Scambio d'estremi
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Anteprima del libro
Scambio d'estremi - Paolo Caponetto
Table of Contents
Titolo
Autore
Editore
Uno
Due
Tre
Quattro
Cinque
Sei
Sette
Otto
Nove
Dieci
Undici
Dodici
Tredici
Quattordici
Quindici
Sedici
Diciassette
Diciotto
Diciannove
Venti
Ventuno
Ventidue
Ventitré
Ventiquattro
Venticinque
Ventisei
Ventisette
Uno.
Quando il suo gatto parlò, quel mattino di primavera, Giorgio capì che l’enigmistica non gli era servita a niente.
La vide per la prima volta parcheggiata sotto casa in una sera di pioggia. Attraversò il cortile senza badarle e si riparò sotto la pensilina del portone. Mentre girava la chiave nella serratura, Giorgio si accorse che la pioggia aveva spazzato via quell’odore di marcio che appestava normalmente il cortile.
Oltrepassò la veranda ed entrò dalla porta d’ingresso. Trovò il salone al buio e premette l’interruttore.
«Miao».
Georges stava accucciato sulla poltrona di fronte al televisore. Con la punta della coda disegnava figure effimere nel vuoto della stanza. Giorgio lo accarezzò e si spostò in bagno. Mise a lavare i vestiti bagnati e fece una doccia. In camera da letto indossò il pigiama, tornò indietro per assicurarsi che tutto fosse in ordine e andò a preparare la cena.
Se ne ricordò prima di sedersi a tavola, quando per puro caso gettò un’occhiata fuori dalla finestrella della cucina.
Era ancora là?
Si avvicinò al vetro e la osservò con più attenzione.
«Ma non è...», balbettò.
Stava per aprire la finestra quando sentì il ruggito del motore. D’un tratto i fari si accesero e la vecchia ford verdemare uscì dal cortile a marcia indietro, sparendo nella pioggia di quella nottata.
Giorgio cominciò a sudare e a sudare e a sudare. Quando capì che stava per crollare corse in bagno e si aggrappò al tubetto di pillole che Bentivenga gli aveva raccomandato di usare con parsimonia.
«Non è possibile».
Due.
«Non hai ancora finito?», esclamò Giorgio. «Ma non è possibile!»
«N-n-n-nnnon ancora. Ci-ci-ci sto l-l-l-lllavorando».
«Ci stai lavorando? Ma è una settimana che ci stai lavorando! Ti ci vuole un secolo per un semplice sudoku?»
Il cretino tentò di giustificarsi ma Giorgio non stette ad ascoltarlo.
Lo ricordò nel giorno del loro primo incontro. Si era presentato in redazione che tremava come la fiamma di una candela. Giorgio l’aveva fatto accomodare e aveva cominciato con il solito discorso. Poi era passato alle domande. Per tutta la durata del colloquio il babbeo non l’aveva mai guardato negli occhi. Solo al momento di congedarlo, Salvatore Trovato aveva incrociato il suo sguardo. E aveva risposto a molte domande...
«Senti», tagliò corto Giorgio, «hai due ore, non un minuto di più. Se quando ti richiamo non hai finito mando in stampa la pagina senza sudoku».
Squillò il telefono.
«Pronto».
«Ce l’hai un minuto?»
Giorgio si grattò la base del naso e diede un’occhiatina alle carte. Ma che le aveva lasciate così in disordine? Ne sistemò una che sporgeva dalla pila di un spigolo e rispose.
«Sì... Certo. Un secondo e arrivo».
Trovato era ancora lì, in piedi di fronte la scrivania, che lo fissava da dietro gli occhiali spessi.
«Ancora qui?», disse Giorgio, «vuoi piantare le radici? Muoviti, ti rimangono un’ora e cinquantanove minuti».
Sulla targhetta accanto alla porta era scritto dir. Romanza Gaetano.
Da fuori Giorgio riconobbe il Nessun Dorma
di Puccini. Sorrise pensando che suo padre la metteva sempre la sera prima di un processo.
Scosse la testa e si decise a bussare.
La celebre aria si arrestò.
«Avanti».
Cartacce per terra, ritagli di giornale, puzza di chiuso. Le pareti erano ancora tappezzate di vecchie locandine, stinte e lacere. Tutte o quasi si riferivano a melodrammi di scena qualche anno prima al teatro Massimo di Catania. C’erano la Turandot di Puccini, La Norma di Bellini, il Rigoletto di Verdi.
Davanti la scrivania spiccavano due poltrone color vinaccia. A pochi passi, appoggiato al muro di destra, sonnecchiava un orologio che da anni segnava le nove in punto.
Gaetano sedeva, presumibilmente, dietro la scrivania. Giorgio riusciva a vedere solo un ciuffo di capelli bianchi fare capolino da dietro le montagne di fogli.
«Gaetano?», chiese.
«Oh, Giorgio! Siediti, siediti».
Spostò un fascio di giornali da una delle due poltrone e si