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Storia di un uomo
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Storia di un uomo
E-book354 pagine4 ore

Storia di un uomo

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Info su questo ebook

Il libro vuole indagare la natura umana e riflettere su cosa sono le emozioni. Lo fa tramite una storia d’azione, dinamica e dalla atmosfere horror senza celare un estremo splatter. La storia vede protagonista un’entità soprannaturale che indaga sulle emozioni umane e lo fa tramite una setta (Le Ombre) che uccide vittime che studia su punto di morte. In una regressione sulla sua storia sulla Terra verrà narrata una storia d’amore dolorosa in quanto tra un essere mortale e uno immortale, l’idea di fine non è accettabile per l’entità. Nel finale i personaggi positivi (Luci) e le Ombre si affrontano in una battaglia tra Bene e Male che vedrà trionfare le prime. I dubbi che il libro lascia sono però molteplici, circa l’etica, la morale comune, la natura umana e sul concetto di morte.

Valerio Di Lorenzo ha scritto Storia di un uomo a 18 anni, influenzato dalla sua passione per l’horror. Si è laureato in Antropologia e Filosofia, presso l’università Tor Vergata di Roma. Ha fondato un’associazione culturale dove realizza e dirige laboratori, eventi e giornali. L’interesse per l’identità e la sfera dell’Io è sempre presente nei suoi lavori.
LinguaItaliano
Data di uscita14 lug 2016
ISBN9788899394608
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    Storia di un uomo - Valerio Di Lorenzo

    Valerio Di Lorenzo

    Storia di un uomo

    EVE EDIZIONI

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    Tutti i diritti sono riservati

    Non esiste ombra, senza luce.

    PARTE I: LE OMBRE

    Era tempo di plagiare in demoni.

    Capitolo 1: Le Ombre

    Le ombre erano dieci, me escluso.

    David, Mark e Luis, i nazisti.

    Clara e Tetra, le maniache.

    Lucio, il pastore di anime.

    Yuda, il macellaio.

    Adam, la lama.

    Jeff e Lita, i vampiri.

    Infine io, lo psicologo, il guardone…

    Ognuno di noi aveva uno scopo per fare quello che faceva, ma non amavamo parlare del nostro operato. Troppo intimo e privato. Troppo personale.

    Soltanto io avevo accesso alle informazioni di ciò che accadeva dentro le loro stanze. Il mio unico scopo era infatti lo studio delle prede e dei predatori; oltre ad infangare le prove, far sparire i corpi e dare valanghe di fondi per tutte le macchine da tortura o per i vari esperimenti.

    La razza umana è fin troppo interessante… è infatti impossibile prevedere le reazioni di ciascun individuo.

    Grazie alla setta delle ombre avevo raccolto materiale interessantissimo per i miei studi, e avevo visto qualsiasi tipo di persona.

    L’eroe, l’altruista, il coraggioso, lo stupido, il vile.

    Donne coraggiose e palestrati vigliacchi, vecchi con voglia di vivere e giovani che si lasciano andare, drogati che combattono per vivere più dei dottori.

    L’uomo non ha una logica chiara, ed è sempre incoerente, lo è per natura.

    Soltanto davanti alla morte lo si vede davvero per quello che è. Per questo io guardavo tutte le scene dei delitti, farli uscire fuori, allo scoperto.

    Raccapricciavo alle ideologie e alle punizioni inflitte da David, Mark e Luis, i nazisti.

    Mi eccitavo ai delitti malati di Clara e Tetra, le maniache.

    Mi intenerivo all’impegno e alla fede di Lucio, il pastore di anime.

    Mi stupivo sempre di più ai massacri di Yuda, il macellaio.

    Dedicavo tutta la mia mente nello studio di Adam, la lama, nei suoi scenari di omicidi.

    Godevo e ammiravo i capolavori di Jeff e Lita, i vampiri.

    Ero l’unico a conoscere le identità delle ombre e a sapere come operavano.

    Ero l’unico a cui tenevano conto.

    Ero l’unico che temessero.

    Ero la legge.

