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E-book213 pagine2 ore

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Info su questo ebook

31 luglio 1882. Warren, sceriffo di Las Cruces, propone a Jack Cantor un lavoro che sembra semplice e redditizio: recapitare per suo conto nella città di Orda Ejo, in Messico, una scatola che alcuni uomini, da Santa Fè, avrebbero portato a Las Cruces quel giorno stesso. Il compenso è di 5000 dollari. Che cosa contiene quella misteriosa scatola? Perché lo sceriffo è disposto a pagare così lautamente un semplice viaggio in Messico? Jack Cantor accetta il lavoro, a patto di farsi accompagnare da due uomini di sua fiducia. Ma i dubbi sull'aver fatto la scelta giusta sono in agguato...
LinguaItaliano
Data di uscita12 ott 2015
ISBN9788867931897
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    Anteprima del libro

    Esse - Giuliano Mussi

    http://creoebook.blogspot.com

    Giuliano Mussi

    ESSE

    Questa è un’opera di fantasia. Nomi, personaggi, luoghi e avvenimenti sono fittizi o usati in modo fittizio. Tutti gli episodi, le vicende, i dialoghi di questo libro, sono partoriti dall’immaginazione dell’autore e non vanno riferiti a situazioni reali se non per pura coincidenza.

    31 luglio. Anno del Signore 1882.

    Jack Cantor era un giovane negro, ma non era grosso e possente come uno si può immaginare un negro. Ma aveva scuri anche i palmi delle mani. Quel giorno si era svegliato presto. Warren era venuto a cercarlo.

    Warren era lo sceriffo di Las Cruces. Warren era un uomo che poteva svegliare presto ogni uomo a Las Cruces. Gli aveva parlato di un lavoro, giù nel Messico. Era da molto che Jack non aveva un buon lavoro per le mani. Era un periodo che si alzava dalla sua branda molto tardi, sapendo poi di avere troppo giorno da mantenere sulla coscienza.

    Warren gli aveva parlato di una scatola da portare per lui, giù nel Messico. Degli uomini da Santa Fè sarebbero arrivati quel giorno a portarla. Jack si era svegliato molto in fretta, quando aveva sentito parlare del Messico. Per l'uomo, infatti, il Messico era uno spazio libero e promettente, che stava al di là del confine e solo per questo lo considerava molto suo. Tutte le cose che stavano al di là di qualcosa che aveva già visto o già fatto creavano nel corpo dell’uomo una leggerezza autentica, un entusiasmo fanciullesco talvolta, che all’improvviso quasi lo costringeva a piangere.

    Warren gli aveva detto che avrebbe pagato 5000 dollari, per quel viaggio. Era una somma che faticava a ripetere anche solo dentro la sua testa, perché infatti non l'aveva mai vista. Ma con cinquemila testoni, da quelle parti, avrebbe potuto cambiare il senso dei suoi prossimi mesi. Jack aveva osservato la bocca di Warren mentre gli aveva parlato del denaro.

    La bocca dello sceriffo era a punta. La temeva. Aveva sempre temuto le bocche come quella. Poi gli aveva giudicato la fronte spaziosa, ma senza rughe. Pochissimi i capelli, anche se ancora molto scuri. Lo sceriffo aveva forse sessant'anni, anche se non parevano tutti vissuti. Era un uomo che non aveva mai fretta di parlare e che aveva una chiara concezione di se stesso. Jack non lo aveva mai visto deglutire troppa saliva in presenza della gente, né muovere troppo le mani o le spalle, ma ogni atteggiamento era meditato e sicuro. Anche quella mattina aveva indossato la sua camicia nera d'ordinanza. Poi le bretelle bianche, a sorreggere un paio di calzoni assai ben fatti. Aveva toccato molte volte la stella che teneva al petto.

    Era da due anni, anzi precisamente erano due anni e 14 giorni quella mattina, che Jack Cantor non aveva più un lavoro come si deve. Se n'era andato dal mattatoio di Pat dall'altra parte della città e da quel giorno si era adattato a molti impieghi occasionali. Spesso aveva trasportato bestiame, per i grandi proprietari terrieri del New Mexico. Scorrazzando verso l’Arizona o l’Oklahoma, a capo di mandrie di vacche di trecento capi ciascuna. Nella stagione secca, invece, quando il sole in quell’angolo di mondo calcava come una pressa, aveva oziato. Non si era ancora abituato a vivere in quel modo contrapposto. Forse un uomo non era fatto per vivere in quel modo, aveva pensato molte volte.

