Riscontri. Rivista di Cultura e di Attualità: N. 1 (GENNAIO-APRILE 2018)
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Operando al di fuori di ogni condizionamento che non consista nel rigore scientifico e nell’onestà intellettuale dei contributi, la sua impostazione è conseguentemente tale da consentire aperture sia in senso verticale che in senso orizzontale per cui “Riscontri” si offre oltre tutto come una singolare occasione di incontro e di confronto tra i vari livelli e le varie posizioni del mondo culturale e civile.
In questo numero, col quale si festeggia il quarantennale della rivista, sono pubblicati i saggi di vari autori che – come da tradizione della rivista – trattano i temi della storia, della filosofia e della critica letteraria.
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Riscontri. Rivista di Cultura e di Attualità - Riscontri
Riscontri
RISCONTRI. RIVISTA DI CULTURA E DI ATTUALITÀ
N. 1 (Gennaio-Aprile 2018)
Tutti i diritti di riproduzione e traduzione
sono riservati
Responsabile : Ettore Barra
Registrazione presso il Tribunale di Avellino, n. 2 del 15/03/2018
Amazon Media EU S.à.r.l. (AMEU), 5 rue Plaetis, L-2338 Luxembourg
Nuova Serie: Anno I - N. 1, Gennaio-Aprile 2018
Periodicità: quadrimestrale
email: direttore.riscontri@gmail.com
sito: www.riscontri.net
Anni XXXVII-XL - N. 1 Gennaio-Aprile 2018
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Indice dei contenuti
EDITORIALE
La nuova serie di «Riscontri»
STUDI E CONTRIBUTI
Breve storia dell’idea di Oriente
Storia e origine dei movimenti ecclesiali
Torquato Tasso nel castello di Bisaccia
Carlo Pisacane
OCCASIONI
Pietro Paolo Parzanese antileopardiano
Saverio Mattei tra tradizione e invenzione
MISCELLANEA
Giambattista Marino
Poesia al femminile nell’Italia del primo cinquecento: Vittoria Colonna
Alcune note intorno all’arte e allo stato estetico in Leopardi e Nietzsche
Note
EDITORIALE
La nuova serie di «Riscontri»
1.
Quando, nel 1979, questa Rivista uscì con il suo primo fascicolo, i più certamente le accreditarono una vita scandita lungo il corso, se non dei mesi, di qualche anno. Questo perché, come avemmo ad osservare in occasione del suo decennale, «privi di mezzi e di sostegni, non coperti da protezioni politiche o da avalli accademici, fuori dagli affaristici circuiti di quella che si chiama industria culturale, non potevamo apparire che deboli». Ma non potevamo apparire che deboli anche per un altro più importante motivo: la cultura del tempo, pesantemente condizionata dall’ideologia marxista, non poteva che guardare con sprezzante sufficienza a ogni iniziativa che, come la nostra, sfidasse, in nome di un’aperta e libera ricerca, il pecorile asservimento alla politica e ai suoi fini. Ma, in realtà, quella che sembrava la nostra debolezza finì per essere la nostra forza perché i termini della coraggiosa sfida avevano come implicito referente non una contingente situazione ma un’assoluta e perenne esigenza qual è quella della libertà.
In effetti, la Rivista, che si andava sempre più accreditando come rara occasione di un largo e articolato confronto di idee, conquistò in breve tempo uno spazio e un pubblico dapprima inimmaginabili e conquistò oltre tutto, sia in Italia che all’estero, l’attenzione e la collaborazione di studiosi di assoluta eccellenza tanto da meritare lusinghieri apprezzamenti come quello, epigrafico quanto significativo, di Mario Pomilio che la definì «bella e severa».
Altro elemento della sua fortuna fu senza dubbio anche la ininterrotta puntualità della sua presenza mantenuta nel corso dei decenni fino a quando, divenuta di recente più pesante e più gretta la disattenzione per la cultura, non sono più bastati a tenerla in vita i sacrifici e la dedizione dei suoi più convinti sostenitori. È così avvenuto che per tre lunghi anni, tra il 2015 e il 2017, la Rivista è stata ridotta al silenzio anche per la responsabile cecità di Enti e Istituzioni facilmente identificabili che, abituati per antica grettezza a dare anche molto per fini discutibili ma neanche poco in mancanza di rozzi ritorni, non ne hanno mai compreso l’importanza rifiutandole ogni forma di aiuto e di incoraggiamento. In ogni modo, siccome, in virtù dell’articolo 7 della legge 8/2/1948 n. 47, la burocrazia prevede che l’efficacia della registrazione di una testata presso il Tribunale di competenza cessa «qualora si sia verificata nella pubblicazione una interruzione di oltre un anno», per l’auspicata ripresa della Rivista, che oggi finalmente si realizza, è stato necessario effettuare una nuova registrazione con cui in realtà si inaugura la Nuova serie
di Riscontri
.