    Avevo creato per la setta un enorme edificio. Appariva come un albergo appena edificato, nuovo, ricco e conveniente. Il top, per dei turisti.

    Ospitavamo quindici persone ogni volta, il massimo a cui le ombre si potessero dedicare con attenzione.

    Ho abbastanza potere da non temere minimamente noie né con la legge, né con i soldi.

    Le persone uccise in totale delle ombre si avvicinava infatti al centinaio e mai nessuno aveva neppure provato ad indagare sulle strane vicende che accadevano.

    Era il ventuno Settembre del 2012 quando alla nostra porta bussarono i turisti.

    Un gruppo di amici composta da dieci persone.

    Accoglievo sempre io la gente, e mentre indicavo loro le stanze da occupare e li rassicuravo con smaglianti e decisi sorrisi, le ombre studiavano dalle telecamere le proprie vittime. Cominciavano a farsi un’idea su chi scegliere. Poi mi aspettavano nelle rispettive sale da tortura.

    Iniziai con Adam.

    Era seduto composto sulla sedia di pelle, avvolto nel suo impermeabile. Nel buio completo.

    Capelli rossicci e lunghi fino le spalle. Spettinati ed incolti.

    Sguardo fisso nel vuoto.

    Faceva roteare tra le mani i coltelli d’argento da cui non si separava mai.

    « Allora Adam, quale vuoi? Sei il primo a scegliere »

    Si arrestò.

    Passò la lama tra le labbra dubbioso.

    « Voglio il surfista. »

    Le risposte di Adam erano sempre interessanti.

    « Come sai che c’è un surfista? »

    « Pelle abbronzata, fisico scolpito, ridicole camicie, aria da sbruffone… surfista »

    « E perché vuoi lui? »

    « Perché… sembra il più fortunato… quello più felice »

    Bene. Mi sarei divertito di certo. Adam era molto stravagante, c’era odio nei suoi atti, insofferenza verso la gente. Ma anche una leggera nota di sarcasmo e superbia.

    Passai a Jeff e Lita.

    Avevano già preparato lo scenario:

    Candele accese, una vasca, lame, incenso.

    Lei era nuda, bellissima. Capelli scuri, lineamenti leggermente orientali, statura piccola, ma seno grande. Lui invece era in una vestaglia nera di seta. Capelli lisci e lunghi, fin sotto il sedere. Pizzetto pungente e occhi penetranti, già ghignava.

    Parlò con voce lenta e profonda:

    « Vogliamo la bambina e sua madre. »

    Scelta singolare.

    « Bene, come al solito non faccio domande per non rovinarmi la sorpresa »

    Uscii lasciandomeli alle spalle.

    Lucio leggeva un libro nella propria stanza.

    Una semplicissima e accogliente camera da letto.

    Lucio leggeva sempre dei libri.

    Era diverso dalle altre ombre. Il suo scopo era del tutto singolare.

    Lui e Adam erano gli unici a parlare con le vittime realmente.

    « Allora, mio buon pastore, la tua richiesta? »

    Chiuse il libro.

    Guardò il soffitto.

    « Vorrei un bambino… »

    « Lucio. Non puoi pensare di salvare le vittime. So perché operi e un bambino non ti è affatto utile. Non ha nulla da redimere e niente da capire. Quindi fa la tua scelta in base ai tuoi interessi! »

    « Ti prego Boss! Non permettere che operino su dei bambini! Non possiamo accettarlo… ti prego! »

    « Andiamo Lucio… ogni volta la stessa storia. Lo sai che per me non c’è differenza. Sono tutti oggetti di studio. Adesso scegli e fa il tuo lavoro. »

    Guardò in basso.

    Soffriva ogni volta che arrivavano dei bambini, al pensiero di cosa avessero potuto combinare gli altri mostri. Lui però era fatto della stessa pasta, aveva solo un debole.

    « D’accordo… allora… la ragazza! Credo sia quella con più alte probabilità di riuscita »

    « Sarà tua. E non fare più queste scenate. Potrei stancarmi. »

    Entrai nella porta rossa di Clara e Tetra.

