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L'inviata
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E-book287 pagine3 ore

L'inviata

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Info su questo ebook

La giornalista americana Sophie Matthews è alla ricerca di quel posto, tanto difficile da trovare, che possa chiamare casa. Lavorare alla Constar Communications da una parte le ha permesso di vedere il mondo e di conoscere culture diverse, ma dall'altra la vita da nomade le ha impedito di avere relazioni durature. Ora che sta per compiere quarant'anni, le priorità di Sophie cambiano e decide di lasciare il lavoro per inseguire un sogno diverso: conoscere un uomo, sistemarsi e metter su famiglia. Il suo capo, Greg Sullivan, ha una sola richiesta: Sophie deve prima portare a termine un ultimo incarico sulla vita dell'artista e scrittrice Marina Suárez.

Durante la seconda guerra mondiale, tutti gli abitanti del villaggio di Marina furono catturati dai soldati giapponesi e lei è stata l'unica a sopravvivere. Come sia riuscita a scampare al massacro rimane un mistero. L'incarico suscita la curiosità di Sophie, ma è riluttante al pensiero di tornare alle Filippine, luogo dal quale, dieci anni prima, se n'era andata con il cuore spezzato per via di Eric Santiago, l'unico uomo che Sophie abbia mai amato. Destino vuole che, poco dopo il suo ritorno a Manila, le loro strade si incrocino di nuovo. Mentre Sophie cerca di svelare il mistero della vita Marina, scopre che Eric è l'unico a poterla aiutare a mettere insieme i pezzi. Quello che non sa è che l'oscuro segreto di Marina le cambierà la vita per sempre.

LinguaItaliano
EditoreBadPress
Data di uscita4 gen 2016
ISBN9781507128763
L'inviata

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    Anteprima del libro

    L'inviata - Geraldine Solon

    Il 9 aprile 1942, circa settantamila filippini e soldati americani furono costretti alla marcia di Bataan. Questo libro è dedicato alle Filippine e a tutti i suoi abitanti; è una nazione che considererò sempre casa mia.

    Capitolo 1

    Pioveva per la prima volta in quel gennaio del 1945. Ricordo benissimo quel giorno... C'erano esplosioni dappertutto. Ero circondata da cadaveri. Il tanfo di sangue mi faceva cedere le ginocchia, ma dovevo correre ed è quello che feci. Corsi fino ad avere le vesciche ai piedi, fino a rimanere senza fiato, finché non calò l'oscurità. Fu solo quando mi sedetti di fianco a un albero e chiusi gli occhi che sentii il suo tocco. Sollevai lo sguardo. Sapevo di star fissando il mio nemico negli occhi...

    Un brivido freddo percorse la schiena di Sophie Matthews mentre piegava il pezzo di carta che il suo capo, Greg Sullivan, le aveva dato la settimana precedente: scarabocchi del defunto giornalista di punta Jack Levine, morto di infarto sei mesi prima. Controllò l'orologio; tra un'ora sarebbero atterrati sul suolo filippino. Sophie aveva dormito a malapena e non riusciva ancora ad accettare di essere stata inviata a Manila di nuovo. Un luogo in cui aveva giurato di non tornare mai più.

    Capitolo 2

    Gennaio 1986

    Sophie si scoprì a ripensare a Manila e a com'era stato dieci anni prima, quando aveva alloggiato per tre mesi al Manila Peninsula Hotel a Makati. Riusciva ancora a vedere come fosse ieri i lampadari dorati appesi all'ingresso e le persone sedute a bere caffè e ascoltare i violinisti dell'orchestra. Faceva passeggiate nel cuore della città, fissando i grattacieli che le ricordavano tanto New York. Di notte, le strade si riempivano di persone che affollavano prima un bar, poi un altro; c'era un continuo rumore di clacson mentre donne con le buste della spesa salivano a bordo della jeepney. Ecco la Manila che ricordava: rumore e caos, ma piena di vita.