    Anche per questo aveva una casa molto piccola e sporca. Non abitava con una donna, ma da solo. Stella era diventata la donna di Pat. Stella era stata per molto tempo la sua donna. Per Stella se n'era andato dal mattatoio. Warren sapeva tutte queste cose. Per questo, forse, era andato da lui quella mattina a offrirgli quel lavoro nel Messico.

    A Jack era parso strano, portare una scatola laggiù. E dove poi, esattamente. Perché non potevano farlo gli uomini che venivano da Santa Fe? Warren gli aveva spiegato che non si fidava di loro. Allora si fidava di lui? A Jack non era mai piaciuto lo sceriffo Warren. Era rimasto però ad ascoltarlo.

    Anche se bizzarro, anche se ancora molto indefinito, quel lavoro nel Messico poteva essere una buona occasione. Aveva già pensato, mentre lo sceriffo gli parlava, come doveva essere, soprattutto come dovesse finire. Con quanti uomini sarebbe andato laggiù, sarebbe partito già quel giorno? Aveva anche cercato di immaginare la scatola. Cosa poteva contenere?

    Si erano lasciati dandosi la mano. Si erano dati appuntamento al grande caseggiato di Las Cruces, dove lo sceriffo aveva i suoi uffici. A mezzogiorno, se Jack avesse voluto. Prima di salutarsi, però, aprendo allo sceriffo la porta della sua piccola casa, Jack aveva chiesto dove dovesse andare precisamente giù nel grande Messico. Per quanto quel territorio lo attirasse, rispetto alla minuscola città in cui gli era capitato di vivere, temeva anche di doversi addentrare troppo o per chissà quanto tempo. Anche se era giovane, anche se era forte e resistente per essere un piccolo negro, era infatti un uomo prudente. E amava la vita, ma solo per poterla vivere ancora a lungo.

    Dove devo andare con questa scatola, sceriffo? aveva chiesto a Warren.

    L'uomo aveva toccato di nuovo la sua stella al petto. Aveva tirato su e giù le bretelle bianche. Poi aveva detto a Jack:

    La conosci la città nel Messico, che chiamano Orda Ejo?

    Jack Cantor non l'aveva mai sentita nominare.

    1

    Guardò dalla finestra della stanza lo sceriffo avvicinarsi al cavallo, lo guardò salire e battere con gli speroni nei fianchi grassi dell’animale, per prendere la strada che conduceva a Las Cruces. Lo guardò fino a quando la pista di sabbia svoltava nettamente a destra, dietro una collina di terra rossa e compatta. La figura alta e larga dello sceriffo ora oscillava come un’ombra sopra l’ombra del cavallo e intorno la luce del mattino le bordava con un vistoso filo giallo. Il sole ormai era spuntato del tutto sopra i grossi pinnacoli di pietra, a dozzine a circondare la sua casa modesta sul limitare del grande deserto. Era da moltissimo che non vedeva albeggiare.

    -Quel negro mi dirà di sì.- pensò lo sceriffo sopra il suo cavallo. Ora l’uomo in lontananza distingueva già le prime case della città di Las Cruces. -Essere un negro da queste parti- pensò di nuovo -non può essere facile, perché tutti gli altri sono bianchi.-

    -Ora che caldo maledetto.- pensò anche l’uomo.

    Tu hai caldo? chiese al suo cavallo grigio. -Lui oggi mi dirà di sì e farà questo lavoro, per me. E’ abbastanza.- pensò.

    -Non ho un’alternativa per oggi.- pensò Jack appoggiato alla finestra della sua piccola casa. -Ma non essere triste per questo. Capita alla maggior parte degli uomini.- pensò di nuovo l'uomo. Ritornò a riguardare la stanza. Già non la sopportava.

    -Devi andartene alla svelta da qua.- pensò. -E cominciare questo lavoro, se ormai hai deciso. Intanto organizzarlo prima, ma stai allegro. Gli uomini allegri possono rendere semplici anche delle mattinate inaspettate come questa.-

    Si tolse la camicia. Il calore pestava già spudoratamente sopra le cose.

    -Ora intanto mi darò una bella lavata, per cominciare.- pensò l'uomo. -Tanto per svegliarmi come si deve, per cominciare.- pensò.

