La gelosia del milionario: Harmony Collezione
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Rafael Rocchi passa da una donna all'altra, senza fermarsi mai: il suo cuore non potrà più essere di nessuna. L'incontro con Cristina, però, fa vacillare ogni sua certezza: lei non è la tipica bellezza cui lui è solito accompagnarsi, ma c'è qualcosa nel suo carattere solare che lo affascina. Così, quasi senza accorgersene, la seduce, solo per lasciarsela sfuggire poco dopo. Cristina, infatti, non accetta compromessi, soprattutto in amore. Se davvero lui la vuole al proprio fianco, dovrà darle qualcosa di più di quanto sembra disposto a fare.
Cathy Williams
Autrice originaria di Trinidad, ha poi studiato in Inghilterra, dove ha conosciuto il marito.
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Anteprima del libro
La gelosia del milionario - Cathy Williams
1
In una giornata d’inverno, durante la quale le persone di buonsenso avrebbero evitato di usare l’automobile, Rafael Rocchi spronò al galoppo i cinquecento cavalli della sua Ferrari di colore nero metallizzato, che da tempo scalpitavano nel suo garage di Londra.
Non aveva molte occasioni di guidarla, ed era un puro piacere sedere al volante di quella vettura. Niente eguagliava quell’inebriante sensazione di libertà, così in contrasto con la monotonia della sua routine quotidiana.
Dirigere l’impero Rocchi, di cui aveva assunto il comando otto anni prima, alla morte del padre, non era un’esperienza proprio entusiasmante. Interessante, gratificante, certo, liberatoria ed esaltante, no.
La Ferrari divorò la distanza che separava Londra dal Lake District, la regione dove risiedeva sua madre.
Da giorni la neve ammantava di bianco l’intero paese; Rafael non aveva riflettuto sul fatto che una macchina così veloce, su strade in condizioni non proprio ottimali, potesse rappresentare una combinazione pericolosa. Concentrato sulla guida, era sicuro di saper governare la Ferrari, così come era certo di possedere il controllo della propria vita.
Ecco perché, a soli trentasei anni, era già una leggenda nel mondo degli affari, temuto per la sua intransigenza, e altrettanto stimato per il proprio acume.
Di tanto in tanto era incline a pensare che, in un certo senso, anche le donne lo temessero allo stesso modo. Un po’ di soggezione non guastava, ed era giusto che una donna sapesse chi teneva le redini, nei rapporti. Sempre che i suoi flirt, che duravano sei mesi al massimo, potessero essere considerati tali!
Sua madre li avrebbe definiti in ben altro modo, rifletté, meditando sul fatto che proprio la sua vita sentimentale doveva essere il motivo del ricevimento che la donna aveva organizzato, quella sera.
Una riunione informale, dopo Natale, per pochi intimi, gli aveva assicurato. Solo per sollevare gli spiriti nel mese di febbraio, il più noioso dell’anno. Ma quanto poteva essere informale un party per cento invitati?
No, sua madre doveva essere di nuovo sul piede di guerra, concluse Rafael tra sé. Anche se le aveva più volte ripetuto di non essere adatto al matrimonio e di essere soddisfatto della propria vita, per l’anziana signora un uomo di trentasei anni, ancora celibe e senza figli, non era un’opzione.
Aveva tanto insistito perché il figlio fosse presente al suo party! Era persino ricorsa al ricatto morale, il che era ingiusto, ma... l’unica persona al mondo che Rafael amava e stimava incondizionatamente, e alla quale non avrebbe mai negato niente, era sua madre.
Ed eccolo lì, ubbidiente, anche se era consapevole che si sarebbe annoiato a morte, costretto ad ascoltare banali e inutili conversazioni e a intrattenersi con qualche giovane ragazza con cui, quasi certamente, non aveva niente in comune.
Maria non aveva mai accettato il fatto che lui scegliesse le sue partner solo in base al loro aspetto fisico. A lui piacevano alte, bionde, compiacenti e soprattutto... ben consapevoli che qualsiasi rapporto avesse intrattenuto con loro aveva una scadenza.
A un tratto, Rafael frenò e sterzò bruscamente non appena imboccò la stretta strada di campagna che conduceva alla proprietà della madre. La Ferrari girò su se stessa più volte e, in uno stridio di gomme, si arrestò a pochi centimetri da una Mini ferma di traverso sulla strada, le ruote anteriori impantanate in un campo innevato.