    Da subito mi travolse uno dei loro strambi miscugli, ne creavano particolari odori eccitanti e ripugnanti allo stesso tempo.

    Erano mezze svestite, più belle che mai. Magre e formose, la bionda e la mora.

    La dolce e l’aggressiva. Il sogno erotico di ogni uomo.

    « Che avete in mente stavolta? »

    « Vogliamo il ragazzo, sua madre e l’uomo fascinoso e brizzolato.»

    Panorama interessante. Forse prevedibile, visti i soggetti, ma andava bene così. Le scene hard di quelle due non poteva rivelarsi noiose.

    Tra i turisti restavano soltanto una bambina, una coppietta e un uomo grasso e pelato.

    Il trio nazista mi richiese la coppietta.

    La bionda grassoccia e il ragazzo alto, magro, con grossi muscoli sparsi su tutto il corpo. Nero…

    Restava soltanto Yuda.

    A lui avrei certo dato il grassone, la bambina era davvero sprecata per uno come lui.

    Yuda era un folle con la mania dell’omicidio e della tortura brutale e selvaggia.

    Nemmeno era in grado di capire il dolore che provocava o che poteva subire.

    Un omone enorme. Alto più di due metri, con un’ossatura da tirannosauro.

    Capelli lunghissimi e faccia deformata.

    Il tipico monster da film horror.

    Sentii dal piano di sopra una serie di colpi. Classico sintomo dell’effetto del sonnifero dato ai turisti.

    Della bambina mi sarei preoccupato più tardi, era ora di mettere a punto le varie scene.

    Molte richiedevano tempo e cura dei dettagli, in particolare quelle di Jeff e Lita o Clara e Tetra.

    Il sonnifero avrebbe fatto effetto per circa tre ore.

    Gli omicidi si sarebbero svolti come al solito uno alla volta, in modo che avessi avuto modo di ammirarli e studiarli tutti.

    Il primo era Adam, col suo surfista.

    Il biondo si svegliò legato ad una sedia di legno, soltanto una piccola luce dal soffitto illuminava la stanza. Di fronte un’altra sedia, di pelle, vuota.

    Adam non era affatto macchinoso.

    Bastava una stanza, una fune e i suoi coltelli. La cosa che amava fare con e vittime era parlare; per questo aspettava sempre un minuto o due prima di uscire allo scoperto: voleva la vittima perfettamente lucida e non assonnata dal sonnifero.

    Passato il tempo giusto eccolo farsi avanti.

    Lenti e rumorosi passi lo preannunciavano.

    Compariva davanti la propria vittima e ci si sedeva davanti.

    Io ammiravo il tutto da dietro una vetrata, loro non potevano vedermi.

    « Salve, sono Adam. Come ti chiami? »

    « Dove cazzo sono? »

    « Ti ho fatto una domanda, risponderesti per favore? »

    « Chi cazzo sei? Dove sono i miei amici? »

    « Io sono Adam, tu come ti chiami? »

    Il surfista iniziò ad andare in iperventilazione e ad urlare.

    « Dimmi chi cazzo sei e cosa cazzo vuoi da me!!! bastardo!! »

    Adam con una frazione di secondo puntò una delle sue lame d’argento al collo del biondo.

    « Senti stronzetto, io dispongo della tua vita, devi soltanto rispondere alle mie domande. Se mi piacciono le risposte ti offro una morte rapida, se non mi soddisfano ti taglierò pezzetto per pezzetto e se invece mi piaci tanto ti lascerò andare. Urlarmi in faccia ti farebbe perdere troppi punti, capisci? A me piacciono le persone tranquille e pacate. Cerca di diventare mio amico, okay? »

    « Sei un vigliacco, perché non mi sleghi? »

    « Perché a me piace parlare, se ti slegassi penseresti solo a metterti in salvo, basandoti sulla tua forza. Invece adesso per vivere devi parlare col tuo potenziale assassino e stargli simpatico, più interessante, no? »

    « O forse non hai le palle per affrontare la cosa da vero uomo!! »

