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Antologia criminale. Garfagnana in giallo Barga Noir 2020
Antologia criminale. Garfagnana in giallo Barga Noir 2020
Antologia criminale. Garfagnana in giallo Barga Noir 2020
E-book367 pagine5 ore

Antologia criminale. Garfagnana in giallo Barga Noir 2020

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Info su questo ebook

Tra delitti e miserie, tra giochi e perversioni. Il giallo e il nero fusi nei polizieschi che superano ogni immaginazione diventando realtà e orrore. L’odio, il rancore, il desiderio di vendetta, muovono le azioni e i gesti dei protagonisti delle storie, trasformando l’Antologia criminale in un vero e proprio manuale del male.
In antologia: “Lo strano caso della schiscetta scomparsa all'ora di pranzo” di Tommaso Sala; “Le Variazioni Goldberg” di Alessandro Sbrogiò; “Cala di morte” di Emiliano Bezzon; “Lasciate a casa i jeans, gradito abito elegante!” di Luana Troncanetti; “Indovina chi viene a pranzo” di Carola Cestari; “Ars longa, vita brevis: un caso romano per il Detective Buzzati” di Riccardo Lana; “Così fan tutte” di Iacopo Riani; “Gemini” di Paolo Delpino; “Le pieghe del sistema” di Laura Piva; “Ossa di vetro” di Maria Bellucci; “Sangue Zingaro” di Antonino Genovese; “Qualcosa color lavanda” di Angela Borghi; “Gita al lago” di Francesca Santi; “L’ultima luce di Antares” di Emanuele Venditti; “Il ponte di Corfino” di Amos Papi; “Marmo” di Nicolina Scalzo; “Lontano dalla realtà” di Maria Rosa Aldrovandi; “Concime” di Maria Enrichetta Cavani; “Elsewhere Motel” di Luigi Chiarion.
LinguaItaliano
Data di uscita24 nov 2020
ISBN9788832281378
Antologia criminale. Garfagnana in giallo Barga Noir 2020

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    Anteprima del libro

    Antologia criminale. Garfagnana in giallo Barga Noir 2020 - autori vari

    edizioni

    copyright

    © Copyright Argot edizioni

    © Copyright Andrea Giannasi editore

    Lucca, novembre 2020

    1° edizione

    Tutti i diritti sono riservati. Riproduzione vietata ai sensi di legge (art. 171

    della legge 22 aprile 1941, n. 633).

    ISBN 9788832281378

    I lettori che desiderano informazioni possono visitare il sito internet:

    www.tralerighelibri.com

    Lo strano caso della schiscetta scomparsa all'ora di pranzo di Tommaso Sala

    Poco dopo le 14, Attilio e Federico, Data Analyst e Senior Data Analyst della Deodoranti Manetti, rientrarono in ufficio, dopo aver fatto la loro pausa pranzo nella mensa che si trovava al piano terra del centro direzionale, dove aveva sede l’azienda per cui lavoravano.

    Salutata caldamente Giada, la segretaria, i due tornarono alle proprie scrivanie, una di fianco all’altra, all’interno di quell’open-space che era l’ala est del piano. Federico riprese a lavorare, mentre Attilio riprese a curiosare su internet, data l’assenza di Laura, il loro capo.

    Hai intenzione di lavorare un po’, oggi? chiese Federico.

    Non lo so… vediamo cosa offre la giornata… oh… guarda chi arriva…

    Ignazio, tecnico informatico dell’azienda, raggiunse i due analisti.

    Oh, è Ignazio.

    Già, è Ignazio. Guardalo Fede, arriva sempre con la sua rassicurante camminata ciondolante. Allora, a cosa dobbiamo l’onore della tua visita?

    Ma perché sei sempre così stronzo? chiese sospirando Ignazio.

    Me lo chiede spesso anche mia madre…

    Povera donna… comunque, Attilio, devo sistemare un paio di cose sul tuo pc. Mi manca il tuo e quello di Mauro…

    Come sta Mauro, a proposito? Tu l’hai visto? chiese Federico.