    Non aveva mai sentito parlare della città di Orda Ejo. Anche se il Messico dopotutto reputava di conoscerlo discretamente. Avvertì un dolore improvviso alle spalle, dove si collegavano alla schiena.

    -Sono un ragazzo che ha poco più di vent’anni.- pensò l'uomo. -Ma da oggi non voglio più esserlo. Ho deciso, da oggi.- pensò. -Non voglio più essere trattato come un ragazzo, da oggi. E hai deciso anche come fare- pensò di nuovo -perché non capiti, dunque.-

    Mosse più volte le spalle, ma si accorse che il dolore non passava.

    -Non è normale avere così male alle spalle stamane.- pensò.

    -E’ un bravo ragazzo, dopotutto- pensò lo sceriffo Warren sul cavallo -che deve solo imparare ancora a farsi seriamente i propri comodi. Tu com’eri alla sua età?- pensò l’uomo. -Eri sicuramente più alto di statura e non avevi quella brutta pellaccia da negro.-

    Rise caracollando sopra l'animale.

    -Ma oggi lui farà il lavoro che tu gli hai chiesto di fare.- pensò improvvisamente serio. -Anche se non pensi che in un giorno lui possa cambiare la sua vita.-

    L’uomo giunse a Las Cruces e percorse la strada principale, molti uomini si erano già alzati e lo salutarono alzando il loro cappello. Poi con il cavallo passò accanto alla Banca. Le finestre erano già aperte. Gli venne in mente di andarci.

    -Sarà a sud- pensò Jack Cantor -molto a sud, questa fottuta città. Sarà là in fondo al Messico, non può che essere così. Se fosse qua sul confine, appena dopo El Paso- pensò di nuovo -io me lo ricorderei. Io ho già così caldo adesso, maledizione.-

    Uscì allora di casa e si trovò nel cortile davanti. Di fronte, a trenta passi forse, la baracca di legno dove lui teneva il suo cavallo. L’animale avvertì la presenza del suo padrone e cominciò a picchiettare con gli zoccoli contro la terra compatta.

    Stai buono gli disse l’uomo. E’ così presto.

    Andò dove aveva costruito il pozzo, guardò giù come ogni volta che lo avvicinava, dall’orlo di quel grande buco rotondo. Sentì venire su un po’ di frescura. Respirò con la bocca. Poi fece calare il secchio e prese l’acqua dal pozzo. Tirò la corda. Il cavallo dentro la baracca batté di nuovo gli zoccoli.

    Hai sete. gli disse. Ma prima devo bere io pensò l’uomo.

    Quando scorse il secchio in cima al pozzo, lo afferrò per il manico consumato. Lo fece adagiare in terra e poi dentro insinuò le sue mani grezze e secche. L’acqua era fresca e l’uomo mosse dentro le mani. L’acqua gli sembrò più fresca. Poi si bagnò anche il volto e si pulì le ascelle.

    Perché un uomo durante la notte si sporcasse così tanto, ancora non se lo spiegava. Osservò la strada che passava oltre la baracca di legno. Sulla strada la polvere era rossa e sul ciglio i carri con le loro ruote possenti avevano spostato tutti i sassi. Passavano forse venti carri in un giorno per quella strada.

    Andò verso la baracca, dove teneva il suo cavallo nero.

    Lo sceriffo Warren superò facilmente a due a due gli scalini davanti alla Banca. Spiò dentro, da una delle finestre aperte. Oh, c’era. L’uomo inghiottì aria dalla bocca e poi saliva, gli sembrò dolce. Bussò alla porta.

    E’ permesso? disse.

    Ma aveva già mosso la maniglia. La porta si allargò senza fare rumore. Si ritrovò in una stanza quadrata e ben tenuta. Due sportelli incastonati nel muro, a sinistra. Di fronte cinque sedie, per i clienti che dovevano aspettare. C’era quasi fresco dentro.

    Salve, piccola. disse solennemente l’uomo.

    La donna era già dietro uno dei due sportelli e alzò la sua testa minuta. Non c’era nessun altro nella stanza. Ma oltre, dove si perdeva in un lungo corridoio, Warren avvertì in quel momento la voce di due uomini.

    Sei sola? chiese comunque alla donna.

    Lei si pettinò una ciocca di capelli, caduta chissà come sulla tempia. Aveva vent’anni, forse. Aveva capelli biondi, certo. E una voce di usignolo.

    Salve, sceriffo salutò.