Una figura accanto alla piccola vettura osservò immobile la scena. Una donna, constatò Rafael scendendo dalla propria macchina, furibondo. Tipico, commentò tra sé.
«Che diavolo succede qui?» inveì. «Sì è fatta male?» aggiunse dopo qualche istante, deciso a mostrare la propria educazione.
La donna non rispose. Si limitò a battere più volte le palpebre, come inebetita.
Solo allora Rafael si rese conto che doveva rimuovere la Ferrari, che ostruiva del tutto la strada. Benché quel tratto fosse poco trafficato, non c’era motivo di rischiare. «Devo spostare la macchina» comunicò alla donna che rimaneva in silenzio.
Tuttavia, quando tornò sulla scena dell’incidente, lei era scomparsa. Rafael si guardò attorno e la scorse inginocchiata per terra sul ciglio della strada, intenta a cercare qualcosa.
«Mi... mi dispiace» balbettò la sconosciuta. «Lei si è fatto male?» Ancora acquattata, sollevò lo sguardo verso di lui, prima di riprendere la propria ricerca.
«Ha idea di quanto sia pericoloso lasciare la macchina sulla strada?» ribatté lui accennando alla Mini.
«Ho cercato di spostarla, ma le ruote giravano a vuoto» si giustificò la donna, alzandosi in piedi.
Era di bassa statura, non più di un metro e sessanta, e piuttosto rotondetta, la radiografò Rafael all’istante. Il che mise ulteriormente a dura prova la sua pazienza. Se fosse stata alta, slanciata e... bellissima, il suo fascino da latin lover si sarebbe attivato all’istante. Al contrario, la osservò dall’alto in basso con sprezzante superiorità.
«E quindi ha deciso di abbandonarla lì, a quel modo, per setacciare il terreno?» ironizzò con freddo sarcasmo. Era sul punto di perdere le staffe.
«A dire la verità, io non stavo affatto setacciando il terreno» ribatté l’altra piccata. «Stavo... mi sono strofinata gli occhi, e ho perso una lente a contatto. Arrivo da Londra... Avrei dovuto prendere il treno, ma vorrei ripartire domattina presto, e per non disturbare...» farfugliò. «A ogni modo, buonasera.» Lo guardò in viso e gli tese la mano.
Era l’uomo più bello che avesse mai visto in tutta la sua vita. Alto, oltre il metro e ottanta, i capelli scuri pettinati all’indietro in modo da far risaltare la bellezza cesellata del suo viso serio e impassibile. Sembrava uscito dalla copertina di una rivista di moda.
Cristina non poté fare a meno di sorridergli, per niente intimidita dalla sua espressione severa.
«Cercherò di togliere la sua macchina dalla strada» si offrì Rafael ignorando la sua mano. «Lei farà meglio a salire sulla mia» le ingiunse senza tanti preamboli. «Immagino che stiamo andando nella stessa direzione. C’è solo una casa, alla fine di questa strada.»
«Oh, non occorre che si disturbi» si schermì Cristina quasi senza fiato.
«Lo so, ma lo farò lo stesso, perché non vorrei avere rimorsi di coscienza, nel caso lei si rimettesse alla guida della sua auto e, senza lenti a contatto, avesse un incidente» dichiarò acido. Le voltò le spalle e, in pochi minuti, fece ciò che lei non era stata in grado di fare nell’ultima mezz’ora.
«Fantastico» commentò lei, affascinata, quando Rafael la raggiunse di nuovo. «Ora potrei riprendere la macchina... Voglio dire, ho un paio di occhiali nella borsa» lo tranquillizzò. «Li porto sempre con me, perché non so mai quando le lenti a contatto cominciano a irritarmi gli occhi... Lei porta lenti a contatto?»
«Prego?» Rafael fu colto alla sprovvista.
«Oh, non importa.» Cristina lasciò cadere l’argomento. Si era appena resa conto del proprio aspetto. Non poteva presentarsi a un ricevimento in simili condizioni!
«Allora?» la esortò lui, in piedi, accanto alla Ferrari, la portiera del passeggero aperta. Un vento freddo sibilava attorno a loro, anticipando, con il suo gelido respiro, l’arrivo di un’imminente nevicata.