    Non lo so, sai. Sta sempre chiuso nel suo bugigattolo ormai da un mese. Il portiere dice che lo vede entrare alle 8 ed uscire alle 22. Ormai è come un fantasma. Solo quelli delle pulizie lo vedono, quando la sera vengono a pulire.

    Poveretto.

    Con questa storia del patent box è distrutto. Fa il lavoro di tre persone tutto solo… comunque, Attilio, quando vai in pausa mi lasci il pc?

    Ma certo! Anzi, stavo giusto per andare in pausa per riprendermi dal pranzo. Vuoi fare adesso?

    Sei sempre il solito ridacchiando, Ignazio si sedette al posto di Attilio, il quale si appollaiò in piedi dietro la sedia.

    Subito il tecnico informatico si mise al lavoro.

    Allora, Ignazio, quali buone nuove arrivano dal reparto IT?

    Non avete sentito? chiese sorpreso il tecnico.

    No, cosa?

    C’è Fabio incazzato nero! disse ridacchiando.

    Sai che novità disse Attilio.

    Come mai? chiese con curiosità Federico, mentre apriva dei file excel sul suo pc.

    Davvero non sapete? In pratica… oggi non ha pranzato in ufficio…

    Certo, quello ha i soldi per andare al ristorante tutti i giorni…

    Non mi interrompere Attilio… non ha pranzato, ma voleva pranzare in ufficio. È stato tutta mattina in video-call con Londra a discutere della fusione. E così è andato a pranzo che erano le due meno dieci. Arriva al frigorifero, lo apre, viene investito dall’onnipresente fetore che c’è lì, impreca, guarda dentro per qualche secondo e poi sbrocca di brutto e grida.

    Perché? chiese incuriosito Federico.

    Perché? Perché qualche stronzo gli ha rubato la schiscetta Ignazio iniziò a ridere a metà frase, soddisfatto per l’intoppo che era capitato al suo capo, poiché Fabio era sia direttore finanziario che direttore IT della Deodoranti Manetti, e quindi capo diretto di Ignazio.

    Tutti e tre si misero a ridere.

    Porca puttana! Ignazio cercò di imitare la voce del suo capo, una voce graffiante, tenendo basso il tono ‘Chi è quello stronzo che mi ha rubato il pranzo!’ poi ha tirato un pugno contro il muro. Ha aperto tutti i cassetti, tutti gli armadietti, anche la lavatrice, furioso come non mai. Solo nei cestini non ha guardato. ‘Chi è stato? Chi cazzo è stato? Chi è quel lurido stronzo che ha firmato la sua condanna a morte? Ah non è nessuno eh, sarà stata la fatina buona del cazzo… vi faccio processare per direttissima’ e così via.

    Quello non è capace di parlare, impreca e basta puntualizzò Federico, che dall’alto dei suoi quasi quindici anni in azienda aveva imparato a conoscere bene Fabio.

    Sai quando gli parte la vena in fronte, no? Poi se ne è andato. Potete immaginare che in cucina erano tutti in silenzio, mezzi abbioccati per il post-pranzo e mezzi…

    Spaventati?

    Macché, confusi. Io a mala pena riuscivo a trattenere le risate… quello me ne ha fatte passare di cotte e di crude… e riprese a ridere.

    Non oso immaginare che clima ci sia di là da voi… disse Federico, quasi preoccupato per i colleghi.

    Ah… tutti in silenzio. Non vola una mosca. Testa bassa, chiappe strette e si lavora.

    Chissà quanto è incazzato Fabio.

    È? Incazzato? Oh… Quello è già incazzato di suo per natura. Poi è incazzato perché gli hanno rubato la schiscetta. E poi è incazzato perché non ha pranzato.

    È tre volte incazzato.

    Figa, è incazzato alla terza. È un cubo di rabbia commentò Attilio.

    Un cubo di rabbia? Ahahah… bella questa Ignazio aveva finito con il lavoro, e si alzò lasciando di nuovo il posto ad Attilio. Si incamminò per tornare al suo posto, ridacchiando e ripetendo sotto voce un cubo di rabbia.

    Federico riprese con il lavoro, pensando che Attilio avesse fatto lo stesso, ma ben presto cambiò idea, quando notò con la coda dell’occhio che l’altro lo stavo fissando, con uno sguardo intenso e deciso.