    Warren fece tre grandi passi nella stanza e cercò di mostrare a lei il volto di un uomo che sa raccontare molte storie. La ragazza si pettinava ancora la ciocca di capelli.

    Che vuole sceriffo gli disse a quest’ora?

    Jack aprì la piccola porta di legno della baracca. Il cavallo voltò verso l’uomo il suo poderoso muso nero.

    Sono io, bello. gli disse. Non gli aveva dato un nome, l’uomo lo chiamava bello oppure lo chiamava bastardo, a seconda di come gli obbediva. L’animale sbuffò fuori vapore dalle sue grosse narici nere.

    Hai caldo anche tu oggi, bello. disse ancora l’uomo.

    Lo slegò poi e lo trascinò fuori.

    Vieni gli disse ora hai bisogno di un po’ d’acqua.

    Il sole colpì la schiena nera del cavallo, mentre assieme si dirigevano al pozzo. Era un Mustang della prateria e anche se ora andavano molto di moda i Quarter e gli Appaloosa, lui non se l’era mai sentita di cambiarlo. Presto tutti si sarebbero ricreduti, pensava. Niente poteva superare gli zoccoli tarchiati e coraggiosi di un Mustang, in quel pezzo di New Mexico.

    L’uomo prese un altro secchio dal pozzo. Poi lo spinse verso il muso del cavallo. Il ventre del cavallo, tutto a un tratto, gli sembrò troppo gonfio.

    Hai mangiato troppa avena stanotte, bastardo. gli disse. Scoppierai un giorno, bastardo. gli disse ancora. Ma intanto ora bevi.

    Osservò l’animale e ora i suoi pensieri erano molto disordinati. Come ogni uomo ragionevole desiderava che prima o poi in lui s'imponesse una disciplina per sistemarli, oppure più ingenuamente sognava che da chissà dove e chissà come sopraggiungesse qualcuno che teneramente lo prendesse per mano, mostrandogli in anticipo i pensieri da distruggere.

    -Pensa che oggi tu hai un lavoro.- pensò. Ehi tu, bello. disse a voce alta. Hai sentito, noi due oggi siamo molto richiesti. Io e te ci credi, finalmente. Ma ora tu non perdere la calma, bello, si capisce.

    Il cavallo aveva il muso completamente dentro il secchio dell’acqua, ma il sole che gli pestava sulla groppa gli faceva colare giù dal collo il sudore trasparente. Anche l’uomo aveva molto caldo e si riparò sotto il piccolo tetto che aveva costruito sopra al pozzo.

    Allora io avrei deciso, a quanto pare. pensò l’uomo. Con chi andrai, laggiù. Tu che dici? disse di nuovo al cavallo. Mi vuoi presentare tu qualcuno che conosci?

    Chissà se i cavalli tra di loro si parlano dei padroni che hanno. Tu hai presente, bello disse ancora l’uomo alla bestia il cavallo di Pat. Lui ha davvero un gran bel cavallo, come si chiama? Quando vi siete visti l’ultima volta?

    -E tu quando hai visto Pat l’ultima volta?- pensò l’uomo. -E lei?-

    Stella era diventata la donna di Pat Peerson, l’uomo che possedeva l’enorme mattatoio dall’altra parte della città.

    -Rischieresti di rivederla- pensò l'uomo all’improvviso. -Tu vuoi davvero che Pat venga con te in questo fottutissimo lavoro? Mi avevi detto che l'avevi dimenticata.- si disse. In realtà non era più stato seriamente con una donna, da quando Stella lo aveva lasciato. Soltanto qualche puttanella a ore, fino su ad Albuquerque magari, almeno era una volta che si poteva ricordare per qualche giorno.

    Aveva pianto per Stella e non pensava di non essere stato un uomo per questo. Si ricordava ancora delle notti intere passate contro una parete di quella baracca in cui lui teneva il suo cavallo a sentirsi come già morto. Stella se n’era andata in una di quelle notti e lui di questo si era addossato tutta la colpa.

    Caricandosi il cuore prima di rimorsi, talvolta anche di un pensiero molto simile a quello di farla finita. Pat Peerson gli aveva soffiato Stella e questa per un uomo era un’onta da cui non esisteva rimedio, se non forse quello di andare a riprendersela. In realtà ci aveva anche provato, quando una notte con Pat ubriachi fradici si erano presi a pugni molto seriamente. Ma lui quella notte aveva perso e

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