Scopri milioni di eBook, audiolibri e tanto altro ancora con una prova gratuita

Solo $11.99/mese al termine del periodo di prova. Cancella quando vuoi.

A caccia di ombre: L’abisso delle Ombre
A caccia di ombre: L’abisso delle Ombre
A caccia di ombre: L’abisso delle Ombre
E-book223 pagine3 ore

A caccia di ombre: L’abisso delle Ombre

Valutazione: 0 su 5 stelle

()

Leggi anteprima

Info su questo ebook

Aurora Ares, proprietaria di un bar che serve i paranormali, è contenta della sua vita. Quando dei bambini iniziano a scomparire in un paesino del Midwest, sembra che la colpa sia della magia. Col mondo dei paranormali in un tumulto politico, ricade su Aurora la responsabilità di salvare i bambini. Il problema è che è una vampira solitaria senza il sostegno di una congrega.

Logan Wayne, che tratta potenti artefatti magici, potrebbe essere la persona migliore per aiutarla, ma le sue priorità sono opinabili a dir poco. Per salvare i bambini, Aurora avrà bisogno dell’aiuto dei suoi due lupi e di un uomo di cui non può fidarsi. A peggiorare le cose, non passa molto tempo prima che lei diventi il prossimo bersaglio.

Avviso sui contenuti: questo libro è destinato a un pubblico adulto e contiene violenza, immagini inquietanti e linguaggio forte.

LinguaItaliano
EditoreBadPress
Data di uscita3 giu 2020
ISBN9781071550885
A caccia di ombre: L’abisso delle Ombre

Leggi altro di Rain Oxford

Correlato a A caccia di ombre

Ebook correlati

Thriller per voi

Visualizza altri

Articoli correlati

Categorie correlate

Recensioni su A caccia di ombre

Valutazione: 0 su 5 stelle
0 valutazioni

0 valutazioni0 recensioni

Cosa ne pensi?

Tocca per valutare

La recensione deve contenere almeno 10 parole

    Anteprima del libro

    A caccia di ombre - Rain Oxford

    A caccia di ombre

    L’abisso delle Ombre – Libro 1

    Rain Oxford

    Traduzione di Carmelo Massimo Tidona

    A caccia di ombre

    Autore Rain Oxford

    Copyright © 2020 Rain Oxford

    Tutti i diritti riservati

    Distribuito da Babelcube, Inc.

    www.babelcube.com

    Traduzione di Carmelo Massimo Tidona

    Copertina di PieroMng (Gianpiero Mangialardi)

    Babelcube Books e Babelcube sono marchi registrati Babelcube Inc.

    Capitolo 1

    Capitolo 2

    Capitolo 3

    Capitolo 4

    Capitolo 5

    Capitolo 6

    Capitolo 7

    Capitolo 8

    Capitolo 9

    Capitolo 10

    Capitolo 11

    L’Autrice

    Capitolo 1

    Uno scontro tra lupi era una cosa di poco conto nel mio mondo. Nel mio bar, però, era un problema. L’unica cosa che avrebbe potuto peggiorarlo era…

    «Umano», sussurrò Brandy.

    Gemetti. «Mi occuperò di lui tra un minuto», dissi senza guardare. Prima dovevo trovare un idrante per i lupi.

    «Cellulare!», urlò Brandy.

    Saltai sopra il bancone, individuai facilmente l’umano e gli strappai il telefono dalle mani prima ancora che si rendesse conto che ero lì. Come mi ero aspettata, stava filmando lo scontro tra i lupi. Perciò non provai alcun rimorso quando lo gettai a terra e lo schiacciai col tacco dello stivale. «Come sei entrato?», chiesi.

    Rimase a bocca aperta per un momento prima di gettarsi in terra e cercare di rimettere assieme il telefono. «Perché l’hai fatto?»

    «Come sei entrato?»

    «La porta non era chiusa.»