    Che c’è? Attilio? Perché mi guardi con quello sguardo tedesco?

    Qualcuno ha rubato la schiscetta di Fabio…

    Sì. Allora?

    Lo sai questo cosa vuol dire?

    Cosa vorrebbe dire…

    Molti pensieri attraversarono la mente di Federico, finché non vide un sorriso compiaciuto sul volto di Attilio e capì cosa intendeva fare il suo collega.

    O no ti prego, non di nuovo…

    O sì invece… è un nuovo caso! Una nuova indagine per lo Sherlock e il Watson aziendali! Non sei eccitato all’idea? gli occhi di Attilio brillavano per la gioia.

    Attilio, no! Tu devi lavorare! Devi finire quelle analisi e quei report! Se non hai finito per quando torna Laura, quella ti lincia.

    Non ti preoccupare di questo, ho tutto sotto controllo. Allora, ci stai?

    No, per niente l’avversione di Federico era forte e quasi palpabile.

    E daai! Abbiamo già risolto brillantemente il caso della Timbratura Fantasma e quello del Water Gate… ne parlano tutti di continuo.

    No, Attilio, sei tu che ne parli, soprattutto quando importuni Giada o altre ragazze. Non insistere!

    Daai… ho bisogno di te! Non c’è Holmes senza Watson…

    Attilio, fa come ti pare, ma non mi coinvolgere…

    Figa, 43 anni e non sai più come divertirti…

    Siamo al lavoro, ragazzino! Non siamo qui per divertirci.

    Esagerato…

    Attilio si voltò e tornò a guardare il computer, mentre Federico riprese a lavorare, consapevole che il suo giovane collega avrebbe passato la giornata ad indagare sul caso della schiscetta scomparsa.

    Fede, torno adesso dalla cucina. Ti faccio il resoconto di cosa ho scoperto?

    Le parole di Attilio colsero di sorpresa Federico, e lo fecero sussultare per lo spavento. Era così immerso nel suo lavoro, che non si era accorto che Attilio se ne era andato, lasciando la postazione vuota e il lavoro incompiuto.

    Conscio che non si sarebbe mai potuto opporre all’ostinazione del collega, Federico fece un gesto con la mano, che Attilio interpretò come un invito a parlare con entusiasmo.

    Allora. Ho raccolto i primi indizi e qualche testimonianza. Prima cosa: Ignazio mi ha detto che la schiscetta di Fabio consisteva in un panino fatto con pane Kamut, salmone della Norvegia, rucola, e salsa Worcestershire… con tutti i soldi che ha Fabio, non capisco perché si sia preso un panino così… schifoso? Disgustoso? Ma è buona una cosa del genere? Ma lasciamo stare…

    Aspetta – interruppe Federico – ma come faceva Ignazio a sapere cosa fosse la schiscia di Fabio? Questo non lo renderebbe il colpevole?

    Prima di rispondere, Attilio sorrise a trentadue denti, soddisfatto.

    Vedi che vuoi indagare anche te? disse al collega.

    Federico reagì con un gesto di stizza, poiché, in fondo, Attilio aveva ragione: era curioso di sapere cosa era successo.

    Primo: Ignazio è allergico al pesce, non poteva rubarla per mangiarsela. E poi lo sapeva perché Fabio non faceva che parlarne da ieri. Aveva detto che si era preso gli ingredienti per il panino in uno di quei negozi gourmet per quelli pieni di soldi come lui… testuali parole precisò Attilio.

    Da ieri?

    Sì. Sapeva di sicuro che la call sarebbe durata a lungo, così si deve essere portato avanti. Comunque, il panino era contenuto in una confezione sigillata di colore arancione. È sempre Ignazio la mia fonte.

    Una confezione arancione non passa inosservata. Se qualcuno ha rubato la schiscia di Fabio, poi ha buttato la confezione. Cerca nei cestini e… Federico interruppe la frase quando notò quanto soddisfatto e compiaciuto era il sorriso sul volto di Attilio.

    Ok, ok, mi interessa, va bene? Ma smettila di guardarmi con quello sguardo spagnolo, ok? tuonò Federico.

