice. Richiuse il cassettino. Girò la manopola della temperatura dell’acqua fino a 30° e diede il via al lavaggio. Rimise al posto l’ammorbidente nello scaffale. Chiuse l’anta. Gettò l’involucro di plastica, nel quale era avvolto il tab di sapone, nel bidoncino della spazzatura. Raggruppò tutti i capi di colore bianco, che si trovano ancora a terra e li gettò all’interno della cesta di vimini. La rimise al suo posto, accanto alla lavatrice e si allontanò per fermarsi davanti al frigorifero.
Giulia aprì l’anta del frigo. Era semi vuoto. Sbuffò. Il suo sguardo si posò, sulla confezione di succo d’arancia. Lo prese. Svitò il tappo di plastica. Avvicinò il naso all’apertura e annusò. Le sembrò ancora buono. Richiuse l’anta del frigorifero, e con la confezione di succo d’arancia in mano, raggiunse il lavandino. Aprì l’anta del mobile, che si trova subito sopra. All’interno dello scolapiatti, cerano un paio di piatti lavati, delle tazze e dei bicchieri. Giulia afferrò un bicchiere pulito. Richiuse l’anta del mobile. Appoggiò il bicchiere sul piano della cucina e vi versò il succo d’arancia. Ce n’era abbastanza, per riempire il bicchiere fino all’orlo. Prese la confezione ormai vuota e la gettò nell’immondizia. Afferrò il bicchiere e dopo esserselo portato alle labbra, ne bevve una buona metà, tutta d’un sorso.
Il telefono cominciò a squillare in salotto.
Giulia si allontanò dal cucinino con il bicchiere in mano, raggiunse il tavolino del salotto e afferrò la cornetta.
«Pronto?»
«Ciao tesoro» rispose sua madre.
Giulia appoggiò il bicchiere sul tavolino e si sedette sul divano.
«Ciao mamma... va tutto bene?»
«Si tesoro… Ti sto chiamando, solo per dirti, che questa sera, io e tuo padre non possiamo venire a cena da te.»
«Come mai?» chiese Giulia un po’ delusa.
«Quello sciocco di tuo padre, si è ustionato…» rispose la madre lasciandosi andare ad una risatina sommessa.
«Come… si è ustionato?!» le chiese Giulia un po’ preoccupata.
«Ma si... ieri è andato in giardino, con l’intenzione di abbronzarsi un po’, sai con le belle giornate di sole, che ci sono in questi giorni… io però, mi sono raccomandata, perché mettesse la crema protettiva ma… lui ha insistito, che non ce n’era bisogno… sai come riesce ad essere testardo tuo padre, quando ci si mette d’impegno, no?»
Giulia sorrise annuendo.
«Beh… fatto sta, che adesso è qui a casa, ustionato e rosso come un peperone» finì di dirle sua madre sorridendo sempre più divertita.
Giulia sorrise, altrettanto divertita.
«Povero papà, chissà… come starà soffrendo ma, dimmi… siete stati in ospedale?» le chiese, tornando a farsi seria.
«Siamo andati al pronto soccorso…»
«E?»
«Ci hanno assicurato, che non era niente di serio e… che al massimo, gli sarebbe venuta un po’ di febbre.»
«E gli è venuta?»
«Si. Questa notte ha avuto un po’ di febbre ma, adesso è andata via… purtroppo però, non se la sente di venire da te questa sera. In parte per il dolore ed in parte… perché, proprio non si può vedere» le disse la madre sorridendo.
«Non ti preoccupare per la cena… La cosa più importante, è che si rimetta al più presto e... mamma?!»
«Si?»
«Digli di bere molto… ricordo, che quando è successa a me la stessa cosa, bere era l’unica cosa, che mi faceva stare un po’ meglio.»
«Me lo ricordo ed infatti, dovresti vedere il comodino di tuo padre, in questo momento, ha l’aspetto del bancone di un bar» rispose la madre sorridendo.
Giulia lanciò un’occhiata all’orologio, che si trovava sullo stereo. Segnava le otto e trenta.
«Mamma?»
«Si?»
«Mi dispiace ma… si sta facendo tardi. Devo assolutamente scappare a lavoro.»
«Si. Certo. Scusa. Ah… mi raccomando, quando hai un po’ di tempo, chiama tuo padre.»
«Si. Lo farò» rispose Giulia.
«A proposito… credevo, che avessi finito di doppiare il film?»
«In effetti… ieri doveva essere l’ultima giornata di lavoro ma… ci sono stati dei problemi, comunque… se tutto va bene, oggi dovrei registrare i miei ultimi anelli.»
«Capisco…»
«Mamma? Adesso… devo proprio andare! Salutami papà.»
«Va bene. Buona giornata e buon lavoro Giulia.»
«Grazie mamma. Buona giornata anche a voi.»
Giulia riagganciò la cornetta all’apparecchio telefonico. Finì di bere il succo d’arancia, e si affrettò a raggiungere il cucinino. Appoggiò il bicchiere nel lavandino e lasciata la cucina, si diresse verso l’ingresso. Prese la borsa, che si trovava sul piano del mobile all’ingresso. Controllò, che all’interno ci fosse, tutto quello che le serviva. Afferrò due mazzi di chiavi. Uno dell’appartamento e l’altro dell’auto. Si voltò per fare una rapida panoramica dell’appartamento. Le sembrava di avere preso tutto. Aprì la porta d’ingresso ed uscì dall’appartamento.
2.
Una quarantina di minuti più tardi, Giulia entrò trafelata all’interno di un palazzo del centro, dove si trova l’SDI. Lo Studio di Doppiaggio Internazionale.
Giulia salutò al volo la giovane ragazza, che si trova dietro al banco della reception e si addentrò nei corridoi dello studio. Salutò un paio di persone, che incontrò al suo passaggio. Entrò in una piccola stanza. Un paio di tecnici del suono, erano seduti dietro ai computer e apparecchiature di registrazione del suono. Accanto a loro, c’era il direttore del doppiaggio, un uomo sui quarantacinque anni, seduto davanti ad un monitor. Giulia salutò i due tecnici del suono e andò ad abbracciare l’uomo, che nel frattempo si era alzato dalla sedia per salutarla a sua volta. Il tempo di salutarsi e Giulia uscì