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Islam. Siamo in guerra
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E-book290 pagine9 ore

Islam. Siamo in guerra

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Siamo in guerra. È il Jihad, la guerra santa islamica, scatenata dal terrorismo islamico dei tagliagole, che ci sottomettono con la paura di essere decapitati, e dei taglialingue, che ci conquistano imponendoci la legittimazione dell’islam.

È la Terza guerra mondiale, che vede partecipi la Finanza speculativa globalizzata, l’Eurocrazia, lo Stato-Mafia e la Chiesa relativista; che distrugge l’economia reale e impoverisce i popoli, spoglia gli Stati della sovranità e pone fine alla democrazia sostanziale, scardina la certezza di chi siamo e ci trasforma nel meticciato etnico e culturale.

È ora di prendere atto della realtà della guerra in corso, essere consapevoli che, o si combatte per vincere, o la subiremo e saremo sottomessi all’islam.

È fondamentale riconoscere che la radice del male è l’islam. Che c’è un solo islam che legittima l’odio, la violenza e la morte contro i “miscredenti”, ovvero tutti i non musulmani. Che i terroristi islamici che sgozzano, decapitano e massacrano sono quelli che più fedelmente ottemperano a quanto Allah ha prescritto nel Corano e quanto ha detto e ha fatto Maometto.

Che i sedicenti musulmani “moderati” sono quelli che, all’insegna della “taqiya”, la dissimulazione, perseguono l’obiettivo di sottometterci costruendo delle roccaforti islamiche dentro casa nostra, attraverso il riconoscimento dell’islam come religione di pari valore del cristianesimo, la diffusione delle moschee, il condizionamento della finanza islamica, l’islamizzazione demografica, l’invasione di clandestini musulmani, la codificazione del reato di islamofobia, il lavaggio di cervello anche tramite Internet, la strumentalizzazione della democrazia per imporre la sharia.

Se non combattiamo il terrorismo islamico dentro e fuori di casa nostra, l’Europa farà la stessa fine delle altre due sponde del Mediterraneo, che erano cristiane al 98% e sono state sottomesse all’islam.

Per vincere dobbiamo fortificarci dentro, riscoprendo il sano amor proprio, l’orgoglio di chi siamo, il dovere di salvaguardare l’unica civiltà che esalta la vita, la dignità e la libertà.
LinguaItaliano
Data di uscita4 nov 2015
ISBN9788893213004
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    Anteprima del libro

    Islam. Siamo in guerra - Magdi Cristiano Allam

    tutti

    Introduzione

    «Sia il vostro parlare sì, sì, no, no; il più viene dal maligno» (Matteo 5,37)

    In una comunità civile, sana e costruttiva, è fondamentale convergere su delle basi cognitive e valoriali, assicurare che tutti, a prescindere da qualsiasi considerazione ideologica, religiosa o politica, si riconoscano in un insieme di idee basilari che rappresentino correttamente la realtà degli aspetti più vitali della nostra esistenza, nonché di valori che corrispondano al lascito della tradizione e che sostanzino l’essenza della nostra comune umanità. Poi, legittimamente, ciascuno può elaborare delle valutazioni differenti rispetto a una realtà condivisa, così come può individuare delle soluzioni diverse ai problemi comuni.

    Ma se in partenza ci si scontra su quella che è la realtà oggettiva di ciò che noi siamo come persona, famiglia, comunità, nonché di ciò che è la vita, la dignità e la libertà, inevitabilmente non riusciremo a valutare in modo appropriato la realtà, né ad assumere delle azioni che si traducano nel bene comune.

    La più grande sconfitta della nostra civiltà laica e liberale, che ha assimilato l’eredità della filosofia greca, del diritto romano, della spiritualità ebraico-cristiana e del pensiero illuminista, è la perdita della certezza di chi siamo, che è la diretta conseguenza della negazione della nozione stessa di verità. La responsabilità è da addebitare all’ideologia del relativismo, che è innanzitutto un’offesa alla ragione, perché pregiudizialmente ci impone di non usare la ragione e di non fare riferimento ai parametri valutativi e critici, per non entrare nel merito dei contenuti di uno specifico concetto. La «dittatura del relativismo», straordinaria espressione coniata da Benedetto XVI, da lui individuata come il «male assoluto» da combattere, denunciando che si è infiltrata dentro la Chiesa, ci impone di mettere sullo stesso piano tutte le religioni, tutte le culture, tutti i valori e persino tutti i fatti, a prescindere dai loro contenuti. Ciò si traduce nella tesi secondo cui non esisterebbe la verità, che tutt’al più ciascuno può essere depositario di una verità, che tutte le verità vanno considerate pari a prescindere dai loro contenuti.