    Va bene… sì, hai ragione. Se qualcuno l’ha rubata, poi l’ha buttata. E in un cestino una confezione arancione non passa inosservata… cioè, almeno credo, non sono un esperto di cestini o confezioni.

    Sei un esperto di dati di vendita, invece, ed è opportuno che finisca le tue analisi e i report…

    Sì certo, prima che torni Laura… sei un disco rotto… comunque, per tornare a cose che contano, come prima cosa ho guardato tra i cestini della cucina, e indovina? La confezione era lì. Non ti sembra strano?

    No. Dopo la confezione la butti, è normale. Non capisco… cosa c’è che non funziona per te?

    Attilio gongolò, poiché era giunto il momento di salire in cattedra.

    Se tu rubi qualcosa, non vuoi che si trovino tracce, giusto?

    Giusto…

    Bene, allora perché il ladro ha buttato la confezione in cucina, dove Fabio poteva trovarla? Mi sembra una mossa rischiosa. Comunque, c’è un’altra cosa strana.

    Ossia?

    Ho trovato la confezione sul fondo del cestino, non a metà né in cima.

    Quindi?

    Non lo so, ma è strano. Quando butti qualcosa in un cestino, si formano degli strati. Immagino che una cosa buttata all’ora di pranzo, quando la cucina è affollata, o anche a metà mattinata, quando comunque qualcuno ha già buttato i primi rifiuti, dovrebbe trovarsi a metà del cestino o in cima. Invece, questa era in fondo.

    Non può essere… non so… scivolata? Non è una possibilità, signor esperto di cestini?

    Attilio non colse il sarcasmo e la frecciatina del collega.

    Non credo. Quando abbiamo preso il caffè alle 12, ti ricordi?

    La macchinetta era in errore perché il contenitore dei fondi di caffè era pieno…

    E così l’abbiamo svuotato nel cestino, riversandovi dentro i fondi delle cialde di caffè.

    No, l’ho svuotato io. Tu sei stato a guardare.

    Adesso non puntualizziamo. Quello che conta è che la confezione del panino era sporca di caffè in alto, e non in basso. Quindi, è stata buttata prima di quando noi… ok, tu, hai buttato i fondi delle cialde di caffè nel cestino.

    Federico iniziò a ragionare e a seguire il discorso di Attilio.

    Il ladro l’ha rubata stamattina? disse d’istinto.

    Può essere. Ma questo ancora non ci aiuta.

    Attilio prese quattro post-it gialli dalla scrivania di Federico ed iniziò a scrivere.

    Sì, prendi pure, li ho presi per te.

    Lo so che li hai presi solo per fare una capatina di là da Giada…

    Attilio, sei tu quello che fa queste cose. Io sono sposato…

    Attilio continuò con il suo trafficare, sorridendo maliziosamente.

    Sì è vero. Allora… perché qualcuno dovrebbe rubare la schiscetta di un collega? Secondo me, ci sono tre possibili moventi: fame, distrazione e vendetta scrisse i tre moventi, con la sua pessima ed incomprensibile calligrafia, uno per post-it e li attaccò sulla scrivania, sul confine tra la sua e quella di Federico. Sul quarto, scrisse l’indizio raccolto: la confezione sul fondo del cestino.

    Attilio, Laura torna domani mattina. Mi raccomando con i report…

    Stai sereno. Torniamo alle cose che contano. Prima pista, la fame…

    Attilio divenne pensieroso, fissando un punto in lontananza, rimanendo immobile ed in silenzio. Federico tornò al suo lavoro, aprendo un nuovo file excel.

    Poi, dal nulla, Attilio iniziò a schioccare le dita di continuo, come se stesse dando ritmo ai suoi pensieri.

    Secondo me, non può essere che qualcuno abbia rubato la schiscetta di Fabio perché aveva fame… disse con tono solenne.

    Certo, la schiscia mica si mangia…

    Ehi! rispose con rabbia Attilio Quello sarcastico sono io, non tu, Watson!

    No, tu sei quello stronzo. Perché scarti questa ipotesi?