    Si strofinò gli occhi e sentì che l'ansia le stava provocando una fitta allo stomaco. Non riusciva a credere di essere di nuovo in marcia verso un altro incarico. Una settimana prima, era entrata nell'ufficio del suo capo pronta a dare le dimissioni dopo diciotto anni passati a viaggiare per il mondo per la Constar Communications.

    Greg Sullivan era tutto sorrisi mentre lei si avvicinava alla scrivania. Bentornata, Sophie. Si alzò in piedi per abbracciarla forte.

    Sophie aveva conosciuto Greg alla tenera età di ventidue anni, quand'era ancora timida e timorosa. Greg l'aveva presa sotto la propria ala protettrice e le aveva dato l'opportunità di realizzare il suo sogno di diventare una giornalista. Ecco il documentario, disse lei, sciogliendosi dall'abbraccio. È tutto pronto per il programma del mese prossimo.

    Che efficienza! Sono sicuro che hai fatto un ottimo lavoro, Sophie. Greg si schiaffò una manciata di mentine in bocca.

    Novanta giorni a Baghdad è stato proprio troppo per me, disse Sophie con un sospiro.

    Sempre una nuova esperienza, vero? La stava studiando da sopra il bordo degli occhiali.

    Sophie distolse lo sguardo sui premi appesi al muro, troppi per contarli. Ascolta, Greg, devo assolutamente parlarti. Hai un attimo?

    Greg lanciò un'occhiata all'orologio. Certo. Chiuse la porta e si mise a sedere. Cosa succede?

    Il cuore di Sophie cominciò a palpitare al pensiero che Greg, che era davvero come un padre per lei, non avrebbe voluto sentire quello che stava per dirgli. Beh... ehm... vedi... Fece una pausa, mordendosi il labbro. La verità è... faccio questo lavoro da diciotto anni e sono pronta a dime...

    "Hai appena detto dimetterti?" Greg si inclinò in avanti.

    Sì, hai sentito bene. Si schiarì la voce. Come sai, a novembre compio quarant'anni e comincio a capire di non poter fare questo lavoro per sempre, comincio a risentirne. Si riavviò da una parte i corti capelli corvini. Ogni anno che passava Sophie diventava sempre più ansiosa riguardo al fatto di essere nubile.

    Greg si accigliò. Sophie, credevo che ti stesse a cuore essere una giornalista. Sei talmente brava... Hai pensato a cosa farai dopo aver dato le dimissioni?

    Lei fissò la parete. Ha ragione in pieno, non ho niente in mente. L'inaridimento delle ovaie ha colonizzato i miei pensieri. Ehm... non ci ho ancora pensato, balbettò Sophie. Magari me ne vado in un posto lontano... in Grecia o in qualche isola tipo le Maldive... o, chi lo sa, le Fiji, forse. Sì, me ne sto lì un anno per capire cos'è quello che voglio fare davvero.

    Greg si appoggiò allo schienale della sedia con le braccia incrociate. Lo vedi, Sophie, non ne hai la più pallida idea.

    La guardava con le spesse sopracciglia inarcate. I capelli grigi e le guance infossate dimostravano che aveva sgobbato per anni. Con le proprie manie da stacanovista, Sophie temeva che avrebbe fatto la sua stessa fine se non fosse cambiato qualcosa.

    Cercò di calmarsi. Non mi lascerà mai andare. In passato aveva promesso a Greg che non avrebbe dato le dimissioni finché lui non fosse stato pronto ad andare in pensione; pensava che non si sarebbe mai sposata ma, con il passare degli anni, desiderava ardentemente qualcuno con cui condividere la propria vita. Un marito, figli, e una casa in periferia dove l'aria era fresca.

    "Cos'è successo alle parole famose ‘Sono una nomade’?" chiese Greg.

    Lei evitò di nuovo il suo sguardo. Aveva diciotto anni quando i suoi genitori erano rimasti uccisi in un incidente d'auto. In quanto figlia unica senza parenti stretti, Sophie aveva imparato a essere indipendente. Dopo quattro anni di università sognava di esplorare il mondo e la Constar Communications le aveva dato la possibilità di fare proprio quello. Ma ora era seduta alla stessa scrivania in cui aveva fatto il colloquio con Greg, e desiderava cose ben diverse.