    Viviamo in un Occidente che brancola nel buio della ragione e nel deserto valoriale.

    Ci dicono che ciò che corrisponde alla negazione della vita e alla cultura della morte, l’aborto, l’eutanasia e la droga, sono diritti fondamentali della persona e traguardi di civiltà che dobbiamo conseguire.

    Ci dicono che la famiglia naturale è superata, che la società deve essere rifondata non più sulla base dell’unione tra un uomo e una donna, l’unica che può garantire la procreazione e la crescita sana dei figli, ma sulla base dell’orientamento sessuale, dell’«ideologia di genere» che mette sullo stesso piano l’essere eterosessuali, bisessuali, omosessuali, lesbiche, transessuali e intersessuali.

    Ci dicono che il tracollo demografico dell’Europa si risolve spalancando le frontiere all’invasione di clandestini, che la prospettiva di una società meticcia sul piano etnico e culturale è da abbracciare come una conquista per aderire al mondo della globalizzazione.

    Ci dicono che è giusto fare sempre più sacrifici, fino a ridurci in uno stato di povertà, per consentire il conseguimento di parametri macro-economici che attesterebbero la bontà del modello di sviluppo, anche se favorisce essenzialmente la grande finanza speculativa globalizzata.

    Ci dicono che non abbiamo alternativa a delegare ai partiti la soluzione delle crisi che ci attanagliano, anche se i partiti, a parte le chiacchiere in televisione dei loro leader finalizzate alla raccolta del consenso da monetizzare in voti alle elezioni, sono sempre più lontani dalla gente e sono sempre più inadeguati a dare risposte concrete ai problemi reali.

    Ci dicono che cristianesimo e islam sono pari, che Allah e il nostro Dio sono pari, che Gesù e Maometto sono pari, che ciò che è scritto nei Vangeli e ciò che è scritto nel Corano sono pari, che così come abbiamo da sempre le chiese ora dobbiamo consentire la presenza delle moschee.

    Ci dicono che l’islam è una «religione di pace» e che i terroristi islamici che sgozzano, decapitano e massacrano non hanno nulla a che fare con l’islam, anche se proprio loro, più di altri, invocano Allah ed evocano Maometto.

    Ci dicono che non è affatto vero che è in corso una guerra mondiale in cui gli attori più manifesti sono i terroristi islamici tagliagole, che sarebbe una follia farci coinvolgere anche se la guerra si svolge di fronte a casa nostra, anche se loro hanno già costituito uno «Stato islamico» tra la Siria e l’Iraq, continuano a espandersi e si trovano a 300 chilometri dalla nostra frontiera meridionale, anche se ci hanno individuato come il «nemico crociato» e ci ripetono che «dopo la Libia occuperemo Roma».

    I relativisti e gli «islamicamente corretti» confondono e sovrappongono l’islam come religione e i musulmani come persone. È invece fondamentale distinguere tra:

    – la dimensione dell’islam come religione, che è immutabile nel tempo e nello spazio, facendo riferimento alle prescrizioni di Allah inverate nel Corano, ai detti e ai fatti attribuiti a Maometto contenuti nella Sunna e nella Sira, che sono assoluti, universali ed eterni;

    – la dimensione dei musulmani come persone, che varia nel tempo e nello spazio, perché le persone non sono mai la trasposizione automatica dei dogmi della fede e ciascuna persona ha una propria specificità.

    Proprio dalla mia esperienza di musulmano moderato ho preso atto che i musulmani come persone possono essere moderati solo se antepongono la nostra comune umanità ad Allah e Maometto, se considerano valori inviolabili la sacralità della vita, la pari dignità tra le persone e la libertà di scelta, se ottemperano sempre e comunque alle leggi laiche dello Stato. Questa considerazione conferma che non esiste un islam moderato, a meno che non si rinneghi gran parte di ciò che Allah ha prescritto nel Corano e si sconfessi gran parte del pensiero e delle azioni di Maometto. Significa in ultima istanza che la radice del male è l’islam.