    Semplice. Prima di tutto, ho chiesto e nessuno ha visto qualcuno mangiare quel panino durante l’ora di pranzo. Secondo, com’è possibile che in un palazzo dove c’è una mensa che accetta i nostri ticket e in un ufficio dove c’è un distributore di merendine e bevande, avanzi vari rimasti da natale e la dispensa di Benedetta, uno di noi non è in grado di procurarsi del cibo e deve per forza rubare la schiscetta a Fabio?

    Federico interruppe il suo lavoro pensando al ragionamento del giovane collega.

    Ha senso.

    Attilio prese la penna e tirò una riga sul primo movente.

    Andiamo avanti… secondo movente: distrazione. Qualcuno ha rubato la schiscetta per sbaglio. Chi?

    Attilio piombò in un nuovo silenzio riflessivo, mentre Federico riprese a lavorare, aprendo di nuovo un file excel vuoto, e meravigliandosi di averne aperti tre completamente vuoti.

    Fede, sei con me?

    No Attilio, sto lavorando.

    Bene, allora… la distrazione Attilio iniziò a far girare tra le sue dita la penna nera che aveva in mano.

    La distrazione… abbiamo bisogno di qualcuno che sia capace di prendere per sbaglio il pranzo di qualcun altro, scartarlo, mangiarselo e buttare via la confezione. Il tutto, senza rendersi minimamente conto di quanto sta facendo. E forse tutt’ora non se ne è ancora reso o resa conto.

    Federico iniziò a ridere.

    Lo trovi divertente? chiese Attilio.

    Ma dai… chi è che può essere così distratto da fare una cosa del genere? Hai bisogno di una persona che vive in un mondo tutto suo. Una persona perennemente scollegata dalla realtà… credi davvero ci siano persone del genere…

    Federico smise di parlare come se qualcuno lo avesse interrotto. Ma nessuno lo aveva fatto, erano stati solo i suoi pensieri, che avevano cambiato direzione rispetto alle parole che uscivano dalla sua bocca.

    Ma certo…

    Giovanna! dissero all’unisono.

    Sì, Giovanna, Fede, è lei il nostro uomo. Cioè donna, anche se a vederla…

    Federico alzò la mano fingendo di colpire Attilio, come per sgridarlo per aver detto una tale cattiveria. Chiunque l’avrebbe capito, ma Attilio lo interpretò come un segnale per andare avanti a parlare.

    Lei è la persona giusta.

    Attilio, ascolta Federico continuava a lavorare su excel mentre parlava, stava facendo dei grafici per rappresentare dei dati di vendita.

    Va bene tutto, però questa possibilità mi sembra molto assurda.

    Assurda sì, impossibile no. Ricordati che i dirigenti, e Giovanna ne è la quintessenza, ma anche Laura non scherza, vivono in un mondo tutto loro, fatto di stacanovismo, benessere economico e richieste assurde. Sono scollegati dalla realtà in cui viviamo noi semplici impiegati. Ti racconto un aneddoto: un giorno di marzo, quando avevamo ancora il distributore di bottigliette d’acqua, me ne stavo andando in cucina per prenderne una. Dietro di me c’era Giovanna che camminava mentre era al telefono con Singapore. Parlava ad alta voce con il suo pessimo inglese maccheronico. Vado al distributore, schiaccio il pulsante, sento il rumore e la bottiglietta in plastica scende. Mi piego, infilo la mano nella fessura, prendo la bottiglia, mi rialzo e tac! Giovanna me la sfila di mano.

    Federico smise di lavorare.

    Cosa? Ti ha rubato la bottiglietta? Ma davvero?

    No, niente del genere. Semplicemente l’ha presa senza pensarci. Continuava a parlare con Singapore ed era in cucina con l’intenzione di prendere l’acqua. Vede una bottiglia d’acqua, ed è naturale per lei prenderla. Capisci? Lei vive in un mondo tutto suo. Lei non si rende conto della realtà, degli altri.

    Attilio tornò in silenzio e tamburellò soddisfatto sulla scrivania.

    Abbiamo la nostra indiziata. Questo ci fornisce un possibile movente, per quanto inconscio ed accidentale. Che altre prove posso raccogliere per dimostrare che sia stata lei? O comunque collegarla con il furto?

    Federico indicò le fotocopie sulla scrivania di Attilio, sperando che il ragazzo capisse che doveva riprendere con il suo lavoro, ma questi capì tutt’altro.