    « Da vero uomo? Mi sembrerebbe più appropriato dire gorilla, forza dimostrami che meriti di vivere»

    « Dimmi che cosa vuoi ed io lo farò! »

    « Uhm… allora ci tieni a vivere… bene, bene. E perché? Cos’è che vorresti fare? »

    « Ma che cazzo vuoi da me? che cosa sono queste domande?! »

    « Io sono il metro della società. Se tu meriti di vivere non ti ucciderò, ma come posso saperlo se non ti conosco? Non hai niente da dover scegliere, o vivi o muori. »

    « Come può uno che uccidere essere un giudice? »

    « Ecco, ottima domanda, si, mi piace molto! Io sono illuminato, e come Dio, posso giudicare e disporre della vita degli altri. Adesso dimmi, cosa fai per vivere? »

    « Non voglio risponderti fottuto pazzoide! Liberami e vediamo!»

    « Vediamo cosa? Chi è il più virile? Sai, dovrai faticare molto per poter vivere, per adesso mi stai dando l’immagine di un coglione che non riesce a capire la situazione in cui si trova, che è convinto fin troppo delle sue doti fisiche e che non sa esprimersi. Molto male. »

    Detto ciò piantò uno dei due coltelli nella gamba del surfista per poi girare bene la lama al suo interno, il tutto accompagnato da urla di dolore e una risata frenetica e isterica.

    « Vaffanculo! Vaffanculo! Maledetto maniaco del cazzo! »

    « Qualunque azione ti colpirà, sarà la causa di una tua pecca, adesso dimmi come ti chiami »

    Adam era sempre razionale, freddo e pacato. La sua voce, i suoi movimenti… tutto calcolato.

    « Non ti darò la soddisfazione di fare il tuo gioco, ammazzami e basta pezzo di merda! »

    « Io non sto giocando, anche se devo ammettere che un po’ mi diverto. Mi piace il mio lavoro. E ti assicuro che non voglio ucciderti. Spero che tu mi sorprenda e che per la prima volta trovi qualcuno che meriti di vivere, ma ciò non accadrà se continui in questo modo, lo capisci? »

    « ‘Fanculo… »

    Adam sbuffò, prese un coltello e come un lampo lo mosse in direzione orizzontale. Senza che nessuno se ne accorse aveva tagliato leggermente il polso del biondo.

    « Morirai in poche ore dissanguato. Puoi ancora salvarti se rispondi alle mie domande. Te lo ripeto di nuovo, come ti chiami? »

    « Mi chiamo Johnny. »

    Adam sorrise.

    « Ciao, Johnny! Piacere, Adam!Ora dimmi, cosa fai per vivere? »

    « Do lezioni di surf, ho un buon giro di clientela… »

    « E ti piace il tuo lavoro? »

    « Sì, molto. Adoro il mare, il surf, le ragazze, l’ambiente… »

    « Capisco. Sei sposato? Non vedo fedi… »

    « Infatti non sono sposato »

    « Ehi! Stiamo conversando! Non devo farti mille domande, parlami di te, andiamo! Non sei sposato, quindi? Fidanzato? Zitello? Vedovo? Scopi? »

    « Ho solo rapporti occasionali con le ragazze della spiaggia, niente relazioni, non sono pronto »

    « Certo che non lo sei…hai lo spessore sociale di una lampadina. Sei il classico belloccio che pensa ai fatti suoi e niente di più, non sei affatto elevato dalla massa della gente. Cosa pensi di poter offrire ad una donna? »

    « Che cazzo hai detto? »

    « Hai capito bene cosa ho detto, e adesso rispondi alla mia domanda o ti apro anche l’altro polso e ti lascio qui a morire! »

    « Non so rispondere a questa domanda… »

    « Impegnati! Cosa potresti dare ad una donna? Cosa le sapresti offrire? »

    « Non lo so, una casa, dei soldi… una sicurezza, una protezione… »

    « Oh, che romantico… che premuroso… e ad un cane cosa daresti? Le stesse cose! La donna è un cane? È un essere inferiore? »

    « No! Non volevo di certo dire questo! »