Esitante, Cristina avanzò di qualche passo. «È solo che...» Allargò le braccia, desolata. «Mi guardi. Non posso venire a un ricevimento in questo stato!» Aveva conosciuto da poco Maria, la sua ospite. L’aveva incontrata in Italia quando ancora viveva con i suoi genitori, prima di trasferirsi a Londra. Maria era una donna molto disponibile e affabile, ma il loro rapporto non era ancora così intimo da permetterle di mostrarsi a lei in quelle condizioni.
Aveva le mani sporche per aver scavato nel terreno, le calze smagliate, e non osava pensare ai suoi capelli che, di norma, erano spettinati.
«Non sia ridicola!» esclamò Rafael, seccato. «Si gela, e io non starò qui a discutere con lei del suo aspetto.» Da gentiluomo qual era non sottolineò il fatto che c’era ben poco che si potesse fare per migliorarlo. Quella donna era tonda come una palla, e il vento stava scompigliando del tutto la sua pettinatura. «Senta, prenda le sue cose dalla macchina, e io le assicuro che entreremo dall’ingresso sul retro» decise su due piedi quando la ragazza non accennò a muoversi. «La condurrò in una stanza degli ospiti, e lì potrà fare tutto quello che crede» concluse, sbrigativo.
«Davvero?» Cristina apprezzò le sue premure. Prima con la macchina e adesso con il suo look. Certo, quell’uomo non sprizzava simpatia da tutti i pori, ma era comprensibile! Aveva rischiato un incidente per colpa sua, ragionò tra sé recuperando la valigia.
«Si sbrighi» la esortò Rafael gettando, incurante, il suo bagaglio nel baule della Ferrari. Guardò l’orologio, impaziente; il party doveva essere in pieno svolgimento. Aveva promesso a sua madre di arrivare in anticipo, ma le esigenze di lavoro avevano mandato in fumo i suoi buoni propositi.
«Come pensa di trovare l’ingresso sul retro?» si informò Cristina, perplessa, non appena prese posto accanto a lui.
Rafael non si sentì in dovere di informarla del suo legame di parentela con la loro ospite. Evidentemente la donna non conosceva la sua identità, e lui preferì tacere. Almeno per il momento. Aveva conosciuto molte donne che avevano visto nella sua ricchezza una sorta di afrodisiaco. A volte era stato divertente, più spesso era noioso. «Non conosco il tuo nome» esordì, invece, cambiando argomento.
«Cristina. Mio Dio! Sono così scortese!» Lei arrossì, mortificata. «Tu sei stato così gentile, e io non mi sono nemmeno presentata!» Le mancava il respiro?, si chiese. Era probabile. Cercò di ricomporsi e di comportarsi come la donna adulta di ventiquattro anni che era. I suoi tentativi di assumere un certo contegno furono vanificati dalla sua spontaneità, dalla sua natura genuina ed espansiva. Aveva conosciuto molti uomini, essendo vissuta prima in Italia e poi nel Somerset presso una zia, durante gli anni di collegio, ma le sue esperienze con l’altro sesso erano molto limitate, a qualsiasi livello di intimità o coinvolgimento. Per essere esatti, erano inesistenti. Di conseguenza quel sano cinismo, quella malizia tutta femminile che di solito derivava dalle delusioni sentimentali e che gran parte delle donne considerava come un fattore di crescita, non si era mai sviluppato in lei. Cristina possedeva una fiducia illimitata nella bontà della natura umana e, per quel motivo, anche le risposte poco cortesi e la ritrosia di Rafael nei confronti dei suoi tentativi di approccio non la offesero, né tanto meno la intimidirono o la indussero a desistere. «E tu, come ti chiami?» chiese di rimando.
«Rafael.»
«Come mai conosci Maria?»
«Perché ti preoccupi così tanto per la tua ospite e della sua opinione?» Lui evitò di nuovo l’argomento. «Sai quante persone ci saranno al party?»
«Ehm... no, ma non posso entrare in una casa piena di gente con le calze smagliate e i capelli in disordine.» Cristina sospirò. «Anche le mie mani ora sono un disastro, e ho fatto la manicure solo ieri!» Trattenne a fatica le lacrime.
Teneva così tanto a quell’occasione! Era arrivata a Londra da poco,