    Con rinnovata convinzione si raddrizzò e disse, "Le persone cambiano, Greg."

    Lui annuì e tirò fuori una pila di cartoline che Sophie gli aveva mandato dai vari posti in cui era stata inviata: Hong Kong, India, Vietnam, Londra, Irlanda, Kuwait, Filippine, Indonesia, Malesia, Giappone, Spagna, Francia, Italia, Israele, Russia, Germania e, recentemente, Iraq. I tuoi viaggi ti hanno reso quella che sei, Sophie.

    Lo so, mormorò, ricordando gli eroi di guerra che aveva presentato nei suoi documentari. "L'inviata mi starà sempre a cuore ma non..."

    Greg la interruppe. "L'inviata è il nostro programma numero uno, Sophie. Cosa farò senza di te?"

    Si morse il labbro senza dire una parola. Sapeva che sarebbe andato avanti all'infinito.

    Greg studiò le cartoline, poi gli si illuminò lo sguardo. E se arrivassimo a un accordo?

    Lo fissò in quegli occhi blu oceano; aveva la stessa espressione di suo padre quando cercava di conquistare qualcuno. Per Sophie era sempre stato difficile dire no a entrambi. Cosa proponi? chiese, accavallando le gambe.

    Greg aprì il cassetto e ne estrasse una cartellina. "Voglio offrirti un ultimo incarico."

    Sophie rimase interdetta. Come?

    Sì. Le fece l'occhiolino. Secondo me ti piacerà. Ero talmente emozionato al pensiero di parlartene e sono convinto che sarà il migliore che hai fatto finora. Si tolse gli occhiali e si sfregò le mani. Sei pronta?

    Sophie deglutì a fatica, gli occhi fissi sul suo capo settantenne che lavorava come se ne avesse diciannove. La Constar Communications era la sua vita e potevi leggerglielo nelle vene. Spostò lo sguardo sulla foto di Greg e della sua famiglia: la moglie pediatra, che lavorava fino a tardi come lui, e i tre figli ormai grandi, tutti e tre di successo e che vivevano sulla Costa Occidentale. "Se mi prometti che questo sarà il mio ultimo incarico."

    Greg fece una risatina. Sono sempre stato trasparente con te.

    Lo so, lo so, mi dispiace...

    Non dispiacerti, hai fatto un lavoro impressionante. Non potrò mai esprimerti la mia gratitudine per tutto quello che hai fatto per quest'azienda.

    "No, sono io a dover ringraziare te. Mi hai presa a bordo quand'ero completamente sola. Sei diventato la mia famiglia e ora io ti abbandono." Gli occhi le si gonfiarono di un fiume di lacrime.

    Nah, non ho mai pensato che saresti rimasta qui per sempre, disse, stiracchiando le braccia sopra la testa. Sapevo che questo giorno sarebbe arrivato.

    Davvero? Tirò fuori un fazzoletto e si tamponò le guance.

    Certo. Volevo metterti alla prova per capire se facevi sul serio riguardo alla tua decisione. Insomma, non vuoi sposarti e metter su famiglia?

    Annuì, molto più rilassata ora. Sì.

    Voglio solo quello che è meglio per te, Sophie. Hai svolto un lavoro incredibile qui e rispetto la tua decisione.

    Lei sorrise. Grazie, Greg. Ti considererò sempre uno di famiglia.

    Non c'è nemmeno bisogno di dirlo. Le diede una strizzatina al braccio. "E, per la cronaca, chiunque si sposi con te sarà l'uomo più fortunato della Terra."

    Aveva lo sguardo velato di lacrime quando si alzò per abbracciarlo forte. Non riusciva ancora a credere che se ne sarebbe andata. Greg non era tipo da mostrare emozioni, ma lo sentì tremare mentre erano abbracciati. Era pronta ad abbandonare il proprio lavoro? Aveva pensato notte e giorno a quella domanda per diversi mesi. Era ora. Il suo orologio biologico ticchettava.