Questa felice inaugurazione è stata ora resa possibile dalla sensibilità e dalla coraggiosa fiducia di un valoroso giovane, Ettore Barra, che, dando prova di una solida cultura e di una rara capacità organizzativa, dopo aver fondato una già affermata Editrice, Il Terebinto
, si è assunto l’onere di assegnare a tale Editrice, con la personale responsabilità di Direttore, la pubblicazione della Nuova serie
della Rivista.
Non possiamo certo negare che il venir meno di una sorta di identificazione con Riscontri
segni per noi una velatura di malinconia. Ma le considerazioni legate all’anagrafe da una parte e l’ammirazione di un giovanile entusiasmo dall’altra hanno opportunamente indotto a questa consegna di testimone che viene, oltre tutto, sancita alla luce di un impegno d’onore: quello di conservare i caratteri di fondo della Rivista come definiti nel vecchio Editoriale programmatico del 1979 che, controfirmato dal nuovo Direttore, ora qui di seguito si ripropone a simbolo di una ideale continuità.
A questo punto, oltre che esprimere profonda gratitudine a chi ne ha meritoriamente raccolto l’eredità, non ci resta altro che augurare lunga e felice vita a questa risorta Rivista.
Mario Gabriele Giordano
2.
Tutte le volte che leggo l’Editoriale programmatico del 1979, non faccio che sentirmi sempre in maggiore sintonia con l’impostazione culturale che per tanti anni ha sorretto l’attività di Riscontri
. Poche ma estremamente belle e significative parole che continuano a tracciare il sentiero della rivista di cui mi accingo ad assumere l’onere e – soprattutto – l’onore della direzione.
Non è difficile immaginare il clima di scetticismo di quegli anni di fronte ad un’iniziativa editoriale basata sulla «fede in una cultura» intesa come «coscienza critica» e non «filiazione di precostituite ideologie». In un periodo storico dove il conflitto politico-ideologico era così acceso da legittimare il pestaggio di provocatori
colpevoli magari di esibire in pubblico un giornale dall’indirizzo politico non gradito (come potevano essere Il Giornale
di Montanelli o il Candido
di Guareschi: due grandi e intollerabili
paladini di libertà e di pensiero critico).
Nonostante la sconfinata ammirazione per Mario Gabriele Giordano e per tutti coloro che con lui hanno collaborato, il successo di Riscontri
è un’impresa che non può non destare meraviglia. Non sarebbe stato possibile accettare la fine di un’avventura editoriale che per quaranta anni ha sfidato senza sosta quei pregiudizi che – oggi come allora – si abbattono su chi si pone al di fuori della cultura di massa e, al contempo, ne denuncia i tentativi di «egemonia totale».
Chi afferma che dietro ogni principio c’è una promessa, dice il vero. E la prestigiosa storia di Riscontri
è una delle dimostrazioni del fatto che chi vive di principii come quello della libertà – nonostante l’enorme sproporzione delle forze in campo – è destinato a vedere sgretolarsi le mode del pensiero unico. Ovvero quelle ideologie che, di volta in volta, si impongono con intolleranza nella convinzione di rappresentare il futuro, senza tenere conto di quei cadaveri dei vincitori
di cui la storia è affollata.
Dopo il crollo delle ideologie
(eufemismo che sta ad indicare l’implosione del marxismo sovietico), molti hanno voluto credere ad una fine delle mode del pensiero. Queste ultime, invece, sono puntualmente rinate dalle ceneri, con indirizzi diversi ma col rinnovato ardore di chi trascorre la sua esistenza saltando dall’una all’atra. Con una, però, sostanziale differenza strategica. I nuovi ideologi difficilmente pubblicano manifesti
e se lo fanno si assicurano che siano complessi abbastanza da non sembrare tali.
Ormai l’ideologia è qualcosa che si sostiene ma non si professa apertamente: c’è o non c’è a seconda dell’opportunità, la si insegna e al contempo la si nega. Proietta, come sempre, verso il paradiso terreste e la nuova umanità ma non ama la ribalta, perché la visibilità significherebbe sottoporre al dibattito pubblico asserzioni che sono già state convalidate come scontate
o indiscutibili
verità. Celate, come sono, in ogni ambito tra le pieghe della tecnica e della burocrazia.
"Riscontri" è, invece, un luogo di «largo e articolato confronto», necessario anche in un mondo dove talvolta si ha effettivamente la sensazione che da confrontare non vi sia più nulla.
E forse, per questo, ancora più necessario.
Ettore Barra
3.
LO SPAZIO E IL PUBBLICO DI «RISCONTRI»
(Originario Editoriale programmatico del 1979)
Per chi chiedesse a quale spazio, come oggi si dice, e a quale pubblico abbiamo pensato nel promuovere la pubblicazione di Riscontri
, la risposta sarebbe nello stesso tempo facile e difficile: facile, perché potremmo semplicemente dire che lo spazio e il pubblico di una nuova rivista sono quelli che essa riesce a conquistarsi per ciò che sa effettivamente essere; difficile, perché, in realtà, da qualche presupposto siamo partiti, ma non è agevole rapportarlo in termini precisi alla complessa situazione del nostro tempo.