    Giusto, i fatti. La schiscetta è stata rubata probabilmente prima delle 12. Dobbiamo collocare Giovanna…

    Gionna. Sai che preferisce quel soprannome.

    Dobbiamo collocare Gionna in cucina per quell’ora, o comunque prima. Come fare?

    Attilio ebbe un’illuminazione e scattò avvicinandosi alla scrivania, alzò la cornetta del telefono e digitò un numero. Rimase in attesa qualche secondo.

    Ciao carissima, come stai? disse sorridendo.

    Bene, bene… mi fa piacere. Oh, davvero? Molto interessante…

    Guardandolo, Federico iniziò a muovere la testa facendo segno di no e sorridendo: conosceva troppo bene Attilio, e sapeva fin troppo bene che aveva chiamato Giada, la giovane segretaria.

    No… no, lo dico sul serio, è proprio interessante. No, ma che dici! Non sono mica sarcastico io! Comunque, volevo chiederti una cosa: mi sai dire a che ora Giovanna è arrivata oggi? Giovanna… Gionna, dai… lo sai di chi parlo. No, quello è Massimo. Sì. Esatto, lei.

    Attilio iniziò a fare dei versi di approvazione alle parole di Giada.

    Ottimo. Perfetto. Certo, volentieri, magari un caffè dopo. Ciao cara, ciao.

    Riattaccò soddisfatto ed iniziò a sfregarsi le mani.

    Lo hai fatto solo per parlare con Giada.

    Certo. Siamo in ufficio, Federico. Se non flirtiamo di continuo con le nostre colleghe, cosa veniamo a fare in ufficio?

    Fare report. Analizzare dati di vendita. Insomma, il lavoro per cui vieni pagato.

    Attilio replicò il gesto dello schiaffo interpretato da Federico poco prima.

    Cosa hai scoperto?

    Gionna è arrivata verso le 11:30. La Giada mi ha detto che l’ha vista sostare in cucina per circa mezz’ora: tempo sufficiente per mangiarsi un panino.

    Federico alternava il suo sguardo tra il monitor e il collega e notò come gli occhi di Attilio sembravano quasi brillare.

    Perché quello sguardo… quello sguardo latino?

    Perché? Perché sono in festa! Abbiamo un movente e la presenza sulla scena del crimine. Gionna sembra la migliore indiziata in questo strano caso. Non mi resta che interrogarla.

    NO! tuonò Federico, con tono di rimprovero.

    No? chiese stupito Attilio, più scioccato dal tono usato che da quel no così repentino.

    Federico si girò verso di lui, alla sua destra, e lo guardò seriamente.

    No, Attilio, no. Ora basta, dai. Sai chi è Giovanna?

    Federico, lavoro qui da un anno… non credi…

    Esatto, lo sai bene chi è Federico tornò a guardare il monitor del suo computer, e a lavorare mentre faceva la ramanzina ad Attilio, senza guardarlo.

    Giovanna – continuò - è una dirigente, è Head of Marketing e Communication. Non è che puoi andare di là, entrare nel suo ufficio, puntarle contro il dito e accusarla di furto. È una cosa ridicola, fai il bravo dai… e poi, cazzo, hai delle analisi e dei report da finire. Promettimi che non andrai di là, ok?

    Non avendo ricevuto risposta, Federico si girò di nuovo verso il giovane collega e vide che la sua poltrona era vuota e ancora si muoveva per inerzia.

    Attilio, a grandi falcate, si stava già immettendo nel lungo corridoio che, dopo esser passato davanti all’ingresso e alla scrivania di Giada, lo avrebbe condotto nell’altra parte dell’ufficio, dove si trovava il marketing e dove Giovanna attendeva ignara di essere accusata di uno strano furto.

    Quando Federico raggiunse Attilio, era ormai troppo tardi.

    Avanti!

    La voce nasale di Giovanna emerse da dietro la porta del suo ufficio, in risposta al bussare di Attilio.

    No, non farlo!

    Federico fece uno scatto di corsa, passando davanti all’open-space occupato dal Marketing e dalla Comunicazione. La ridicola corsetta di quel quarantenne non passò inosservata.