    No, non lo era, ma c’era una protezione attorno all’edificio. Le protezioni magiche erano simili a cupole invisibili e intangibili che proteggevano contro qualunque cosa il loro creatore volesse. Potevano essere di qualunque dimensione e intensità, dipendeva dal potere del mago che le creava. Avevo pagato una bella cifra per la mia, che avrebbe dovuto far sì che gli umani si sentissero obbligati ad allontanarsi.

    «Perché sei entrato?», chiesi.

    «Ho sentito i cani combattere. Chiamerò la polizia!»

    «Con cosa?» Prima che potessi occuparmi di lui, i ringhi dall’altro lato della stanza aumentarono di volume, e uno dei lupi si schiantò contro una sedia. «Basta. Qualcuno lo sorvegli!», dissi. Uno dei miei clienti regolari, un orso mannaro di nome Theodor, afferrò l’umano per un braccio. «Non fargli male». Theodor annuì in silenzio.

    Tornai a rivolgere la mia attenzione ai lupi. Mentre si scagliavano l’uno contro l’altro, mi misi tra loro e sferrai un calcio al petto a quello grigio, l’aggressore. Si schiantò contro la parete alle sue spalle. Mentre il secondo, un giovane lupo artico, stava ancora a mezz’aria, lo afferrai per il collo e lo sbattei contro il pavimento.

    Alcune assi si ruppero, ma fu colpa mia.

    Molti dei miei clienti si radunarono attorno a noi, mentre quelli regolari sapevano di doversi tenere a distanza. Due bassi ringhi da Deimos e Phobos mi informarono che avevo rinforzi, se ne avessi avuto bisogno. Lasciai andare il lupo quando mugolò. «Cambiate, tutti e due».

    All’istante, entrambi i lupi si mutarono in uomini. Il lupo artico, Troy, era un tipo atletico e muscoloso che aveva abbandonato le superiori, era a stento maggiorenne e di certo non avrebbe dovuto guidare, neanche da sobrio. Non era un attaccabrighe come il suo avversario, però. Melvin, un lupo grigio più anziano e un motociclista disoccupato, veniva ogni fine settimana e cercava di provocare risse ogni volta che lui e la sua ragazza avevano litigato.

    «Che vi ho detto sul combattere nel mio bar? Se volete comportarvi come cani, restate fuori come cani ». Ignorai le proteste dietro di me. «Ora uscite e rinfrescatevi le idee prima che vi bandisca».

    «Sì, padrona», disse Troy, a stento più di un sussurro.

    «E non chiamarmi così», dissi mentre si affrettavano a uscire. Sospirai e tornai dall’umano, che ora stava andando nel panico.

    «Che cazzo è successo? Quelli erano lupi mannari!»

    «No, non lo erano». Mentre Theodor lo tratteneva, lo obbligai a guardarmi negli occhi. «Stavi facendo un giro in auto e ti sei perso», dissi mettendo potere nella mia voce. La sua espressione divenne vacua mentre le mie parole riscrivevano i suoi ricordi. «Hai sentito dei rumori strani, hai controllato un magazzino vuoto e hai visto un animale randagio. Ti ha spaventato, ma niente di più. Ora rientrerai in macchina, tornerai a casa e ti metterai a letto. Quando ti accorgerai che non hai più il telefono, penserai di averlo perso da qualche parte».

    Feci un passo indietro e annuii in direzione di Theodor, che lo lasciò andare. L‘umano se ne andò senza un’altra parola. Theodor mi diede una pacca sulla spalla. Se fossi stata umana, mi avrebbe fatto male. Tuttavia, essere una vampira aveva alcuni vantaggi.

    «Tutto a posto, Theo. Non tornerà». Theodor era muto e la sua gola aveva grosse cicatrici, non importava quante volte si trasformasse. Di solito, quando un mutaforma viene ferito, il suo corpo ripara i danni mentre cambia tra le sue forme umana e animale. Anche se non so per certo come si sia fatto una ferita così terribile, immagino sia stato attaccato da un altro mutaforma.