    « No, certo… e cosa potresti ricevere da una donna? »

    « Non so… affetto… amore… »

    « Ma dai!? Affetto… proprio come un cane!! Fai schifo, feccia! E ora delle ultime possibilità, ma sono certo che sei già morto… allora, ti piace il teatro? Che musica ascolti? Che cosa leggi? Sai leggere? »

    « Il teatro non mi piace, ascolto tutto quello che passano per radio e leggo il giornale sportivo »

    « Bene, cultura pura… e cosa leggi sul giornale sportivo? Gli annunci per scambisti? »

    « Leggo le notizie del basket!! »

    Adam sorrise, prese un coltello e lo roteò sul palmo della mano. Lo fermò e si alzò in piedi, dopodichè taglio la fune che legava Johnny.

    « Allora, di norma adesso inizierei a tagliuzzarti pian piano, perché sei una schifezza e non meriti affatto di vivere, ma a te voglio dare un’ultima chance, faremo a modo tuo. Sei libero! Ma io di certo non ti farò uscire di qui, vivo. Dovrai passare sul mio cadavere! »

    Johnny non esitò un attimo e scattò in piedi.

    « Hai fatto l’errore più grande della tua vita, fottuto maniaco pazzoide! Ti pentirai cazzo!! »

    Il surfista corse verso Adam, che con un semplice movimento schivò il colpo del biondo, per poi piegarlo con un pugno sul torace.

    Johnny si riprese subito, ma anche il secondo attacco andò a vuoto, provò con un terzo ma venne addirittura bloccato da Adam.

    Una serie di colpi veloci e calcolati misero Johnny in ginocchio e in posizione del tutto impotente, leve articolari su entrambe le braccia.

    « E adesso, il mio Mr. Muscolo che mi dice? Sei una vera nullità, nemmeno quello che sembra un tuo vanto è sufficiente a farti vivere »

    Detto ciò dal nulla tirò fuori altri due coltelli e gli tagliò parti di braccia e collo. Poi lo prese di peso e lo poggiò sulla sedia.

    Il surfista provava a parlare, ma il taglio sulla gola lo impossibilitava.

    « Sai, penso che la coscienza di morire ti faccia più paura che non il puro dolore fisico che potrei infliggerti tagliuzzandoti. Quindi… addio Johnny. Hai circa un’ora per entrare nel panico, riflettere e accettare la morte… sentirla arrivare piano… »

    Detto questo Adam si sedette di fronte al biondo e lo osservò in religioso silenzioso.

    Io ammirai qualche minuto la scena. Statica e spietata.

    Come un perfetto suicida che si è appena tagliato le vene, Johnny sentiva le forze andarsene, piano.

    Il sangue fuoriuscire incosciente, irreversibile. La morte che gli si avvicinava piano.

    Non c’era tempo per entrare nella mente di Johnny e ascoltare i suoi ultimi pensieri.

    Dovevo assistere all’opera di Jeff e Lita.

    Capitolo 2 Jeff e Lita, i Vampiri

    Sorridevo mentre attraversavo il corridoio per arrivare ai Vampiri.

    Adam era il soggetto più interessante.

    Aveva un disegno, e questo lo faceva apparire il più pazzo, ma era lui il più savio.

    Il faccia a faccia col surfista era stato molto interessante, era sempre più chiara la sua logica. Inoltre era la prima volta che lo vedevo all’opera sullo scontro fisico e mi aveva lasciato decisamente di stucco. Sempre pieno di sorprese, il caro Adam.

    Ecco l’odore di incenso.

    Guidava e firmava chiaramente la stanza dei Vampiri.

    Dalla porta socchiusa fuoriusciva una luce tremante. Candele.

    Entrai.

    Dal legno duro e inospitale, il mio piede poggiò su un morbido pavimento riscaldato da un soffice tappeto rosso.

    Mi sedetti nel consueto angolo buio. Prima fila.

    Le vittime non si vedevano, le avevano già posizionate.