    Il primo errore è di immaginare che per rispettare laicamente le persone, per amare cristianamente i musulmani come persone, si debba automaticamente e acriticamente legittimare l’islam come religione a prescindere dai suoi contenuti, da ciò che Allah ha prescritto nel Corano e da ciò che ha detto e ha fatto Maometto.

    L’altro errore è di ritenere che, partendo dalla condanna dell’islam come religione, si debbano condannare tutti i musulmani come persone, a prescindere dalla specificità di ciascun musulmano. Ciascuno di noi ha una propria specificità, che è la sintesi del proprio percorso personale, familiare, comunitario, educativo, economico, sociale e anche religioso. Ma nessuno di noi è la trasposizione automatica e acritica dei dogmi della fede, le persone che fanno riferimento a una religione non costituiscono un blocco monolitico. Negare e non considerare la specificità dei singoli scade nell’ideologia del razzismo, viola il cardine su cui si fonda lo stato di diritto, ovvero la responsabilità individuale, dove ciascuno è responsabile dei propri atti.

    Può sorprendere, commuovere o scandalizzare il fatto che gli italiani si preoccupino di salvaguardare più i valori e le regole fondanti della nostra civiltà, che non il denaro e il lavoro che determinano la condizione socio-economica. Mentre risulta oscillante il livello di attenzione sui singoli aspetti che connotano la drammatica crisi economica, dall’euro alle tasse, dal lavoro alle pensioni, è invece costante e tendenzialmente crescente la denuncia dell’invasione dei clandestini, la protesta per la discriminazione degli italiani nei confronti degli immigrati, l’indignazione per la proliferazione delle moschee e la paura del terrorismo islamico.

    Una spiegazione razionale c’è. La crisi economica e il cambio della classe politica si possono risolvere, sono processi reversibili. Ma se perdessimo il controllo del territorio e cessassimo di essere padroni a casa nostra, se rinunciassimo all’uso della ragione per buonismo o viltà e ci sottomettessimo alla dittatura islamica, perderemmo definitivamente la nostra anima, i valori inalienabili alla vita, dignità e libertà che sostanziano l’essenza della nostra civiltà, e questo sarebbe un processo irreversibile.

    Mi capita spesso che, al termine delle conferenze che tengo in tutt’Italia, i partecipanti si avvicinino per esprimermi un loro giudizio. Taluni, persone semplici e in buona fede, mi dicono: ‘Ma lei così ci terrorizza, me ne torno a casa assai più preoccupato di quanto non lo fossi prima’. Mi attribuiscono la respon sabilità del clima di paura, come se fossi io a generare il terrore.

    Di fatto mi limito a rappresentare correttamente la realtà dell’islam e del terrorismo islamico, spiego in modo documentato che la radice del male è l’islam stesso, attingendo alle fonti primarie, grazie alla mia conoscenza della lingua e della cultura araba, riuscendo a svelare ciò che accade al suo interno grazie al fatto che sono stato musulmano per 56 anni e che da circa 40 anni indago e studio questa materia da giornalista, esperto e scrittore. Ebbene, se la realtà è preoccupante e se la minaccia è grave, considero un bene che gli italiani ne assumano una piena consapevolezza, anche se ciò inevitabilmente sconvolge la loro serenità.

    Purtroppo temo che, dopo aver ascoltato o letto una descrizione corretta della realtà del terrorismo islamico dei tagliagole e dell’islamizzazione dell’Italia e dell’Europa perseguita dai terroristi islamici taglialingue, la gente, pur condividendo il contenuto, dopo avermi ringraziato sentitamente per l’impegno ad aprire le menti, appena torna a casa azzeri tutto o quasi tutto, comunque si dimentichi, certamente riprenda a comportarsi come se nulla di tutto ciò che hanno sentito e condiviso sia reale.

    Ecco perché considero una missione diffondere un’informazione corretta e promuovere dei percorsi di formazione tra la gente. Oggi più che mai questa rappresenta la vera sfida, l’impegno più importante per riuscire a riscattare il diritto di essere pienamente noi stessi a casa nostra.

    Anche recentemente, amici acquisiti nel corso dei miei incontri pubblici mi hanno chiesto come potrebbero disporre di un testo per leggere ciò che hanno appena sentito. Il problema si pone perché io parlo a braccio, anche per ore, avendo chiaro il quadro d’insieme e il dettaglio delle tematiche specifiche. Ebbene questo è il testo che raccoglie l’insieme del mio pensiero sulla guerra mondiale in atto, ponendo al centro dell’attenzione l’islam. È un testo da leggere attentamente, da meditare approfonditamente e, se vi convince, da diffondere.