    Tornai al bancone per prendere una bottiglia di Sanguatine. Era una miscela di sangue reale e sintetico che compravo da uno scienziato. Condivideva la ricetta con le congreghe di tutto il mondo, ma quelli tra noi non affiliati a nessuna di esse dovevano prenderlo direttamente da lui. Molte droghe erano del tutto innocue su di noi, a meno che fossero mescolate al sangue sintetico. Per tenere al sicuro me e i miei clienti, ero felice di restare fedele al mio legittimo fornitore. E poi, arrivava in bottiglie da birra, così i vampiri non si sentivano tagliati fuori.

    «Ti piace essere chiamata padrona», mi accusò a bassa voce Brandy mentre mi sporgevo a prendere la bottiglia.

    Sembrava troppo giovane per lavorare in un bar. Il suo viso da bambina e i grandi occhi azzurri la facevano sembrare innocente, ma mi aveva dimostrato di potersela cavare contro qualunque paranormale. Aveva i capelli biondo platino naturali, con radici scure, e li portava lunghi. Il suo abbigliamento si alternava tra rinascimentale, gotico e steampunk. Sebbene fosse umana, non avrei affidato a nessun altro la gestione del mio bar.

    «Ci sono solo tre persone in questo mondo a cui è permesso chiamarmi così, e le cose non cambieranno».

    Fece un sorrisino. «Sì, padrona».

    *      *      *

    Andai di sopra. Il mio appartamento non era niente di speciale, ma non potevo lamentarmi di dover fare la pendolare. Avevo lasciato che Brandy decorasse il posto, visto che non avevo alcun interesse per il colore delle mie pareti o l’avere mobilia intonata. Il risultato era che il soggiorno, la cucina e il bagno sembravano essere usciti da una rivista di architettura, il che aveva senso, dato che c’erano sempre riviste del genere sul tavolino da caffè in vetro. La mia stanza era decorata con un letto a due piazze di seconda mano, uno scrittoio antico, tre librerie che arrivavano al soffitto e una cascata di pietra sul comodino. L’unica cosa nuova era il portatile sulla scrivania. Ce l’avevo da qualche mese, ma non l’avevo mai tirato fuori dalla scatola, perciò lo consideravo nuovo. L’appartamento aveva due stanze da letto e un bagno, spazio più che sufficiente per me e Brandy. Se solo non fosse stato per i ragazzi.

    Brandy doveva dare da mangiare a Deimos e Phobos, perciò avevo tempo per me. Amavo i miei cani lupo, ma avevano bisogno di una vita più attiva. Erano per lo più lupi con un tocco di pastore tedesco.

    Un’amica aveva investigato su un gruppo di umani che stavano facendo esperimenti su animali e paranormali. Deimos e Phobos erano gli unici sopravvissuti di almeno sei cuccioli a cui era stato iniettato sangue di lupo mannaro nel tentativo di trasformarli in paranormali.

    Anche se non avevano mai mostrato alcun segno di magia nel sangue, avevano un’intelligenza fuori della norma, erano grandi da far paura, neri come inchiostro e silenziosi come un’ombra. Phobos, il più piccolo della cucciolata, era cresciuto fino a soli novanta chili. Amava le coccole ed era dipendente dai cartoni animati. Deimos, circa una ventina di chili più pesante del fratello, era costantemente in guardia.

    Mi sedetti davanti al televisore senza accenderlo. Ho bisogno di un hobby. Mi piaceva possedere un bar che serviva i paranormali, mi teneva occupata. C’era sempre qualcuno che creava problemi, qualcuno nei guai e qualcuno che cercava un nuovo inizio. Ma ahimè, Brandy era in grado di gestire senza di me i problemi che sorgevano quotidianamente.

    Ovviamente dovevo anche difendere il mio bar da quelli che credevano che stessi cercando di creare un’alleanza di paranormali miscredenti solo perché ero una vampira senza una congrega. Purtroppo, non conoscevo una singola striscia di terra rimasta nelle Americhe che non fosse stata reclamata dai paranormali, e la maggioranza di essi non approvava i vampiri solitari.

