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I nuovi schiavi
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I nuovi schiavi
E-book56 pagine45 minuti

I nuovi schiavi

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Info su questo ebook

Francesca entra in punta di piedi nella cameretta dell’ospedale. Il suo viso raggiante è seminascosto da un enorme mazzo di fiori di pesca. “Ecco, Amina, ti ho portato i primi fiori del nostro giardino; ti piacciono ? Sono l’annunzio che l’inverno è finito e sta per tornare la primavera”. Si china sull’amica che stringe vicino a sé – quasi avesse timore che glielo portino via – un fagottino dal quale spunta un roseo visino.
Amina sorride grata. Lei sa quanto sia preziosa la loro amicizia: e che solo attraverso questa amicizia potrà forse ritrovare una parte di se stessa, della sua giovinezza violata.

Questa è la storia di Amina, una giovanissima donna che fugge da tradizioni crudeli e spietate e dopo una lunga e terribile odissea giunge in Italia. Qui incontrerà, sì, ancora dolore e miseria, ma anche l’amicizia di Francesca – una “normale” quindicenne alle prese con i problemi dell’adolescenza – che le saprà offrire comprensione e speranza.
LinguaItaliano
EditoreAbel Books
Data di uscita24 mag 2012
ISBN9788897513971
I nuovi schiavi

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    Anteprima del libro

    I nuovi schiavi - Maria Teresa Veronesi

    9788897513971

    INTRODUZIONE

    Nel 1866, riferendosi  a Zanzibar, D. Livingston scrisse:

    Questo è il posto più bello che abbia mai visto in tutta l’Africa.

    Un luogo dell’illusione dove nulla è come appare.

    Zanzibar, un paradiso di palme svettanti, spiagge bianchissime, acque tiepide e cristalline, profumo di spezie.

    L’isola delle spezie, sì, ma anche l’isola degli schiavi.

    Perché, solo a partire dal 1881, anno nel quale fu inaugurato ufficialmente il Mercato degli schiavi, furono vendute qui più di un milione di vite umane. Ed è proprio qui, dopo aver visitato questo mercato con le orribili celle dove venivano ammassati gli sventurati, e aver ascoltato i racconti - antichi e recenti - dei discendenti delle vittime, che mi venne l’idea di scrivere questa storia.

    Schiavi di allora e schiavi di oggi. Perché, come altro chiamare coloro che fuggono dai propri paesi, spinti dalla speranza di una vita migliore, le cui vite sono vendute dai trafficanti?

    Capitolo I

    Zanzibar - anno 1860

    Gemendo, Amina si svegliò dal suo sonno agitato; se sonno si poteva chiamare quel girarsi e rigirarsi inquieto sul duro giaciglio, come immersa in una nuvola nera nella quale si sentiva sprofondare. Qualcosa da cui cercava faticosamente di emergere mentre le mancava il respiro.

    Ad un tratto la nuvola si diradò e lei piombò in una realtà ancora più spaventosa del sogno, un incubo dal quale non riusciva a fuggire. E ricordò... si rese conto del luogo nel quale si trovava - un antro buio e maleodorante trafitto solo da sordi gemiti - e del perché era lì. Ricordò l’ultimo giorno della sua vita felice, quello trascorso in un tempo che non le apparteneva più, un tempo che le sembrava immaginario o vissuto in un sogno. Ricordò... fantasmi le apparvero come pezzi evanescenti di un puzzle che uscivano dalla nebbia e ricomponevano un quadro.

    Quel giorno la regina Sakalava doveva essersi svegliata di buonumore perché aveva dipinto la terra dei suoi colori più belli e forse, adesso,  mollemente distesa su una soffice nuvola, osservava compiaciuta la propria opera. Anche Amina guardava quel mondo con il cuore pieno di ammirazione e felicità: i colori del mare - dal verdazzurro variegato di strisce bianche al blusmeraldino - formavano un’unica splendida tavolozza con il grigio rosa del cielo; la sabbia bianca e finissima era ancora ricamata,  alle prime ore del giorno, dalle impronte delle piante e degli animaletti che vi avevano trascorso la notte,  prima della bassa marea. Lei camminava leggera sulla battigia cercando di non sciupare quegli arabeschi delicati, tenendo con la sinistra la manina della piccola Amina Junior (nella sua famiglia ad ogni generazione la primogenita portava quel nome) e accarezzandosi teneramente con la destra il ventre appena prominente.

    Di buonora si era recata al tempio della regina Sakalava per impetrare la sua benedizione sulla creatura che avrebbe messo al mondo. Con il capo coperto, era entrata nel luogo sacro dove aveva pregato devotamente. Il posto era immerso in un verde silenzio,  con i tronchi degli alberi come colonne vive e l’intreccio dei rami sinuosi che formavano una volta sussurrante e misteriosa; il terreno era cosparso delle offerte dei fedeli - drappi colorati, piccoli oggetti intagliati, candide conchiglie levigate dalle onde... - alle quali lei aveva aggiunto le proprie, in particolare una bambolina di pezza dal viso sorridente e fiducioso come quello della sua piccola.

    Poi, mentre ancora immersa nell’atmosfera di appagata serenità ritornava verso casa... in un attimo... la sua vita era cambiata.

    Ecco, con la consistenza di un brutto sogno le tornano davanti agli occhi le immagini di quei momenti: i pianti e le grida della sua bambina quando gliel’avevano strappata dalle braccia, l’inutile disperata ribellione del suo sposo quando li avevano separati, il villaggio ridotto ad una rovina fumante tra i lamenti

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