    1. La Terza guerra mondiale

    Papa Francesco immagina di fermare la guerra senza combattere

    Il 17 agosto 2014 Papa Francesco ha detto che siamo entrati nella Terza guerra mondiale:

    «Siamo entrati nella Terza guerra mondiale, solo che si combatte a pezzetti, a capitoli.

    Solo l’Onu può decidere come fermare un aggressore. Dove c’è un’aggressione ingiusta posso solo dire che è lecito fermare l’aggressore ingiusto, sottolineo il verbo fermare, non bombardare o fare la guerra.

    Fermare l’aggressore ingiusto è un diritto dell’umanità, ma è anche un diritto che ha l’aggressore di essere fermato perché non faccia il male.

    Una sola nazione non può giudicare come si ferma l’aggressione. Dopo la Seconda guerra mondiale questo compito è delle Nazioni Unite. Dobbiamo avere memoria di quante volte con questa scusa di fermare l’aggressione ingiusta le potenze si sono impadronite dei popoli e hanno fatto vere guerre di conquista».

    L’8 agosto 2015 Papa Francesco ha nuovamente puntualizzato:

    «Dobbiamo camminare uniti, è sempre meglio l’amicizia che la lotta, la pace che la guerra. E c’è un solo modo di vincere una guerra: non farla».

    La dichiarazione del Papa, oltre a essere arrivata assai in ritardo, visto il genocidio che stanno subendo i cristiani in Medio Oriente, denuncia una rappresentazione parziale della realtà, in aggiunta a una sconvolgente ingenuità circa la soluzione da apportare. È verissimo che siamo in guerra. È corretto definirla la Terza guerra mondiale. Ma non è affatto una guerra che si combatterebbe in modo sporadico, a «pezzetti», così come non è una guerra scoordinata e che pertanto si svolgerebbe «a capitoli».

    Si tratta di una guerra non dichiarata ma reale, che ha anche una dimensione virtuale ma comunque violenta, non convenzionale ma di portata strategica, graduale nel suo andamento ma letale nel suo esito. Provoca morti fisiche ma anche morti interiori, come si ci attenderebbe dalla più evoluta bomba «pulita» al neutrone, che uccide la vita e fa sopravvivere la materia. Questa inedita guerra mondiale, che viene combattuta sia con le armi sia con il debito, da un lato uccide i nemici dell’islam, dall’altro accresce la povertà tra la popolazione, distrugge l’economia reale, scardina gli stati nazionali, fa venir meno la democrazia e lo stato di diritto, accresce l’insicurezza e la paura, sconquassa il modello sociale, porta alla denatalità destrutturando l’istituto della famiglia naturale, distrugge il sistema di valori diffondendo il relativismo, infierisce contro la civiltà occidentale e promuove il meticciato etnico e culturale, favorisce l’invasione di clandestini e sollecita l’occupazione islamica. Anche il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, nel suo messaggio al Meeting dell’Amicizia di Rimini il 19 agosto 2015, ha evocato la Terza guerra mondiale:

    «Il terrorismo alimentato anche da fanatiche distorsioni della fede in Dio sta cercando di introdurre nel Mediterraneo, in Medio Oriente, in Africa i germi di una terza guerra mondiale. Sta alla nostra responsabilità fermarla».

    È una guerra sferrata in modo tangibile dal terrorismo islamico dei tagliagole, quelli che sgozzano, decapitano, massacrano e si fanno esplodere. Ma sul banco degli imputati ci sono anche la dittatura della finanza speculativa globalizzata, dell’Eurocrazia, dello Stato-Mafia, della Chiesa relativista di Papa Francesco, dell’islam cosiddetto moderato, nel cui seno primeggiano i Fratelli Musulmani, che inesorabilmente scatena il terrorismo islamico, essendo accomunati dall’unico islam. Sembra apparentemente una «ammucchiata» di cinici criminali o di pazzi votati al suicidio, che perseguono l’assoggettamento dell’intera umanità dopo averla «cosificata», efficace neologismo coniato da Benedetto XVI che evidenzia la riduzione della persona a semplice strumento di produzione e di consumo della materialità. Ma è del tutto ovvio che ai livelli alti del Potere nulla accade per caso. Tutto ciò che i popoli stanno subendo non è né casuale né sporadico né scoordinato. Probabilmente un giorno la Storia confermerà che a gestire questa Terza guerra mondiale è una «Cupola» che realizza in modo organico e deliberato una strategia criminale, la Massoneria mondiale che opera al di sopra di tutti e contro tutti.