    Si infilò nell’ufficio di Giovanna poco prima che Attilio chiudesse la porta.

    Ah ciao Federico disse Giovanna, non appena questi entrò nell’ufficio.

    Federico rimase sconcertato dal saluto, perché Giovanna sembrava quasi non notare la presenza di Attilio, il quale, dal canto suo, non si preoccupò minimamente dell’indifferenza del suo interlocutore.

    Giovanna, siamo qui…

    Attilio… disse Federico con occhi imploranti.

    Giovanna aveva la testa bassa e leggeva molto da vicino dei documenti.

    Per chiederti una cosa.

    Ok rispose lei.

    Attilio…

    Sei stata tu a rubare la schiscetta di Fabio? disse perentorio Attilio, con il dito puntato contro di lei, proprio come Federico gli aveva intimato di non fare.

    Nel piccolo ufficio grigio di Giovanna, pieno di scartoffie, calò il silenzio: non si sentivano neanche le mosche volare.

    Federico chiuse per un istante gli occhi, pronto ad inventarsi mille scuse per giustificare il comportamento dell’altro.

    Giovanna alzò la testa dai suoi documenti, quasi al rallentatore, muovendo i suoi lunghi capelli metà grigi metà ancora portatori del loro originale color castano.

    Sgranò gli occhi verso i suoi due interlocutori.

    Cosa? disse. La sua bocca era diventata una linea orizzontale.

    Ma cosa dite? Ma come vi permettete?

    Sembrava quasi che Giovanna si stesse gonfiando, diventando anche rossa.

    Federico temeva la tempesta che stava per arrivare, mentre Attilio rimaneva immobile a fissarla con intensità.

    Gionna… Federico cercò di calmare le acque, ma lei ormai era partita per la tangente.

    Ma credete di essere al circo? Federico! Mi meraviglio di te! Sei un uomo adulto, un padre e un lavoratore serio e te ne esci con tali idiozie?

    Quelle ultime parole sconvolsero Federico, perché dimostrarono che Attilio aveva ragione: Giovanna viveva davvero in un mondo tutto suo.

    Allargò le braccia, consapevole che per loro era finita: Giovanna si sarebbe incazzata con loro, poi avrebbe detto tutto a Laura.

    In un attimo vide la bocca serrata di Laura, sentì la sua voce strillare, e percepì la sua rabbia esplodere come un vulcano: il futuro che lo aspettava era terrificante.

    Ogni tanto aveva l’impressione di trovarsi all’asilo.

    Gionna…

    Chiedete subito scusa!

    Sei stata tu a rubare la schiscetta di Fabio? Cosa facevi in cucina tra le 11:30 e le 12? Mangiavi un panino? insistette Attilio.

    Federico! Uscite subito di qui! gridò.

    Federico si sentiva come un cervo davanti ai fari di una macchina e intrappolato tra un oggetto immobile (la determinazione di Attilio nel risolvere il caso) e una forza inarrestabile (la rabbia di Giovanna).

    Sentiva di trovarsi in due metafore contemporaneamente.

    Come mai sei così scontrosa? chiese Attilio.

    Stai nascondendo qualcosa? aggiunse.

    Giovanna si alzò dalla sua sedia.

    Ce ne andiamo disse Federico, ma ormai era tardi per qualsiasi cosa.

    Allora? Sei stata tu? Almeno dimmi di no!

    Giovanna prese di peso Federico, per lei responsabile di ogni cosa, ed iniziò a spingerlo fuori.

    Uscite!

    Attilio aveva alzato il tono e faceva domande sempre più serrate.

    Perché sei stata in cucina mezz’ora stamattina? Dove sei stata prima entrare in ufficio? Rispondi!

    Poche domande, ma che bastarono a placare la tempesta. Giovanna si fermò, alternò lo sguardo tra Attilio e Federico e serrò la mascella. I suoi occhi iniziarono a luccicare ed abbassò il volto.

    Resistette qualche secondo, poi scoppiò a piangere, coprendosi il viso con le mani.

    O mio dio… disse, con una voce spezzata dalle lacrime.