    Greg si schiarì la voce mentre lei tornava a sedersi. Sei pronta a sapere dove sarai inviata?

    Sophie annuì e lo guardò aprire la cartellina.

    Greg sogghignò. Ti mando di nuovo alle Filippine.

    Sophie per poco non cadde dalla sedia. "Alle Filippine? Un'altra volta? Ci sono stata dieci anni fa, te lo ricordi?" Come poteva dimenticarlo, quell'incarico si era rivelato uno dei momenti salienti della carriera di Sophie: un documentario sulla vita della first lady, Imelda Marcos. Mentre il resto del mondo sapeva solo delle tremila paia di scarpe di Imelda, Sophie aveva mostrato l'altro lato della sua vita: una donna che veniva da origini umili prima di diventare un personaggio di spicco.

    Certo che mi ricordo. Ma stavolta intervisterai Marina Suárez, un'artista e scrittrice che fu catturata dai soldati giapponesi in Bataan durante la seconda guerra mondiale. Mi è stato riferito che Marina, che all'epoca aveva vent'anni, è stata l'unica sopravvissuta tra i prigionieri della sua zona. Vista la situazione, non si può fare a meno di chiedersi perché. Greg accese un sigaro cubano. Le mie fonti mi dicono che Marina protegge un intimo segreto e conto su di te per scoprire di cosa si tratti.

    Sophie era rimasta a bocca spalancata. Dove hai reperito tutte queste informazioni, Greg?

    Lui le passò un pezzo di carta che sembrava essere stato strappato da un giornale. Vedi, persino il famoso Jack Levine era a Manila per ricostruire la sua storia, ma è morto prima di scoprire la verità.

    Sophie scorse velocemente le parole scarabocchiate in un inchiostro blu ora sbiadito. Oh, Jack... mi sarebbe piaciuto tanto lavorare con lui. disse.

    Sareste stati una bella coppia, ma sono sicuro che tu sarai più brava a portare a galla informazioni.

    Cosa ti fa credere che si aprirà con una totale sconosciuta come me?

    Greg aveva un'espressione furba. Le donne hanno più intuizione. Sono sicuro che riuscirai a conquistare la sua fiducia. Allora, tutto quello che ti serve è indicato nel fascicolo. Leggilo, respiralo, portalo a dormire con te.

    Sophie scimmiottò le parole preferite di Greg. Se solo avesse potuto mandarla in una destinazione diversa. Non aveva idea del dolore che Sophie aveva sofferto a Manila. D'accordo, lo leggerò.

    Greg la fissò attentamente. Va tutto bene? Non sembri molto entusiasta di andare a Manila.

    Lei non disse una parola. Come faceva a dirgli che l'unico uomo che avesse mai amato le aveva spezzato il cuore proprio a Manila?

    Sophie? Greg schioccò le dita.

    Oh, scusa. Si sfregò gli occhi. Cosa stavamo dicendo?

    Greg andò ad aprire lo schedario e ne estrasse un altro fascicolo. Ho detto che non sembri molto entusiasta. Da' un'occhiata ai tuoi appunti del 1976.

    Le Filippine hanno due facce: un abisso tra lusso e povertà. Nelle parti ricche della città le case sono costosissime e i proprietari hanno dei domestici al proprio servizio. Le spiagge sono cristalline, l'acqua è piatta e la sabbia finissima si espande a perdita d'occhio. Eppure i binari ferroviari sono circondati di baracche: case costruite con paglia e bambù che sono più piccole del bagno di una casa a New York. Le zanzare si annidano sulle montagne di spazzatura che circondano le case. Le persone indossano abiti laceri e bevono acqua dalle fogne. Li chiamano abusivi. La vita è ingiusta!

    Sophie lesse quella nota due volte. Sì, me lo ricordo. I filippini sono famosi per la loro capacità di fiorire in qualsiasi situazione. Non li senti lamentarsi o stressarsi per le piccole cose.

    È vero, sono sempre sorridenti e pronti a darti una mano.