    Quanto l’immaginare che si possa fermare «l’aggressore ingiusto» senza fare la guerra, o addirittura che l’unico modo per vincere la guerra sia quello di non farla, suona come una pia illusione che scade nel ridicolo.

    Può spiegarci Papa Francesco come si sarebbero potuti fermare gli eserciti islamici determinati a conquistare l’Europa e sottometterci all’islam senza combattere a Poitiers nel 732, in Spagna con la Reconquista nel 1492, a Lepanto nel 1571, a Vienna nel 1683? Potrebbe Papa Francesco da Roma ripetere ai cristiani che stanno subendo un genocidio in Medio Oriente, che non bisogna combattere i terroristi islamici che stanno sgozzando, decapitando e massacrando i loro genitori, familiari, parenti, amici e correligionari?

    Ugualmente l’idea di Papa Francesco che ci sarebbe «un diritto che ha l’aggressore di essere fermato perché non faccia il male» ha qualcosa di patologico, perché in ogni caso fermare un criminale non potrebbe essere qualificato come un suo «diritto». In generale è un’idea che si scontra con la logica che distingue tra il bene e il male, con le leggi che sanzionano il crimine, con la stessa concezione cristiana del peccato, dove l’eventuale assoluzione del peccatore non è un suo diritto, ma un’opzione affidata al giudicante in relazione alla natura e alla gravità del peccato.

    In particolare, nel caso specifico del terrorismo islamico che si fonda sulla volontà di uccidere i nemici dell’islam e di farsi uccidere per acquisire da «martire» il paradiso di Allah, è sia del tutto scorretto e riduttivo paragonarlo a un qualsiasi altro crimine, sia velleitario e fuorviante immaginare che i terroristi islamici vogliano essere fermati e recuperati a un sistema di valori e di leggi che combattono per annientarlo, sacrificando volontariamente e convintamente la loro vita. Probabilmente Papa Francesco non ha presente che non siamo noi a dover decidere se fare o meno la guerra, ma che la guerra è già in atto e sta mietendo vittime attimo dopo attimo. Concretamente o noi combattiamo per vincere o subiremo comunque la guerra e la perderemo. Vincere significherebbe salvaguardare la nostra civiltà laica e liberale dalle radici ebraico-cristiane; perdere significherebbe essere sottomessi alla tirannìa islamica. Ma non esistono fughe mentali per evitare la guerra né scorciatoie per aggirarla, come l’immaginare un dialogo positivo con i terroristi dello «Stato islamico» dell’Isis.

    Papa Francesco pronto a dialogare con i terroristi islamici

    Il 25 novembre 2014 Papa Francesco si è detto disponibile a dialogare con i terroristi dello «Stato islamico» dell’Isis:

    «Non chiudo le porte a nessuno (…) Io non do mai per perso nulla. Forse non si può avere un dialogo, ma non chiudo mai una porta. È difficile, si può dire quasi impossibile, ma la porta è sempre aperta».

    Sul volo di ritorno verso Roma dopo aver parlato al Parlamento Europeo a Strasburgo, il Papa ha ridotto il terrorismo islamico a una delle tante ingiustizie che si subiscono:

    «È vero, il terrorismo è una delle tante cose che ci minacciano. Ma la schiavitù è una realtà inserita nel tessuto sociale di oggi. Il lavoro schiavo, la tratta delle persone, il commercio dei bambini… È un dramma, non chiudiamo gli occhi su questo! La schiavitù oggi è una realtà, lo sfruttamento delle persone».

    Ancor di più il Papa ha messo sullo stesso piano il terrorismo islamico con il «terrorismo di Stato»:

    «Con i terroristi cadono molti innocenti, c’è la minaccia di questi terroristi, ma c’è anche un’altra minaccia, il terrorismo di Stato. Quando le cose salgono salgono salgono, e ogni Stato, per suo conto, si sente in diritto di massacrare i terroristi, e con i terroristi cadono tanti che sono innocenti. E questo è una anarchia di alto livello che è molto pericolosa. Con il terrorismo si deve lottare, ma ripeto quello che ho detto: quando si deve fermare l’aggressore ingiusto, si deve fare con il consenso internazionale. Nessun Paese ha il diritto per conto suo di fermare un aggressore ingiusto».