    Singolare che non urlassero. Imbavagliate? Il sonnifero non era tanto potente da durare ancora…

    Jeff stava somministrandosi una discreta dose di cocaina nelle vene, Lita doveva essere invece già pronta, perché si denudò e si accomodò nell’ampia vasca posizionata al centro della stanza.

    Jeff lentamente spinse giù la dose, ad occhi chiusi per godere di tutta la botta.

    Poi sempre più lentamente e con gli occhi chiusi si tolse l’accappatoio nero e anch’egli nudo si affiancò alla donna.

    Lita spinse un bottone al lato della vasca ed ecco aggressivi e macchinosi ruggiti di ingranaggi farsi largo nel silenzio della stanza per portare alla luce uno strano aggeggio.

    Una bara di acciaio scendeva lenta e rumorosa dal soffitto.

    Si fermò ad un paio di metri dalla vasca. Di colpo la bara si aprì e dal suo interno spuntò legata a del filo spinato la donna che avevano designato come vittima.

    Imbavagliata.

    La donna era immobilizzata dal e perdeva molto sangue, che goccia dopo goccia scendeva sulle teste di Jeff e Lita, che non tardò a spalmarselo tutto addosso.

    Il primo invece restò immobile, in attesa che il livello del liquido rosso aumentasse, come fosse della semplice acqua.

    La donna lasciava andare sulle ignare teste anche lacrime e disperazione.

    Il filo spinato diventava sempre più stretto, strizzando la donna come fosse uno straccio e il sangue scorreva sempre più copioso.

    Il livello nella vasca aumentava sempre più velocemente e da essa fuoriuscivano altri liquidi dai diversi colori e con stani profumi.

    Non sapevo distinguerli o identificarli.

    In breve tempo si riempì fino all’orlo.

    In tutto ciò non era entrata in gioco la bambina. O forse in qualche modo faceva parte dei strani miscugli liquidi che fuoriuscivano dalla vasca?

    Jeff e Lita si immergevano e si carezzavano, si toccavano e bevevano.

    Immaginavo i pensieri che potevano essere passati nella mente della donna. Quale orrore aveva provato? In quale incubo s’era trovata? Impotente e sconcertata.

    Jeff uscì dalla vasca. Nudo, completamente avvolto nel sangue che grondava a terra.

    Costeggiò la parete ricca di candele e ottenebrata dai fumi dell’incenso, fino a sparire nell’oscurità.

    Lita si voltò verso l’angolo più buio della stanza, il mio. Guardò verso di me e sorrise.

    Io ricambiai il sorriso, ma lei non poteva saperlo.

    Ammirai il suo seno, imbrattato completamente di sangue, esposto nella mia direzione sopra la soglia della vasca.

    Riapparve Jeff. Aveva in mano una catena, legata al collo della bambina che lo seguiva a quattro zampe, proprio come una bestia.

    Nell’altra mano portava una valigetta argentata che conoscevo bene, il loro kit da tortura.

    Posò la bambina affianco alla vasca, per poi riemergersi dentro.

    Lita aprì la valigia e tirò fuori una sorta di artiglio.

    Senza pensarci un secondo lo avvicinò al viso della bambina, anche lei imbavagliata.

    Lo sguardo era assente, privo di paura.

    Palesemente drogata.

    Jeff e Lita non avevano bisogno di terrorizzare le proprie vittime… tutto ciò che facevano non aveva a che fare col mondo esterno. Una cosa del tutto intima e personale. Erano indifferenti ai pensieri o alla disperazione delle vittime. Soltanto il proprio piacere aveva valore.

    Lita agganciò l’occhio sinistro della bambina e lo strappò.

    Quella iniziò a dimenarsi come su una sedia elettrica, Jeff sorrise senza entusiasmo.

    Prese un piattino con della polvere dentro e ci poggiò l’occhio ancora pieno di vita della bambina per poi bruciarlo e respirarne l’odore.

    Stettero a sniffare l’occhio, immersi nella vasca per almeno un quarto d’ora, in pieno relax.

    Poi Jeff tirò la catena della bambina portandola a se.

    La prese per i capelli e senza neanche guardarle il viso deturpato le morse il collo, strappandone parte della pelle.