    Federico, in uno stato di imbarazzo senza precedenti, fece segno verso la porta con la testa, sperando che Attilio lo seguisse.

    Confessa, Giovanna, non ti preoccupare… disse Attilio, con tono amichevole.

    Non ce la faccio più.

    Dai, non è poi così grave. Confessa tutto. Si tratta solo di un panino.

    Federico vedeva la calma di Attilio, ma sapeva bene che sotto sotto moriva dalla voglia di sentirla confessare.

    Cosa facevi in cucina?

    Stavo avendo una crisi di pianto ammise Giovanna.

    La sua confessione colse di sorpresa entrambi i suoi colleghi. Attilio fu più deluso che altro.

    E stamattina ero dallo psicologo. Sono anni che vado da lui. Non ce la faccio più, davvero. Il lavoro mi sta consumando. Guardatemi il volto di Giovanna era bagnato e mai come in quel momento sembrò più anziana di quanto non lo fosse.

    Lavoro almeno 60 ore alla settimana, non ho un attimo di pausa, neanche quando pranzo, sempre di fretta. Da Londra mi mettono una pressione e uno stress che non potete immaginare. Sono dieci anni che mi sento sempre sull’orlo del collasso.

    Tornò il silenzio nell’ufficio. Federico si sentiva preoccupato per la situazione di Giovanna.

    Ci dispiace.

    Giovanna alzò lo sguardo verso Federico e sorrise.

    Lo psicologo mi aveva detto di trovare qualcuno con cui parlare in ufficio, ed io avevo sempre paura. Ma ora so che posso contare su di te Giovanna si fiondò su Federico abbracciandolo.

    GRAZIE! disse lei.

    Mentre cercava di divincolarsi, Federico notò che Attilio era uscito dall’ufficio e lui era rimasto solo con Giovanna.

    Attilio! tuonò di nuovo Federico.

    Il giovane data analyst stava attraversando il corridoio per tornare al posto.

    Federico si esibì di nuovo in una corsetta che non lasciò indifferenti i colleghi del marketing.

    Riuscì a raggiungere Attilio perché questi si fermò davanti alla porta del bagno, da cui uscì Mauro, il collega fantasma. Il volto era consumato, pieno di occhiaie. La camicia bianca aveva una piccola macchia marrone sul colletto e non era per niente stirata.

    Attilio si impalò davanti a lui.

    Ciao Mauro, come va? chiese Federico.

    Il cazzo rispose quest’ultimo, rientrando nel suo ufficio.

    Attilio, torniamo al nostro posto e smettiamolo con questa storia.

    Attilio non disse niente e, pensieroso, tornò alla sua scrivania con Federico.

    Per circa un’ora Attilio non aprì bocca. Aveva cancellato il secondo post-it, distrazione, e lo aveva buttato, insieme a quello con scritto fame.

    Rimane… disse sottovoce.

    No! rispose Federico.

    … solo…

    No! Basta!

    Fede…

    Fede un corno! Ora basta. L’abbiamo vista brutta con Giovanna, e abbiamo rischiato. Lavora, per favore.

    Fede…

    Basta!

    Sai come sono fatto, se c’è una cosa che mi stuzzica l’intelletto non la lascio andare finché non ho finito. Tu non sei curioso? Attilio si era girato verso il collega, fissandolo e parlando con un tono quasi zuccheroso.

    No.

    Sicuro? Neanche un pochettino? chiese di nuovo, guardando con maggiore intensità.

    Rimasero in quella posa per qualche minuto. Federico si sentiva a disagio, e pian piano dovette ammettere con sé stesso che, in fondo, era dannatamente curioso di scoprire cosa fosse successo.

    Va bene… alla fine crollò.

    Attilio esultò.

    Ma devi farmi una promessa!

    Certo, quello che vuoi… andiamo avanti, allora.

    Devi finire i report e non fare più interrogatori.

    Sono due promesse…

    Ok, allora promettimi che mantieni entrambe le promesse. In questo modo è come se mantieni una sola promessa.

    Va bene rispose Attilio, riconoscendo la furbizia del collega.

    Ti prometto che manterrò entrambe le promesse.

    Credi di farcela a risolvere il caso senza interrogare le persone?

    Attilio sorrise e guardò

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