    L’abbinamento fatto da Papa Francesco tra il terrorismo islamico e il «terrorismo di Stato», che sottintende la parificazione, la condanna e la presa di distanza dall’uno e dall’altro, è semplicemente aberrante. Sicuramente gli Stati hanno commesso e continuano a commettere errori che anche in questo libro denuncio, ma gli Stati siamo tutti noi, non possiamo in alcun modo paragonarci ed essere assimilati ai terroristi islamici.

    Adoratori del dio denaro e del dio Allah

    Questa Terza guerra mondiale ci sta trasformando, dentro casa nostra, in adoratori del dio denaro, mentre alle porte di casa nostra si sta consolidando il potere di coloro che ci imporranno di prostrarci al dio islamico Allah. Stiamo vivendo condizioni simili a quelle che portarono alla caduta dell’Impero Romano, prima in Occidente poi in Oriente, con il declino della civiltà cristiana e la successiva sottomissione all’islam della sponda meridionale e orientale del Mediterraneo, in aggiunta a territori dell’Europa.

    Oggi, così come accadde a partire dal III secolo fino alla caduta di Costantinopoli nel 1453, registriamo un insieme di fatti che determinano il declino della società e la fine della civiltà, a partire dal tracollo demografico, il venir meno dei valori e delle regole, i conflitti intestini, la crisi economica.

    In Italia prendiamo atto di questo quadro complessivo:

    – tra i più bassi tassi di natalità al mondo, con un numero medio di nascite per donna dell’1,3 rispetto al 2,1 necessario per salvaguardare l’equilibrio demografico;

    – l’aggressione all’istituto della famiglia naturale come pilastro della costruzione sociale, marginalizzando la finalità della procreazione e dell’educazione sana dei figli con un padre e una madre, diffondendo l’«ideologia di genere» che legittima il diritto delle coppie omosessuali, lesbiche, transessuali, intersessuali al matrimonio e all’adozione dei figli;

    – la legalizzazione della cultura della morte, comprendente l’aborto e l’eutanasia, elevati a diritti della persona;

    – la diffusione della cultura della morte, le droghe e l’alcol, specie tra i giovani, compreso lo sballo da discoteca;

    – l’emigrazione forzata dei nostri giovani migliori, perché di fatto è preclusa loro la stabilità lavorativa, senza cui non hanno accesso al credito e, pertanto, non possono disporre di una casa indipendente, mettere su la propria famiglia, mettere al mondo i propri figli, avviare un’attività produttiva;

    – l’apertura incondizionata delle frontiere a un’invasione di clandestini che sono in stragrande maggioranza musulmani, filtrati dal terrorismo islamico che controlla dal 2011 le coste libiche, con la collusione dello Stato italiano, a cui garantiamo servizi basilari pari a 1.200-1.400 euro al mese, in aggiunta ad altri costi quali la sanità e l’istruzione;

    – la priorità data agli stranieri rispetto agli italiani nell’attribuzione delle risorse e dei servizi, quali le case popolari, i sussidi sociali, i posti all’asilo nido;

    – l’abbandono dei valori e delle regole insite nell’istituzione della cittadinanza, concedendola indistintamente agli stranieri, compresi coloro che sono dichiaratamente ostili alla nostra civiltà;

    – l’islamofilia, che ci porta a riconoscere l’islam come religione di pari valore del cristianesimo, a dispetto della totale incompatibilità dei contenuti del Corano, del pensiero e delle opere di Maometto con le nostre leggi e la nostra civiltà, configurandosi come un’ideologia che legittima l’odio, la violenza e la morte nei confronti dei non musulmani;

    – la moschea-mania, che ci porta a concedere ai musulmani sempre più moschee, scuole coraniche, enti assistenziali e finanziari islamici, macellerie e alimentari halal, centri studi e di formazione, e ancor di più, la sottomissione delle nostre leggi alla sharia, come nel caso del velo e delle conversioni per ragioni matrimoniali, con la prospettiva di riconoscere l’«islamofobia» come reato penale;

    – l’affermazione del relativismo etico, che ci porta alla perdita della certezza della verità e a illuderci che tutto e il contrario di tutto siano pari a prescindere dai loro

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