    C’erano quattro fazioni riconosciute di paranormali: vampiri, maghi, fate e mutaforma. In aggiunta c’erano creature magiche ed esseri potenti. Le etichette diventavano complicate quando i maghi non venivano considerati umani, gli umani con poteri psichici non venivano considerati paranormali, e ai paranormali era concesso mescolarsi. Nonostante la modernizzazione del mito umano relativo al mondo dei paranormali, restava il segreto meglio tenuto del pianeta.

    Maghi e fate erano paranormali basati sulla magia; avevano pochi tratti fisici che differivano da quelli umani. Anche se i maghi potevano usare magie devastanti, dovevano apprenderle. Le fate, d’altro canto, di solito avevano solo una o due capacità soprannaturali, ma venivano loro naturali. Le fate sembravano umane quanto gli altri paranormali. C’erano anche diversi tipi di fate, come le fate delle foreste (i cui poteri erano basati sulla natura) e le fate psichiche (che avevano poteri mentali).

    Vampiri e mutaforma erano paranormali di natura fisica; la nostra magia si manifestava fisicamente. Serviva la magia perché i mutaforma potessero passare dalla forma umana alla forma animale, eppure non potevano fare altre magie. Assieme alla nostra forza e velocità superiori, i vampiri avevano un talento magico: potevamo incantare gli umani. Si andava dalla semplice suggestione al completo controllo mentale, a seconda del potere del vampiro.

    I vampiri un tempo si specializzavano a mescolarsi con la nostra fonte di cibo, cosa che ci separava dal resto della comunità paranormale e ci rendeva degli emarginati. Di conseguenza, i pari diritti per i vampiri erano piuttosto recenti. Inoltre, quei diritti erano principalmente per i vampiri che vivevano nelle congreghe. Io preferivo essere una solitaria.

    Alcuni mutaforma, come i lupi mannari, vivevano in branchi, mentre altri, come la maggioranza dei mutaforma felini, erano solitari. Se un mutaforma che di solito avrebbe vissuto in branco decideva di vivere da solo, veniva definito un solitario. Allo stesso modo, i vampiri che non erano affiliati a una congrega venivano chiamati solitari. La maggioranza dei paranormali pensava che i solitari fossero pericolosi e fuori controllo. I maghi di solito non vivevano in gruppi, ma quelli degli Stati Uniti e del Canada erano governati da un consiglio di tredici uomini assetati di potere.

    Molti mutaforma potevano mescolarsi agli umani solo per brevi periodi a causa delle loro forti nature animali. Le fate evitavano accuratamente gli umani il più possibile, preferendo vivere in ambienti non toccati dall’uomo. E poi c’erano i maghi. Anche se sembravano umani e potevano confondersi tra loro con facilità, i più potenti erano facili da individuare perché tendevano a far sì che gli oggetti elettronici dessero i numeri.

    *      *      *

    Dopo un po’, sentii bussare alla porta. «Rory, c’è Cody». Riuscivo a sentire il veleno nel tono di Brandy. Io e Cody ci eravamo frequentati per quattro anni prima di chiudere in maniera civile. Anche se Brandy lo odiava, non era mai apertamente sgarbata con lui.

    Senza una parola, aprii la porta, passai accanto a Brandy e mi diressi di sotto. Cody era davanti al bancone ad accarezzare Deimos e Phobos. Era un uomo alto e robusto con capelli castani di media lunghezza e dolci occhi verdi. Era anche un ex poliziotto diventato vampiro e un membro della congrega più potente del Nord America.

    «Dimmi che sei qui perché Stephen ha trovato Astrid».

    Lui scosse la testa. «È ancora scomparsa».

    «Allora perché sei qui?»

    «Qualcuno è amichevole oggi».

    Alzai gli occhi al cielo. Astrid, l’amica che mi aveva dato Deimos e Phobos, era scomparsa qualche mese prima. Le ultime notizie su di lei erano che stava lavorando con un mago che era anche un noto assassino, eppure nessuno sospettava che fosse stato lui a farla scomparire.

    «Non è per quello che sono qui. Dato che Astrid non è più in grado di fare il suo lavoro, ho bisogno che ti occupi di un caso».

    «Un caso? Io non sono un poliziotto. Ho un lavoro».

    «Un lavoro che so che può fare la tua ragazza. È importante».