    Le lingue dei Vampiri si intrecciarono intorno al collo della giovane vita ormai stroncata.

    Quando il sangue all’interno del piccolo corpo fu esaurito, Jeff gettò il cadavere a terra e si alzò in piedi nella vasca.

    Lita iniziò un rapporto orale, leccando il membro e il corpo grondante sangue di Jeff.

    Quello che seguì fu un lungo e perverso rapporto, al quale però non assistetti completamente, per paura di far aspettare troppo le altre ombre, ansiose di svolgere il proprio lavoro.

    Ero molto eccitato…

    Il corpo di Lita aveva sempre un certo potere sul mio istinto, così decisi di far saltare il turno a Lucio, e passare direttamente a Clara e Tetra…

    Volevo godermi la mia eccitazione.

    Capitolo 3: Clara e Tetra

    Mentre percorrevo lo stretto, umido e freddo corridoio in marmo che mi separava dalla stanza di Clara e Tetra, mi divertii ad immaginare a cosa avrei potuto assistere.

    Ecco l’odore dei loro miscugli. Da subito mi catapultò nel vertice dell’eros. Sapevo già che la scena sarebbe stata degna di Clara e Tetra. Perversa, erotica, efficace e spietata.

    Tesi la mano per aprire la porta socchiusa, mentre attraversavo il fascio di luce rossa che ne fuoriusciva sentii il respiro affannoso di una delle vittime.

    Poco dopo scoprii essere il ragazzo, legato ad una sedia, ammanettato e legato.

    In bocca del nastro adesivo.

    Clara, la bionda, gli faceva compagnia stuzzicandogli il pene attraverso i pantaloni, gonfi.

    Aveva occhi azzurri truccati ai bordi di nero, brillantini sul viso, seni abbondanti coperti da un top rosso. Guanti rossi con dei pon pon dai bordi rosa, scarpette rosse e perizoma del medesimo colore.

    Bellissima.

    Il viso caratterizzato da lineamenti dolci, ma provocanti.

    Sprizzava un sorriso sgargiante e radioso.

    Il ragazzo sudava e provava a dimenarsi, confuso.

    Erano isolati dal resto della stanza grazie ad un telo rosa posizionato intorno a loro. Lo oltrepassi e vidi il resto.

    La madre del ragazzo era legata al letto, nuda. Al suo fianco, l’uomo belloccio e brizzolato. Era nudo anch’egli, sotto il tiro del fucile della mora, Tetra.

    Aveva lisci capelli neri che le coprivano i seni, guanti in pelle, e stivali in pelle neri. Il resto non lasciava spazio all’immaginazione.

    Lineamenti marcati da dominatrice, anche lei bellissima.

    Mi fece un cenno col viso. Mi posizionai al solito posto, una poltrona enorme in pelle rossa, davanti al letto dove stavano le due vittime adulte.

    Lo spettacolo poteva incominciare.

    « Fottila, bastardo. »

    Selvaggia e spietata, Tetra si riferiva al belloccio, Chris.

    « Ma… io non posso farlo… »

    « Preferisci una pallottola di queste in testa? Sbrigati »

    Smanacciò il fucile che impugnava e lo convinse.

    Il pene era innaturalmente eretto. Gli avevano somministrato di certo del Viagra.

    L’uomo si avvicinò alla donna timoroso.

    Lei non poteva urlare, essendo imbavagliata, ma gli occhi potevano fare il resto. Imploravano disperata pietà.

    Chris esitò ancora un attimo, ma Tetra gli accostò alla testa il fucile e finalmente si convinse.

    Entrò in lei e poco dopo secondi parve già non dispiacergli più di tanto.

    Un minuto di riscaldamento ed ecco il piatto forte, il telo rosa si strappa e tutti ammiriamo il ragazzo, figlio della stuprata, assistere alla scena, ammanettato, imbavagliato e impotente.

    Alla vista del giovane, il belloccio brizzolato esitò ancora un po’, ma stavolta Tetra lo colpì forte col fucile, fino a farlo sanguinare.

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