    Le venne subito in mente il sorriso di un uomo in particolare. Durante il suo ultimo viaggio a Manila, si era innamorata di Eric Santiago. Nessuno le aveva mai toccato il cuore come Eric e, proprio quando era pronta a rinunciare a tutto ciò che aveva per stare con lui, aveva scoperto il suo oscuro segreto: era sposato.

    Sophie non sarebbe mai uscita con lui se l'avesse saputo. All'epoca aveva trent'anni, era giovane e ingenua. Successivamente aveva scoperto dalla sua amica filippina, Claire, che là è risaputo che gli uomini sono così: avere un'amante è uno stile di vita per loro, mentre le mogli restano delle martiri. Col cuore spezzato, Sophie se n'era andata da Manila senza nemmeno dirgli addio. Non aveva avuto il coraggio di affrontarlo e le cose fra loro erano rimaste in sospeso. Credeva che col tempo lo avrebbe dimenticato. La parte ironica era che, per quanto lo odiasse, l'amore non era cessato. Si era tenuta impegnata con gli incarichi in ogni destinazione, ma nel profondo il suo cuore bramava ancora Eric. Niente riusciva a riempire quel buco e il vuoto che sentiva dentro. Sapeva che era sbagliato pensare a lui, ma si era chiesta in continuazione: puoi dire al tuo cuore chi amare? Nemmeno uscire con altri uomini aveva funzionato, nessuno riusciva a battere l'intensità dei sentimenti che aveva provato per lui. Era il suo unico e solo vero amore. Ancora oggi non riusciva a comprendere come una cosa tanto sbagliata potesse sembrare proprio la cosa giusta.

    Greg tirò una lunga boccata dal sigaro. Ricordo che una volta mi hai detto di non esserti mai sentita veramente a casa finché non sei stata nelle Filippine.

    Perché doveva ricordarsi sempre tutto? Ehm, sì, ma è passato tanto tempo. Sicuramente saranno cambiate tante cose.

    "Oh, Manila è ancora Manila. Le Filippine saranno sempre la perla d'oriente."

    Sophie fece una smorfia. Quando parto?

    La prossima settimana.

    Con un'alzata di sopracciglia, esclamò: Cosa? Ma sono appena tornata.

    Non preferisci toglierti il pensiero? Credevo che fossi ansiosa di dare le dimissioni e andare avanti.

    È solo che pensavo... Si interruppe. Aveva ragione, era inutile rimandare l'inevitabile. Sai una cosa, va bene. La prossima settimana sia.

    L'espressione di Greg si illuminò. Fantastico. So che farai un lavoro straordinario, Sophie. Come sempre.

    ***

    Stiamo per atterrare. La voce del capitano interruppe i suoi pensieri. Allacciate le cinture.

    Sophie sentì l'aereo sobbalzare. Dopo una discesa piena di scosse, che non aiutò a calmare le farfalle che sentiva nello stomaco, l'atterraggio filò liscio. Non si prese il disturbo di sorridere mentre gli altri passeggeri scoppiavano in un applauso.

    "Mabuhay! annunciò il capitano. Benvenuti a Manila, vi auguriamo un piacevole soggiorno."

    Capitolo 3

    Non appena Sophie mise piede all'aeroporto internazionale di Manila, si sentì subito bagnata fradicia per il calore che pervadeva ogni cellula del suo corpo. Sventolarsi con una busta la aiutò a non sentirsi come se fosse chiusa in un forno. Facendosi strada tra la folla compatta, si affrettò a raggiungere il terminal per aspettare il bagaglio, l'unico che aveva usato negli ultimi diciotto anni di viaggi. Voleva disperatamente andarsene da quel caldo.

    Da questo lato del globo il tempo scorreva decisamente più lento, e battere il piede e controllare l'orologio non lo facevano andare più veloce. Dopo quella che sembrò un'eternità, comparve il bagaglio. Prese ciascun collo dal nastro e le furono subito accanto due facchini. Signora, dove ha l'auto? chiese quello più magro, portandole la valigia.