    Cody era molto responsabile, che era una delle ragioni per cui avevamo rotto. Spesso sacrificava la sua felicità per dei completi sconosciuti. Era anche pronto a sistemarsi. Dato che il solo pensiero di inchiodare una bara per il resto dell’eternità mi faceva accapponare la pelle, eravamo destinati a separarci alla fine. Non sorprendentemente, ad aver dato il via all’inizio della fine era stata una bella vampira che cambiava colore dei capelli più spesso dei vestiti, andava a letto con qualunque cosa acconsentisse e per puro caso era la figlia del vampiro più potente del continente.

    «Dallo a qualcuno che può fare il lavoro. Non hai altri amici che fanno quel genere di cose?»

    «Nessuno che sia disponibile. Non chiederei il tuo aiuto se ci fosse qualcun altro sulla Terra che potesse farlo».

    «Ahia».

    Ignorò il mio sarcasmo, come al solito. «C’è un paesino in Oklahoma da cui sono scomparsi dei ragazzini».

    «Dillo alla polizia».

    «Non è qualcosa di cui possano occuparsi gli umani. Era un caso per Astrid», disse, passandomi una lettera. La presi senza guardarla.

    «Allora fallo tu, o trova qualcuno della congrega di Stephen».

    «Stiamo avendo grossi problemi col consiglio dei maghi al momento, e qualunque cosa facciamo potrebbe peggiorare le cose. Tu non sei affiliata a Stephen, perciò il consiglio non ti osserva. E poi, devi un favore ad Astrid».

    «Perché non possono occuparsene gli umani?» Quando si limitò a indicarmi la lettera, la aprii.

    Cara Astrid,

    ho bisogno di aiuto e ho sentito che sei tu la persona a cui chiederlo. Quattro dei miei amici sono scomparsi. Non so chi ci sia dietro, ma so che ha a che fare con la magia. Nella busta ho incluso una registrazione della mia ultima telefonata con Rome Phelps. Tutti i miei amici sapevano che qualcuno stava dando loro la caccia, ma non sono riusciti a capire chi fosse. Ora la sta dando a me. Ti prego, vieni.

    Cordialmente,

    Lilly Hartwell

    Alla fine del messaggio c’era il suo indirizzo. «Dov’è la registrazione?», chiesi.

    «Era su una pennetta USB, l’ho scaricata nel mio telefono». Prese il cellulare dalla tasca, avviò il messaggio e me lo porse.

    Sentii una ragazza mugolare, ma non avrei saputo dirne l’età o cosa stesse facendo. «Lilly, è qui», sussurrò una voce di ragazza. La ricezione crepitava di interferenze.

    «Sai chi è? Come si chiama? Che aspetto ha?», chiese un’altra ragazzina. Questa,che immaginai fosse Lilly, non sembrava spaventata.

    «Non lo so. Mi sto nascondendo. Riesco a sentirlo».

    «Tua madre è lì?»

    «Non mi crede. Lei non lo sente».

    «Riesci ad arrivare al…» Il resto della domanda di Lilly venne annegato dalle urla dell’altra ragazza. Tra Lilly che chiamava il suo nome, Rome che urlava e i fruscii, non riuscii a capire cosa stesse succedendo, a parte che qualcosa di metallico e del legno si schiantarono. Poi, un istante prima che la chiamata si interrompesse, sentii un suono familiare: quello di ossa che si spezzavano.

    Restituii il telefono a Cody. Astrid non avrebbe esitato; lavorava duro per proteggere la gente dalle minacce paranormali. «Io non so niente di investigazioni».

    «Sei tenace e piena di risorse. Sono certa che puoi usare il tuo potere per ottenere risposte».

    «E dovrei lasciare il bar a sé stesso?» chiesi. Brandy si schiarì rumorosamente la gola. Sospirai. «D’accordo. Ci andrò».

    *      *      *

    Il viaggio in auto impiegò tre giorni, perché dovevo fermarmi al mattino e infilarmi nel portabagagli.

    Ti è piaciuta l'anteprima?
    Pagina 1 di 1