Noi non abbiamo verità da rivelare né interessi da sostenere; vogliamo solo più direttamente entrare nel dibattito culturale con una nostra precisa connotazione: la fede in una cultura che non sia strumento in rapporto a fini prestabiliti, ma coscienza critica della realtà; non filiazione di precostituite ideologie, ma matrice di fatti e di comportamenti anche etici e politici; che insomma proceda e operi nel vivo della comunità civile non per dogmi ma per riscontri.
Ecco perché la risposta può essere difficile. Oggi molte etichette, molte reciproche diffidenze, molti pregiudizi dividono in una mappa esageratamente variopinta persone che potrebbero intendersi e discutere e costruire insieme, ma che invece, temendo tacce indesiderate, si rifugiano nella impenetrabile e superba rocca di un’ideologia. Il nostro invito è che queste persone scendano a discutere insieme, con quella umiltà e quella onestà che sono proprie di chi intende la cultura come noi l’abbiamo definita. In questa area di libero e costruttivo dialogo sono lo spazio e il pubblico di Riscontri
.
Al di fuori di una simile prospettiva, non può esservi che l’intolleranza, perché l’intolleranza non è solo quella violenta che grida e percuote, ma anche quella insinuativa e strisciante che persegue i suoi fini di egemonia totale con più accorti modi.
L’impostazione di Riscontri
è stata per altro concepita in modo tale da consentire che la sua apertura possa realizzarsi sia in senso orizzontale che in senso verticale: alla sua disponibilità rispetto a contributi che siano ispirati ai più diversi indirizzi critici, metodologici e ideologici, corrisponde la sua disponibilità rispetto a tutte le fasce del mondo culturale, nella certezza che ciò non debba suscitare incomprensibili riluttanze sia dal basso, per umiltà, sia dall’alto, per orgoglio. Riscontri
vuol essere così un punto di riferimento che si propone come occasione di un largo e articolato confronto. Anche per questo, la rivista non dibatte i problemi particolari di una branca esclusiva del sapere, ma senza nulla cedere in fatto di rigore scientifico, accoglie da tutti e va a tutti nel senso dell’interdisciplinarità della cultura e dell’organica complessità del reale. Ciò che resta per noi irrinunciabile è la serietà e l’onestà intellettuale.
Sappiamo bene a quali difficoltà andiamo incontro nel promuovere un’iniziativa che a qualche benpensante non mancherà di apparire persino arrischiata e temeraria. A confortarci c’è la coscienza di offrire qualcosa di non inutile e c’è la speranza di trovare sostegno e collaborazione nello spazio e nel pubblico che possono essere nostri.
Mario Gabriele Giordano
Ettore Barra
STUDI E CONTRIBUTI
Breve storia dell’idea di Oriente
Islam e Oriente nel pensiero occidentale
Accade di frequente che concetti apparentemente elementari, che la costante ricorrenza nel quotidiano contribuisce a trasformare in una presenza familiare ed – oserei dire – rassicurante, necessitino, per trovare effettiva definizione, di una lunga riflessione e di un’appassionata analisi storica. È questo il caso dell’idea di Oriente sviluppata nei secoli dal pensiero occidentale.
Alle origini dell’idea di Oriente
La formazione dell’idea di Oriente precede in realtà quella del concetto d’Occidente. Quest’ultimo, infatti, non nasce che in seguito alla realizzazione di una differenza con qualcosa di altro, qualcosa dotato inizialmente di pochi tratti salienti ma talmente avulsi dalla mentalità occidentale da fornirgli fin da subito una ben precisa localizzazione sotto il nome di Oriente.
Di alcuni di essi, mai totalmente corrispondenti alla realtà ma neanche totalmente inventati[1], troviamo traccia in maniera compiuta già nella più antica opera teatrale pervenutaci, la tragedia di Eschilo I Persiani, rappresentata per la prima volta nel 472 a.C. L’opera è ambientata a Susa, residenza del sovrano persiano Serse, dove sua madre Atossa ed i nobili di corte attendono l’esito della battaglia navale di Salamina. La notizia della sconfitta, portata da un messaggero e riferita con dovizia di particolari, è seguita dalla disperazione generale. L’ombra del defunto re Dario, padre di Serse, viene quindi evocata dai persiani in cerca di sostegno, sottolineando ulteriormente la drammaticità del presente per poi lasciare la scena al figlio che, tornato a fatica dal fronte, si unisce ai pianti della corte.
La prima caratteristica orientale ad emergere dalla narrazione è l’intima concezione del potere politico come appannaggio di un unico uomo. Ad essa si allude indirettamente mostrando lo stupore della regina alla notizia che i greci non sono guidati da alcun sovrano:
Regina: E chi è alla testa di quell’esercito? Chi è il loro signore?
Coro: Si glorian di non esser schiavi di nessun uomo, a nessun uomo sudditi.
Regina: E come possono resistere allora, se i nemici li assalgono?
Coro: Possono! Tanto che hanno distrutto l’esercito di Dario, che era pur numeroso e potente.
Regina: Tu mi dici cose incredibili! Per i parenti