    Non fa niente... Ce la faccio. Ma era troppo tardi. Il facchino più alto le aveva preso il bagaglio a mano e stava andando verso l'uscita. Li seguì all'esterno, dove centinaia di persone stavano aspettando l'arrivo dei loro cari.

    Le girava la testa. Aspettate, devo prendere un taxi, gli urlò. Il facchino alto stava per fare cenno a un taxi quando una limousine accostò al marciapiedi all'altezza di Sophie.

    Ne uscì un uomo basso e magro. Mi scusi, signora, lei è Sophie Matthews?

    Lei si grattò la testa, confusa. Sì.

    L'uomo le rivolse un ampio sorriso. Mi chiamo Patrick e sono al suo servizio. Il signor Sullivan ha richiesto che la accompagnassi al Manila Hotel. Patrick le mostrò una busta che conteneva le istruzioni di Greg, una ricevuta e la foto di Sophie.

    Come gli è venuto in mente di mandarmi una limousine? È chiaro che le sta tentando tutte per farmi cambiare idea sul fatto di andarmene. Va bene, grazie.

    I due facchini stavano ancora fissando la limousine quando l'autista aprì il bagagliaio. Misero dentro le valige mentre Sophie rovistava in borsa per dare loro tre dollari ciascuno. I ragazzi fissarono prima i soldi, poi di nuovo lei.

    Sono più che sufficienti per entrambi, disse prima di salire sull'auto.

    Fecero un sorriso forzato e la salutarono con la mano mentre saliva.

    Sophie accarezzò i sedili di pelle, ammirando l'interno. Non ero mai stata su una limousine prima d'ora.

    Gradisce dello champagne? Chiese Patrick dal sedile anteriore. Cavalier Greg si è raccomandato di averlo pronto per lei.

    Cavalier Greg? Ehm, no, grazie. Troppo presto per le bollicine. Allungò le gambe e si godette le comodità.

    Patrick annuì e mise in moto. Sophie lo osservò farsi strada nelle trafficate vie di Manila, dove c'era un ingorgo in piena regola. Nonostante l'aria condizionata al massimo, sentiva ancora l'umidità che arrivava da fuori. Era la Manila che ricordava, ma con più traffico e molte più persone.

    È la sua prima volta qui? Patrick le lanciò un'occhiata dallo specchietto retrovisore.

    No... Sono stata qui dieci anni fa.

    Ah. Sorrise, mostrando un dente d'oro, e disse in un inglese perfetto: Sono cambiate molte cose. Ci sono più posti in cui andare.

    Sophie annuì. Si ricordava che fare shopping e mangiare sembravano essere i passatempi preferiti dei filippini.

    Abbiamo anche tante spiagge bellissime. Se ha bisogno di un autista, la accompagno io.

    Grazie, Patrick. Sei molto gentile e disponibile. Ti farò sapere. L'unica cosa che voleva era prendere il prossimo volo per New York.

    Patrick sorrise. Ne sarei onorato.

    Una jeepney, un tipico mezzo di trasporto pubblico a Manila, che era una versione modificata, con colori vivaci, delle jeep militari, passò a tutta velocità al loro fianco. Guardando quello strano veicolo Sophie notò le persone aggrappate alle sbarre della jeepney e le venne un groppo in gola. E se cadono?

    L'autista tagliò la strada alla limousine, tanto che Patrick dovette inchiodare.

    Passarono lungo Roxas Boulevard, dov'era situata una schiera di hotel a cinque stelle che si affacciavano sulla baia di Manila. In netto contrasto con quei grattacieli lussuosi si vedeva una lunga striscia di palme da cocco lungo il marciapiede, circondate di spazzatura. Bambini sudici, senza maglietta, correvano verso le auto per vendere la sampaguita, un fiore tipico del posto, e chiedere l'elemosina.

    Dall'altro lato della strada c'erano delle persone con dei cartelloni che stavano protestando. Sophie indicò nella loro direzione. Cosa succede laggiù?

    Patrick guardò a sinistra e scrollò le spalle. Le persone sono arrabbiate con il presidente Marcos. Vogliono un cambiamento.

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