Il ballo di Arianna

Di Roberto Rizzo

Arianna ama molto ballare

“Il ballo di Arianna” vuol rifarsi al mito del labirinto e del filo di Arianna che aiutò l’eroe a uscirne fuori.

Sperimentando le potenzialità e “l’efficacia, tanto dei linguaggi artistici, quanto delle tecniche di arte terapia, basata sulla capacità di evocare e coinvolgere un sentire sinestesico integrato.

In questo lavoro ho privilegiato un approccio progettuale e laboratoriale per cercare di far interagire la mia esperienza pluriennale di docente specializzato in sostegno alle disabilità nella scuola superiore di secondo grado con i contenuti teorici acquisiti in questi anni.

• Lingua: Italiano
• Editore: Youcanprint
• Data di uscita: 26 mar 2016
• ISBN: 9788892603257

Anteprima del libro

pagina

1. Introduzione

Il presente lavoro cercherà di verificare gli assunti teorici sull’utilità della danzaterapia tramite un progetto operativo: sperimentando le potenzialità e l’efficacia, tanto dei linguaggi artistici, quanto delle tecniche di arte terapia, basata sulla capacità di evocare e coinvolgere un sentire sinestesico integrato¹.

Ho privilegiato un approccio progettuale e laboratoriale per cercare di far interagire la mia esperienza pluriennale di docente specializzato in sostegno alle disabilità nella scuola superiore di secondo grado con i contenuti teorici acquisiti in questi anni.

"Il ballo di Arianna" vuol rifarsi al mito del labirinto e del filo di Arianna che aiutò l’eroe a uscirne fuori. Arianna è un nome di fantasia, ha del nome vero della ragazza con cui ho lavorato nel passato la stessa iniziale. Arianna ama molto ballare.

Il mito ci offre un’immagine suggestiva di soluzione ad un problema apparentemente insolubile, ma soprattutto ci suggerisce una strategia per cercare di avere successo. Seguendo un sottile filo, senza ovviamente forzarne la resistenza ma assecondandone i caratteri con confidenza, ci si può ‘ritrovare’, orientare: solo seguendo il ballo di Arianna, le sue caratteristiche, i suoi punti di forza, la sua singolarità individuale, si può cercare veramente di aiutarla ad integrare le sue capacità espressive.

Si vorrebbe partire quindi dall’idea di didattica come processo di costruzione insieme di un sapere, saper fare e saper essere, processo circolare tra il ricevere e il trasmettere, dove l’accogliere detenga un ruolo di priorità. Soprattutto con soggetti portatori di disabilità grave, se il fine primo è, e deve essere, quello del raggiungimento dell’autonomia anche attraverso la tanto nominata quanto difficilmente attuata integrazione, il mezzo primo dovrà essere quello della interazione. Centrale sarà sempre il soggetto, come persona e quindi come unicum: la didattica cercherà cioè di farsi individualizzata, pro-attiva ossia di indurre ad altra